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«Vengo a vivere a Milano: dove mi consigli di cercare casa?»

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Ph. @newyork_73 IG

Almeno una volta ci siamo sentiti fare questa domanda. Chi per lavoro, chi per studio o per scelta di vita ha deciso di venire a Milano: ecco i 5 quartieri più consigliati dai milanesi secondo un recente sondaggio.

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«Vengo a vivere a Milano: dove mi consigli di cercare casa?»

# Città Studi, il quartiere universitario

Politecnico

Tra i più consigliati c’è Città Studi, il quartiere universitario per antonomasia. Qui il Politecnico ha costruito la sua ultima e attuale sede prima di espandersi con altri dipartimenti attorno a Piazza Leonardo da Vinci. Sicuramente ideale e apprezzata dai giovani. Tra i diversi locali c’è anche il mitico Bar Basso, dove è nato il Negroni Sbagliato. Il verde non è tantissimo, ma la zona è ben servita dai mezzi pubblici con la linea M2, la 92, linee di tram e la linea M1 non troppo distante sul lato nord e sud ovest. Confina con Porta Venezia, Buenos Aires e Lambrate: in pochi minuti si arriva in centro. Volendo, anche a piedi.

Prezzi case (acquisto): 5.300 mq
Prezzi affitto (bilocale di 50mq): 1.200 euro

Leggi anche: Gli EDIFICI più belli e più curiosi di CITTÀ STUDI (Gallery Fotografica)

# Lambrate, la Mecca dei creativi

Parco della Lambretta – @donnapetrei IG

Procedendo da Città Studi verso i confini orientali, si arriva a Lambrate, zona una tempo industriale con la fabbrica dell’iconica Lambretta e della Innocenti dove in futuro sorgerà la Magnifica Fabbrica della Scala. Qui è nato nel 2007 il primo birrificio artigianale di Milano, il Birrificio Lambrate. C’è un locale boho-chic in un vecchio edificio stile industriale, The Sanctuary Experience Milano, e lo Zero Gravity, la palestra di tappeti elastici più grande d’Italia. Tra le strade più rappresentative della vecchia Lambrate troviamo Via Conte Rosso, mentre per chi vuole sentirsi come a Brick Lane a Londra c’è mercato del vintage e dell’antiquariato dell’East Market. La natura offre il suo meglio nel Parco Lambro. Per muoversi in città c’è la M2, per uscire la tangenziale est. Da quando è diventato uno dei poli del Fuorisalone, il quartiere è diventato una mecca di designer e di creativi. 

Prezzi case (acquisto): 4.200 mq
Prezzi affitto (bilocale di 50mq): 950 euro

# Vigentino, la scommessa olimpica

Cresits: Andrea Cherchi – Piazza Olivetti

Il Vigentino, a sud, è uno dei quartieri più in fermento della città e in particolare la parte verso il centro storico. La costruzione di Fondazione Prada, del complesso Symbiosis e le nuovi sedi in cantiere di Moncler e Snai, stanno rendendo la zona sempre più interessante. Nel vicino Scalo Romana sta nascendo il Villaggio Olimpico con un nuovo parco che influirà positivamente anche su questo quartiere. Nella parte verso i confini comunali stanno nascendo nuove aree residenziali, con appartamenti anche a prezzi calmierati, e non mancano parchi e aree verde attrezzate. L’unica pecca sono i trasporti: il tram 24 su via Ripamonti costituisce la spina dorsale, la fermata di Lodi M3 è fuori dal perimetro oltre la ferrovia.

Prezzi case (acquisto): 4.210 mq
Prezzi affitto (bilocale di 50mq): 900-1200 euro

# Porta Romana, in perenne fermento

Credits: @ellimist83 – Porta Romana “un nome in ogni quartiere”

Nela cinquina dei quartieri più consigliati dai milanesi si trova anche Porta Romana, uno dei più suggestivi e storici quartieri della città. Il suo simbolo è la “Porta” al centro di Piazza Medaglie d’Oro e il suo bastione, dove si trovano le terme cittadine con la prima sauna al mondo un tram. C’è anche l’unica Cascina in città, Cascina Cuccagna, e la via della cucina romana, via Muratori. Ricca di locali è una delle zone più frequentate quando si fa sera. Abbiamo detto dello Scalo in preparazione per ospitare le Olimpiadi Invernali 2026 e anche nuovo quartiere, è super servita dai mezzi di trasporto pubblico: M3, tram 9, bus 65 e 62 e la circolare 90/91. Senza contare che si trova a due passi dal centro. La nota dolente è il costo delle abitazioni.

Prezzi case (acquisto): 6.700 mq
Prezzi affitto (bilocale di 50mq): 1.300 – 1.500 euro

# Porta Lodovica-Bocconi, al top per la vivibilità

Foto redazione – Ville Tudor

Si dice che sia la zona dove si vive meglio a Milano, almeno secondo una delle ultime ricerche sulla vivibilità. Si tratta di Porta Lodovica-Bocconi. Spicca il grande Parco Ravizza con il limitrofo nuovo campus Bocconi, oltre a tutta la cittadella universitaria preesistente. Molti i locali i zona, soprattutto di target giovane vista la presenza di studenti. Manca la metro ma da poco ha aperto la nuova stazione della linea S9 e futura Circle Line Tibaldi. Per un tuffo nel passato c’è micro quartiere gioiellino delle Ville Tudor. Per chi ama la musica il Santeria Social Club, con spettacoli di stand-up comedy, e i vicini Magazzini Generali.

Prezzi case (acquisto): 6.400 mq
Prezzi affitto (bilocale di 50mq): 1.400 euro

Fonti quotazioni: wikicasa

Leggi anche: Le più belle VILLETTE TUDOR e LIBERTY del quartiere Art-Decò di Milano (FotoGallery)

Continua la lettura con: DESIGN di LUSSO con PISCINA e SPA: la SOLUZIONE VIENNESE per le CASE POPOLARI

FABIO MARCOMIN

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La «metropolitana delle Alpi»: il progetto per unire Italia e Svizzera

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Tramite questo progetto si punta a rilanciare il turismo di due suggestive vallate tra Italia e Svizzera. Il percorso allo studio e quando potrebbe essere inaugurata.

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La «metropolitana delle Alpi»: il progetto per unire Italia e Svizzera

# Un investimento di 52 milioni di franchi per rilanciare il turismo di due suggestive vallate tra Italia e Svizzera “oscurate” dalle località più rinomate

Credits laratorgano IG – Val Formazza

Un’opera che potrebbe rivoluzionare i collegamenti transfrontalieri. La “metropolitana delle Alpi” è stata infatti pensata per rilanciare due vallate splendide tra Italia e Svizzera che oggi soffrono la concorrenza delle località montane più rinomate e preferite dai turisti. L’investimento stimato per questo incredibile progetto da parte del Bak Economics, autorevole centro studi elvetico, è di 52 milioni di franchi, con un valore aggiunto lordo di 26,5 milioni di franchi generato solo in fase di costruzione. I posti di lavoro creati, tra occupazione diretta e indotto, sarebbero 235.

Leggi anche: Una METROPOLITANA unica al MONDO: è la più alta, la più corta e nel paese più piccolo

# La “metropolitana delle Alpi” prevede un tracciato di 5,8 km e 2 sole stazioni

Credits il giorno – Tracciato metro Italia-Svizzera

Il tracciato previsto per questa metropolitana transnazionale è di 5,8 km interamente in galleria per ridurre l’impatto ambientale. Le fermate sarebbero solo due, il capolinea italiano nella località di Formazza, a 1.280 metri in Piemonte nell’omonima valle, e la località walser ticinese di Bosco Gurin, in Vallemaggia a 1.500 metri d’altezza. Si favorirebbe così la creazione di un circuito alpino insieme al progetto legato all’asse di mobilità nord-sud del Gottardo.

La durata del viaggio è stata calcolata in 8 minuti, mentre i convogli di questa funicolare sotterranea avrebbero una capienza di 50 posti e effettueranno sei corse all’ora. In questo modo potrebbero essere trasportati a regime 115.200 persone ogni anno, di questi molti dormirebbero almeno una notte nelle strutture ricettive e rimarrebbero a mangiare nei rifugi e nei ristoranti dei due comuni contribuendo a sostenere l’economia delle due valli.

Leggi anche: Progetti di METROPOLITANE abbozzate ma MAI REALIZZATE in altre città italiane

# La prima corsa dopo il 2027?

Credits heibergerwork-pixabay – Tunnel metropolitana

Il Comune di Formazza ha avanzato la proposta presso la Provincia del Verbano-Cusio-Ossola, mentre il governo svizzero ha esaminato il piano, sottoposto alcune osservazioni e chiesto approfondimenti. In caso di benestare del progetto dovrà seguire l’eventuale adattamento del Piano regolatore di Bosco Gurin e la procedura d’approvazione federale. Prima di tutto servirà che anche dal lato italiano arrivi l’assenso a proseguire. Nel 2022, anno in cui è stato presentato il progetto della “metropolitana delle Alpi”, l’obiettivo dichiarato era di inaugurare entro la fine del 2027. Visto lo stato delle cose, nel caso venga realizzata l’opera, si dovrà con molta probabilità attendere qualche anno in più.

Continua la lettura con: La più GRANDE METROPOLITANA del MONDO cresce sempre di più: le nuove linee aperte e l’obiettivo da FANTASCIENZA

FABIO MARCOMIN

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La «città del futuro» alle porte di Milano: le ultime novità in arrivo, dal parco lineare all’edificio in legno più alto d’Italia

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Rendering MIND

Un piano industriale da 300 milioni di euro sta dando vita a una nuova città tra Milano e Rho, con l’ambizione di diventare un centro globale per l’innovazione. A che punto siamo con i cantieri e quali sono in attesa di partire.

