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Il mare a Milano? Che cosa succederebbe se tutti i ghiacciai si sciogliessero

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credits: rsi.ch

Lo scenario è questo: la temperatura terrestre aumenta, tutti i ghiacciai si sciolgono e il mare si alza inondando le terre emerse. No, non è il set di un film apocalittico, ma l’oggetto di molti studi che diversi istituti di ricerca stanno effettuando. Che cosa accadrebbe al mondo che conosciamo se tutti i ghiacciai si sciogliessero?

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Il mare a Milano? Che cosa succederebbe se tutti i ghiacciai si sciogliessero

# Se tutti i ghiacciai si sciogliessero, il livello del mare si alzerebbe di 60 metri: Milano si ritroverebbe sulle rive dell’Adriatico

credits: ehabitat.it

Secondo gli studi effettuati dalla NASA, lo scioglimento di tutti i ghiacciai causerebbe un innalzamento degli oceani di oltre 60 metri, con la conseguente sparizione di molte città e zone costiere. In questo panorama catastrofico, Milano, che come suggerisce il suo nome è al centro della pianura, rimarrebbe al riparo delle acque. Non solo, il capoluogo meneghino avrebbe mare e spiagge: si ritroverebbe infatti sulle rive dell’adriatico.

Questo scenario sembra essere ancora piuttosto lontano. Alcune stime prevedono che, se la terra dovesse scaldarsi di altri 3,5 gradi, entro il 2100, l’innalzamento oceanico sarebbe di circa un metro. E per quanto un metro, rispetto a sessanta, sembri un numero molto piccolo, avrebbe comunque serie conseguenze, costringendo almeno 150 milioni di persone ad abbandonare le proprie abitazioni.

# Come Atlantide: Roma, Londra e Stoccolma sprofonderebbero negli abissi

credits: focus.it

Già nel 2015, la rivista Focus pubblicava delle animazioni che mostravano le conseguenze del catastrofico scenario. Le immagini mostrano proprio come l’innalzamento del mare inghiottisca sempre più ampi lembi di costa, portando alla scomparsa di metropoli, atolli e addirittura interi stati, come ad esempio la Florida.

Il sito floodmap propone delle simulazioni del mondo in base al livello del mare selezionato. Con un innalzamento di 60 metri, si può così notare come, in Italia, buona parte dell’Emilia Romagna e del Triveneto verrebbe sommersa dall’ Adriatico. Il nostro bel paese si assottiglierebbe, anche la costa tirrenica infatti subirebbe gravi perdite e città come Napoli e Roma scivolerebbero negli abissi.

Nemmeno l’Europa ne uscirebbe illesa. Le proiezioni mostrano come intere nazioni, come Danimarca, Belgio e Olanda scomparirebbero sott’acqua e diverse capitali sprofonderebbero nel mare.

# Le altre conseguenze dello scioglimento dei ghiacci

credits: chetempochefa IG

Ma l’innalzamento dei mari non sarebbe l’unica conseguenza dello scioglimento dei ghiacci. Il volume totale del ghiaccio terrestre corrisponde infatti a 26 milioni di metri cubi, il 2% dell’acqua terrestre, non è quindi difficile immaginare le gravi ripercussioni che il loro scioglimento avrebbe sui movimenti della Terra in ambito cosmologico. I ghiacci contribuiscono di fatto a mantenere in equilibrio il pianeta con il suo asse di rotazione, il loro scioglimento pertanto porterebbe ad un’alterazione della rotazione che subirebbe un rallentamento.

Ondate di calore, desertificazione, fenomeni metereologici estremi e, appunto, scioglimento dei ghiacci sono solo alcuni dei pericoli legati al riscaldamento globale. Particolarmente suscettibili a tali fenomeni sono le regioni costiere, attualmente abitate da centinaia di milioni di persone. L’innalzamento dei mari, fino ad oggi in qualche modo contenuto artificialmente, diventerà sempre meno controllabile, rendendo inutili le misure attuali. John Englander, studioso britannico, afferma che “dobbiamo renderci conto che non possiamo stare con le mani in mano […] Dobbiamo avere un piano per affrontare il problema se, e quando, si presenterà”.

Insomma, magari il mare a Milano è il sogno di molti e, forse, una delle poche cose che manca davvero alla metropoli meneghina, ma se questo è il prezzo da pagare meglio accontentarci del nostro caro Idroscalo.

Continua a leggere: Da Milano al mare in treno in meno di un’ora

CHIARA BARONE

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Quando sei a Cortina e ti assale un attacco di velocità milanese

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Ritorno al futuro per l’Italia: tornare alle regioni romane o pensarne 3 nuove?

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Le 20 regioni italiane sono sempre esistite? No. Esisteranno per sempre? Ugualmente no. Dall’Impero romano a oggi le regioni sono cambiate radicalmente e, perché no, potrebbero cambiare ancora… Ma a che regione apparteneva Milano sotto l’impero? E di quale nuova regione potrebbe diventare la capitale? Scopriamolo.

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Ritorno al futuro per l’Italia: tornare alle regioni romane o pensarne 3 nuove?

