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Anche la «pasticceria dei Vip» dice addio a Milano

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matteoareni IG - Pasticceria San Gregorio

Negli ultimi anni sono state diverse le attività storiche della città che hanno abbassato per sempre la saracinesca. Tra i motivi principali: l’aumento degli affitti e il mancato cambio generazionale. 

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Anche la «pasticceria dei Vip» dice addio a Milano

# Lo stop dopo 62 anni di onorata attività

pasticceriasangregorio IG

Anche la storica e pluripremiata pasticceria San Gregorio dice basta. Dopo 62 anni di onorata attività Angelo Bernasconi ha deciso a malincuore di chiudere un locale che nel corso dei decenni si è ingrandito fino a raggiungere gli attuali 600 mq. Aveva infatti acquisito il vicino bar, allargato la sala e aggiunto l’organizzazione di eventi privati e la preparazione di piatti caldi per pranzi e cene. Un’avventura iniziata nel 1945, quando Angelo aveva rilevato la pasticceria dopo il pensionamento del precedente proprietario, Tacchini, di cui era dipendente.

# Definita la «pasticceria dei Vip»

pasticceriasangregorio IG – Bernasconi

Angelo Bernasconi aveva iniziato a lavorare nelle pasticcerie dall’età di 12 anni, nel pasticceria Bologna sempre del signor Tacchini, per diventare un punto di riferimento per vip milanesi e non solo. Fernanda Pivano andava alla San Gregorio per le caramelle al rosolio, Carla Fracci per i marron glacés, Cesare Maldini, Lukaku quando era all’Inter faceva scorta di croissant al cioccolato, e ancora Martina Colombari e Filippa Lagerbäck. Un successo costruito nel tempo.

# I motivi che hanno portato alla decisione definitiva di chiudere la saracinesca

matteoareni IG – Pasticceria San Gregorio

La decisione di chiudere, che potrebbe avvenire già a gennaio 2025 anche se più probabilmente sarà per la fine di giugno 2025, è dovuta alla somma di due fattori. Il primo è l’aumento del costo del canone di locazione al momento del rinnovo del contratto, salito a 200mila euro, e che Angelo Bernasconi, nonostante i buoni rapporti con la proprietà del locale, non è riuscito a rivedere. Il secondo è la differenza di vedute sulla gestione e sull’organizzazione della pasticceria tra lui, suo figlio Davide, sua nuora e l’ex moglie. Angelo avrebbe voluto mantenere orari di apertura più ampi: lui inizia tutti i giorni alle 2.30 per aprire alle 5 e servire anche i milanesi meno sfortunati con in alcuni casi episodi spiacevoli di danneggiamento alle vetrine. Il figlio ha invece puntato a orari “più umani” e sull’ecommerce che ha consentito alla San Gregorio di allargare il business in tutto il mondo, vendendo panettoni dalla Francia alla USA.

# Le altre attività milanesi che hanno chiuso per sempre

Bar Rattazzo

Negli ultimi anni sono stati diversi i locali storici che hanno chiuso. Possiamo ricordare la pasticceria Vecchia Milano in zona Acquabella-Argonne, il mitico Bar Rattazzo con le sue polpette, il Mariposa in Porta Romana prima negozio discografico e poi bar, “Le Trottoir”, il locale a due passi dalla Darsena diventato famoso per essere diventato uno spazio per scrittori e artisti illustri, su tutti Andrea Pinketts. Ancora la discoteca Old Fashion alla Triennale, un simbolo della cultura enogastronomica meneghina come il Pont de Ferr e la Pizzeria napoletana Sibilla, dopo 79 anni di storia. L’ultimo grande simbolo di Milano in procinto di chiudere e l’Hotel Diana in Porta Venezia, dal 25 settembre 2025 Marriott International e Marriott Bonvoy termineranno il contratto in essere con la struttura alberghiera. 

Leggi anche: Non vi dimenticheremo: i LOCALI STORICI che l’anno passato hanno CHIUSO o STANNO per CHIUDERE

# La possibilità di una nuova ripartenza altrove

pasticceriasangregorio IG – Angelo Bernasconi

Bernasconi però non si da per vinto e alla veneranda età di 80 anni vuole rimettersi in gioco, suo figlio Davide invece sta ancora ragionando sul futuro. Seguendo l’insegnamento del suo maestro Tacchini, che rilevò la pasticceria San Gregorio dopo due anni che era andato in pensione prima di cederla ad Angelo, è pronto a ripartire con un’altra attività. È infatti proprietario di un piccolo locale in galleria Puccini che attualmente è chiuso, dato che non può seguirlo. Dopo il “lieto fine” della riapertura della Latteria di San Marco, rivedremo di nuovo i panettoni di Bernasconi a Milano?

Leggi anche: Ha riaperto la Latteria di San Marco. Ma presto potrebbe cambiare

Continua la lettura con: Chiude il Diana, il simbolo di una stagione gloriosa

FABIO MARCOMIN

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Le 5 «trattorie moderne» da non perdere a Milano

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Trippa - @hanarotellafuoriposto IG

Le trattorie contemporanee sono locali che presentano un menu costruito intorno ai piatti della tradizione rivisitati in un’accezione più moderna, con spazio ai vini naturali nella carta e grande abilità nelle tecniche della cucina da parte degli chef. Questa lista è tratta da una “storica” selezione del Gambero Rosso con alcune delle trattorie rivisitate in chiave moderna da provare in città.

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Le 5 «trattorie moderne» da non perdere a Milano

# Frangente, cucina a vista e focus sugli ingredienti e tecniche di cottura

Credits dema_95 IG – Frangente

Frangente ha inaugurato nel 2021 in Porta Venezia, sotto la guida dello Federico Sisti, e si caratterizza per la cucina a vista, il bancone e i dettagli dedicati al surf. Il focus del locale è sugli ingredienti e sulla grande abilità nelle tecniche di cottura, capaci di esaltare piatti tradizionali e contemporanei. Tra questi troviamo mondeghili alla milanese, tagliatelle con il ragù di vitello, cotoletta alta di vitello con purè di patate, animelle di vitello alla milanese con maionese allo yuzu kosho e diaframma di giovenca. Non manca poi una ricca e curata selezione di vini. Voto medio recensioni su Google: 4,7/5

Indirizzo: via Panfilo Castaldi, 4

# Trippa, la prima osteria contemporanea di Milano

Trippa – credit facebook trippamilano

Trippa è stata la prima osteria di questo genere ad aprire in città. Si trova in Porta Romana ed è stata inaugurata nel 2014 dallo chef Diego Rossi insieme al suo socio Pietro Cairoli. Ha anche ricevuto l’importante riconoscimento della “chiocciola”, nell’edizione di Osterie d’Italia, che premia i locali slow food dove si mangia meglio. Gli elementi la caratterizzano sono l’atmosfera informale, un menu imperniato sui piatti della tradizione in chiave moderna, una lunga carta di vini e una grande abilità degli chef  nel padroneggiare le tecniche in cucina. Voto medio recensioni su Google: 4,7/5

Indirizzo: via Giorgio Vasari, 1

# Manna, una cucina popolare e innovativa nel cuore di Nolo

Credits sig_ossetti IG – Manna ristorante

A Nolo, in piazzale Governo Provvisiorio 6, c’è Manna dello chef Matteo Fronduti. Nel cuore di uno dei quartieri più vivaci e hipster di Milano, questo locale offre una cucina sincera, sorprendente, popolare e allo stesso tempo innovativa, senza essere ossessionata dalle mode del tempo. Nel menu, abbinato a una selezionata carta di vini, troviamo quattro scelte per categoria e piatti con nomi simpatici e ironici che variano a seconda della stagione: da Donald Duck (coscia di anatra, funghi, fegato grasso e fichi) a Fortunato (uovo affogato con purea di patate e vino rosso), da Sora Lella Thay (puntarelle arrosto, curry verde, uova e miso rosso) a Uè, testina! (testina di vitello arrosto, cannolicchi e mela verde). Voto medio recensioni su Google: 4,5/5

Indirizzo: Piazzale Governo Provvisorio, 6

# Røst, una trattoria innovativa con un menu corto e destrutturato

Credits rostmilano_ IG – Rost Milano

Røst in via Melzo, aperto nel 2019, è una trattoria innovativa con sedie e divanetti in velluto, tavoli in marmo e piatti alle pareti, che mantiene gli schemi di quelle tradizionali e presenta un menu corto e destrutturato pensato per la condivisione. Le materie prime sono di alta qualità e i prodotti sono peculiari di tutto il territorio italiano. Tra i piatti della cucina capitanata dallo chef chef Piermaria Trischitta spiccano due classici, Mondeghili e Baccalà con Finocchietto, a cui si aggiungono una serie di categorie come ad esempio quella “dell’affetto e della cremeria”, con la Pancetta di Anselmo Bocchi e il Tumin del Mel, e quella “dal forno ai fornelli” con Carote di Polignano, Yogurt e Sesamo. Voto medio recensioni su Google: 4,5/5

Indirizzo: Via Melzo, 3

# Nebbia, una lunga lista di prodotti stagionali

Credits drfood77 IG – Nebbia Milano

Chi l’ha detto che a Milano non c’è più la nebbia? La Nebbia invece c’é: il ristorante è stato inaugurato nel 2018 a pochi passi dal Naviglio Pavese dall’idea di tre giovani soci Federico Fiore e Mattia Grilli, con esperienze pregresse in ristoranti stellati, e Marco Marone, esperto conoscitore di vini. Il locale si caratterizza per sale interne, delicate e minimal dove il grande protagonista è una lunga lista di prodotti stagionali. Il menu parte dalle radici italiane, spaziando nella tradizione piemontese e campana e con alcuni influssi europei e asiatici. Voto medio recensioni su Google: 4,5/5

Indirizzo: Via Evangelista Torricelli, 15

Fonte: Gambero Rosso

Continua la lettura con: I 7 LOCALI TOP di Milano secondo il NEW YORK TIMES

FABIO MARCOMIN

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Perché i Longobardi hanno messo la capitale a Pavia e non a Milano?

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Quando Pavia fu resa più importante di Milano. Perché fu fatta questa scelta?

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Perché i Longobardi hanno messo la capitale a Pavia e non a Milano?

# La crescita di Pavia come centro militare negli ultimi decenni dell’impero romano

Credits paviafree – Pavia Capitale del Regno Longobardo

Nel primo decennio del V secolo la capitale imperiale del Impero Romano d’Occidente fu trasferita da Milano a Ravenna: negli stessi anni, gradualmente, crebbe l’importanza del ruolo militare di Pavia. Alcuni decenni prima dell’avvento in Italia dei Longobardi, Pavia infatti era già il centro principale del territorio, qui infatti si radunava l’esercito per le campagne militari stagionali durante l’epilogo imperiale.

# La consacrazione a capitale del Regno Longobardo

Credits castagna-wikipedia – Regno Longobardo nel 652 D.C.