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La «città del futuro» alle porte di Milano: le ultime novità in arrivo, dal parco lineare all’edificio in legno più alto d’Italia

# I tasselli già completati: da Cascina Triulza al MIND Village

MIND, la “città del futuro”, si sta concretizzando giorno dopo giorno. Iniziamo con ciò che è già presente. Cascina Triulza, innanzitutto, rappresenta una delle principali eredità di Expo, insieme all’Albero della Vita, simbolo iconico dell’evento che presto tornerà a essere operativo. Qui, nel 2015, la Fondazione Triulza ha dato vita al primo Padiglione della Società Civile.

Un altro elemento distintivo dell’Expo è stato Palazzo Italia, che oggi ospita il polo di ricerca per le Scienze della Vita Human Technopole, attualmente in fase di ultimazione con la costruzione degli ultimi edifici.

Nel 2022 è stato inaugurato l’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio, nato dalla fusione tra l’Istituto Ortopedico Galeazzi e l’Istituto Clinico Sant’Ambrogio, specializzato in ambito cardiovascolare e bariatrico. L’edificio si sviluppa su una superficie di 150.000 mq, è uno dei più alti d’Europa con i suoi 16 piani e un’altezza di 85 metri, ed è diventato rapidamente un punto di riferimento nel settore sanitario.

Leggi anche: La seconda vita dell’Albero della Vita: questo sarà il suo futuro

Dal 2023 è attivo il “Big Theatre”, un centro polifunzionale con una capacità di fino a 3.500 persone, progettato per accogliere eventi di grande portata. Il teatro è stato realizzato da Big Spaces e Lendlease. A questo si aggiunge lo SkyDeck Europe dell’Università di Berkeley, che ha favorito la crescita di 36 startup, accelerandone lo sviluppo. Infine, Esselunga ha inaugurato lo store innovativo “Esselunga Lab” privo di casse, un laboratorio “dinamico” che esplora un nuovo modello di retail, sviluppato su due piani e con una superficie di circa 600 mq. Come funziona? Il cliente seleziona gli articoli, trova la lista al self-checkout e, dopo aver verificato il carrello virtuale, può pagare e uscire.

Mind Village

Troviamo inoltre Federated Innovation, una rete di 41 aziende tecnologiche che nel 2023 hanno sviluppato oltre 100 innovazioni in 12 settori diversi, e il MIND Village, frutto della riqualificazione degli edifici dell’ex Expo 2015.

Leggi anche: Apre a Milano l’ESSELUNGA LAB, l’ultima frontiera dei SUPERMERCATI

# Cosa è in corso di realizzazione: dal Campus della Statale alla prima parte del Westgate

Credits: Mind Milano – Campus Scientifico Statale

Tra i cantieri in corso, spicca quello per il nuovo polo universitario scientifico dell’Università Statale di Milano, che sarà pronto nel 2027. Il campus ospiterà quattro facoltà scientifiche (scienze e tecnologia, scienze agricole e dell’alimentazione, medicina e chirurgia, farmacologia) ed è progettato dallo studio Carlo Ratti Associati. Con una superficie di 210.000 mq, il complesso include cinque corti circondate da altrettanti edifici, 18.300 mq di aule, 50.000 mq di laboratori, oltre 8.000 mq di biblioteca, e accoglierà oltre 23.000 persone, con un investimento di 458 milioni di euro.

 

Sono partiti da tempo anche i lavori per “Molo”, il Mobility Hub e Horizon, nell’area Westgate che si estende su 300.000 mq vicino alla stazione metropolitana di Rho Fiera M1.

Urbanfile – Molo

Il progetto “Molo”, si sviluppa su 3.000 mq e metterà a disposizione spazi multifunzionali con laboratori, uffici, un centro energetico, un’area retail e un parcheggio a più piani con 1.500 posti auto.

Urbanfile – Horizon

Horizon, progettato da Piuarch e Waugh Thistleton Architects, è un edificio di 8 piani con uffici flessibili, laboratori e spazi dedicati all’innovazione destinati a imprese come ABB, E. ON e Confidi Systema, oltre a spazi commerciali. Questo sviluppo, privo di combustibili fossili e alimentato al 100% da energia rinnovabile.

Credits jpius.it – Human Technopole

È in fase di realizzazione anche il nuovo edificio del Campus dello Human Technopole, South Building, che si sviluppa su dieci piani per un’altezza di 61 metri. Il complesso, che copre oltre 16.500 mq, sarà interamente dedicato ai laboratori di ricerca scientifica per 800 scienziati, ma anche con: uffici, spazi per eventi, workshop e corsi di formazione con 3.000 mq di terrazze, giardini pensili, piazze pubbliche e spazi pensati per il benessere delle persone. L’inaugurazione è programmata per il 2026.

# Attesa per la costruzione di Zenith, l’edificio in legno più alto d’Italia 

Zenith

Tra i cantieri attesi per la fine del 2024 spicca il “gemello” di Horizon, dal nome di Zenith, che con i suoi 13 piani fuori terra e 56 metri di altezza sarà l’edificio in legno più alto d’Italia e uno dei più alti in Europa. Le ruspe dovrebbero mettersi in azione a breve.

L’edificio prevede l’utilizzo di componenti prefabbricati off-site, che verranno assemblati in cantiere e saranno in parte smontabili e riutilizzabili. La scelta del legno come materiale è dovuta al suo status di materiale carbon neutral per eccellenza.

Westgate

Nell’area West Gate, che vede una metà ancora senza lotti occupati, si prevedono poi lavori per la costruzione di residenze, con la realizzazione di 400 appartamenti firmati dallo studio Peluffo & Partners Architettura.

Ecosistema MIND

A questi si aggiungono un hotel e l’Innovation Hub, pensato come un “sistema aperto” per connettere attività educative, culturali, creative e di ricerca. 

# Il parco lineare di 1,5 km sarà l’ultimo a vedere la luce

Credits: lifegate.it – 1- Parco lineare

Un elemento distintivo della nuova città di MIND è il Common Ground, una struttura che attraverserà l’intera area per una larghezza di 10 metri, offrendo un’ampia zona pubblica con il parco lineare più grande d’Europa, lungo circa 1,5 km, che si estende lungo il decumano. Questi i numeri nel dettaglio: 460.000 mq di verde, con l’aggiunta di 3.000 alberi rispetto a quelli esistenti, 4 parchi tematici (sport, cibo e salute, orto botanico e parco attrezzato), 4 km di piste ciclabili e 4.000 mq di specchi d’acqua in più.

# L’accesso all’area è garantita dalla stazione di Rho Fiera e in futuro da quella della Circle Line di MIND-Merlata attualmente in progettazione

L’accesso all’intera area è assicurato non solo dalla Stazione Rho Fiera, servita da treni regionali, suburbani, Alta Velocità e dalla linea M1, ma anche dalla futura stazione della Circle Line di MIND-Merlata. Il progetto preliminare, sviluppato dallo studio 3TI Progetti, prevede una struttura in metallo bianco che si integrerà con la vicina passerella ciclopedonale. La progettazione definitiva è in fase di sviluppo grazie a un finanziamento di 10 milioni di euro.

foodserviceweb.it – MIND

Tutto il progetto di MIND dovrebbe concludersi entro il 2036.

Continua la lettura con: La «Città Ticino»: l’unione di Milano con il Sud della Svizzera

FABIO MARCOMIN

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Il «Titanic del Lario»

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leone5542bis IG - Piroscafo Plinio III in degrado

Dicembre 2010. Le acque fredde del Lago di Mezzola, un piccolo specchio d’acqua collegato al più famoso Lago di Como, inghiottono un pezzo di storia della navigazione lacustre italiana. Il piroscafo Plinio III, un tempo orgoglio della flotta lariana, si inabissò silenziosamente, segnando la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova leggenda subacquea.

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Il «Titanic del Lario»

# Il Plinio III: l’epoca d’oro

piroscafi_lariani IG – Plinio

Varato nel 1902, il Plinio III era il terzo piroscafo a portare questo nome illustre, in onore del naturalista romano Plinio il Vecchio. Con i suoi imponenti 53 metri di lunghezza, era il più grande e lussuoso battello del Lago di Como, capace di trasportare fino a 750 passeggeri. Il salone di prima classe, con le sue pareti in legno di rovere e le incorniciature in mogano, era un esempio di eleganza e raffinatezza dell’epoca.

Durante i suoi anni di servizio, dal 1902 al 1963, il Plinio III fu testimone di momenti storici. Nel 1927, ebbe l’onore di scortare l’imbarcazione che trasportava Re Vittorio Emanuele III durante una crociera sul lago. Negli anni d’oro del turismo lariano, accolse a bordo celebrità internazionali, tra cui il famoso attore hollywoodiano Tyrone Power.

Dopo la sua dismissione nel 1963, il destino del Plinio III prese una piega inaspettata. Messo all’asta nel 1968, iniziò un lungo periodo di utilizzi alternativi e declino. Fu impiegato come barriera frangiflutti a Colico, poi trasformato in un bar galleggiante, testimoniando la creatività nel riutilizzo di queste grandi navi storiche.

Infine, il Plinio III trovò ormeggio a Verceia, sul Lago di Mezzola, accanto al ristorante La Barcaccia. Qui, divenne una sorta di attrazione locale, utilizzato per feste ed eventi, un fantasma del suo antico splendore che continuava a catturare l’immaginazione di locali e turisti. Ma il destino per lui aveva in serbo un altro brutto scherzo. L’ultimo.

Leggi anche: “Il TITANIC delle MONTAGNE”: doveva essere la STAZIONE più BELLA d’EUROPA, rinasce come HOTEL di LUSSO

# Una tempesta da mari del Sud si abbatte sul Lario

nauticareport.it – Piroscafo Plinio, disegni di progetto, 1902

La notte tra l’8 e il 9 dicembre 2010, durante una violenta tempesta, il Plinio III si inabissò. Le cause esatte non sono mai state completamente chiarite, ma si ipotizza che anni di mancata manutenzione, combinati con le condizioni meteorologiche avverse, abbiano portato alla rottura degli ormeggi e al conseguente affondamento.