# La visione romana dell’Italia

Fonte: Limes

Gli antichi Romani avevano già un termine per indicare l’Italia, ma il suo significato era distante da quello moderno. “Italia” rappresentava una terra benedetta, il centro della civiltà romana e della cultura latina: Virgilio, nell’“Eneide”, la descrive come il destino di Enea e dei suoi discendenti, un luogo privilegiato e centrale nel disegno divino del mondo romano.

Augusto, il primo imperatore, organizzò l’Italia in 11 regioni nel 7 a.C., una suddivisione che serviva per facilitare la gestione del territorio, la raccolta delle tasse e il controllo delle risorse. Questo assetto rafforzava l’idea dell’Italia come cuore pulsante dell’Impero. In epoca imperiale, grazie al processo di romanizzazione, gli abitanti della penisola italiana condividevano lingua, leggi e cultura, distinguendosi così dagli altri popoli dell’Impero.

Tuttavia, queste regioni non corrispondevano a quelle attuali. Basti pensare alla Lombardia e al Piemonte, oggi separate in due entità ben distinte, ma durante l’Impero erano unite sotto la stessa amministrazione. Milano, oggi capitale economica d’Italia, era inserita nella “Regio XI – Transpadania”, un territorio che comprendeva gran parte dell’attuale Piemonte e si estendeva fino alle Alpi occidentali.

# Mediolanum nella “Regio XI – Transpadania”

Durante l’Impero Romano, Milano era una città di grande importanza, ma la sua centralità era strettamente legata alla posizione geografica strategica e non ancora al suo ruolo economico e culturale, che emergerà secoli dopo. Inserita nella Regio XI – Transpadania, Milano faceva parte di un’unità territoriale sbilanciata verso il Piemonte, che comprendeva città come Torino (Augusta Taurinorum), Novara (Novaria) e Vercelli (Vercellae). Questa regione, posta a nord del fiume Po, includeva anche territori oggi appartenenti alla Liguria e al Trentino-Alto Adige.

La Transpadania era caratterizzata da una forte connessione con le Alpi, che rappresentavano una barriera naturale ma anche un corridoio per il commercio e il movimento di truppe. Milano, in particolare, grazie alla sua posizione, era un nodo fondamentale nelle reti di comunicazione dell’Impero. Tuttavia, questa sua centralità era più legata a funzioni logistiche e militari che politiche o amministrative.

# E se l’Italia fosse ancora divisa così?

Se l’Italia fosse ancora organizzata secondo le divisioni romane, Milano si troverebbe in una posizione completamente diversa rispetto a oggi. Essendo parte di una regione sbilanciata verso il Piemonte e tagliata fuori dalla pianura padana orientale, la città avrebbe probabilmente avuto poche opportunità di svilupparsi come grande metropoli economica e culturale. Milano avrebbe potuto guardare più verso il Piemonte e le Alpi occidentali, assumendo un ruolo più simile a quello di Torino.

In questo scenario surreale, Milano potrebbe essere una città meno cosmopolita e più legata all’industria locale, con un ruolo centrale nelle reti alpine ma meno influente nel contesto nazionale. Il suo sviluppo sarebbe stato fortemente condizionato da una visione regionale piuttosto che nazionale, e la sua identità si sarebbe modellata su quella del Piemonte anziché sulla Lombardia moderna.

# Aree omogenee e specializzazioni tematiche: l’Italia in tre macroregioni con forte autonomia per città e territori

Prendendo ispirazione dalla funzionalità delle divisioni romane, si potrebbe immaginare un’Italia moderna suddivisa in tre grandi regioni amministrative. Questa divisione, ancora più pratica e meno identitaria di quella romana, potrebbe rispondere alle esigenze di gestione del territorio contemporaneo, concentrando le risorse in centri nevralgici:

  • Italia Settentrionale: Comprenderebbe tutte le regioni a nord del Po, con Milano come capitale amministrativa. Questa regione sarebbe il motore economico del paese, con un focus su industria, innovazione e commercio internazionale.
  • Italia Centrale: Includerebbe Toscana, Umbria, Lazio e Marche, con Roma come capitale. Questa regione avrebbe una funzione amministrativa e culturale, grazie alla presenza della capitale storica e politica d’Italia.
  • Italia Meridionale e Insulare: Comprenderebbe tutte le regioni del sud e le isole, con Napoli come capitale. Questa macroregione si concentrerebbe sullo sviluppo turistico, sull’agricoltura di qualità e sul rilancio delle infrastrutture.

Le tre macroregioni sarebbero caratterizzate da una relativa omogeneità negli interessi e soprattutto da una spiccata valorizzazione delle caratteristiche distintive, rappresentando per l’Italia tre frecce diverse per lo stesso arco. 

All’interno di queste macroregioni poi il livello più efficiente dal punto di vista amministrativo sarebbero le singole città, per quelle di maggiori dimensioni, che avrebbero poteri simili alle città cantone della Svizzera o città stato del mondo germanico. Al di fuori delle aree urbane più grandi, invece, ci sarebbero unità territoriali simili ai cantoni elvetici. 