L’invasione dell’Italia da parte dei Longobardi, che mise gradualmente fine al dominio bizantino, trovò resistenza delle forze imperiali solo nella città di Pavia, che fu conquistata nel 572 dopo un lungo assedio. Dopo avere nominato Verona come capitale provvisoria del Regno Longobardo nello stesso anno, Pavia fu eletta come città più importante del regno dal re Clefi, nominato per acclamazione da parte dei trentacinque duchi riuniti in assemblea in città. Ma qual è la ragione principale di questa scelta?

# Perché fu scelta Pavia invece che Milano? Per i fiumi

Pavia rimase come capitale del regno longobardo per due secoli sino all’avvento in Italia degli Ottonidi. Le cause principali sono da ricercare nel contesto politico-istituzionale e militare dell’Italia settentrionale di quel periodo. Oltre a essere a quel punto la città più importante dal punto di vista militare, Pavia era situata in un nodo fluviale strategico dell’impero, tra il Ticino, il Po e altri corsi d’acqua minori e con il suo porto permetteva un comodo accesso all’Adriatico da un lato e al lago Maggiore dall’altro. C’è da dire che anche Milano ebbe un periodo di gloria, tra il 604 e il 625 d.C., quando fu nominata capitale durante la reggenza di Agilulfo e Teodolinda prima di essere trasferita nuovamente e in maniera definitiva a Pavia. 

Continua la lettura con: La leggenda della CHIESA del DIAVOLO dove si sposò Teodolinda

FABIO MARCOMIN

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Il tunnel sottomarino più lungo del mondo avanza: Milano sarà più vicina alla Scandinavia

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femern_as IG - Tunnel

Dalla costa nord della Germania all’isola di Copenaghen in 7 minuti di treno o in 10 minuti di auto attraverso un tunnel lungo 18 km e profondo 40 metri sul fondale del mar Baltico. Grazie ai corridoi ferroviari europei si potrà partire da Milano e arrivare in treno o in auto fino a Copenaghen in modo ancora più rapido da Amburgo, senza prendere un traghetto o senza allungare passando per la Danimarca continentale. E a quel punto proseguire fino a Capo Nord in Svezia, senza soluzioni di continuità. Quando è prevista l’inaugurazione di quest’opera imponente? E quali sono gli ultimi aggiornamenti sui cantieri?

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Il tunnel sottomarino più lungo del mondo avanza: Milano sarà più vicina alla Scandinavia

# Le prime inaugurazioni

Porto Danimarca

Il cantiere per il tunnel Fehmarnbelt prosegue secondo cronoprogramma. A Rødbyhavn in Danimarca è attivo dall’inizio del 2021. Qui è stato costruito il porto operativo, il più grande tra i due che saranno realizzati, utilizzato anche per la spedizione delle grandi quantità di materiali da costruzione. Sull’altra sponda in Germania, a Puttgarden, i lavori sono cominciati alla fine dello stesso anno con la realizzazione dell’area di cantiere e delle strade di accesso. 

Entrata tunnel

Il cantiere per la realizzazione dell’entrata del tunnel è partito all’inizio del 2022 sia sul lato danese che quello tedesco, con prosecuzione fino a tutto il 2024. Per entrambe le strutture è prevista una griglia luminosa sul tetto capace di garantire una transizione graduale tra la luce naturale e quella nel tunnel.

Le prime parti delle infrastrutture per il tunnel sono state recentemente inaugurate dal Re della Danimarca Federico X, con la fabbrica che si occupa di realizzare le sezioni di cemento da sistemare sotto al livello del mare completata nel 2023, con le prime già realizzate alla fine dello stesso anno. Da qui partono anche le spedizioni delle grandi quantità di materiali da costruzione. A Puttgarden in Germania, sulla sponda opposta, i cantieri sono diventati operativi alla fine dello stesso anno.

# Tra il 2025 e il 2028 asfaltatura delle strade e posa di binari, nel 2029 l’inaugurazione

Immersione elementi del tunnel

La costruzione dei primi settori del tunnel è partita invece nel 2023, mentre la posa degli stessi sul fondo del mare è programmata per il 2024. L’asfaltatura delle strade nelle gallerie è prevista tra il 2025 e il 2028, così come la posa dei binari ferroviari e tutta l’infrastruttura tecnologica necessaria al funzionamento del tunnel.

Credits FemernAS YT – Tunnel Fehmarn Belt

L’inaugurazione è fissata per il 2029

# “Fehmarn Belt Tunnel”: 18 Km per unire Danimarca e Germania in soli 7 minuti

Il “Fehmarn Belt Tunnel”, lungo 18 km (una distanza sei volte maggiore a quella che divide la Calabria dalla Sicilia) e a 40 metri di profondità sotto il Mar Baltico,  è stato definito come “una nuova porta d’ingresso per l’Europa” dal Ministero dei Trasporti danese. Rispetto al tunnel della Manica o della galleria Seikan in Giappone, questo tunnel poggerà sul fondale marino invece di essere costruito sotto di esso.

Credits FemernAS YT – Tunnel Fehmarn Belt connessione con rete ferroviaria Europea

Scegliendo l’auto basteranno 10 minuti dalla costa nord della Germania all’isola di Lolland, da cui si raggiunge Copenaghen, mentre la distanza da Amburgo a Copenaghen passerà da 450 km a 320 km e verrà facilitata la comunicazione fra la Scandinavia, la Germania e tutta l’Europa. In treno ancora meno tempo, solo 7 minuti  con i convogli fino a 200 km/h.

# I numeri di questa opera faraonica

Credits femern.com – Sezione Tunnel

Il tunnel Fehmarnbelt comprende un’autostrada a quattro corsie e due binari elettrificati e prevede l’impiego di 79 blocchi di cemento, ciascuno lungo 217 metri, e 10 elementi speciali con un piano inferiore per l’utilizzo delle attrezzature di esercizio e manutenzione del tunnel. Il peso di ogni elemento è di 73.000 tonnellate, come 14.000 elefanti, mentre la quantità di acciaio equivale a 50 Torri Eiffel. La forza lavoro arriva invece a 3.000 persone.

Per costruire questa faraonica infrastruttura sono stati investiti circa 7 miliardi di euro, di cui uno proveniente dall’Unione Europea, che dovrebbero essere ripagati dal pedaggio stradale dei veicoli che vi transiteranno nell’arco di 40 anni. La parte ferroviaria del tunnel sarà inserita nella rete TENS, la rete di treni diurni e notturni europea.

Leggi anche: I TRANS-EUROP EXPRESS: i nuovi treni notturni per andare all’estero 

# Il tunnel prende il nome dall’isola tedesca di Fehmarn. Con la sua costruzione il via al nuovo progetto turistico “Destination Fehmarnbelt”

Il tunnel si collegherà all’attuale Fehmarn Belt, un ponte che connette l’isola tedesca di Fehmarn alla terraferma. Proprio dalla famosa isola tedesca attraversata, nello Schleswig-Holstein, prende il nome l’opera. Poi toccherà all’isola danese di Lolland, a sud di Copenhagen. Questa zona del Mar Baltico è molto turistica ed offre sia tantissime attività all’aria aperta legate alla natura e al mare sia molte visite a siti culturali. La costruzione dell’infrastruttura darà il via anche il nuovo progetto turistico “Destination Fehmarnbelt” che prevede itinerari in comune tra i due Paesi e tra le città di Copenhagen, Malmö e Amburgo.

Continua la lettura con: Lo SPETTACOLARE TUNNEL solo per BICI e PEDONI più LUNGO del MONDO (Immagini)

FABIO MARCOMIN

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La «Città Ticino»: l’unione di Milano con il Sud della Svizzera

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Dicembre 2020: un momento storico per Milano anche se non ce ne siamo accorti. Viene inaugurata la galleria di pianura tra Lugano e Bellinzona sotto il monte Ceneri. Questo è stato l’ultimo tassello della mobilità ferroviaria svizzera. Non è un dettaglio: ha rivoluzionato tutta la mobilità europea, che passa anche da Milano. Le conseguenze sono state dirompenti e hanno accelerato un processo già in atto: l’unione tra Milano e il Sud della Svizzera. E già spuntano all’orizzonte due novità epocale: la «Porta del Sud» per il collegamento autostradale tra Milano e Lugano e la metropolitana ticinese-lombarda.

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La «Città Ticino»: l’unione di Milano con il Sud della Svizzera

# I treni TiLo: sono una metropolitana interurbana

Francobollo Ceneri 2020

Il francobollo della Posta Svizzera ben rappresenta il significato di un trasporto veloce per le merci dal porto di Rotterdam e i viaggiatori in arrivo a Milano dal Nord Europa: il tutto avviene grazie alle gallerie di pianura realizzate in Svizzera per un attraversamento veloce delle Alpi.

Credits: varesenews.it

I grandi protagonisti di questa trasformazione sono i treni TiLo che collegano Lugano a Bellinzona in 15 minuti e Lugano a Locarno in 30 minuti. La «Città Ticino» è dotata di una vera e propria metropolitana. Una metropolitana interurbana che collega tutto il Canton Ticino con Como e Milano.

# Il treno TEE da Zurigo a Genova: Milano al centro di una nuova mobilità europea

Milano è al centro di questa mobilità che la unisce al Canton Ticino e la collega con il Nord Europa. Le due leve sono i treni TiLo che fungono da metropolitana interurbana e i nuovi treni veloci, in particolare i TEE che giornalmente uniscono nelle due direzioni Zurigo a Genova con sosta a Bellinzona, Lugano e Milano e che portano il mare più vicino. Creando così un’area sempre più connessa. E ci sono i numeri a dimostrarlo. 

# L’aumento dei treni tra Milano e la Svizzera: nel 2023 hanno viaggiato un numero di persone 5 volte maggiore rispetto al 2019

Mappa Eurocity Italia-Svizzera

Novembre 2024: a Milano Centrale viene firmato il rinnovo dell’accordo tra Trenitalia (Gruppo FS Italiane) e le Ferrovie Federali Svizzere (FFS), siglato la prima volta nel 2009. Da allora sono stati 30 i milioni di passeggeri trasportati in entrambe le direzioni e in costante crescita, grazie anche all’apertura della galleria di base del San Gottardo e di quella del Ceneri, che hanno velocizzato i percorsi e consentito l’introduzione dei nuovi collegamenti diretti dalla Svizzera verso Venezia, Bologna e Genova. Nel solo anno 2023 hanno viaggiato 2,4 milioni di persone sugli Eurocity, un numero cinque volte maggiore rispetto al 2019. Ma cosa cambia con il nuovo accordo? 