Oggi, il Plinio III giace a circa 45 metri di profondità nel Lago di Mezzola, a circa 200 metri dalla riva. La sua posizione relativamente accessibile lo ha reso oggetto di interesse per subacquei e appassionati di storia navale. Le acque fredde e buie del lago hanno preservato sorprendentemente bene la struttura della nave, creando un affascinante museo subacqueo.

# Il riposo sul fondale e i piani di recupero

beni Culturali Standard (BCS) – Piroscafo Plinio III

Negli anni successivi all’affondamento, sono stati proposti vari progetti per il recupero del Plinio III. Un gruppo di studenti del Politecnico di Milano ha elaborato un piano per riportarlo in superficie utilizzando palloni gonfiabili, ma i costi proibitivi (stimati oltre un milione di euro) e la mancanza di fondi hanno impedito la realizzazione del progetto.

Il sindaco di Verceia, Alessio Della Bitta, ha confermato che al momento non ci sono piani concreti per il recupero del piroscafo. L’attenzione dell’amministrazione è invece focalizzata sulla riqualificazione dell’area dove il Plinio III era ormeggiato prima dell’affondamento, incluso il recupero del ristorante La Barcaccia, chiuso dal 2010.

Nonostante le sfide legate al suo recupero, il Plinio III continua a vivere nell’immaginario collettivo come il “Titanic del Lario”. Subacquei esperti, come Andrea Alpini, hanno esplorato il relitto, documentando il suo stato e condividendo immagini affascinanti sui social media. Queste esplorazioni hanno riacceso l’interesse per la storia del piroscafo e per il patrimonio nautico del Lago di Como.

 

Continua la lettura con: La triste fine del glorioso «Titanic di Piazzale Loreto»

MICHELE LAROTONDA

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I 5 luoghi del paradiso per bambini e ragazzini nella Milano degli anni ‘70-‘80

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A Porta Nuova si andava al Luna Park

Per rendere felici i bambini e i ragazzini nella Milano degli anni ’70 e primi anni ’80 bastava portarli in uno di questi cinque posti.

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I 5 luoghi del paradiso per bambini e ragazzini nella Milano degli anni ‘70-‘80

#1 Il più grande negozio di giocattoli

Il primo era Cagnoni. Per chi era piccolo in quegli anni, ancora oggi Cagnoni evoca regali di Natale da aprire sotto l’albero. Il negozio a due piani di corso Vercelli era il paese dei balocchi. Una particolare attenzione la guadagnavano i robot collegati ai cartoni animati giapponesi, i giocattoli dei film della Disney e la versione dei giochi di società dei programmi della TV, in particolare di quelli di Mike Bongiorno. Per noi maschietti era di rito l’area del Subbuteo, con particolare eccitazione per le nuove squadre e per gli accessori, come le statuette di tipologie di spettatori. Cagnoni ha chiuso nel 2001. 

#2 La piccola Disneyland

Un altro grande luogo soprattutto per i più piccoli era il Nuovo Arti. Dietro a San Babila, dopo il cambio di gestione del 1977 era passato dal cinema d’autore ai film della Disney. Nell’intervallo c’era l’intrattenimento della sala dei pupazzi in dimensione umana da Paperino a Topolino. Si organizzavano feste di compleanno, eventi speciali nel week end, era un po’ una Disneyland in miniatura. Molti di noi hanno visto al Nuovo Arti i grandi film in cartone animato come Fantasia, Cenerentola, Robin Hood fino ad arrivare anche a film più adulti, come il primo Guerre Stellari. Il Nuovo Arti ha chiuso nel 2006. 

#3 Dove si trovava chi bigiava scuola

Non c’è adolescente di allora che non conosca l’Astra Games. Era la sala giochi del centro di Milano, nascosta dietro i portici di Vittorio Emanuele. Aperta anche la mattina, attirava frotte di studenti che si davano appuntamento quando bigiavano scuola. Ha segnato l’esplosione dei videogames nel periodo in cui si poteva giocare solo nella sala giochi. I primi giochi di culto erano Donkey Kong, Asteroid, Space Invaders negli anni in cui apparivano sullo schermo della tv i giochi dell’Atari con semplici stanghette: a seconda del loro numero e della lunghezza si capiva il tipo di sport da praticare. L’Astra Games ha chiuso nel 2000. 

#4 Dove si festeggiava la fine della scuola

Avete in mente la scena finale di Grease in cui si festeggia al Luna Park la fine dell’anno scolastico? Forse ispirati dal musical americano divenne tradizione per i ragazzini di Milano fare festa alla fine dell’anno scolastico andando alle Varesine. Dove oggi si innalzano i grattacieli, allora c’era un Luna Park stabile che svettava su una piccola collina. Le sue attrazioni principali erano le montagne russe, gli autoscontri, gli specchi deformanti. Ricordo anche una stanza chiusa dove si proiettavano filmati in tre dimensioni da paura, ci si trovava alla guida di una Formula 1 o con gli sci sul chilometro lanciato. Il parco dei divertimenti ha chiuso nel 1998. 

luna park delle varesine
luna park delle varesine

#5 Il luogo comune del divertimento di ogni generazione

Il quinto è l’unico rimasto che accomuna i bambini di ogni età e di ogni decennio. Lo stadio. Andare a San Siro è da sempre una gioia per bambini e ragazzini. Rispetto ad oggi, c’erano poche differenze nella Milano degli anni ’70 o inizio anni ’80. Non c’era il terzo anello, attorno al campo i posti erano in piedi, per cui le squadre sembravano giocare accerchiate dalla folla divisa dalle inferriate. Non c’erano posti numerati, quindi si litigava e si scalciava per un posto migliore. Alcuni minuti prima del fischio finale si aprivano i cancelli per cui molti ragazzini si radunavano davanti agli ingressi per gustarsi gratis gli ultimi minuti di gioco. Erano anni in cui le squadre di Milano facevano poca strada in Europa. Un po’ come oggi.

#milanograffiti

Continua la lettura con: Il campionato di sci sulla Montagnetta

ANDREA ZOPPOLATO

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Le bandiere delle regioni del Nord Italia: questa è la più bella?

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Anche le regioni hanno le proprie bandiere, alcune ufficiali e altre ufficiose: quali sono quelle più riuscite del Nord? Ecco la nostra graduatoria dalla più brutta alla più bella.

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Le bandiere delle regioni del Nord Italia: questa è la più bella?

#8 Liguria: idea interessante, pessimo il risultato finale

Credits: wikipedia.org

La bandiera della Regione Liguria è formata da un drappo di forma rettangolare con al centro lo stemma, costituito da una caravella stilizzata con vela bianca inquartata da una croce rossa con stelle d’argento nei riquadri, ognuna rappresentante le 4 province liguri. I colori della bandiera rappresentano:

  • il verde i monti dell’Appennino Ligure e delle Alpi Liguri,
  • il rosso il sangue versato nelle varie guerre,
  • il blu il Mar Ligure.

Non ce ne vogliano i liguri, ma nonostante l’idea di fondo fosse interessante il risultato finale è di basso livello.

#7 Piemonte: effetto grafico e cromatico poco azzeccato

Credits: wikipedia.org

Il drapò è la bandiera ufficiale della Regione Piemonte, è caratterizzata dalla presenza di una frangia d’oro e dalla bordura azzurra all’esterno. All’interno una croce bianca in campo rosso bordato di blu spezzata da lambello azzurro a tre gocce.  La bordura azzurra prende spunto dal colore ufficiale di Casa Savoia dal 1366, quando il Conte Verde partendo per la crociata volle che sulla sua ammiraglia sventolasse una bandiera azzurra seminata di stelle d’oro. L’accostamento dei colori purtroppo non è dei più azzeccati, così come il lambello svolazzante senza un senso estetico.

#6 Emilia Romagna: la forma stilizzata della regione, trovata piuttosto banale ed esteticamente modesta

Credits: wikipedia.org

La bandiera dell’Emilia-Romagna riporta al suo interno lo stemma adottato nel 1989, di colore verde, con il lato superiore di andamento sinusoidale che ricorda la forma della regione, nella variante con scritta verde e barra rossa su sfondo bianco. Attualmente il vessillo non gode di status legislativo ufficiale, ma è correntemente usato in ambito cerimoniale. Esteticamene modesta e di scarsa identità. 

#5 Lombardia: il simbolo del più antico popolo della regione che però non appassiona i lombardi

Credits: wikipedia.org

Nel corso degli anni erano state proposte diverse ipotesi: la semplice croce di San Giorgio, poi il Ducale visconteo, simbolo del Ducato di Milano, costituito da un biscione inquartato con l’aquila imperiale. Alla fine, a livello istituzionale, si è scelta come bandiera ufficiale quella rappresentata dalla rosa camuna, che riprende una delle incisioni rupestri più famosi della Val Camonica, simbolo del più antico popolo lombardo, i camuni, su sfondo verde. Un richiamo alla origini lombarde che però ancora oggi divide: la gran parte dei lombardi si identifica nella croce di San Giorgio.

#4 Valle d’Aosta: il merito della semplicità

Credits: wikipedia.org

La bandiera della regione autonoma Valle d’Aosta non reca alcuno stemma o scritta, ma è composta da due bande verticali, di colore rosso e nero

Questi due colori furono utilizzati per la prima volta dal canonico Joseph Bréan su un opuscolo del 1942 dell’antifascismo valdostano, intitolato “I grandi valdostani”, traendoli dal sigillo cinquecentesco del Ducato di Aosta, un leone d’argento su scudo nero al capo di rosso, colori ufficiali della famiglia Challant. 