In uno scenario simile, Milano avrebbe l’opportunità di consolidare il suo ruolo di hub economico e innovativo, guidando l’Italia settentrionale verso una maggiore competitività internazionale. La centralizzazione delle risorse e delle funzioni in tre macroregioni potrebbe migliorare l’efficienza gestionale, riducendo i conflitti tra regioni e promuovendo una visione più unitaria, valorizzando al contempo le caratteristiche distintive di ogni area o territorio. 

Continua la lettura con: Una nuova Milano in Piemonte? Il centro complementare e strategico per renderci una vera metropoli internazionale

MATTEO RESPINTI

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I dieci effetti di Milano città stato più votati dai milanesi: al primo posto portare Milano a livello delle prime al mondo

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Che il 2025 sia l’anno buono? Ci riproviamo rilanciando questi risultati del sondaggio realizzato nel recente passato. 

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Cosa cambierà con Milano città stato (ossia dotare Milano di poteri da regione o da provincia autonoma)?

LA CLASSIFICA FINALE DEL SONDAGGIO TRA I MILANESI

#10 Ora: Le politiche nazionali stanno distruggendo la ricerca scientifica e facendo perdere al Paese i migliori ricercatori
Con Milano città stato: Si potranno avere più risorse da investire sulla ricerca scientifica (5,1%)

#9 Ora: Milano non ha autonomia di decisione né le risorse per poter riaprire i Navigli
Con Milano città stato: La decisione di riaprire i navigli dipenderà unicamente dall’amministrazione milanese (5,5%)

#8 Ora: Fisco e burocrazia italiani tengono lontani dall’Italia imprese e investitori
Con Milano città stato: Milano potrà adottare politiche fiscali ad hoc per nuove imprese e investitori (6,6%)

#7 Ora: Milano non ha possibilità di fare leggi introducendo norme sul suo territorio
Con Milano città stato: Milano potrà diventare un laboratorio di riforme da sperimentare (6,8%)

#6 Ora: Milano ha gli stessi poteri di qualunque comune italiano.
Con Milano città stato: Milano avrà gli stessi poteri delle altre regioni italiane (6,8%)

#5 Ora: L’accesso ai fondi europei è consentito alle Regioni, non ai Comuni
Con Milano città stato: Milano potrà accedere ai fondi europei e avrà più possibilità di vincere bandi europei (7,6%)

#4 Ora: Sul territorio di Milano ci sono tre poteri amministrativi, comune, città metropolitana, regione, oltre allo Stato
Con Milano città stato: Si potrà governare un territorio uniforme di 3,5 milioni di abitanti che produce oltre il 10% della ricchezza nazionale (11,3%)

#3 Ora: Milano, a fronte di circa 40 miliardi di tasse all’anno, riceve da Stato e Regione circa 450 milioni all’anno
Con Milano città stato: Milano potrà avere fino a 11 miliardi di risorse in più all’anno che ora vengono gestite dalla Lombardia (14,4%)

#2 Ora: Milano è soggetta alle leggi nazionali che risultano perdenti nella competizione internazionale
Con Milano città stato: Milano diventerà un magnete di attrazione per imprese, lavoratori e investitori internazionali (15,4%)

#1 Ora: A differenza di Milano, tutte le maggiori città del mondo hanno poteri e autonomia simili a una regione. Milano no.
Con Milano città stato: Milano avrà poteri simili a tutte le principali città del mondo (20,5%)

Per i Milano Città stato awards hanno votato 1496 persone. Le percentuali si riferiscono ai voti sulle 10 nominations. In collaborazione con Vivaio.

MILANO CITTÀ STATO

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

10 citazioni per capire l’anima di Milano

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Ph. Polette2

Milano ha un’anima? Certo. La si individua mettendo assieme queste 10 citazioni.

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10 citazioni per capire l’anima di Milano

#1. Milanesità è l’attitudine innata o acquisita di distinguere l’utile dall’inutile. Essere ambrosiano è quasi una filosofia che si identifica nel culto dell’efficienza e del decoro

Alessandro Manzoni, scrittore

#2 C’è della gente che parla male della nebbia di Milano. Io non conosco quella degli altri paesi, ma questa di Milano è una gran nebbia, simpatica, affettuosa, cordiale. Ti fascia tutto come una carezza.

Catene Invisibili, film del 1942 con Alida Valli

#3. I milanesi sono produttivi, con una profonda visione etica del lavoro, un forte senso della giustizia sociale, della trasmissione del benessere alle generazioni future e con un rispetto totale della civiltà, dei diritti, della tolleranza e della solidarietà.

Umberto Veronesi, medico

#4. Milano è un enorme conglomerato di eremiti.

Eugenio Montale, poeta

#5. Milano ha delle zone belle, è bella con la nebbia, è un po’ una donna con la veletta.

Ornella Vanoni, cantante

#6. Non è vero che sono brutta. Non è vero che sopra di me c’è sempre la nebbia. Non è vero che sono fredda e penso solo ai soldi. [..] Per chi mi avete preso? Io sono Milano. E sono una bella signora.