Ci sarà un aumento dei collegamenti esistenti, sono attualmente 40: verrà aggiunto ad esempio un ulteriore treno tra Zurigo, Milano e Venezia dal 2026. Possibili poi nuove tratte, come il collegamento diretto tra Zurigo e Firenze-Livorno sempre per lo stesso anno. Ma la rivoluzione in atto che sta investendo il trasporto su rotaia potrebbe estendersi anche a quello autostradale

# La rivoluzione autostradale: la «Porta Sud delle Alpi», il tunnel alla frontiera

Credits marinamigliasso IG – Dogana di Brogeda

La “Porta sud delle Alpi” è il progetto in fase di studio dal 2019 e frutto di una ricerca del Politecnico federale di Zurigo: se realizzato potrebbe rivoluzionare i trasporti su strada tra Monte Olimpino e Ponte Chiasso e quindi tra Milano, Como e la Svizzera. I vantaggi sono anche di tutela del territorio: il progetto sarebbe accompagnato da una trasformazione urbanistica e paesaggistica visto che la maggiore parte del traffico pesante verrebbe convogliato in un tunnel sotterraneo liberando la viabilità in superficie. 

Tra le ipotesi di trasformazione del paesaggio il progetto transfrontaliero “Parco fluviale foce del Breggia” tra Chiasso e Como, con una riqualificazione degli spazi verdi e dei percorsi pedonali escursionistici e ciclabili.

Credits comozero – Tunnel Monte Olimpino

In base al piano proposto si intende costruire una galleria della lunghezza di 4 km con partenza dall’uscita autostradale di Monte Olimpino e fine dopo la collina del Penz nel Canton Ticino. La dogana di Brogeda verrebbe smantellata e realizzata altrove. Ma la rivoluzione delle connessioni tra Canton Ticino e Lombardia riguarderebbero anche la realizzazione di una vera e propria metropolitana.

Leggi anche: Il cantiere infinito sull’autostrada dei laghi sta per chiudere

# Il sogno della metropolitana ticinese-lombarda

Credits g_trains_ IG – Alptransit

I treni TiLo fungono già da metropolitana interurbana. Simile al passante. Ma c’è ancora di più sul tavolo: quello di avere una vera e propria metropolitana. Con la completa realizzazione dell’AlpTransit verrebbe superata la saturazione dei treni tra Lugano, Chiasso e Como libererebbe le tracce utilizzate per il traffico locale a servizio dei treni ad alta velocità. Si verrebbe a creare una sorta di stazione “unica”, le stazioni dei comuni di Chiasso e Como sono separate da appena 3-4 km, dando vita alla nuova metropolitana ticinese-lombarda

Sul lato svizzero il tracciato proposto permetterebbe di connettere direttamente ferrovia e autostrada integrandosi con il progetto “Porta sud delle Alpi” per una rivoluzione completa di tutti i collegamenti tra Italia e Svizzera. Qui i dettagli sul progetto di metropolitana ticinese-lombarda. 

Continua la lettura: La metropolitana ticinese-lombarda

ANDREA ZOPPOLATO

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È arrivato a Milano il primo nuovo treno della M1 (foto e video)

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Arrivato nel deposito di Precotto il primo nuovo convoglio della linea M1. Le immagini e il video ufficiali.

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È arrivato a Milano il primo nuovo treno della M1 (foto e video)

# Dopo 4 giorni di viaggio arrivato il primo nuovo convoglio

Lo avevamo anticipato qualche giorno fa: il primo nuovo convoglio della linea M1 era in viaggio per Milano. Il 17 dicembre, dopo quattro giorni dalla partenza dagli stabilimenti di Hitachi Rail di Reggio Calabria, il mezzo ha raggiunto il Terminal di Milano Smistamento con un trasporto eccezionale per poi attraversare la città e approdare nel deposito metro Atm di Precotto, in via Anassagora 11.

# Li vedremo sui binari entro l’estate

Credits Ufficio Stampa ATM – Render nuovi treni 3

Si tratta del primi 21 mezzi in totale che fanno parte del primo contratto applicativo del valore di 168 milioni di euro e rientrano nella strategia di investimenti del Gruppo per il rinnovo dell’intera flotta. Sono previsti ora test tecnici e tutte le verifiche necessarie con l’obiettivo di metterlo in servizio entro l’estate 2025. Sono invece complessivamente 46 i nuovi treni che viaggeranno sulle linee metropolitane milanesi, gli altri sono destinati alla M2 e alla M3.

# Le principali caratteristiche dei nuovi treni

Ufficio stampa ATM – Interno treno M1

I nuovi treni si caratterizzano per:

  • nuovo design;
  • totale accessibilità dei vagoni;
  • sistema di videosorveglianza con visualizzazione delle immagini in tempo reale dalla sala operativa;
  • marcia silenziosa per il massimo comfort del cliente;
  •  illuminazione a LED;
  • impianti di climatizzazione;
  • elevata efficienza energetica.

Tutti i treni sono bidirezionali e si compongono di sei carrozze per una capienza massima di 1.200 passeggeri. I materiali garantiscono invece elevati livelli di riciclabilità a fine vita.

Leggi anche: A Roma ma non a Milano: dove sono i nuovi treni della metro? ATM fa luce sulla questione: presto li vedremo sui nostri binari

# Il video dell’arrivo

Fonte: Ufficio Stampa ATM

Continua la lettura con: In viaggio verso Milano il nuovo treno della linea M1: le prime immagini

FABIO MARCOMIN

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Il Natale a Milano: mercatini, alberi, eventi speciali (video)

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Natale a Milano

Anche quest’anno, in occasione del Natale, Milano si è colorata di luci, mercatini, alberi e tante iniziative per adulti e bambini. In questo video passiamo in rassegna le principali attrazioni presenti in città, a partire dai ben 27 alberi allestiti per le vie del centro. Tra la case di Babbo Natale, piste di pattinaggio e giochi, la magia del Natale è assicurata.

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FRANCESCA MONTERISI

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Nei bar di Milano come sull’alta velocità?

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Poltrone in pelle con schienale reclinabile, ampio spazio per le gambe, servizio di benvenuto a bordo. Ma non solo: i servizi più ambiti sono quelli che consentono di non essere disturbati, con le “aree silenzio” e i salottini lounge. Se i treni ad alta velocità offrono un’esperienza di viaggio in cui ci si sente come al bar, perché i bar di Milano non consentono un’esperienza come quelle offerte sui treni ad alta velocità?

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Nei bar di Milano come sull’alta velocità?

# Frecciarossa e Italo si sfidano a colpi di… privacy

Credits: blog.trainline.it – Carrozza Frecciarossa

Perché i bar di Milano non prendono spunto dai treni di alta velocità? Sulla tratta Milano Roma, Frecciarossa e Italo stanno cercando sempre più di trasformare il viaggio in un’esperienza di piacere, cercando di riprodurre ciò che di meglio hanno da offrire un bar o uno spazio di Coworking. In particolare, l’esigenza che si cerca più di soddisfare, e che il viaggiatore paga al prezzo più alto, è quella della privacy. Che significa poter viaggiare senza venire disturbati dalle parole degli altri.

# Il fastidio provocato dall’«inquinamento verbale»

Tutti gli altri servizi offerti sui treni ad alta velocità, dalla comodità delle poltrone al wifi, per non parlare ovviamente dei prodotti da gustare, si trovano ormai in tutti i bar di Milano. Ma quello che manca è proprio il servizio premium più importante: il riparo da conversazioni moleste. Credo che tutti quanti noi abbiamo sperimentato il fastidio provocato dall’«inquinamento verbale»: quando si è seduti in un locale pubblico e si devono ascoltare conversazioni sgradevoli e fastidiose da chi è seduto nelle vicinanze. Lamentele, maldicenze, psicopatologie, racconti di disgrazie e altre amenità corrosive per il cervello possono raggiungere persone che studiano o lavorano nelle vicinanze. 

# Avremo anche nei bar un servizio premium per chi cerca la privacy?

E’ curioso che i bar di Milano che sono all’avanguardia per innovazione su prodotti e servizi non si occupino minimamente del problema dell’«inquinamento verbale», ossia di soddisfare l’esigenza principe di una parte della clientela di voler starsene per i fatti propri. Chissà che presto non si veda nei locali di Milano un’offerta differenziata come esiste sui treni Italo e sui Frecciarossa, con prezzi più alti per tavolini lounge più isolati dalle chiacchiere degli altri, dove poter curare le proprie faccende in pace. Credo che un’offerta del genere avrebbe molto successo.

Continua a leggere: La metro dei laghi

ANDREA ZOPPOLATO

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L’unico limite di Milano è il cielo: il futuro sarà sempre più sui tetti?

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Innovazione, creatività e trasformazione sono radicate nel DNA di Milano, tuttavia, c’è una dimensione ancora poco esplorata: i tetti. Utilizzati praticamente solo per bar o ristoranti rooftop, i tetti degli edifici milanesi nascondono un potenziale straordinario per migliorare la qualità della vita, promuovere la sostenibilità e offrire nuovi spazi culturali e sociali.

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L’unico limite di Milano è il cielo: il futuro sarà sempre più sui tetti?

# Un orizzonte inedito per la città

New York, campo da 11 ettari su un tetto

Guardando altre città del mondo, come New York, Parigi o Tokyo, è chiaro che i tetti possono diventare protagonisti della vita urbana. In queste metropoli, i tetti ospitano giardini pensili, bar panoramici, cinema all’aperto e perfino fattorie urbane. Milano potrebbe intraprendere un percorso simile, adattando queste idee al suo contesto unico e integrandole nella sua visione di città moderna.

Il Comune potrebbe avviare un piano di recupero e valorizzazione dei tetti attraverso progetti pilota. Immaginiamo, ad esempio, tetti di edifici storici trasformati in spazi verdi, oppure tetti di nuovi complessi residenziali progettati fin dall’inizio per ospitare orti urbani e terrazze pubbliche. La creazione di una rete interconnessa di tetti fruibili, collegati da percorsi sopraelevati, potrebbe rendere Milano una città tridimensionale, dove ogni spazio verticale è pensato per essere vissuto.

# Spazi sociali sopraelevati: la nuova piazza

Nel contesto di una città che spesso soffre di carenza di spazi pubblici, i tetti potrebbero diventare i nuovi luoghi di socialità. Pensiamo a terrazze condominiali che si trasformano in giardini condivisi, aree gioco per bambini o spazi per eventi di quartiere.

Per incentivare la partecipazione attiva dei cittadini, si potrebbero creare piattaforme digitali dove ogni condominio possa proporre e votare idee per l’utilizzo del proprio tetto. In questo modo, la riqualificazione diventerebbe un processo condiviso, rafforzando il senso di comunità.

Un esempio concreto potrebbe essere quello di tetti dotati di microspazi coworking, pensati per i freelance che desiderano lavorare in ambienti informali e stimolanti. Questa soluzione combinerebbe la socialità con l’innovazione, rendendo i tetti non solo luoghi di svago, ma anche risorse per l’economia locale.

# La rivoluzione verde sui tetti

Un aspetto cruciale di questa trasformazione è la sostenibilità. I tetti verdi, che già decorano edifici iconici come il Bosco Verticale, potrebbero diventare uno standard per l’intera città. Orti urbani, giardini pensili e aree verdi non solo migliorerebbero l’estetica di Milano, ma contribuirebbero anche a mitigare l’effetto isola di calore, ridurre l’inquinamento e aumentare la biodiversità urbana.