Un accostamento di colori universale, che però esiste in questo modo solo per delle squadre di calcio, tra cui il Milan, ma per nessuna nazione. Talmente essenziale da rappresentare un motivo di merito. Anche se forse poco apprezzato dagli interisti. 

#3 Trentino Alto Adige: amalgama identitario equilibrato e riuscito

Credits: wikipedia.org

La bandiera del Trentino-Alto Adige, mai stata definita legalmente al contrario dello stemma e del gonfalone, consiste in uno stemma al cui interno sono presenti due aquile di San Venceslao, che simboleggiano il Trentino, e due aquile rosse tirolesi, che simboleggiano l’Alto Adige, su uno sfondo bianco e azzurro. La storie delle due province autonome riunite in una sola bandiera. Rispetto a casi citati in precedenza, qui l’amalgama tra componenti diverse è perfettamente riuscito. 

#2 Veneto: la storia s’inchina

Credits: wikipedia.org

La bandiera del Veneto prende spunto dalla bandiera della Serenissima Repubblica di Venezia, in uso oggi come bandiera della città di Venezia. Al suo interno sono disegnate sette fiamme, che portano nella parte mediana, lo stemma di ognuna delle città capoluogo di provincia della Regione. Senza dubbio la più identitaria e quella di maggior rilevanza storica.

#1 Friuli Venezia Giulia: la bandiera più scenografica

Credits: wikipedia.org

La bandiera della regione Friuli-Venezia Giulia è rappresentata da un grifone d’oro che sorregge delle rocche bianche su fondo azzurro. Nei colori ricorda l’antico vessillo friulano con l’aquila del patriarca Popone. Si ricollega all’antico Patriarcato di Aquileia che segnò la storia del Friuli, infatti il suo disegno deriva da un’immagine allegorica di quest’aquila rinvenuta su di un antico vaso custodito nel museo di Aquileia. Per l’equilibrio cromatico con un colore caldo su uno sfondo freddo, per la portanza del simbolo e per l’energia che trasmette, merita il primo posto tra le bandiere delle regioni del Nord Italia. Forse è la più bella di tutta l’Italia. 

Continua la lettura con: Le 10 PICCOLE CITTÀ più BELLE del NORD Italia: la classifica

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10 cose che chi viene da fuori pensa dei milanesi. Ma non sono vere

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Ph. @lostatalejonico IG

Circolano parecchie leggende metropolitane sul milanese-tipo, soprattutto quando a tracciarne il profilo sono i non milanesi di passaggio. Noi vogliamo sfatarle una ad una. Foto cover: @lostatalejonico IG

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10 cose che chi viene da fuori pensa dei milanesi. Ma non sono vere

#1 «Il milanese non è propenso a fare le foto al turista»

pexels – Foto con smartphone

L’importante è chiedere. Il milanese risponderà con cortesia.

#2 «Il milanese si muove solo in auto»

Un ‘immigrato’ dal Friuli ne era convinto. Con l’introduzione di Area B, area C e l’esplosione dei mezzi in sharing non è più così. Anzi.

#3 «Il milanese non ha cultura»

Ph. cocoparisienne

Si pensa che il milanese sia una persona molto materialista, concreta, che pensa al lavoro, ai soldi e a fuggire via nel week end. E’ vero che ormai vedere qualcuno che legge un libro sulla metropolitana è un fatto raro, ma Milano resta la capitale della cultura. E’ la città dove ancora sopravvivono i cinema d’essai, dove si vedono code chilometriche a ogni mostra, dove ci sono persone che vanno perfino a teatro.

#4 «Le ragazze di Milano non mangiano e se la tirano»

credits: elle.com

Qualcuna c’è, è vero, ma è vista come un residuo degli anni novanta. La verità è che la globalizzazione ha travolto anche la tradizionale ritrosia delle milanesi: la concorrenza di russe e rumene si fa sentire e le milanesi amano troppo la competizione per lasciare il campo a donne più disinvolte.

#5 «I milanesi sono contro i meridionali»

Era forse vero fino a qualche tempo fa, quando i biglietti fuori dalle università recitavano: “Si affittano camere a tutti ma non a extracomunitari e terroni”.
Ma era comunque un vezzo, un modo di scherzare tipicamente milanese. In verità qui chiunque è ben voluto, non importa da dove venga: l’importante è solo che si dia da fare.

#6 «I milanesi sono freddi»

Non siamo esattamente la gente più affettuosa e caciarona d’Italia, è vero, ma questo solo perché il milanese-tipo è un tenero insicuro. E ci teniamo, forse un po’ troppo, a quello che gli altri pensano di noi.

#7 «I milanesi parlano con la E aperta»

Credit: e-gazette.it

Ripeti: “Polpétta, cotolétta, biciclétta“. Basta con questi giochetti! E’ un po’ come il fiorentino che s’è rotto di ripetere la filastrocca della “hohahola hon la hannucccia horta horta” o il napoletano che canta “O’ Sole Mio” o il romano che, solo perché abita nella Città Eterna, dà del tu al Papa. In verità a Milano ormai si parla l’italiano più corretto d’Italia.

#8 «I milanesi dicono tante parolacce»

Di cui il 90% è composto da “uè figa”, e “dai cazzo”.
I comici come Cochi e Renato o Claudio Bisio sono irriverenti e straordinari, ma non andiamo in giro h24 a dire “Oh la Madonna”. Anzi, da qualche anno dire parolacce è diventato terribilmente fuori moda.

#9 «I milanesi sono tutti vestiti alla moda e di tendenza»

Credits: milanofashiontour.com

Basta guardare ai tipi da metropolitana spesso protagonisti degli sfottò su Facebook, o badare a chi entra/esce dal vostro posto di lavoro per vedere confutata questa affermazione in un battibaleno. Quindi se vedete un milanese nella vostra città, occhio a prenderlo ad esempio per rinnovare il guardaroba.

#10 «I milanesi vivono di calcio»

Va bene che abbiamo uno dei derby più seguiti d’Italia, ma volete mettere un tifoso meneghino con un genoano, un romanista, un laziale, un napoletano? Qui la partita dura al massimo fino al lunedì mattina. Poi, figa, si pensa solo al business.

Continua la lettura: 5 cose che una non milanese non sopporta di Milano

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Sei di Milano e sai che non andrai mai in pensione

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Finché c’è vita c’è un cantiere da controllare. 

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Continua con: Quando sei a Cortina e ti assale un attacco di velocità milanese

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La metropolitana che sembra avanti anni luce: quello che (forse) un giorno vedremo anche a Milano

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Ph. @martadimuro_ IG

Forse la metropolitana più tecnologica del mondo. Le cose più strabilianti che si trovano come documentato da @martadimuro_ su Instagram. 

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La metropolitana che sembra avanti anni luce: quello che (forse) un giorno vedremo anche a Milano

La metro di Shenzhen è forse la più tecnologica del mondo dove ci si sente avanti anni luce. Vediamo le cose più interessanti anche grazie a martadimuro_ come documentato sul suo profilo Instagram.

# La rete della metro di Shenzhen

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Una rete della metropolitana mirabolante. E pensare che la prima tratta è stata inaugurata solo nel 2004, rendendola a quel tempo la quinta città cinese ad avere la metro. Da allora ha fatto passi siderali, raggiungendo 16 linee, 306 stazioni e oltre mezzo milione di chilometri di tracciato, facendola diventare la sesta rete più estesa del mondo. Una curiosità? Shenzhen è gemellata con Brescia. Ma vediamo alcuni aspetti che si trovano sulla sua metro che sarebbe bello vedere anche sulla metro di Milano. 

#1 Per comodità e contro il sovraffollamento: si può vedere quante persone ci sono in ogni vagone (così da scegliere quello più vuoto)

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#2 I vagoni hanno una temperatura diversa in modo da accontentare chi preferisce stare al caldo o al freddo

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#3 Per muoversi meglio tra le linee ci sono delle indicazioni luminose sul soffitto: basta seguirle per arrivare a destinazione

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#4 Le stazioni sono spettacolari: una vera e propria attrazione per i viaggiatori e i turisti 

Ph. @martadimuro_ IG
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Fonte: @martadimuro_ IG

Continua la lettura con: Le 3 anomalie della metro di Milano

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Il quartiere di Milano costruito per la «nuova classe dirigente»

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Ph. @imitations_of_life IG

C’era un’epoca in cui si costruivano quartieri per le caratteristiche di chi li avrebbe abitati. C’erano i villaggi degli operai, quello dei giornalisti fino all’utopia della Comasina. Ma non tutti conoscono che a Milano è stato costruito anche un quartiere per la «nuova classe dirigente». Dove si trova e qual è il suo nome?

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Il quartiere di Milano costruito per la «nuova classe dirigente»

# Mirabello, il quartiere per la «nuova classe dirigente»

Situato tra la Maggiolina e il Villaggio dei Giornalisti, il quartiere Mirabello nasce nel 1939 con la costruzione di un complesso di 12 palazzine ad opera dell’Istituto Fascista Autonomo Case Popolari di Milano.

Fu edificato in un’area all’epoca appartenente alla località Greco, con il preciso intento di ospitare la nuova classe dirigente: medio-alta borghesia, professionisti, industriali, artisti, con una concezione simile all’attiguo Villaggio dei Giornalisti. A questo complesso di palazzine a due-tre piani ben presto si affiancarono villette d’epoca e abitazioni con giardino molto gradevoli e architettonicamente accattivanti.

quartiere mirabello

 

# Le origini del nome: Villa Mirabello

Il quartiere prende il nome da Villa Mirabello, uno degli esempi di maggior interesse per quanto riguarda la tipologia di villa-cascina suburbana di epoca rinascimentale ed è tra gli edifici meglio conservati nell’area prossima al centro urbano di Milano.