Un giorno a Milano, Raffaella Rietmann, Michele Tranquillini

#7. Sono russa, ma vivendo qui ho capito appieno la milanesità fatta di gentilezze silenziose e concrete. C’è una gran voglia di aiutare gli altri. Parlo in base alle mie esperienze. A Parigi o a Londra quando chiedi fanno finta di non capirti.

Natasha Stefanenko, conduttrice televisiva

#8. Sul marciapiede era ormai un misto di schifo e lastre di ghiaccio. Erano ventiquattro ore che non nevicava più ma il cielo prometteva bufere scandinave.
La città non riposava, comunque. Ubriachi di spirito controriformistico i milanesi sfidavano gli dei continuando ad andare al lavoro come fosse una qualsiasi giornata di primavera.

Gianni Biondillo, scrittore

#9. Vorrei che Milano tornasse la città insorta del 1848, piena di virgulti e voglia di cambiamento, una Milano dove l’interesse privato e particolare venisse messo da parte per fare spazio al bene comune.

Antonio Scurati, scrittore

#10. Tutt el mond a l’è paes | e semm d’accord | ma Milan l’è on gran Milan.
Tutto il mondo è paese | e siamo d’accordo | ma Milano è una gran Milano

La Madunina, canzone popolare

 

Continua la lettura con: Come riconoscere un milanese in vacanza

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La «casa ubriaca», la più strana del mondo

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Credits: unusualplaces.org

Potrebbe sembrare di guardare uno specchio deformante o che qualcuno si sia divertito ad usare qualche effetto di Photoshop… Passeggiando per le vie di Sopot, in Polonia, è normale mettere in dubbio ciò che i propri occhi osservano.

Ma Krzywy Domek è reale, anche se il titolo di “casa più strana del mondo” gli si addice completamente.

Che cos’ha di speciale la “Casa Ubriaca” fuoriuscita direttamente dal mondo delle favole?

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La «casa ubriaca», la più strana del mondo

# Un edificio “liquefatto”, con linee curve e sinuose che ricordano le opere di Gaudì

Credits: @travelinagnes IG

Costruito nel 2004, questo palazzo “liquefatto” è stato volutamente progettato per apparire deformato e stravagante.

L’idea nacque dalla matita degli architetti Mrs. e Mr. Szotynscy che, nel 2001, si lasciarono influenzare proprio dalle illustrazioni e dai disegni fiabeschi dell’artista polacco Jan Marcin Szancer e del pittore svedese Per Dahlberg. Come è ovvio, parte dell’ispirazione deriva anche da Antoni Gaudì: le linee curve e sinuose donano alla “Casa Ubriaca” un aspetto malleabile e duttile.

# Krzywy Domek è piena di magia e di notte si trasforma completamente

Credits: @unlimitedideas IG

Con una superficie interna di 4.000 metri quadri, la “Casa Ubriaca” ospita al suo interno bar, negozi, saloni di bellezza, studi medici, uffici dove si riuniscono gli uomini d’affari e persino una stazione radio.

Ma di notte l’edificio si trasforma e l’atmosfera diventa più festaiola. Infatti, al suo interno ci sono anche discoteche, ristoranti e pub molto frequentati dai cittadini e dai turisti. E, sempre nelle ore serali, Krzywy Domek diventa ancora più suggestivo: le sue forme irregolari sembrano risaltare ancora di più grazie all’illuminazione.

# Un simbolo del mondo moderno, con un’architettura insolita ed innovativa che attira numerosi turisti ogni anno

Credits: @br.traveller IG

Simbolo del mondo moderno, la Crooked House polacca, grazie alla sua affascinante architettura insolita ed innovativa, è un edificio unico nel suo genere. E anche il portale Village of Joy l’ha premiata per la sua particolarità, inserendola al primo posto nella classifica dei 50 edifici più strani del mondo.

Ovviamente, Krzywy Domek è diventato l’edificio più fotografato della Polonia e, ogni anno, attira numerosi turisti da tutto il mondo. Ma i visitatori non si soffermano solo sullo strambo palazzo: nella città di Sopot c’è anche il molo di legno più lungo d’Europa che, con i suoi 512 metri di lunghezza, batte la concorrenza.

E, tra le tante proposte, un’altra è davvero particolare. Dalle menti degli stessi creatori della “Casa Ubriaca” è nato anche “The Wall of Fame”. Essenzialmente, si tratta di un muro su cui gli ospiti, invitati agli eventi importanti svolti nella Krzywy Domek, possono lasciare la loro firma, a testimonianza della propria presenza.

Continua la lettura con: La CASA a forma di WATER. Abitata da Mr. Toilet 

ALESSIA LONATI

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Quando si voleva abbattere il Castello Sforzesco… per farci questo

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Progetto in sostituzione del Castello Sforzesco

In copertina quello che ci poteva essere al posto del Castello: chi lo ha salvato e come è andata la vicenda?