Inoltre, tetti verdi dotati di sistemi di raccolta dell’acqua piovana potrebbero ridurre lo spreco idrico e fornire risorse per irrigare gli orti urbani. Questi progetti potrebbero essere incentivati attraverso agevolazioni fiscali per i privati che investono nella riqualificazione sostenibile. Immaginiamo un sistema di crediti ambientali: ogni edificio che realizza un tetto verde potrebbe accumulare punti convertibili in sconti sulle tasse locali.

Un altro elemento da considerare è l’educazione ambientale. I tetti verdi potrebbero ospitare percorsi didattici per le scuole, insegnando ai bambini l’importanza della biodiversità e delle pratiche agricole sostenibili.

# Cultura e intrattenimento ad alta quota

Non solo sostenibilità: i tetti di Milano potrebbero diventare palcoscenici per eventi culturali unici. Concerti, mostre d’arte, performance teatrali e cinema sotto le stelle sarebbero esperienze indimenticabili, in grado di attrarre sia i cittadini sia i turisti.

Si potrebbe immaginare una rete di “rooftop culturali”, distribuiti nei diversi quartieri, ciascuno con una programmazione tematica. Ad esempio, un tetto nel quartiere Isola potrebbe essere dedicato alla musica jazz, mentre uno a Brera potrebbe ospitare mostre d’arte contemporanea. Questa rete potrebbe essere gestita da un consorzio pubblico-privato, coinvolgendo artisti locali e sponsor culturali.

Un esempio emblematico è il cinema all’aperto: terrazze attrezzate con schermi e posti a sedere potrebbero diventare luoghi di ritrovo per le serate estive. Con il supporto di istituzioni culturali e festival del cinema, questi spazi potrebbero trasformarsi in veri e propri punti di riferimento per la cultura cittadina.

# Spazi commerciali: il business sui tetti

I tetti potrebbero anche diventare un nuovo spazio per il commercio. Bar panoramici, ristoranti gourmet, mercati stagionali e pop-up store troverebbero un palcoscenico ideale sopra gli edifici della città. Questi interventi non solo aumenterebbero il valore degli immobili, ma genererebbero anche nuove opportunità economiche.

Immaginiamo, ad esempio, il tetto di un centro commerciale trasformato in un mercato agricolo settimanale, dove i cittadini possano acquistare prodotti locali a chilometro zero. Oppure pensiamo a rooftop bar che offrono aperitivi con vista sullo skyline, attirando sia milanesi sia visitatori.

Per i brand emergenti, i tetti potrebbero diventare spazi ideali per pop-up store temporanei, offrendo esperienze uniche e personalizzate ai clienti. La modularità di questi spazi li renderebbe perfetti per eventi stagionali o collaborazioni tra designer e aziende.

# Innovazione tecnologica sopra Milano

Infine, non si può ignorare il potenziale tecnologico dei tetti. Questi spazi potrebbero ospitare stazioni per droni, utilizzati per consegne rapide e sostenibili, o pannelli solari di nuova generazione, contribuendo all’autosufficienza energetica della città. Alcuni tetti potrebbero essere dedicati a progetti sperimentali, come serre automatizzate o laboratori di ricerca per startup tecnologiche.

Un’altra idea innovativa è l’integrazione dei tetti nei sistemi di monitoraggio ambientale. Sensori installati sulle coperture potrebbero raccogliere dati sulla qualità dell’aria, le temperature e l’inquinamento acustico, fornendo informazioni preziose per migliorare la gestione urbana.

# Ostacoli e opportunità

Naturalmente, realizzare questa visione richiede di affrontare alcune sfide. Una delle principali è la normativa edilizia, che spesso limita gli interventi sui tetti. Sarebbe necessario semplificare le autorizzazioni e creare linee guida chiare per la progettazione e l’uso di questi spazi.

Un altro ostacolo è rappresentato dai costi. Tuttavia, con un mix di finanziamenti pubblici, sponsorizzazioni private e crowdfunding, molte di queste idee potrebbero diventare realtà. Il Comune potrebbe anche creare un fondo dedicato, alimentato da contributi volontari dei cittadini e delle aziende.

Sfruttare i tetti di Milano non significa solo aggiungere nuovi spazi alla città: è un modo per ripensare completamente il rapporto tra l’ambiente urbano e chi lo vive. Che si tratti di un giardino pensile, di un cinema sotto le stelle o di un mercato agricolo, i tetti possono diventare luoghi di innovazione e creatività, trasformando Milano in una città che guarda al futuro con ambizione e visione.

Continua la lettura con: Il «quartiere nel cielo»: c’è vita sui tetti di Lambrate

MATTEO RESPINTI

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La visione mistica dei pendolari sulla Milano – Mortara

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Quello che vorrebbero trovare sul treno almeno una volta nella vita.

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Continua con: Quando devi traslocare ma il furgone non può circolare in area B

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Qualità della vita 2024: prima Bergamo, brusco calo per Milano

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La nuova edizione della classifica sulla Qualità della vita 2024, stilata come ogni anno da Il Sole 24 Ore, vede, per la prima volta, Bergamo al 1° posto. Con Milano che esce dalla top 10.

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Qualità della vita 2024: prima Bergamo, brusco calo per Milano

# Bergamo al primo posto: un successo storico

Per Bergamo, il 2024 segna un anno storico: per la prima volta in 35 anni di edizioni della classifica del Sole 24 Ore, la città conquista il primo posto, scalando ben quattro posizioni rispetto al 2023, quando si era fermata alla quinta. Questo risultato è frutto di una combinazione vincente di fattori, che riguardano principalmente demografia, sicurezza e sportività.

  • Demografia e società: Bergamo registra un incremento positivo del tasso di natalità, con un +3% rispetto all’anno precedente. Questo dato evidenzia un territorio che si sta rigenerando, attraendo nuovi abitanti e famiglie.
  • Sportività: la città eccelle nell’indice dedicato alla sportività, che misura la qualità delle strutture sportive, la partecipazione dei cittadini, gli eventi organizzati e i risultati agonistici. Bergamo è il simbolo di un territorio dinamico e orientato al benessere fisico e sociale.
  • Sicurezza e giustizia: a differenza di Milano, Bergamo si colloca tra le città più sicure del Paese, con una bassa incidenza di reati e una maggiore percezione di sicurezza tra i cittadini.

Questi elementi, combinati con un buon livello di servizi e infrastrutture, rendono Bergamo sempre più attrattiva sia per i residenti che per le imprese.

# Brusco calo di Milano: eccellenza nel lavoro, ma penalizzata da criminalità e inquinamento

Milano, capitale economica d’Italia, perde quattro posizioni rispetto al 2023, scivolando al 12° posto, uscendo così dalla top 10. Il dato rappresenta una battuta d’arresto per una città che, negli ultimi anni, si era posizionata stabilmente nelle prime dieci posizioni.

# I punti di forza di Milano

Milano resta imbattibile in alcuni settori chiave:

  • Affari e lavoro: Il capoluogo lombardo domina questa categoria grazie alla capacità di attrarre imprese, talenti e investimenti. Milano è al primo posto per numero di contratti a tempo indeterminato, opportunità di carriera e concentrazione di startup innovative.
  • Presenza di laureati: La città si colloca al terzo posto a livello nazionale per numero di giovani laureati (tra i 25 e i 39 anni), riflettendo la capacità di attrarre studenti e professionisti altamente qualificati.
  • Servizi e infrastrutture: il sistema di trasporto pubblico è tra i migliori d’Italia, con una vasta rete di metro, tram e autobus che copre la città e l’area metropolitana.

Questi indicatori confermano la capacità di Milano di mantenere un primato economico nazionale, consolidando la sua vocazione come hub finanziario, tecnologico e professionale.

# Le criticità: criminalità e inquinamento

Nonostante i successi economici, Milano soffre pesantemente di problemi sociali e ambientali:

  • Criminalità: Milano si posiziona tra le peggiori città italiane per sicurezza. Con oltre 230.000 denunce all’anno (circa 7.000 ogni 100.000 abitanti), è seconda solo a Roma. I furti rappresentano la maggioranza dei reati, seguiti da danneggiamenti e frodi informatiche.
  • Inquinamento: la situazione ambientale è critica. Milano è al penultimo posto in Italia per concentrazione di PM10, superata solo da Torino. Nel 2023, la media annua degli inquinanti nell’aria è cresciuta del 148,3%, un dato allarmante che penalizza la vivibilità complessiva.
  • Caro-casa: il costo della vita è tra i più alti in Italia, con affitti e prezzi immobiliari in costante crescita, erodendo il potere d’acquisto e accentuando le disuguaglianze economiche.

# Le tendenze nazionali: Nord avanti, Sud in difficoltà

 

La classifica premia l’autonomia. Al secondo e terzo posto si trovano infatti le due province più autonome d’Italia: Trento e Bolzano, con quest’ultima che guadagna ben dieci posizioni rispetto al 2023.

Il Nord Est si conferma la zona più premiata, con Trentino Alto Adige e Veneto tra le Regioni protagoniste. La Lombardia si distingue con Monza (4ª) e Cremona (5ª), che segna un poderoso balzo di +13 posizioni in un anno. Seguono Udine, vincitrice del 2023, Verona (7ª) e Vicenza (8ª).

Il Sud continua ad arrancare. La maglia nera va a Reggio Calabria, seguita da Napoli. Le province del Mezzogiorno occupano gran parte delle posizioni dalla 83 in poi, con città come Catania (83ª), Messina (91ª) e Palermo (100ª). Tra le peggiori del Nord si segnalano le province liguri di Imperia (79ª) e Savona (69ª).

Le città metropolitane registrano un calo generale: Bologna perde 7 posizioni, Milano 4, mentre Firenze (36ª) scende di 30 posizioni. Roma crolla di 24 posizioni (59ª), preceduta di poco da Torino (58ª). 

L’area del Meridione migliore è Bari, che sale al 65° posto (+4 posizioni), tornando sopra i livelli del 2022.

Continua la lettura con: Allarme disordini a Corvetto: le altre 5 zone di Milano a «rischio banlieue»

MATTEO RESPINTI

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Le 5 dritte fondamentali per muoversi a Milano senza brutte sorprese

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Credits: permilano.it Il ragazzo di campagna

Suggerimenti da veri insider per gli spostamenti in città e nel tragitto Milano-hinterland. 

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Le 5 dritte fondamentali per muoversi a Milano senza brutte sorprese

#1 Prendere il treno mezz’ora prima

Credits eurotreno – Trenord

Non si può fare troppo affidamento sulla puntualità dei treni, sia che debbano entrare in città sia che debbano fare ritorno a casa in uno dei comuni dell’hinterland. Un guasto, un incidente sui binari o un disservizio alla rete elettrica possono comportare soppressione di treni o ritardi fuori dall’ordinario. A volte partono perfino in anticipo. Questa è l’Italia. Il consiglio è quello di anticipare la propria tabella di marcia di almeno mezz’ora e forse anche qualcosa di più.