Costruita nei primi del ‘400 in aperta campagna e sopra una proprietà già di Filippo Maria Visconti, la Villa era l’ideale per lo svago e le battute di caccia. Dai registri ducali si deduce che a metà del XV sec. si ha la trasformazione in residenza di campagna, grazie all’acquisto di Pigello Portinari, il banchiere fiorentino a Milano per conto dei Medici. Il suo intento era quello di creare, in una località accogliente, un complesso a metà tra un residenza di caccia e una piccola villa di delizia.

quartiere mirabelloDal 1916 la Villa è la sede della Casa di lavoro e patronato per i ciechi di guerra di Lombardia.

quartiere mirabello
quartiere mirabello

Continua la lettura con: L’utopia della Comasina

VALENTINA PETRACCA

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Non c’è più la neve di una volta? Le più grandi nevicate, il giorno più freddo e gli altri record in bianco di Milano

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Milano 28 dicembre 2020. Credit: Andrea Cherchi (c)

C’è chi dice che l’inverno non sia più quello di una volta. Per la neve che cade a Milano forse è così.

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Non c’è più la neve di una volta? Le più grandi nevicate, il giorno più freddo e gli altri record in bianco di Milano

# Quanti giorni cade la neve a Milano

Credits: @bam.milano
neve a Milano

Negli ultimi trent’anni a Milano ogni anno in media ci sono state 6 giornate di neve con una precipitazione annuale di 18 centimetri. Ogni quattro anni capita un inverno in cui la neve non cade. 

# Le nevicate più massicce della storia

Le 5 nevicate più massicce risultano a Milano quelle di:
1) Febbraio 1947 (82 cm)
2) Gennaio 1985 (75 cm)
3) Gennaio 1954 (63 cm)
4) Gennaio 2006 (50 cm)
5) Gennaio 2009 (50 cm)

# L’inverno più nevoso degli ultimi 50 anni

porta romana
Porta Romana sotto la neve, nell’arte del pittore milanese contemporaneo Antonio Cazzamali

Nel 1978 si arrivò ad avere cumuli di neve che raggiunsero i 125 centimetri. Nel 1985 si arrivò a 85 centimetri.

La temperatura più bassa di Milano dal 1763 a oggi sono stati di -17,3 °C nel 1855.

# Le 10 città al mondo dove cade più neve

coppa del mondo di fondo a milano
Coppa del mondo di fondo a milano

Con i suoi 18 centimetri Milano si colloca lontana dalle città al mondo in cui cade più neve.

Le prime dieci sono:
10. Buffalo (Usa) 241 cm
9. Rochester (Usa) 251 cm
8. Akita (Giappone) 272 cm
7. Saguenay (Canada) 312 cm
6. Quebec City (Canada) 315 cm
5. Syracuse (Usa) 315 cm
4. St. John’s (Canada) 333 cm
3. Toyama (Giappone) 363 cm
2. Sapporo (Giappone) 485 cm
1. Aomori City (Giappone) 792 cm

# Le 10 città in Italia dove cade più neve

in paolo sarpi sono già pronti
in paolo sarpi sono già pronti

E in Italia? Queste sono le dieci città più nevose:
10. Macerata 47 cm
9. Fermo 49 cm
8. Reggio Emilia 50 cm
7. Modena 50 cm
6. Varese 55 cm
5. Trento 56 cm
4. Urbino 80 cm
3. Campobasso 90 cm
2. Aosta 95 cm
1. Cuneo 100 cm

Continua la lettura con: I record meteo di Milano

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Milano «fuori orario»: i limiti da superare per diventare una città internazionale

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Ph. @milano4dimensions IG

Ricordo “Tutto in una notte” di John Landis, con la leggendaria colonna sonora di B B King e il protagonista che si aggira nelle strade delle città per vincere l’insonnia. Molti sono i film che parlano di persone che vivono la notte, per insonnia, come l’uomo senza sonno, per lavoro, come Taxi Driver, o per svago, come i Guerrieri della notte. La forza di una metropoli è data dalla sua capacità di essere senza orari, dove ogni cosa è possibile a qualunque ora del giorno e della notte. Sotto questo aspetto Milano può fare di più. Foto cover: @milano4dimensions IG

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Milano «fuori orario»: i limiti da superare per diventare una città internazionale

# Metropolitana

Credits: wikipedia.org – Sant’Agostino

E’ il cruccio di molti, specie dei più giovani. Nelle grandi città del mondo la metropolitana funziona 24 ore al giorno, almeno nei fine settimana. A Milano se si esce la sera il primo pensiero va all’ultima corsa della metro. E ogni anno facciamo una terribile figura con le migliaia di visitatori del Fuorisalone che rimangono sulle strade alla ricerca di un taxi. L’angoscia da fine corsa si dovrebbe evitare: invece di litigare Regione e Comune non potrebbero giungere al compromesso di accettare l’aumento dei prezzi di ATM ma in cambio pretendere corse 24h nel fine settimana?

# CityLife

Credits Andrea Cherchi – Fontana Citylife spenta

L’area si sta affermando con prepotenza come luogo più alla moda di Milano. Al confronto Gae Aulenti sembra già vecchia. Eppure al calar della sera diventa un quartiere di fantasmi, quando chiude il centro commerciale.

# La ristorazione

Una delle prime differenze che nota chi da città straniere viene a Milano (perfino da Lugano) sono gli orari in cui si mangia. Altrove si tende a mangiare quando si ha fame e i ristoranti hanno clienti a tutte le ore. Da noi chi è abituato a ritmi nordici può trovare i ristoranti ancora non aperti (alcuni la sera aprono alle 19.30), chi segue tempi mediterranei può rischiare di non fare più a tempo per il pranzo o per la cena.

# I supermercati

Credits myfruit – Supermercato

In questo caso il pericolo viene da fuori. Una delle bellezze di Milano è di avere supermercati aperti anche di notte. Per questo speriamo che l’idea di imporre limiti di orari sia una boutade priva di conseguenze.

# I musei e i luoghi di attrazione

Credits professionarchitetto – Raddoppio museo del novecento.jpg

Ci sono musei e luoghi di interesse con orari ostici specie per chi lavora. Spesso chiudono all’ora della merenda, quasi tutti sono sono inaccessibili il lunedì e alcuni perfino nei giorni di festa. Alla Torre Branca ho dovuto pregare di portarci su con l’ascensore per godere della città al tramonto. Anche la Triennale ha orari da soviet, per non parlare dell’Acquario. Solo per citare i primi casi che mi vengono in mente, ma credo che solo da noi, tra le grandi città del mondo, i musei chiudano così presto la sera. 

# I parchi

leggende italiane

Ha destato molto clamore la scelta di tenere la Biblioteca degli Alberi priva di cancellate, lasciandola così aperta a ogni ora del giorno e della notte. Scelta che è piaciuta molto e che è parecchio insolita per la nostra città, tra le uniche al mondo che prevede orari di chiusura per i suoi parchi pubblici. Un amico si è spaccato le ginocchia cercando di uscire dal Parco Sempione dopo l’orario di chiusura. E forse siamo l’unica città ad avere un parco pubblico, per di più nei pressi del centro, chiuso la domenica e i festivi: il parco archeologico, anche noto come il parco più inaccessibile del mondo.

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Quello che i romani dicono dei milanesi

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Ph. j_nnesk_sser

Dopo lo storico buzz provocato dall’articolo le 10 cose che i romani invidiano di Milano le nostre talpe disseminate nella capitale ci hanno fornito una nuova lista esclusiva della serie macchevelodicoaffà.

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Quello che i romani dicono dei milanesi

Credits tasya.filippova IG- Gladiatori romani

#1 Se la tirano tanto

“Anche le donne fanno le fighe, sanno tutto. Questo non è del milanese in quanto tale ma di chiunque metta piede a Milano. Già il solo stare a Milano è per molti un motivo di vanto, soprattutto se si viene da fuori

#2 Si credono chissacché

“I romani pensano che i milanesi vogliano sempre farsi credere importanti. A Roma l’importanza viene data dalle amicizie che si hanno, un mio caro amico è…, mentre il milanese si misura dal ruolo che occupa”

#3 Pensano che lavorano solo loro

Ai romani irrita l’atteggiamento che il milanesi ha nei loro confronti: “il fatto è che a Roma il lavoro non lo si ostenta come fanno i milanesi. Ad esempio, il milanese ti dice: Sono uscito alle 10, lo dice con soddisfazione, mentre il romano si lamenta”.
I milanesi se lavorano te lo dicono 100 volte di più

#4 Considerano Milano uno standard di eccellenza universale

“Ci giudicate sempre con un atteggiamento di superiorità. Il metro è Milano: per voi quello che si fa a Milano è il modo ottimale. Se ci si discosta in più o in meno significa essere inferiori. Specie sullo stile di vita: in realtà seguiamo semplicemente orari diversi”

#5 Ormai i romani copiano i milanesi

“Molti a Roma prendono a riferimento a Milano per vantarsi di ciò che fanno. Dicono: Eh, l’hanno fatta pure a Milano o c’è anche a Milano, come dire che allora è una cosa figa”

Credits Kookay-pixabay – Case a Roma

#6 I romani pensano che Milano sia il posto più figo d’Italia

“Per i lavori, i servizi e il divertimento. Milano è associata a New York
“A roma ci sono locali stupendi che se fossero a milano sarebbero pompati a mille”

#7 Se lo dice un milanese, allora è vero

I romani si fidano dei milanesi. Mia mamma dice che le uova a Milano sono più fresche, perché lo dicono i milanesi e se lo dicono i milanesi è vero”

#8 Al milanese dà fastidio che Roma sia capitale

“Roma sottolinea spesso che è la capitale perchè pensiamo che ai milanesi questa cosa dà fastidio. Stare sotto Roma è una cosa che vi fa andare di matto”

#9 Il romano accetta in fondo in fondo che il milanese sia avanti

“Anche se non lo ammetterebbe mai, la verità è che per il romano è assodato che Milano sia avanti. Se prova a dire il contrario lo fa solo per provocare”

#10 I romani sono innamorati di Milano

“Tutti i miei amici vorrebbero venire a vivere a Milano. Però non sanno che cosa li aspetta”

Continua la lettura con: Dove si potrebbe mettere via Roma a Milano?