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Quando si voleva abbattere il Castello Sforzesco… per farci questo

# Dal Castello bombe su Milano: il bombardamento ordinato da Radetzky durante le Cinque Giornate di Milano

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Le cinque giornate

Siamo nella prima metà dell’800. Durante la dominazione dell’Impero Austro Ungarico il Castello Sforzesco venne arricchito di cortine, passaggi, prigioni e fossati. Nel 1848 durante le Cinque Giornate di Milano divenne tristemente famoso quando, per fermare la rivolta dei milanesi, il maresciallo Radetzky diede ordine di bombardare la città proprio con i cannoni del castello. Dopo che Milano diventò prima sabauda nel 1859 e poi parte del Regno d’Italia nel 1861, la popolazione decise di invadere il castello saccheggiandolo in segno di rivalsa. 

# La proposta dei milanesi di demolire il Castello 

Credits: Andrea Cherchi – Castello Sforzesco

Per dimenticare i secoli di occupazione straniere e di giogo militare, 20 anni dopo si aprì un dibattito sul destino del Castello Sforzesco in quanto simbolo oltre che luogo principe dove veniva esercitato il potere sui milanesi. Molti cittadini erano favorevoli alla sua demolizione, tra cui il sindaco di allora Giulio Belinzaghi.

# Cosa si voleva costruire… anche per uno dei primi casi di conflitto di interesse del Regno d’Italia

Progetto in sostituzione del Castello Sforzesco

Ma cosa si voleva costruire al suo posto? Un enorme quartiere residenziale con nuovi condomini che avrebbe unito Piazza Cordusio e Corso Sempione. Belinzaghi, l’allora Sindaco di Milano, era anche uno dei principali azionisti dell’azienda di costruzioni interessata a rilevare l’area, r fece approvare nel 1884 una lottizzazione di 500mila mq sul terreno occupato dal castello, secondo quanto scrive lo storico Luigi Robuschi per la Società storica lombarda. Insomma una delle prime storie di conflitti di interesse tra affari e politica dal nascita del Regno d’Italia.

# Il “salvatore” del Castello

Credits wikipedia-Giovanni_Dall’Orto – Palazzo Beltrami

Appoggiavano l’azione del sindaco anche molti cittadini, ma il Castello viene salvato solo per l’insistenza dell’architetto Luca Beltrami. Milanese e titolare della cattedra di architettura a Brera, forma un comitato civico e grazie al sempre maggiore consenso dei cittadini ottiene dal Ministero della Pubblica Istruzione che il castello diventi “monumento nazionale” insieme al parco. In seguito a questa vicenda il Sindaco Belinzaghi cade e nella nuova giunta Beltrami viene nominato tra gli assessori. Non solo Beltrami riuscì a salvare il Castello: fu proprio lui ad essere incaricato del restauro della fortezza della città. Quasi una ricostruzione per farlo tornare alle forme della signoria degli Sforza, terminata nel 1905 con con l’inaugurazione della Torre del Filarete, rifatta sulla base dei disegni del XVI secolo. 

Continua la lettura con: Al Castello c’è la TOSA PORNO: la sua storia e il suo significato irriverente

FABIO MARCOMIN

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Le 3 anomalie irrisolte della metro di Milano

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Linea M3 rivista

Cosa si sarebbe potuto fare di diverso su alcune linee della metropolitana?

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Le 3 anomalie irrisolte della metro di Milano

# La linea M3: perché non ferma al Niguarda?

Linea M3 rivista

La linea M3 poteva avere un percorso diverso a nord? Tra le fermate “mancanti” quella dell’Ospedale Niguarda fa storcere il naso a molti ancora oggi. Ospedale voluto da Mussolini, è una delle eccellenze italiane: la classifica stilata della rivista americana “Newsweek” lo ha messo al 60esimo a livello mondiale nella graduatoria “best hospital 2023”. Oggi come “linea di forza” ferma solo il tram 4. La linea M3 prosegue infatti su Viale Stelvio per poi arrivare su Viale Imbonati. Dopo Dergano avrebbe avuto senso deviare la linea verso est per servire una delle più grandi strutture ospedaliere della città, prima di puntare su Affori?

# Gli interscambi fantasma della M4

M4-M3 l'interscambio mancante (fonte: urban file)
M4-M3 l’interscambio mancante (fonte: urban file)

Ma la regina delle stranezze è l’ultima arrivata. D’altro lato già il suo tempismo aveva suscitato scalpore: con il numero 4 ma arrivata anni dopo la numero 5. La cosa più strana e disdicevole è l’assenza di interscambi “veri” con le altre linee. E’ la linea dei mancati interscambi: all’inizio non incrociava nemmeno la M1, poi la scelta finale di realizzarli con doppio passaggio dai tornelli mentre con la M3 non c’è nemmeno un collegamento diretto. Praticamente per passare a un’altra linea si è sempre costretto a uscire in strada dove, tra l’altro, mancano anche cartelli che segnalino il percorso da prendere per lo scambio di linea. 

# La linea M4: perché salta il Palazzo di Giustizia e Corso XII Marzo?

Tracciato Centro-Est linea M4

Ancora M4. Il suo percorso ha fatto sin da subito discutere i milanesi. A questo si aggiunge, per molti, l’inspiegabile scelta di lasciare scoperto Corso di Porta Vittoria, tagliando fuori il Palazzo di Giustizia, tutto Corso XXI e Viale Corsica prima di innestarsi su Viale Forlanini e dirigersi a Linate. 