#2 Rivalutare il passante

Credits Andrea Urbano – Passante ferroviario

Il passante ferroviario è un tunnel sotterraneo che taglia in diagonale la città, da Rogoredo e Forlanini a Certosa e Bovisa, e in cui transitano le linee suburbane che entrano ed escono da Milano. Nel tratto milanese tra Porta Vittoria e Lancetti il passaggio di sei linee garantisce un alta frequenza del servizio, un treno circa ogni 6 minuti, e consente di interscambiare con tutte le metropolitane. Una metropolitana aggiuntiva molto utile ai milanesi ma soprattutto ai pendolari.

Leggi anche: Le 5 CURIOSITÀ più strane delle METRO del MONDO

#3 Usare i mezzi in sharing

Credits pallin86 IG – Car sharing

Milano è la capitale dello sharing, per km percorsi, utenti, numero e tipologia di mezzi disponibili: auto, scooter, biciclette e, finché il nuovo codice non li eliminerà, anche i monopattini. Non ha quindi senso spendere soldi per possedere un mezzo di trasporto: è molto più conveniente noleggiarlo e utilizzarlo quando serve. Tra gli altri vantaggi, per chi prende in sharing un auto o uno scooter, ci sono: Area C e posteggi a pagamento gratis, possibilità di parcheggiare negli stalli riservati ai residenti.

#4 Stare attenti a dove si viene mandati

Credits: permilano.it
Il ragazzo di campagna

Per chi non ha ancora preso troppa confidenza con la città è buona cosa chiedere, a chi ci vive da anni, dove si trova un luogo e come arrivarci. Ma non fidatevi ciecamente delle indicazioni perché tutto sommato Milano non è così piccola ed è difficile per un residente conoscere tutte le vie. Meglio farsi supportare anche dal navigatore del proprio smartphone.

#5 Capire alla perfezione e in fretta dove si trova il binario del treno

Credits: blog.italotreno.it

Le stazioni dei treni a Milano a volte sono delle vere e proprie trappole. Gli utenti che partono dalle stazioncine dell’hinterland o da fuori la Città Metropolitane non possono nemmeno immaginare quanto siano complesse quelle presenti di città. Centrale, Porta Garibaldi, Cadorna sono solo alcune di quelle dove il rischio di perdersi e sbagliare binario è all’ordine del giorno. Occorre prestare massima attenzione per arrivare alla banchina corretta.

Leggi anche: Le STAZIONI TRAPPOLA di Milano

Continua la lettura con: MILANO è BELLA PERÒ…quello che dicono quelli che non VIVONO QUI

FABIO MARCOMIN

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I cinque ristoranti di Milano per una cena di Natale da urlo

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Ph. @curly.e.food IG

Ciao foodie natalizi! Siete pronti per scoprire dove potrete deliziare il vostro palato durante la magica notte di Natale a Milano? Preparatevi a un viaggio gastronomico che farà felici sia il vostro stomaco che il vostro spirito natalizio. Ecco i 5 ristoranti che trasformeranno la vostra cena di Natale in un’esperienza indimenticabile.

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I cinque ristoranti di Milano per una cena di Natale da urlo

# Cracco in Galleria Vittorio Emanuele II 

fireman_fdp IG – Carlo in Galleria

Situato nel cuore pulsante di Milano, il ristorante di Carlo Cracco è il luogo perfetto per chi vuole un Natale all’insegna del lusso e dell’innovazione culinaria.

Perché sceglierlo:

· Menu natalizio che è una vera opera d’arte gastronomica

· Atmosfera elegante con vista sulla Galleria Vittorio Emanuele II

· Possibilità di incontrare lo chef Cracco (e magari chiedergli la ricetta del suo famoso uovo)

Da prenotare con largo anticipo.

# Ratanà: il Natale in salsa milanese

joyfulalcy IG – Ratanà

Per chi cerca un’esperienza natalizia più tradizionale ma sempre di altissimo livello, Ratanà è la scelta perfetta. Lo chef Cesare Battisti vi farà innamorare della cucina milanese.

Perché sceglierlo:

· Risotto allo zafferano che è pura poesia

· Atmosfera accogliente e familiare

· Menu che mixa tradizione e innovazione

Non perdetevi il panettone artigianale. 

# Joia: un Natale green e stellato

Joia IG

Per i vegetariani e vegani (o per chi vuole un Natale più leggero), il ristorante stellato di Pietro Leemann è un vero paradiso.

Perché sceglierlo:

· Menu vegetariano e vegano innovativo e sorprendente

· Ambiente zen e rilassante

· Piatti che sono vere opere d’arte (preparate la fotocamera!)

Provate il loro “Uovo di Natale“. Spoiler: non è un vero uovo, ma vi lascerà a bocca aperta!

# Il Luogo di Aimo e Nadia: tradizione in un twist

ilaria.bucci IG – Aimo e Nadia

Questo storico ristorante bi-stellato è il luogo ideale per chi cerca un Natale all’insegna della tradizione italiana, ma con un tocco di modernità.

Perché sceglierlo:

· Menu che racconta la storia della cucina italiana

· Ambiente elegante e raffinato

· Carta dei vini da far girare la testa

Lasciate spazio per il loro leggendario spaghetto al pomodoro. Sì, anche a Natale!

# Ceresio 7: un Natale con vista

ceresio7 IG

Se volete combinare una cena gourmet con una vista mozzafiato su Milano, Ceresio 7 è il posto che fa per voi.

Perché sceglierlo:

· Vista panoramica sulla città illuminata a festa

· Cucina contemporanea di alto livello

· Atmosfera glamour e sofisticata

Se il tempo lo permette, fate un aperitivo pre-cena sulla terrazza.

# Un Natale da gustare

Che preferiate la tradizione o l’innovazione, la carne o le verdure, una cena con vista o un’atmosfera intima, Milano ha il ristorante perfetto per il vostro Natale. L’importante è condividere questo momento speciale con le persone che amate, circondati dal calore (e dai sapori) della festa.

Ricordate: il Natale è quel momento magico dell’anno in cui possiamo concederci qualche extra caloria senza sensi di colpa.

Una piccola nota: se dopo tutto questo ben di Dio riuscite ancora a muovervi, una passeggiata per le vie illuminate di Milano è il modo perfetto per concludere la serata. Buone feste!

Continua la lettura con: A Milano è esplosa la passione per la terra dei Gauchos: i 5 ristoranti per sentirsi a Buenos Aires

MICHELE LAROTONDA

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Un weekend a Nizza, patrimonio dell’Unesco: 10+1 cose da non perdere

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Credits: @laloutiti IG

Soprannominata la “Perla della Costa Azzurra”, Nizza è una città che ha molto da offrire ai suoi visitatori. Il fascino travolgente che conserva ancora il ricordo della Belle Époque, l’eleganza e la raffinatezza delle sue boutique e i suoi magazzini di lusso. È moderna e attiva, ma ozi e mondanità non mancano per poter vivere a pieno la città in totale serenità.

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Un weekend a Nizza, patrimonio dell’Unesco: 10+1 cose da non perdere

Nizza è diventata patrimonio UNESCO. Il 27 luglio 2021, le Nazioni Unite hanno deciso di premiare l’eccezionale valore universale del patrimonio architettonico, paesaggistico e urbanistico di Nizza, città in grado di fondere influenze culturali ed internazionali. Avendocela non troppo lontano da Milano e, in generale, ad un passo dal nord-ovest italiano, ecco le 10 cose da non perdere per un weekend a Nizza.

#1 La Promenade des Anglais, uno dei simboli di Nizza

credits: @arturmusaelean IG

Voluta dal reverendo inglese Lewis Way e iniziata a costruire nel 1820, la Promenade des Anglais è la strada più conosciuta di tutta Nizza. È sempre fiorita e costeggiata da palme, ma soprattutto è impossibile non percorrerla durante un weekend in città, osservando il mare della Costa Azzurra, da una parte, e le decapottabili che sfrecciano dall’altra. Un lungomare di 7 chilometri dal porto all’aeroporto, la “Prom”, così chiamata affettuosamente dai nizzardi, ai tempi era il luogo preferito per il passeggio degli aristocratici inglesi, oggi è luogo di incontro degli amanti della spiaggia, sportivi e in generale centro della vita cittadina.

#2 La Vieux Nice, per rivivere lo spirito della storia 

Credits: @cest_nice_ici IG

Nizza non è solo mare e il suo centro storico, conosciuto come la “Vieux Nice” (ovvero vecchia Nizza), ne è la prova. Viuzze affiancate da case e palazzi colorati. Case addossate l’una all’altra su piccole strade dominate dai colori del giallo e dell’arancione, viuzze che poi si aprono in grandi piazze barocche. Il suo centro storico fa rivivere la storia della città dall’era greca fino ai giorni nostri, vicolo dopo vicolo, in un pittoresco viaggio da fare a piedi tra chiese barocche, come la cattedrale di Santa Reparata, e colorati mercatini. La via più conosciuta della Vieux Nice è Cours Saleya, zona pedonale dove viene organizzato uno dei mercati dei fiori più belli della Francia.

#3 La Cattedrale di San Nicola, un gioiello dell’arte russa

Credits: @ bougeranice IG

Assolutamente da non perdere è la Cattedrale di San Nicola, un gioiello dell’arte russa, la più grande chiesa ortodossa russa fuori dai confini nazionali nonché l’unica ad aver ricevuto il titolo di cattedrale prima della rivoluzione del 1917. Una cattedrale decisamente esotica dai colori vivaci, con cinque cupole a bulbo e un’architettura ispirata alla Chiesa di San Basilio di Mosca. Naturalmente, l’interno si rifà alle più belle chiese di Mosca con affreschi, decorazioni e oltre 3000 icone.

#4 Parc de la Colline du Château, una passeggiata tra le rovine del castello

Credits: @dnccde IG

Tra i luoghi preferiti dai nizzardi e dai turisti, c’è un parco di 19 ettari sulle colline della città. Da qui si può godere di una delle viste più belle di Nizza sulla Baia degli Angeli e il Porto di Nizza, si sta parlando della collina del castello. Un posto che conserva le tracce del passato con la sua torre Bellanda, la cascata del castello, il primo cimitero moderno di Nizza con delle magnifiche tombe ed il grande Memoriale ancora visibili. Una collina testimone della storia di Nizza e chiamata “del castello” perché dagli anni mille fino al Settecento era la cittadella più inespugnabile d’Europa.

#5 Cimiez, il quartiere del lusso e della diversità

Credits: @melissabasut IG

Prossima fermata: Cimiez, lo storico quartiere ricco e colorato situato proprio in cima ad una collina che porta il suo stesso nome. A circa 2 km dal centro di Nizza, Cimiez è uno spazio che celebra la diversità e promette infinite cose da fare e infiniti angoli nascosti da scoprire. Partendo dallo sperimentare il fascino coinvolgente della Belle Époque nelle sue sontuose ville e palazzi, come l’Hotel Victoria o il Majestic Palace, fare un salto nel passato visitando le rovine dell’anfiteatro romano oppure godersi un po’ d’ombra nel polmone verde della città, il parco Cimiez.