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L’«isola delle rose»: la favola della libertà che incantò l’Italia

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Nella storia sono stati molti i tentativi di liberazione dalle regole e dal dominio degli Stati: guerre, rivoluzioni, manifestazioni. La libertà però a volte si può ottenere con gesti meno violenti ed eclatanti. È il caso dell’Isola delle Rose che più di 50 anni fa ha provato a realizzare il sogno dell’indipendenza e della libertà di una micronazione nata dal nulla.

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L’«isola delle rose»: la favola della libertà che incantò l’Italia

# Giorgio Rosa: il libertino per eccellenza che pensò in grande per difendere la sua libertà

@meteoriminiofficial

Giorgio Rosa era un ingegnere, ex soldato di Salò, con una sfrenata passione per la libertà. Il suo obiettivo principale era distaccarsi dalla cultura collettivista dell’epoca: Rosa era contrario al paternalismo della Chiesa e alle sue regole morali, alla Democrazia Cristiana e all’anticapitalismo comunista. Era un uomo che non credeva nelle istituzioni, insomma si sentiva un pesce fuor d’acqua. Cosa fare allora in un periodo come quello del ’68, in uno Stato completamente contrario alle tue idee? Cambiare Stato era un’opzione valida ma Rosa si rese subito conto che anche all’estero si sarebbe sentito soffocare dalle istituzioni presenti. Così maturò l’idea di costruire uno “Stato su misura”.

# L’isola delle Rose: l’annuncio dell’indipendenza

@david_vecchi

L’idea dell’ingegner Rosa era quella di costruire una piattaforma a 11 chilometri e mezzo dalle coste riminesi, fuori dalle acque territoriali. Dopo numerosi tentativi, vanificati dalle mareggiate ci riuscì. L’obiettivo di sostenibilità economica iniziale era sfruttare la curiosità delle persone e quindi il turismo: vendere benzina senza le accise, aprire un bar e un ufficio postale e infine emettere francobolli. Rosa aveva studiato bene, sapeva che lì la giurisdizione dello Stato Italiano non avrebbe avuto effetto e quindi poteva realizzare il suo progetto ambizioso, sulle orme dello Stato di San Marino. Nel ’67 l’isola è pronta, nessuno aveva fatto caso al suo progetto fino a quel momento. Tuttavia, quando viene aperta la pubblico richiama subito l’attenzione delle istituzioni e delle forze dell’ordine. Giorgio Rosa capisce allora che è il momento di arrivare a un gesto forte: dichiarare l’indipendenza della sua isola.

# Primo maggio 1968: nasce la Repubblica delle Rose 

L’Isola delle Rose diventa Stato il primo maggio del 1968, in un anno che già di per sé viene ricordato per la sua vivacità. Così nasce la Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose, perché il suo fondatore decide di usare come lingua ufficiale l’Esperanto. Da subito quella piattaforma di 400 metri diventa un’attrazione turistica e anche le navi sull’Adriatico cambiano rotta per avvicinarsi a questo curioso microstato.
Rosa aveva in mente cose più grandi però: voleva allungare la piattaforma e creare un mini aeroporto sul mare e costruire altri piani per negozi di souvenir.

# Dopo due mesi la Repubblica delle Rose finisce la sua avventura 

Allo Stato italiano però quest’idea non piace affatto: un mini Stato in mezzo al mare Adriatico che si basava sulla libertà era troppo per un periodo in cui il mondo era diviso in due blocchi. Dopo solo 55 giorni, a fine giugno, il governo invia una task force di carabinieri che circonda l’isola e la occupa. Serviranno più di 1000 kg di esplosivo e una burrasca a distruggere il sogno di Giorgio Rosa che capii definitivamente che in Italia un progetto del genere era irrealizzabile.

# Isola delle Rose oggi è un film prodotto da Netflix

@vargeon

Questa incredibile vicenda ha fatto nascere l’idea della produzione di un film che è uscito il 9 dicembre 2020 sulla piattaforma di Netflix. Il protagonista è Elio Germano nei panni di Giorgio Rosa e Matilda De Angelis nei panni della moglie Gabriella.

# Ma il progetto di Rosa è rinato un po’ più a Est: il caso di Liberland

 

La Libera repubblica di Liberland è una micronazione di circa 7 chilometri quadrati, che si trova tra Croazia e Serbia. Una terra che stranamente non è stata rivendicata da nessuno e che è diventata la mini Repubblica di Liberland, fondata nel 2015 da Vít Jedliãka e un suo gruppo di amici. La reazione di Serbia e Croazia non è stata delle più felici e hanno ritenuto illegale entrare in questo Stato non riconosciuto. Dopo vari arresti però Jedliãka gestisce ancora questa mininazione e le richieste di cittadinanza sono moltissime. Liberland è diventata un piccolo paradiso fiscale con tasse solo su base volontaria. Durante la pandemia, Liberland, tramite il Liberland Response Center, ha distribuito 600 visiere protettive come aiuti umanitari in Croazia e 600.000 respiratori per gli Stati Uniti. Questa è la prova che libertà non vuol dire egoismo, anzi, questo Stato ha dimostrato di essere veramente solidale.

# Milano Città Stato: il laboratorio perfetto per riprodurre gli elementi cardine di questo progetto

Milano Città Stato ha più volte dato prova di voler creare un progetto per acquisire maggior autonomia e libertà per la città di Milano, in modo da essere un modello per l’intero Paese. Una libertà che significhi consapevolezza e ancora più responsabilità personale, per costruire un’autonomia che metta al centro il singolo cittadino e il suo contributo naturale alla comunità di cui fa parte. Chissà che da una storia tra utopia e favola della Repubblica delle Rose non possa trovare forma proprio a Milano un nuovo e più evoluto rapporto tra cittadini e governanti?

Continua la lettura con: I vantaggi a fare diventare Milano una città stato: i più votati dai milanesi

ANDRA STEFANIA GATU

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La triste storia di quello che fu il Vivaio Riva, il tesoro verde nel cuore di Milano

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La magia del Vivaio Riva, un secolo di storia nel cuore di Milano scrigno di verde e silenzio della metropoli, da 8 anni non c’è più. Del “Colosseo Verde”, da realizzare in memoria di quello esistito quando Milano era capitale dell’Impero Romano, ancora nemmeno l’ombra: solo montagne di terra rimossa e le poche rovine di un anfiteatro romano praticamente abbandonato. Quello che rimane è solo l’amarezza per la chiusura di un gioiello verde nel cuore di Milano che era un riferimento per i milanesi amanti della natura e del silenzio. 

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La triste storia di quello che fu il Vivaio Riva, il tesoro verde nel cuore di Milano

milano anfiteatro

Facendo due passi nel cuore della zona Ticinese, per oltre un secolo è esistito il Vivaio Riva, il più vecchio della città, uno scrigno verde dove la natura animava un silenzio che di milanese non aveva nulla. Si trovava a lato del Parco Archeologico, che mostra solamente alcune parti fondative di quello che era l’anfiteatro romano realizzato quando Milano era capitale dell’Impero Romano d’Occidente ed è sconosciuto quasi a tutti, turisti e milanesi stessi, racchiuso tra palazzi, una chiesa e cancellate. Inoltre quasi sempre chiuso.

Leggi anche: Nel cuore di Milano il PARCO più inaccessibile del mondo

# Una chiusura che lascia ancora l’amaro in bocca

Il parco vero e proprio é stato realizzato solo nel 2002 grazie ad un accordo tra la Sovrintendenza e il Comune di Milano, grazie anche all’utilizzo di fondi ministeriali, proprio perché sui terreni vige la parola della Sovrintendenza romana ed è proprio qui che nasce il problema. Ormai otto anni fa per decisione irrevocabile del sindaco Beppe Sala e della Sovrintendenza il Vivaio fu raso al suolo, revocando d’imperio la concessione alla signora Maria Luisa Riva.

Vivaio Riva

Già nel 2012 l’Associazione Vivaio, che pubblica questo sito, con l’iniziativa “Salviamo il Vivaio Riva” era riuscita a mantenerlo in vita per ulteriori 5 anni prima della definitiva dismissione, sarebbe servito che la politica si fosse presa la responsabilità di difendere un patrimonio storico, realizzando un bando che rispettasse le necessità della città per far proseguire alla famiglia la gestione di quell’oasi verde di Milano.

credits: arte.it

Al suo posto sarebbe dovuto esserci ora il “Colosseo Verde” ovvero una ricostruzione con siepi e arbusti dell’anfiteatro romano di Milano: ad oggi ci sono montagne di terra rimossa e quel che resta delle rovine di un anfiteatro romano praticamente abbandonato. E questo nonostante fosse stato annunciato in modo pomposo che i lavori sarebbero durati appena tre anni. 

# Che fine ha fatto il Colosseo verde di Milano?

Credits: Urbanfile – Progetto anfiteatro

Un progetto di archeologia green a Milano per il Parco archeologico dell’Anfiteatro romano, questo è quello che ancora è scritto sul sito della Sovrintendenza dei Beni Culturali. Nel dettaglio: “Un giardino farà rifiorire il Parco archeologico dell’Anfiteatro di Milano, dove insistono i resti dell’Anfiteatro imperiale, in origine di mt 155 per 122 e 36 di altezza. Qui sono iniziati i lavori per realizzare un inedito Amphitheatrum naturae, creato con elementi arborei della topiaria antica bosso, mirto, ligustri e cipressi): un grande giardino ellittico a delineare il sedime e la forma della pianta dell’anfiteatro perduto a contorno e completamento dei resti archeologici. Ciò sarà possibile estendendo l’area del parco a quelle esterne oggi abbandonate, su via Arena e su via Conca del Naviglio, tagliate fuori da muri di recinzioni, inaccessibili, dove imperversa vegetazione spontanea, incuria e degrado.