Leggi anche: METRO 4, una CIAMBELLA ancora senza BUCO: le QUESTIONI IRRISOLTE

Continua la lettura con: Altre fermate per la M4?

FABIO MARCOMIN

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5 «meraviglie di Milano» che si possono ammirare gratis (anche se solo pochi lo sanno)

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Belvedere Palazzo Lombardia

Milano si sta conquistando le prime pagine per i prezzi sempre più stratosferici. Ma non tutti sanno che si possono ammirare queste meraviglie senza perdere un centesimo. 

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5 «meraviglie di Milano» che si possono ammirare gratis (anche se solo pochi lo sanno)

# I Palazzi Celesti di Kiefer

Il grande capolavoro di uno dei più grandi artisti del Novecento si può ammirare all’Hangar Bicocca.  I “sette palazzi celesti” sono grandi torri in cemento armato, alte tra i 14 e i 18 metri, che rimandano alla tradizione mistica ebraica: rappresentano  il cammino simbolico di iniziazione spirituale di chi si vuole avvicinare a Dio. 

Kiefer è un pittore e scultore tedesco tra i più celebri del ventesimo secolo. Ama realizzare opere grandiose inneggianti al lato eroico e divino dell’essere umano. I sette palazzi celesti sono giudicati il suo grande capolavoro. L’installazione si può visitare gratuitamente all’Hangar Bicocca.

Dove: via Chiese, 2

# Orto Botanico di Brera

brera
L’Orto Botanico di Brera

Nel cuore di Brera sul retro della Pinacoteca si trova un giardino storico visitabile gratuitamente. Un luogo magico, nascosto, che si riscopre soprattutto nel periodo del Fuorisalone quando è sede di installazioni di design. 

Dove: via Brera, 28

# Cimitero Monumentale

Credits: @anatoliy_como
Cimitero Monumentale di Milano

Il più grande museo a cielo aperto di Milano. Centinaia di monumenti realizzati per ricordare i propri cari. Tra i più interessanti ci sono: L’edicola Campari con la rappresentazione dell’Ultima Cena, l’Edicola Korner con il gruppo in bronzo di Adolfo Wildt, la Nike in ceramica azzurra di Lucio Fontana e il monumento di Giovanni Vittadini e Amalia Beretta di Giovanni Giudici. Tutte opere ammirabili gratis. 

Leggi anche: 7 tesori da non perdere al Cimitero Monumentale di Milano

# MUDEC (collezione permanente)

https://flawless.life/it/italia/milano/mudec-museo-delle-culture/

Il mondo in un giorno. Questo lo slogan della collezione permanente del MUDEC, il Museo delle Culture di Milano. Il percorso espositivo si articola sul tema dell’incontro con l’altro da sè: si sviluppa in sette sezioni che evidenziano come nel corso dei secoli la società occidentale si sia posta nei confronti delle culture extraeuropee.

Dove: Via Tortona, 56

# Belvedere Ultimo Piano di Palazzo Lombardia

Riaperto finalmente dopo anni di chiusura al pubblico, il 39esimo piano di Palazzo Lombardia rappresenta il Belvedere che nelle giornate serene consente di far spaziare lo sguardo su tutto l’arco alpino fino all’appennino tosco-emiliano. L’accesso è gratuito e libero sempre, anche se in date prestabilite. Le prossime date disponibili sono:

  • Sabato 4 gennaio 2025 ore 10.00 – 18.00
  • Domenica 5 gennaio 2025 ore 10.00 – 18.00
  • Lunedì 6 gennaio (Epifania) ore 10.00 – 18.00

Dove: Piazza Città di Lombardia, 1

# Altre curiosità e attrazioni gratuite

Credits re_mi_el IG – Castello Sforzesco

La città più cara d’Italia offre poi tanto altro gratuitamente a chi la visita. Sono poche le città del mondo che consentono l’accesso senza biglietto al loro castello più importante, in questo caso il Castello Sforzesco. Senza contare le chiese spettacolari, dal Duomo a Sant’Ambrogio fino a San Maurizio dentro cui si può ammirare la cosiddetta “Cappella Sistina di Milano”. I musei della città sono visitabili gratuitamente la prima domenica del mese. Non solo: sono gratuite anche Palazzo Morando, Palazzo Moriggia (Museo del Risorgimento) e le case museo Boschi-Di Stefano, Alda Merini e Casa Verdi  e ci sono diversi locali e ristoranti che offrono consumazioni omaggio a chi compie gli anni. 

Continua la lettura con: Dove si va a Milano se si hanno due ore libere

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Hai sostituito il tuo amico alla Scala e vuoi fare un figurone

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Tranquillo. Sono solo due colpi. 

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Continua con: Con la Milano a 30 all’ora serve una sola marcia

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I sette «piatti della nonna» che i milanesi amano di più

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tavolartegusto IG - Tortelli alla zucca

Profumi e gusti che ci fanno aprire il cassetto dei ricordi. Queste le risposte dei milanesi a un nostro sondaggio. Un’idea per la cena del veglione?