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#6 Itinerario artistico tra i Musei di Nizza

Credits: @matchwithart
Museo Matisse

Costa Azzurra e arte vanno a braccetto e Nizza ospita alcuni musei dedicati a grandi artisti. Tra questi c’è certamente quello di Henri Matisse, uno dei pittori, incisori, illustratori e scultori più noti del XX secolo, un artista con la A maiuscola. Nella capitale della Costa Azzurra, precisamente nel quartiere di Cimiez, il museo dedicato a Matisse ospita 31 dipinti, 454 disegni e incisioni, 38 guazzi tagliati e 57 sculture e la sua particolarità è proprio il fatto di essere stato allestito nella villa Arènes del XVII secolo, vicino a quella che era la vecchia residenza di Matisse all’Hotel Regina. 

Ci sono poi il Museo Nazionale Marc Chagall o, per tornare a tempi più antichi, il Museo archeologico dove sono custoditi reperti romani. Ancora, altri musei che arricchiscono il patrimonio nizzardo sono il MAMAC, un museo d’arte moderna e contemporanea, il Museo di Arte Asiatica, il Museo delle Belle Arti, il Museo Charles Nègre di fotografia e il Museo Palais Lascaris per gli amanti della musica.

#7 Parco Phoenix, il diamante verde della città

credits: @edwige_angel IG

A pochi metri dall’aeroporto internazionale di Nizza e dalla Promenade des Anglais si trova il Parco Phoenix. Chiamato anche “Parco floreale” per i suoi sette ettari di fiori e vegetazione, il parco Phoenix rappresenta una delle serre tropicali a forma piramidale più grande d’Europa. Inizialmente costruito nel 1990 come orto botanico, ora il “Diamante Verde” ospita ben sei diverse zone climatiche tropicali e subtropicali distribuite su 7000 metri quadrati che fanno da casa a 7500 varietà di fiori e piante e 3800 animali di 150 specie differenti tra lemuri, gru reali, pellicani e molto altro ancora. Una vera e propria immersione nella natura selvaggia ma che mantiene un saldo legame con l’essenza francese, in quanto si può ammirare anche un piccolo cottage in stile provenzale, proprio all’interno del parco. Inoltre, il Parco Phoenix è anche sede del museo di Arti Asiatiche in cui è possibile assistere alla tradizionale cerimonia del tè.

#8 Le atmosfere barocche del Palais Lascaris

Credits: @ptrdh IG

Si è detto che la città vecchia è sicuramente una delle tappe imperdibili a Nizza, ma, se si vogliono dei nomi precisi di siti da vedere, allora uno è certamente Palais Lascaris. È forse l’edificio più rappresentativo di Nizza, sicuramente il più se si parla dell’età barocca. Il Palazzo, infatti, situato a 15 Rue Droite nella Vieux Nice, mette in mostra tutte le fasi successive dell’architettura barocca. Con soffitti vertiginosi che raccontano storie e una prevalenza assoluta del colore giallo, camminando per i corridoi del palazzo è come se si vivesse la quotidianità di una delle famiglie aristocratiche francesi più importanti, i Lascaris-Vintimille.

#9 Piazza Massena, il centro di ispirazione ligure

credits: @fafa.voyages IG

Sicuramente imperdibile in un weekend a Nizza è un giro nel gioiello della città, una delle sue piazze principali, Piazza Massena. Unisce la Nizza vecchia agli edifici più moderni, ma soprattutto ospita la vita cittadina e turistica della città. Con i suoi edifici color rosso pompeiani e le persiane blu e la pavimentazione a scacchi, Piazza Massena è uno dei simboli della città. Sedersi in uno dei suoi bar e osservare la gente che passa e i tram che attraversano la città è forse uno dei modi migliori per assaporare la vita nizzarda. Nella piazza non mancano poi i negozi. Uno dei palazzi ospita le famose Galeries Lafayette, cinque piani dedicati all’alta moda e alle grandi firme.

#10. Una passeggiata da Nizza a Villefranche-sur-Mer per godersi il PANORAMA

credits: @villefranchesurmer IG

Oltre alla Promenade des Anglais, un altro punto perfetto per una passeggiata da percorrere con calma, ammirando e fotografando il paesaggio è il sentiero del litorale che da Nizza prosegue fino a Villefranche-sur-Mer. Un percorso che può impiegare un massimo di 2 ore costeggiando il mare. Adatto a persone di tutte le età, presenta anche opzioni di difficoltà maggiore per chi è un amante delle sfide e del trekking.

#10+1. Mont Boron per ammirare il tramonto tra i profumi del parco

credits: @andlifemarie IG

Un quartiere residenziale composto da lussuose residenze e ville, il Mont Boron è una collina ad est di Nizza che sorge a 191 metri. Uno dei punti più suggestivi di Nizza che offre un magnifico panorama su tutta la città e una splendida veduta sulla baia Villefranche-sur-Mer e sui rilievi delle Alpi. Particolarmente indicato per ammirare il tramonto sulle acque cristalline della Costa Azzurra e trattenersi per un picnic tra i pini d’Aleppo, i carrubi e gli ulivi del Parco Forestier du Mont Boron.

Per saperne di più: www.nicetourisme.com, provence-alpes-cotedazur.com e www.france.fr 

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BEATRICE BARAZZETTI in collaborazione con SELENE MANGIAROTTI

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Questo è l’hotel più antico del mondo: quando è nato a Milano c’erano i Longobardi

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Credits: travelandleuisure.com

Il primato di oltre 1.300 di attività continuativa è stato certificato dal “Guinness World Records”. Oltre la sua longevità, la cosa più incredibile è il fatto che sia gestito dalla stessa famiglia da quando ha aperto. Le curiosità e gli aneddoti non si fermano però a questo, ecco cosa abbiamo scoperto.

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Questo è l’hotel più antico del mondo: quando è nato a Milano c’erano i Longobardi

# L’incredibile record di longevità: in attività da 1.315 anni. La stessa famiglia lo gestisce da 52 generazioni consecutive

Credits: idealista.it

Il Nishiyama Onsen Keiunkan è in attività dal 705 e ciò lo rende il più antico hotel a funzionamento continuo in tutto il mondo, secondo il Guinness dei primati. La cosa ancora più sorprendente è il fatto che sia sempre la stessa famiglia a gestire questo ryokan da 52 generazioni, per tutta la sua esistenza di ben 1.315 anni. 

# Famoso per la sue vasche termali ricche di minerali

Credits: myjapanguide.com

La struttura è sì antica, ma tutto è pensato per soddisfare il viaggiatore moderno offrendo un ottimo mix tra le antiche usanze giapponesi ed un design elegante e contemporaneo. L’hotel dispone di 37 camere, tutte rigorosamente in stile giapponese e oltre alla sua storia millenaria è famoso anche per le sue vasche termali ricche di minerali, un vero e proprio rifugio per corpo e anima. Questo perché è stato costruito attorno ad una sorgente naturale di acqua calda.

# Ha ospitato imperatori e il fondatore dell’ultima dinastia dello shogun

Credits: nippon.com

Il fondatore fu Fujiwara Mahito, figlio di un aiutante dell’Imperatore Tenji. Tra i suoi innumerevoli ospiti, ne ha avuti anche di particolarmente illustri. Oltre a molti imperatori, è passato anche Ieyasu Tokugawa, il fondatore della terza e ultima dinastia dello shogunato giapponese. 

# La location è altrettanto suggestiva, alle pendici del monte Fuji

Credits: thomasfrey Twitter

L’hotel più antico del mondo è situato a Hayakawa, un paesino di appena 1200 abitanti alle pendici del monte Fuji, immerso in un’atmosfera quasi incantata, a 150 chilometri da Tokyo.

Continua la lettura con: Questa è l’OSTERIA più ANTICA del MONDO

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Arco della Pace: una delle più grandi prese in giro della storia

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foto andrea cherchi
foto andrea cherchi

In origine fu eretto da Napoleone per celebrare le sue vittorie. Si chiamava infatti “Arco della Vittoria” per festeggiare il successo dei francesi nella battaglia di Jena. 

Il monumento era quasi completato quando con la caduta di Napoleone l’opera venne abbandonata. Ma dopo il loro ritorno in città, con Francesco I gli austriaci modificarono il monumento, per intitolarlo alla pace di Vienna che aveva sancito la sconfitta di Napoleone e la ripresa dei territori da parte degli Asburgo.

Tra le modifiche apportate dagli austriaci ci fu anche quella dei cavalli che furono girati di 180 gradi per rivolgere il fondoschiena verso la Francia. Neppure allora i francesi erano molto amati.

Un’altra curiosità: nel breve interregno in cui Milano, liberata dagli Asburgo con le cinque giornate, passò al Piemonte, furono apportate al monumento delle nuove epigrafi dedicatorie poste sulla sommità degli archi:

«Entrando coll’armi gloriose / Napoleone III e Vittorio Emanuele II liberatori / Milano esultante cancellò da questi marmi / le impronte servili / e vi scrisse l’indipendenza d’Italia / MDCCCLIX»

«Alle speranze del Regno Italico / auspice Napoleone I / i Milanesi dedicarono l’anno MDCCCVII / e francati da servitù / felicemente restituirono / MDCCCLIX»

Secondo Ernest Hemingway l’Arco della Pace sarebbe allineato con l’Arco di Trionfo del Carrousel e l’Arco di Trionfo dell’Étoile di Parigi.

Continua la lettura con: Il CORTILE degli SCULTORI a Milano

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7 curiosità sui ghisa che molti milanesi neanche conoscono

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Ghisa degli anni '30

I ghisa, il corpo dei di vigilanza municipale che garantisce l’ordine pubblico in modo legale e democratico, sono un vero e proprio simbolo di Milano. La loro storia è davvero interessante e sono molte le curiosità legate a loro. Scopriamone 7.

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7 curiosità sui ghisa che molti milanesi neanche conoscono

#1 L’origine dei Ghisa: sostituiscono i Co d’Or

credits: sites.google.it

Nel lontano 1860, un anno dopo la battaglia di Magenta, che vide la vittoria della coalizione franco-piemontese sugli invasori austriaci, Milano si trovò libera, ma immersa in un caos dovuto alla quasi totale assenza delle nuove istituzioni governative.

Inizialmente la gestione dell’ordine pubblico venne gestita da ronde composte da Vigili del Fuoco, i cosiddetti Co d’Or, e componenti della Badia dei Facchini, l’associazione che raggruppava tutti gli uomini di fatica, che lavoravano prevalentemente al Verziere e per le Ferrovie. Il Sindaco Antonio Beretta, eletto il 26 gennaio 1860, propose e ottenne l’istituzione di un Corpo di vigilanza municipale che garantisse l’ordine pubblico in modo legale e democratico. Nascevano i Ghisa.