Evidentemente è stato rimosso, oltre al Vivaio Riva di quasi 4.000 mq, anche il fatto che lo stesso era l’ultimo “baluardo” che in quell’area garantisse l’accessibilità, pulizia e cura dell’ambiente naturale ovvero tutto il contrario di quanto la descrizione del progetto vuol far intendere. A dicembre sono iniziate del 2018 le opere di liberazione e pulizia dell’area, ma nonostante i costi dell’intervento siano coperti da uno sponsor rimane ancora una ferita nel cuore e nella storia di Milano, oltre a una pessima figura dell’amministrazione comunale.

Com'è oggi (ex Vivaio RIva)
Com’è oggi (ex Vivaio RIva)

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FABIO MARCOMIN

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“Sono tornato dall’anno 3906”: l’uomo che visse nel futuro. Ecco cosa ha visto capitare nei prossimi 2000 anni

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Credits monkeyandelf IG - Città del futuro

Un futuro utopistico nell’esperienza vissuta da un uomo del passato proiettato nel tempo. Vediamo come potrebbero essere i prossimi 2000 anni secondo il suo racconto.

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“Sono tornato dall’anno 3906”: l’uomo che visse nel futuro. Ecco cosa ha visto capitare nei prossimi 2000 anni

# Paul Amadeus Dienach nato a fine ottocento avrebbe vissuto nel 3906: ci ha lasciato un resoconto scritto dei prossimi 2000 anni

Credits djawanewscom IG – Paul Amadeus Dienach

Paul Amadeus Dienach, insegnante di tedesco e di francese, nasce a Zurigo nel 1884. Nel 1917 viene colpito per la prima volta da un’encefalite letargica, nel 1921 una seconda volta in una forma più violenta che lo manda in coma per anno intero. Dopo il suo risveglio in un ospedale di Zurigo, a seguito della diagnosi di tubercolosi decide di andare a vivere nella più salubre città di Atene per riprendere l’insegnamento di insegna tedesco e francese.

Qui fa la conoscenza dell’allievo Georgios Papachatzis a cui affiderà, in punto di morte nel 1924, la traduzione delle 800 pagine dei suoi diari dove rivela di aver vissuto nel futuro. Nei testi, che verranno pubblicati solo 50 anni dopo, Paul racconta di un anno avventuroso vissuto nel 3906, proprio quando era in un letto nell’ospedale di Zurigo, affetto dall’encefalite letargica. Ha davvero viaggiato nel tempo e sono solo i deliri conseguenti alle sue gravi patologie? 

# Cosa ha visto nel futuro?

Credits monkeyandelf IG – Città del futuro

Nei suoi diari Paul racconta di essersi risvegliato con il nome di Andreas nel 3906 e accudito da alcuni infermieri che parlavano una sconosciuta lingua nordica e dove il mondo era cambiato per sempre. Ecco alcune delle cose viste nel nostro secolo tratte dal libro “Chronicles from the Future”:

# Un’altra guerra mondiale, oppressione dell’uomo sull’uomo, mancato rispetto della natura

Il XX e XXI secolo sono funestati da guerre mondiali, dall’oppressione dell’uomo sull’uomo e dal mancato rispetto della natura. I valori cambiano e lo smodato consumismo distrugge il pianeta e le coscienze degli uomini.”

# Il Nuovo Ordine del Mondo regge il potere politico ed economico

“Sono anni dove il potere economico e politico è detenuto da un Nuovo Ordine del Mondo. Violenza e povertà dilagano, in particolare in Africa e in Asia.”

# La fuga su Marte finisce male

“Il pianeta è sovrappopolato e Marte diventa la meta di una colonia terrestre, che dura poco, perché dopo una sessantina d’anni un evento catastrofico spazzerà via tutti i 20 milioni di persone che lo abitano.”

# Cosa succede nei prossimi secoli

“Nell’anno 2309 il Vecchio Continente sarà quasi completamente annientato da una guerra nucleare. La popolazione sopravvissuta sul pianeta inizia a migrare, e nell’Europa del sud arrivano genti dal nord. Gli uomini sono ormai quasi privi di una qualsiasi forma di vita spirituale.”

“Segue l’età degli eroi che per i nostri posteri è l’Era Antica o Eldere, durante la quale, alla fine del XXIV secolo, nasce un governo mondiale, che porta legalità e ordine: il pianeta non è più diviso in nazioni, e tutti si sentono cittadini della Terra.”

“Il rinascimento inizia nel 2894, in un luogo tra Grecia e Macedonia chiamato Valle delle Rose, dove nasce il “Movimento dei Duecento”, dal quale riparte una nuova spiritualità ed anche un uomo nuovo dal punto di vista fisico, frutto di un modo di vivere diverso, più libero e gioioso.”

“Arriva infine l’età della ragione che per i nostri posteri è la Nuova Era o Nojere, dove spicca un uomo Alex Volky, che nel 3382 libera gli uomini dal dolore e insegna loro a trovare una nuova spiritualità e una gioia immensa grazie alla meditazione, talmente forte da risultare mortale se non si è pronti a riceverla.”

“Nel 3842 sbocciano le prime rose blu di un saggio giardiniere, dopo cinquanta anni di tentativi, nella Valle delle Rose.“”

Paul Dienach descrive un futuro utopistico dove si lavora soltanto un biennio tra i 19 e i 21 anni, per poi essere liberi di occuparsi di quello che più ci piace. Sono spariti i concetti di proprietà privata e di matrimonio, a scapito dell’amore libero. L’unica cosa ad essere autorizzata dalla Stato è la procreazione, per scongiurare la sovrappopolazione della Terra.

Continua a leggere con: Glaciazione, carenza risorse, crollo in Borsa: in arrivo in inverno la MADRE di tutti i DISASTRI?

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Il mare a Milano? Che cosa succederebbe se tutti i ghiacciai si sciogliessero

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credits: rsi.ch

Lo scenario è questo: la temperatura terrestre aumenta, tutti i ghiacciai si sciolgono e il mare si alza inondando le terre emerse. No, non è il set di un film apocalittico, ma l’oggetto di molti studi che diversi istituti di ricerca stanno effettuando. Che cosa accadrebbe al mondo che conosciamo se tutti i ghiacciai si sciogliessero?

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Il mare a Milano? Che cosa succederebbe se tutti i ghiacciai si sciogliessero

# Se tutti i ghiacciai si sciogliessero, il livello del mare si alzerebbe di 60 metri: Milano si ritroverebbe sulle rive dell’Adriatico

credits: ehabitat.it

Secondo gli studi effettuati dalla NASA, lo scioglimento di tutti i ghiacciai causerebbe un innalzamento degli oceani di oltre 60 metri, con la conseguente sparizione di molte città e zone costiere. In questo panorama catastrofico, Milano, che come suggerisce il suo nome è al centro della pianura, rimarrebbe al riparo delle acque. Non solo, il capoluogo meneghino avrebbe mare e spiagge: si ritroverebbe infatti sulle rive dell’adriatico.

Questo scenario sembra essere ancora piuttosto lontano. Alcune stime prevedono che, se la terra dovesse scaldarsi di altri 3,5 gradi, entro il 2100, l’innalzamento oceanico sarebbe di circa un metro. E per quanto un metro, rispetto a sessanta, sembri un numero molto piccolo, avrebbe comunque serie conseguenze, costringendo almeno 150 milioni di persone ad abbandonare le proprie abitazioni.

# Come Atlantide: Roma, Londra e Stoccolma sprofonderebbero negli abissi

credits: focus.it

Già nel 2015, la rivista Focus pubblicava delle animazioni che mostravano le conseguenze del catastrofico scenario. Le immagini mostrano proprio come l’innalzamento del mare inghiottisca sempre più ampi lembi di costa, portando alla scomparsa di metropoli, atolli e addirittura interi stati, come ad esempio la Florida.

Il sito floodmap propone delle simulazioni del mondo in base al livello del mare selezionato. Con un innalzamento di 60 metri, si può così notare come, in Italia, buona parte dell’Emilia Romagna e del Triveneto verrebbe sommersa dall’ Adriatico. Il nostro bel paese si assottiglierebbe, anche la costa tirrenica infatti subirebbe gravi perdite e città come Napoli e Roma scivolerebbero negli abissi.

Nemmeno l’Europa ne uscirebbe illesa. Le proiezioni mostrano come intere nazioni, come Danimarca, Belgio e Olanda scomparirebbero sott’acqua e diverse capitali sprofonderebbero nel mare.

# Le altre conseguenze dello scioglimento dei ghiacci

credits: chetempochefa IG

Ma l’innalzamento dei mari non sarebbe l’unica conseguenza dello scioglimento dei ghiacci. Il volume totale del ghiaccio terrestre corrisponde infatti a 26 milioni di metri cubi, il 2% dell’acqua terrestre, non è quindi difficile immaginare le gravi ripercussioni che il loro scioglimento avrebbe sui movimenti della Terra in ambito cosmologico. I ghiacci contribuiscono di fatto a mantenere in equilibrio il pianeta con il suo asse di rotazione, il loro scioglimento pertanto porterebbe ad un’alterazione della rotazione che subirebbe un rallentamento.

Ondate di calore, desertificazione, fenomeni metereologici estremi e, appunto, scioglimento dei ghiacci sono solo alcuni dei pericoli legati al riscaldamento globale. Particolarmente suscettibili a tali fenomeni sono le regioni costiere, attualmente abitate da centinaia di milioni di persone. L’innalzamento dei mari, fino ad oggi in qualche modo contenuto artificialmente, diventerà sempre meno controllabile, rendendo inutili le misure attuali. John Englander, studioso britannico, afferma che “dobbiamo renderci conto che non possiamo stare con le mani in mano […] Dobbiamo avere un piano per affrontare il problema se, e quando, si presenterà”.