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I sette «piatti della nonna» che i milanesi amano di più

# Tortelli di zucca

tavolartegusto IG – Tortelli alla zucca

Tra i piatti della nonna più amati dai milanesi ci sono i tortelli alla zucca mantovani. La ricetta è codificata addirittura dal Rinascimento e per questo si porta con sé il gusto deciso dell’epoca, un ripieno agrodolce e ricco caratterizzato dagli amaretti e la mostarda mantovana racchiuso in una sfoglia di pasta all’uovo. In Emilia Romagna esiste la versione senza amaretti, con un formato di cappelletto grande, dal nome di cappellacci alla zucca.

Leggi anche: La Gastro-Parade: i PIATTI TIPICI di Milano più AMATI dai MILANESI

# Ravioli con ricotta e menta

mary_flavors IG – Ravioli ricotta e menta

Dalla Sicilia, nello specifico dall’Isola di Pantelleria, arrivano i ravioli ricotta e menta. Da tradizione sono quadrati e misurano circa 5 cm per lato, vengono conditi con ragù di maiale e vengono preparati solitamente nelle occasioni speciali o nelle giornate di festa. 

# Risotto alla salsiccia

buonalombardia.it – Riso e luganega

Il risotto alla salsiccia è una variante brianzola del classico risotto allo zafferano milanese, al quale appunto vengono aggiunti dei “bocconcini” di carne maiale. In Brianza il consumo della luganega era diffuso già diversi secoli fa, quella di Monza più magra e ricca era già citata in alcuni documenti del 1.500 ed è quella usata ancora oggi nel piatto.

Leggi anche: I PIATTI MILANESI che i milanesi NON CONOSCONO

# Riso e latte

Riso e latte

Nella cucina tradizionale milanese troviamo il piatto a base di riso bianco e latte, intero e non pastorizzato, con aggiunta di una noce di burro e grana grattugiato. Un piatto povero, una via di mezzo tra un risotto e una minestra servito solitamente alla sera. La versione originale prevedeva solo un pizzico di sale alla fine. 

Leggi anche: Facili e a basso costo: i MAGNIFICI PIATTI POVERI della cucina milanese

# Vincisgrassi

mauriziotentella IG – Vincisgrassi

Il Vincisgrassi è un piatto tipico delle Marche. Una pasta al forno, simile alle lasagne con le quali ha in comune il condimento a base di ragù e besciamella. Il nome del piatto deriverebbe, in base a una tradizione, dal fatto che una cuoca di Ancona lo preparò in onore del generale austriaco Alfred von Windisch-Graetz che nel 1799 vinse l’assedio della città contro le truppe napoleoniche.

Leggi anche: Qui si MANGIA come ai tempi della NONNA. Con la COTOLETTA più GRANDE di Milano

# Pancotto

tavolartegusto IG – Pancotto

Il Pancotto è una pietanza tipica della cucina lucana, pugliese e toscana. Un primo piatto povero ed economico, una minestra di pane raffermo e acqua fatti andare insieme a cottura lenta per dar vita a una zuppa cremosa, delicata, saporita. Perfetta nei periodi invernali, da condire con parmigiano grattugiato e un filo di olio.

# Il gattò di ricotta e cioccolato al forno

bimby.planets IG – Gateaux di ricotta e cioccolato

Il gattò di ricotta dolce, dal francese gateau, si trova in diverse versioni in Italia. Tra queste c’è quella siciliana, preparata con latte, ricotta, vaniglia e gocce di cioccolato fondente. La torta si presenta dorata all’esterno, ricoperta anche da zucchero a velo, e con una consistenza morbida e cremosa. 

Continua la lettura con: La MILANO in TAVOLA che vorrei 

FABIO MARCOMIN

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L’isola in Europa che ogni sei mesi cambia nazionalità

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Credits: touringclub.it

Era il palcoscenico delle storie amorose tra i Re di Francia e Spagna. A distanza di secoli la disputa di allora ha ancora ripercussioni molto bizzarre. 

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L’isola in Europa che ogni sei mesi cambia nazionalità

# L’isola dei Fagiani. Francia e Spagna se la scambiano ogni 6 mesi

Credits: touringclub.it

Le enclavi sono territori di una nazione compresa in uno Stato ma appartenente ad un altro. Un esempio, riferito più in piccolo, è San Colombano al Lambro che fa parte della provincia di Milano pur essendo circondata interamente dalla provincia di Lodi. A livello nazionale abbiamo Monte Campione che appartiene all’Italia anche se è circondata dal territorio elvetico. L’isola dei Fagiani è una di queste, ma rispetto agli atri casi ha una caratteristica unica al mondo: ogni anno cambia due volte la nazionalità. Vadiamo come mai accada questo, ripercorrendo la sua storia. 