#2 Perché proprio il nome “Ghisa”?

credits: miles.forumcommunity.com

Furono scelti 50 uomini, tutti di altezza intorno al metro e ottanta, pertanto decisamente più alti rispetto alla media dei milanesi dell’epoca. Come copricapo avevano in dotazione un cilindro nero alto 30 cm che si stagliava tra la folla. Qualcuno fece notare che era come vedere un tubo della stufa, canun de stua, che era proprio fatto di ghisa. Da qui il soprannome che li avrebbe accompagnati fino ad oggi.

#3 I primi Ghisa: giovani fisicamente prestanti per la difesa della città

credits: paviaedintorni.it

Come già accennato vennero scelti giovani virgulti, militesenti, incensurati e di buona condotta, che sapessero leggere e scrivere correntemente. Inoltre, fisicamente prestanti per potere difendere e difendersi da qualunque aggressione, oggi nessun particolare requisito fisico viene chiesto agli aspiranti Vigili Urbani.

Da sempre armati, come prima arma ebbero in dotazione una rivoltella a 5 colpi, che veniva occultata in tasca per questioni di decoro. I vigili non erano in strada per reprimere, ma per essere di aiuto alla cittadinanza. Una filosofia che non ha mai abbandonato il corpo dei vigili.

Il primo comando dei Ghisa fu insediato a Palazzo Marino e, dopo poco tempo, vennero approntati 6 mandamenti, gli attuali comandi di zona, per poter avere una maggiore capillarità sul territorio.

#4 Un nuovo soprannome: “Capel de campée”

Il 18 dicembre 1899 venne eletto Sindaco di Milano Giuseppe Mussi, il primo di una coalizione di sinistra. La prima preoccupazione fu quella di trasformare la vigilanza urbana cambiando tutte le regole in vigore. Venne abolito il periodo di ferma quinquennale così come l’obbligo di casermaggio, venne sciolto il gruppo dei vigili a cavallo in quanto ritenuto troppo militare e venne cambiata la divisa che era ritenuta troppo marziale. Il copricapo fu sostituito da un feltro a tese molto larghe, chiamato “all’italiana”. Nelle mani del vigile ricomparve la canna d’india in sostituzione della pistola e per l’inverno fu adottato un lunghissimo “trench”. Con questa divisa il vigile urbano sembrava più una guardia campestre, specie per il cappello, e i cittadini milanesi gli trovarono un nuovo soprannome “Capel de campée”.

Il 7 febbraio 1905 venne eletto Sindaco Ettore Ponti che, in vista dell’esposizione universale del 1906, cambiò l’organizzazione del Corpo dei Vigili Urbani tornando al modello militare, che accentuava l’esigenza di una preparazione atletica e fisica, conservando però tutto il carattere civile che aveva segnato la nascita del Corpo.

Aumentò il numero a 400, perché la città aveva superato il mezzo milione di abitanti e rinsaldò i principi democratici del vigile urbano che doveva essere un milanese tra i milanesi. Il Ghisa milanese divenne il simbolo della giustizia e della democrazia.

#5 Il primo gruppo radiomobile

Pur avendo da subito alcuni automezzi in dotazione si deve arrivare al 1956 quando il vicecomandante Stefano Pastorino, un nome che diventerà patrimonio del Corpo per le sue innovazioni, formò il primo gruppo radiomobile. Suddetto corpo divenne operativo nel 1958, quando venne inaugurata la Centrale Radio nel nuovo Comando di Piazza Beccaria.

#6 Al Monumentale i Ghisa caduti in servizio 

credits: milanoweekend.it

Al Cimitero Monumentale, all’ingresso, posizionata sul lato destro nella Galleria sotto il Famedio, subito dopo la Prima guerra mondiale, venne posta una lapide coi nomi dei vigili urbani milanesi caduti sul fronte. Da allora venne aggiornata con i nomi dei caduti in servizio e di quelli della Seconda guerra mondiale.

Tra loro compare il nome di Contardo Rovati, un ghisa morto assassinato in servizio. Era una fredda serata del 18 dicembre 1914 quando Rovati venne trovato cadavere nei pressi dell’Arena Civica. Successivamente le indagini appurarono che l’autore dell’omicidio, Luigi Castiglioni, era un vagabondo, pluripregiudicato e già sottoposto alla misura del confino. Mentre veniva accompagnato in mandamento si voltò improvvisamente trafiggendo il cuore del vigile con uno stiletto, per poi darsi alla fuga. Nelle indagini, oltre alla vigilanza si impegnarono anche le varie forze dell’Ordine e le Guardie Daziarie, ma persino molti cittadini, rimasti sbigottiti dal crimine, diedero il loro apporto. Dopo 6 giorni di indagini si arrivò alla cattura e all’arresto del colpevole.

Oggi sulla lapide sono ricordati i nomi di 70 Ghisa. 16 Caduti nella Prima guerra mondiale, 27 caduti nella Seconda e 27 caduti mentre esercitavano il loro servizio ordinario.

#7 La prima donna Ghisa

credits: wikipedia.com

Dobbiamo arrivare al 1976 con Clementina Guarneri, prima donna ad essere assunta nel Corpo dei ghisa. Incontrò non poche difficoltà in quanto qualunque tipo di accorgimento, dai servizi igienici in poi, era stato studiato e costruito solamente per gli uomini. Una pioniera molto coraggiosa che aprì la strada alle molte donne vigile presenti oggi.

Continua a leggere: Le 7 cose che NON CI SONO più a Milano e che RIVOGLIAMO indietro 

ROBERTO BINAGHI

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Le 7 cose che i milanesi non amano dei provinciali

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Un articolo provocatorio, che nasce da un caposaldo difficilmente contestabile: la città non è la provincia, e viceversa. Appena si prova a rinforzare questa tesi, ecco saltar fuori i fautori del perbenismo letterario, chi pensa che certe cose non si possano (o addirittura debbano) scrivere o semplicemente chi ha il paraocchi. Ma nessuno si offenda. Qui non si fa altro che stilare una lista di piccole differenze fra il centro città e le zone limitrofe che sono sotto gli occhi di tutti. Vediamole assieme.

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Le 7 cose che i milanesi non amano dei provinciali

#1 Che sono schiavi della macchina

Credits: ecodibergamo.it
schiavi della macchina

Partiamo da una questione di necessità. Il centro di alcune città e soprattutto di città efficienti come il capoluogo lombardo ha il pregio incontestabile di avere una rete efficiente di trasporto pubblico. Cosa che c’è anche in provincia, certo, e per fortuna in Lombardia i trasporti sono molto ben distribuiti.

Resta il fatto che la macchina è ancora il mezzo preferito per chi, dalla provincia, si sposta in centro città per lavoro o quant’altro, dato che non tutti coloro che abitano fuori preferiscono accalcarsi su bus o sui convogli di Trenord. Se per caso ci fosse ancora un dubbio in materia, provate a dare un occhio alle tangenziali di Milano alle nove del mattino o dalle cinque di pomeriggio.

#2 Che hanno poca discrezione

Credits: ufficio.eu
pettegolezzi

Ai tempi della guerra di secessione americana alcune notizie vere o presunte tali correvano su fili del telegrafo artigianali, montati alla meglio sui vitigni, una storia curiosa che ha ispirato il pezzo I heard it through the grapevine, portato al successo da Marvin Gaye nel 1968. Ciò che succede in provincia non è troppo lontano da quel che si descrive nella famosa hit. I campi, i paesini, i villaggi e tutto ciò che fuoriesce dai confini del centro cittadino alimenta, da sempre, un circolo di chiacchiere, pettegolezzi e dicerie che (appunto) si tramandano di paese in paese come voci di un telefono senza fili.

#3 Che hanno una cadenza ruspante

Più ci si allontana dal centro cittadino, più l’accento di ogni grande centro urbano italiano (non solo a Milano) si alleggerisce, si condisce spontaneamente con termini più terra terra e diventa quasi un altro linguaggio (con un’altra cadenza) rispetto al comune da cui parte.

#4 Che fanno gli imbruttiti

Credits: milanotoday.it
Tamarri

Questo punto scatenerà un putiferio, ma intendiamoci, nessuno vuole offendere chi non risiede nei centri città. Bisogna tuttavia ammettere che esattamente come per la cadenza o il dialetto, più si va in provincia passando per le periferie più l’animo delle persone si imbruttisce, per usare un termine caro a una famosa pagina milanese. Si diventa più tamarri, si parla in maniera più scurrile, si usa un tono di voce più alto. Tutte cose che molti vorrebbero contestare, pur sapendo che è esattamente così.

 #5 Che sparlano di Milano

Ph. @_nontilasceremomai_ IG

Intramontabile evergreen fiore all’occhiello dei discorsi dei provinciali. Milano fa schifo, meglio la provincia, l’aria è più pulita, c’è meno traffico (etc.etc.etc.). Mi ricorda tanto quell’ostinatezza di un mio vecchio collega convinto che non sarebbe mai venuto a Milano, che adorava la provincia, il silenzio, i campi e i casolari abbandonati della sua zona. Il giorno che gli ho spiegato che se quel casolare era stato abbandonato un motivo c’era si è offeso, e non mi ha più chiamato (ps ho saputo in seguito che continua a pendolare su Milano e a lamentarsene, ovviamente).

#6 Che tifano Juve

Credits: jmania.it

Non ce ne vogliate, amici simpatizzanti dei colori bianconeri. Sappiamo che siete ovunque, anche a Milano, ed è proprio questo il problema. Qui da noi in centro (ma in tutte le grandi città) sembra assurdo che ci possa essere qualcuno che a Milano o in provincia non tifi Inter o Milan. Il calcio è vario e bello anche per questo, e ormai sono tanti anni che la mappa del tifo si è mescolata in maniera irreversibile. Nonostante questo (per fortuna) Inter e Milan hanno ancora il caposaldo del tifo cittadino. Fuori dalle mura della città nerazzurri e rossoneri ci sono, certo, ma poi, più ci si allontana, più i colori si mischiano.

#7 Che non sono di Milano

“Anche io sono di Milano!” “Sì? Di Dove?” “Parabiago. Conosci?” Sono questi i casi in cui il milanese da il meglio di sé. C’è la fazione di integralisti che non transige e sfotte il provincialotto in questione, chi trangugia un va a quel paese e chi confonde il tutto con una risata. Colleferro non è Roma, Frattamaggiore non è Napoli e Melegnano non è Milano, cari amici della provincia. Altrimenti come potreste spiegare il fatto che le case costino meno della metà?