Insomma, magari il mare a Milano è il sogno di molti e, forse, una delle poche cose che manca davvero alla metropoli meneghina, ma se questo è il prezzo da pagare meglio accontentarci del nostro caro Idroscalo.

Continua a leggere: Da Milano al mare in treno in meno di un’ora

CHIARA BARONE

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Quando sei a Cortina e ti assale un attacco di velocità milanese

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Ci scatta sempre il turbo.

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Continua con: Hai sostituito il tuo amico alla Scala e vuoi fare un figurone

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Ritorno al futuro per l’Italia: tornare alle regioni romane o pensarne 3 nuove?

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Le 20 regioni italiane sono sempre esistite? No. Esisteranno per sempre? Ugualmente no. Dall’Impero romano a oggi le regioni sono cambiate radicalmente e, perché no, potrebbero cambiare ancora… Ma a che regione apparteneva Milano sotto l’impero? E di quale nuova regione potrebbe diventare la capitale? Scopriamolo.

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Ritorno al futuro per l’Italia: tornare alle regioni romane o pensarne 3 nuove?

# La visione romana dell’Italia

Fonte: Limes

Gli antichi Romani avevano già un termine per indicare l’Italia, ma il suo significato era distante da quello moderno. “Italia” rappresentava una terra benedetta, il centro della civiltà romana e della cultura latina: Virgilio, nell’“Eneide”, la descrive come il destino di Enea e dei suoi discendenti, un luogo privilegiato e centrale nel disegno divino del mondo romano.

Augusto, il primo imperatore, organizzò l’Italia in 11 regioni nel 7 a.C., una suddivisione che serviva per facilitare la gestione del territorio, la raccolta delle tasse e il controllo delle risorse. Questo assetto rafforzava l’idea dell’Italia come cuore pulsante dell’Impero. In epoca imperiale, grazie al processo di romanizzazione, gli abitanti della penisola italiana condividevano lingua, leggi e cultura, distinguendosi così dagli altri popoli dell’Impero.

Tuttavia, queste regioni non corrispondevano a quelle attuali. Basti pensare alla Lombardia e al Piemonte, oggi separate in due entità ben distinte, ma durante l’Impero erano unite sotto la stessa amministrazione. Milano, oggi capitale economica d’Italia, era inserita nella “Regio XI – Transpadania”, un territorio che comprendeva gran parte dell’attuale Piemonte e si estendeva fino alle Alpi occidentali.

# Mediolanum nella “Regio XI – Transpadania”

Durante l’Impero Romano, Milano era una città di grande importanza, ma la sua centralità era strettamente legata alla posizione geografica strategica e non ancora al suo ruolo economico e culturale, che emergerà secoli dopo. Inserita nella Regio XI – Transpadania, Milano faceva parte di un’unità territoriale sbilanciata verso il Piemonte, che comprendeva città come Torino (Augusta Taurinorum), Novara (Novaria) e Vercelli (Vercellae). Questa regione, posta a nord del fiume Po, includeva anche territori oggi appartenenti alla Liguria e al Trentino-Alto Adige.

La Transpadania era caratterizzata da una forte connessione con le Alpi, che rappresentavano una barriera naturale ma anche un corridoio per il commercio e il movimento di truppe. Milano, in particolare, grazie alla sua posizione, era un nodo fondamentale nelle reti di comunicazione dell’Impero. Tuttavia, questa sua centralità era più legata a funzioni logistiche e militari che politiche o amministrative.

# E se l’Italia fosse ancora divisa così?

Se l’Italia fosse ancora organizzata secondo le divisioni romane, Milano si troverebbe in una posizione completamente diversa rispetto a oggi. Essendo parte di una regione sbilanciata verso il Piemonte e tagliata fuori dalla pianura padana orientale, la città avrebbe probabilmente avuto poche opportunità di svilupparsi come grande metropoli economica e culturale. Milano avrebbe potuto guardare più verso il Piemonte e le Alpi occidentali, assumendo un ruolo più simile a quello di Torino.

In questo scenario surreale, Milano potrebbe essere una città meno cosmopolita e più legata all’industria locale, con un ruolo centrale nelle reti alpine ma meno influente nel contesto nazionale. Il suo sviluppo sarebbe stato fortemente condizionato da una visione regionale piuttosto che nazionale, e la sua identità si sarebbe modellata su quella del Piemonte anziché sulla Lombardia moderna.

# Aree omogenee e specializzazioni tematiche: l’Italia in tre macroregioni con forte autonomia per città e territori

Prendendo ispirazione dalla funzionalità delle divisioni romane, si potrebbe immaginare un’Italia moderna suddivisa in tre grandi regioni amministrative. Questa divisione, ancora più pratica e meno identitaria di quella romana, potrebbe rispondere alle esigenze di gestione del territorio contemporaneo, concentrando le risorse in centri nevralgici:

  • Italia Settentrionale: Comprenderebbe tutte le regioni a nord del Po, con Milano come capitale amministrativa. Questa regione sarebbe il motore economico del paese, con un focus su industria, innovazione e commercio internazionale.
  • Italia Centrale: Includerebbe Toscana, Umbria, Lazio e Marche, con Roma come capitale. Questa regione avrebbe una funzione amministrativa e culturale, grazie alla presenza della capitale storica e politica d’Italia.
  • Italia Meridionale e Insulare: Comprenderebbe tutte le regioni del sud e le isole, con Napoli come capitale. Questa macroregione si concentrerebbe sullo sviluppo turistico, sull’agricoltura di qualità e sul rilancio delle infrastrutture.

Le tre macroregioni sarebbero caratterizzate da una relativa omogeneità negli interessi e soprattutto da una spiccata valorizzazione delle caratteristiche distintive, rappresentando per l’Italia tre frecce diverse per lo stesso arco. 

All’interno di queste macroregioni poi il livello più efficiente dal punto di vista amministrativo sarebbero le singole città, per quelle di maggiori dimensioni, che avrebbero poteri simili alle città cantone della Svizzera o città stato del mondo germanico. Al di fuori delle aree urbane più grandi, invece, ci sarebbero unità territoriali simili ai cantoni elvetici. 

In uno scenario simile, Milano avrebbe l’opportunità di consolidare il suo ruolo di hub economico e innovativo, guidando l’Italia settentrionale verso una maggiore competitività internazionale. La centralizzazione delle risorse e delle funzioni in tre macroregioni potrebbe migliorare l’efficienza gestionale, riducendo i conflitti tra regioni e promuovendo una visione più unitaria, valorizzando al contempo le caratteristiche distintive di ogni area o territorio. 

Continua la lettura con: Una nuova Milano in Piemonte? Il centro complementare e strategico per renderci una vera metropoli internazionale

MATTEO RESPINTI

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I dieci effetti di Milano città stato più votati dai milanesi: al primo posto portare Milano a livello delle prime al mondo

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Che il 2025 sia l’anno buono? Ci riproviamo rilanciando questi risultati del sondaggio realizzato nel recente passato. 

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Cosa cambierà con Milano città stato (ossia dotare Milano di poteri da regione o da provincia autonoma)?

LA CLASSIFICA FINALE DEL SONDAGGIO TRA I MILANESI

#10 Ora: Le politiche nazionali stanno distruggendo la ricerca scientifica e facendo perdere al Paese i migliori ricercatori
Con Milano città stato: Si potranno avere più risorse da investire sulla ricerca scientifica (5,1%)

#9 Ora: Milano non ha autonomia di decisione né le risorse per poter riaprire i Navigli
Con Milano città stato: La decisione di riaprire i navigli dipenderà unicamente dall’amministrazione milanese (5,5%)

#8 Ora: Fisco e burocrazia italiani tengono lontani dall’Italia imprese e investitori
Con Milano città stato: Milano potrà adottare politiche fiscali ad hoc per nuove imprese e investitori (6,6%)

#7 Ora: Milano non ha possibilità di fare leggi introducendo norme sul suo territorio
Con Milano città stato: Milano potrà diventare un laboratorio di riforme da sperimentare (6,8%)

#6 Ora: Milano ha gli stessi poteri di qualunque comune italiano.
Con Milano città stato: Milano avrà gli stessi poteri delle altre regioni italiane (6,8%)

#5 Ora: L’accesso ai fondi europei è consentito alle Regioni, non ai Comuni
Con Milano città stato: Milano potrà accedere ai fondi europei e avrà più possibilità di vincere bandi europei (7,6%)

#4 Ora: Sul territorio di Milano ci sono tre poteri amministrativi, comune, città metropolitana, regione, oltre allo Stato
Con Milano città stato: Si potrà governare un territorio uniforme di 3,5 milioni di abitanti che produce oltre il 10% della ricchezza nazionale (11,3%)

#3 Ora: Milano, a fronte di circa 40 miliardi di tasse all’anno, riceve da Stato e Regione circa 450 milioni all’anno
Con Milano città stato: Milano potrà avere fino a 11 miliardi di risorse in più all’anno che ora vengono gestite dalla Lombardia (14,4%)

#2 Ora: Milano è soggetta alle leggi nazionali che risultano perdenti nella competizione internazionale
Con Milano città stato: Milano diventerà un magnete di attrazione per imprese, lavoratori e investitori internazionali (15,4%)

#1 Ora: A differenza di Milano, tutte le maggiori città del mondo hanno poteri e autonomia simili a una regione. Milano no.
Con Milano città stato: Milano avrà poteri simili a tutte le principali città del mondo (20,5%)

Per i Milano Città stato awards hanno votato 1496 persone. Le percentuali si riferiscono ai voti sulle 10 nominations. In collaborazione con Vivaio.

MILANO CITTÀ STATO

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