Continua la lettura con: 5 cose che una NON MILANESE non SOPPORTA di Milano

CARLO CHIODO

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Un futuro più internazionale per Milano: le 7 mosse per non restare intrappolata in provincia

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Milano ha da sempre una vocazione internazionale. Sprigiona il meglio di sé quando raggiunge l’eccellenza a livello mondiale. Lo fa con la moda, con il design (e con il Fuorisalone), con la lirica e con il calcio: anche se non è il suo momento migliore è comunque l’unica città europea ad avere vinto più volte la Champions con due sue squadre. Notizia di poche ore fa che anche nella cucina Milano si pone ai vertici mondiali. C’è solo un ambito in cui Milano perde ogni ambizione: quello politico. In questo caso la città resta al guinzaglio di Roma e si accontenta di rivestire un ruolo insignificante, simile a un piccolo borgo di provincia. Sicuramente il sistema amministrativo italiano lascia poco spazio, ma nella società contemporanea sono possibili altre forme di rilevanza che Milano potrebbe esercitare. Come queste sette. 

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Un futuro più internazionale per Milano: le 7 mosse per non restare intrappolata in provincia

#1 Milano capofila delle 8 o 20 città non capitali più influenti del mondo

Credits __justbehappynick__2022 IG – Rotonda pedonale sopraelevata Shanghai

Negli incontri dei G8 e G20 le nazioni più importanti del mondo decidono il destino del pianeta. Si tratta di un monopolio: ogni decisione di rilevanza politica a livello internazionale viene presa da organizzazioni formate da grandi Stati. In un’epoca in cui si assiste alla crisi degli stati- crisi finanziaria con debiti da record, di burocrazia e di scarsa innovazione- serve proporre un’alternativa più agile e più capillare all’immobilismo degli stati. La risposta migliore può venire dalle città. In particolare, da quelle che pur non avendo un ruolo politico, ossia prive dello status di capitale, esercitano un’influenza in diversi ambiti globali. Milano può farsi promotrice di una rete delle 8 o 20 città non capitali più rilevanti del mondo per organizzare summit: non per condividere best practice limitate ai loro confini, ma per proporre soluzioni d’avanguardia per migliorare la vita dei cittadini di ogni parte del mondo. 

#2 A Milano il summit delle città stato mondiali

Aeroporto Singapore

Altra risposta al problema descritto sopra, ossia la crisi dei grandi stati nazionali, può essere quella di mettere più in connessione le città stato del mondo che nell’epoca attuale rappresentano i più elevati standard nella qualità della vita dei cittadini, nella produzione di ricchezza, nell’efficienza e nell’innovazione. Unico loro limite: l’assenza di un coordinamento e di un confronto tra di esse. Milano può essere la città ideale per organizzare un summit aperto a tutte le città del mondo per due ragioni. La prima è che, non essendo una città stato può fungere da “campo neutro” per non creare vantaggi o gelosie. La seconda è che, pur essendo priva di qualunque potere da città stato, di fatto lo è: per mentalità, cultura e raggio di azione. 

#3 Infrastrutture di connessione

La priorità di Milano deve essere sempre più quella di creare collegamenti diretti con le altre grandi città d’Europa e del mondo. Serve investire in ferrovie rapide e avere una regia di gestione e di comunicazione focalizzata sulle connessioni internazionali, affiancandola a quella che già avviene a livello locale e nazionale. Parigi, Berlino e Barcellona, per esempio, devono prevedere un tipo di collegamento con Milano analogo a quello che ha Roma. 

#4 Gemellaggi: nuovi e più dinamici

Le statue della libertà di Firenze e di New York. Credits: @vecchiafirenzemia IG

Il gemellaggio è una condizione di relazioni tra città internazionali più formale che sostanziale, ormai arcaica e decaduta. Difficile trovare anche un solo milanese che sappia quali sono le città gemellate con Milano. In questo senso esiste una grandiosa opportunità per Milano: riprogettare la figura del gemellaggio attualizzandola ai tempi attuali. Con funzioni e benefici diversi offerti ai cittadini. Non solo: si deve anche rinnovare il novero delle città gemellate con Milano, aprendo a nuove, tra le più rilevanti del mondo, e recuperando quelle vecchie, come San Pietroburgo. 

#5 Summit tematici negli ambiti in cui Milano è una città leader mondiale

Milano deve ospitare dei summit per ogni grande tema in cui si pone tra i leader mondiali, a cui inviti a partecipare le altre città migliori del pianeta. Ci sarebbero un summit della Moda (con Parigi, Londra, New York e le nuove entranti), del Design (Anversa, Amsterdam, Basilea eccetera), dell’Architettura (Dubai, Tokyo, New York, Parigi, Londra, Berlino eccetera), del Food e così via. Questo porterebbe ad avere le migliori idee e professionalità concentrate sul suo territorio con una cascata di benefici per tutti i cittadini. 

#6 Erasmus di insegnanti e ricercatori

Olimpiadi Erasmus (foto: Corriere)
Olimpiadi Erasmus (foto: Corriere)

A detta di molti si tratta del progetto più riuscito dell’Unione Europea: il programma Erasmus che ha consentito a milioni di studenti di vivere un’esperienza formativa all’estero. A questa straordinaria circolazione delle idee sono rimasti fuori però insegnanti e ricercatori. Milano dovrebbe favorire invece un programma analogo per lo scambio con l’estero dei suoi insegnanti e dei suoi ricercatori in modo da fare accrescere il loro bagaglio di esperienze e, al contempo, importare professionalità da ogni tipo di cultura.

#7 Milano Lab di tecnologia d’avanguardia mondiale per risolvere i suoi problemi

Ma Milano può essere un faro mondiale non solo per i suoi ambiti di eccellenza, ma anche per i suoi problemi. Una città ricca di problemi metropolitani, come l’inquinamento, la congestione nella mobilità o la scarsa sicurezza, può trasformarsi un un hub che attiri le migliori competenze e tecnologie mondiali per fornire delle soluzioni a tali criticità. In questo modo potrà non solo risolvere i suoi problemi ma anche creare un’economia attorno alla loro risoluzione oltre che esportare nel mondo ciò che ha sperimentato con successo. 

Continua la lettura con: Milano la seconda città dove si mangia meglio al mondo

ANDREA ZOPPOLATO

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Il dilemma dei viaggiatori M4: interscambio M3, meglio Crocetta o Missori?

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Del mancato interscambio sotterramento tra la linea M3 e la linea M4 si sono versati fiumi d’inchiostro. L’unica possibilità di passare da una metropolitana all’altra è quella di camminare in superficie: ma quale è l’alternativa migliore? Dipende.

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Il dilemma dei viaggiatori M4: interscambio M3, meglio Crocetta o Missori?

# Il collegamento sotterraneo che non c’è

Urbanfile : M4-M3 l'interscambio mancante
Credits: Urbanfile M4-M3 l’interscambio mancante

La realizzazione di un collegamento sotterraneo avrebbe risolto ogni dubbio, soprattutto se si fosse scelta l’opzione tra la stazione di Crocetta M3 e Sforza-Policlinico M4, in quanto più breve. Inizialmente sembrava si potesse infatti realizzare una connessione utilizzando i corridoi sotto il Policlinico o, in alternativa, un tunnel nelle aree dell’istituto ospedaliero prima della cantierizzazione del nuovo polo. Le altre due soluzioni ipotizzate prevedevano: una dei tapis roulant in superficie tra Missori M3 e Sforza-Policlinico M4, l’altra un unico tunnel, sempre tra le stesse due stazioni.

Comune di Milano – Nuova uscita M3 Missori

Alla fine si è optato per la creazione di un tunnel di circa 50-60 dal mezzanino di Missori M3 all’incrocio tra via Larga, via Albricci e via Pantano, con un ulteriore accesso alla linea gialla in fase di realizzazione.

Comune di Milano – Corridoio di indirizzamento

Il tragitto previsto dal Comune di Milano prevede poi di camminare lungo via Pantano, per la quale è prevista la pedonalizzazione nella prima parte del 2025, con un percorso protetto per i pedoni.

Fabio Marcomin – Collegamento Missori-Sforza cartina

In attesa della conclusione dei cantieri, la connessione a piedi Sforza-Policlinico M4-Missori M3 rimane l’unica proposta da ATM e Palazzo Marino: è anche quella migliore? Dipende dai casi.

Leggi anche: Il disastro annunciato degli interscambi della M4 (specie se piove)

# Circa 280 metri a piedi tra Crocetta M3 e Sforza Policlinico, con Missori M3 sono 350

Se si tenesse conto solo dei metri da percorrere, la soluzione Sforza Policlinico M4-Missori M3 sembrerebbe la più breve in ogni caso: circa 280 metri se si utilizza l’accesso sul lato dell’Università Statale della M4, ma con due incroci semaforici, poco più di 320 metri, optando per il lato del Policlinico, con un solo attraversamento. 

Tra Missori M3 e Sforza Policlinico M4 la distanza è di circa 350 metri sia allo stato attuale sia alla conclusione dei lavori per la nuova uscita di M3, l’unica differenza è che nel secondo caso il tratto in superficie si riduce di 50 metri.

Cantiere Urbanfile – Roberto Majello – Passaggio via Pantano-università

Rimarrebbe quindi il tratto su via Pantano in superficie e soprattutto quello nel passaggio a lato dell’Università Statale che in caso di pioggia può diventare un disastro per via delle pozzanghere e della poltiglia di foglie e fango che si viene a creare.

Leggi anche: L’interscambio della metro che c’è…ma non si può usare

# In caso di semafori rossi su corso di Porta Romana e via Sforza i tempi di percorrenza si equivalgono

Maps – Marciapiedi corso di Porta Romana

Facendo le prove sul campo, anche a livello di tempi di percorrenza la scelta di Crocetta M3 con stazioni per il cambio linea sembrerebbe la migliore: circa 5 minuti da tornello a tornello, da Missori M3 di circa 7-8 minuti. Considerando però gli eventuali rossi al semaforo, su corso di Porta Romana e via Sforza, non ci sarebbe una differenza sostanziale. La scelta migliore cambia in base alla provenienza e alla destinazione.

# Le alternative migliori in base alla destinazione cambiando da M3 a M4 e viceversa

Credits: Urbanfile – Mappa interscambio M3-M4

Arrivando da sud a bordo della M3 è più rapido uscire a Crocetta e prendere la M4 a Sforza Policlinico. Arrivando da nord cambia poco, perchè la scelta ricade tra fare una fermata in più di M3 e meno strada oppure una fermata in meno e più strada. Lo stesso se si deve prendere la M3 per andare verso nord arrivando dalla M4: i minuti risparmiati a piedi per andare a Crocetta vengono persi perchè occorre fare una fermata in più. Se si è diretti verso sud la soluzione migliore è cambiare a Crocetta perchè si risparmia strada e una fermata.

In sintesi, Crocetta M3 è la più congeniale se si proviene o si è diretti a sud con la M3. Negli altri due casi è una questione puramente personale: si può scegliere se fare un percorso lineare pedonale, una volta aperta l’uscita di Missori M3 in via Larga, con l’incognita di dover camminare nel fango nel tratto alberato di via Pantano con il maltempo, oppure se attraversare uno o due incroci su strade attraversate dal traffico veicolare.

Continua la lettura con: Le occasioni mancate della M4: che fine hanno fatto i reperti antichi?

FABIO MARCOMIN

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