# Tra fidanzamenti, instabilità politica e nuova pace per merito del Re Sole e Maria Teresa d’Austria

Credits: skuola.net

L’isola dei Fagiani si trova sul fiume Bidasoa che marca la parte nord del confine tra Spagna e Francia. In passato veniva utilizzata come punto di ritrovo per gli incontri di diplomatici dei due Stati. Alla fine del sedicesimo secolo, quando i matrimoni erano sinonimo di alleanze, Enrico IV di Francia e Filippo III di Spagna si accordarono su un doppio fidanzamento celebrato sull’isola dei Fagiani. Dopo vari vicende di fidanzamenti, dame promesse in sposa e matrimoni, si arrivò all’instabilità politica quando nel 1618 iniziarono le ostilità tra Francia e Spagna, durante la Guerra dei Trent’anni. Nel 1659 grazie al fidanzamento tra Maria Teresa d’Austria e Luigi XIV (noto come Re Sole) si riuscì a raggiungere la pace tra i due Stati. 

# I due vicerè responsabili dell’isola che si alternano ogni sei mesi

Credits: tierra.it

Nel 1856 con il Trattato di Bayonne, ratificato poi nel 1901, Spagna e Francia si accordarono sulla condivisione della sovranità dell’isola per un periodo alternato di sei mesi ciascuno. Dal 1° febbraio al 31 luglio spetta alla Spagna, mentre dal 1° agosto al 31 gennaio è sotto la sovranità Francese. Non sono presenti sull’isola sindaci o governanti per motivi di tempistiche: per la Spagna a reggere il potere è il comandante della base di Hondarribia mentre per la Francia il responsabile è il comandante della base dell’Adour. Ai due responsabili è stato attribuito il titolo di “viceré“.

# L’isola dei Fagiani rischia di sparire, chi può salvarla?

Credits: wikipedia.org

L’isola, completamente disabitata anche per la mancanza di ponti, è lasciata a se stessa dove anno dopo anno la vegetazione cresce indisturbata. Con la bassa marea è possibile raggiungere l’isola a piedi anche se la polizia è pronta a impedirvi il passaggio. Sull’isola è presenta solo il monumento in memoria del Trattato dei Pirenei del 1861 che, con le acque del fiume che lentamente stanno erodendo l’isola, potrebbe sparire insieme all’isola. L’isola si può salvare, ma chi si accollerà i costi e i progetti? Spagna o Francia?

Continua la lettura con L’ISOLA delle ROSE: la favola della libertà che incantò l’ITALIA

MARCO ABATE

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5 Monumenti di Milano da abbattere

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monumenti da abbattere

Abbiamo realizzato un sondaggio sui cinque monumenti che sarebbero da demolire a Milano. Ne sono usciti questi cinque. Di ognuno ho scritto una breve recensione.

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5 Monumenti di Milano da abbattere

#1 Monumento della Fiamma

monumenti da abbattere
Credits: tripadvisor.com

Se pur noi di Milano Città Stato nutriamo la massima stima per il servizio che l’Arma dei Carabinieri svolge per Milano e per il paese in generale, non si può dire lo stesso del Monumento della Fiamma in Piazza Diaz… a mio modesto avviso è un monumento senza lode e senza infamia. Pur con il massimo rispetto anche per l’autore, Luciano Minguzzi, che insegnò a Brera e apri il suo studio in via Solferino, se proprio volete rimuoverlo, rimuoviamolo ‍♂️

#2 Teatro Continuo

monumenti da abbattere
Credits: mymi.it

Il Teatro Continuo di Burri è un’opera che rende omaggio non solo a Milano e a Parco Sempione, in cui si trova, ma, in quanto metafora della città come macchina scenica sempre pronta all’uso, anche ai milanesi che in essa recitano un copione ispirato.
Sobrio e rigoroso in un parco del 1800 vattela a pesca… se proprio non piace lo toglierei per mettermelo io in giardino… anzi chiuderei Parco Sempione per farlo diventare il mio giardino e potermi godere quest’opera!

#3 Mela Reintegrata

monumenti da abbattere
Credits: panorama.it

Meglio che il mitico Pistoletto torni a fare gli specchi che gli riescono tanto bene e che tutti noi amiamo! La “mela reintegrata”, presentata in Piazza Duomo per l’apertura dell’Expo e poi spostata in Piazza Duca d’Aosta simboleggia, o meglio bisognerebbe dire auspica, l’inizio di una nuova era in cui natura (mela) e artificio (morso) ricongiungendosi generano una società in equilibrio… è mia convinzione che finché non considereremo l’uomo e la sua azione come già parte della natura, e non un elemento da lei scollegato, rimarrà insanato il deficit filosofico che frena la delineazione di un ambientalismo maturo. Perciò: RIMUOVERE IMMEDIATAMENTE!

#4 Ago, filo e nodo

monumenti da abbattere
Credits: turismo.it

Presa di coscienza e critica dell’epoca contemporanea avvolta in colori sgargianti, giocosità ed una certa dose di disarmonia spiazzante… Tipiche caratteristiche di un’opera pop! Io perciò penso che lo stridere di queste caratteristiche con l’idea romantica, elegante, e di totale sottomissione che i milanesi si sono costruiti nei confronti del centro storico di Milano, sia alla base dell’insuccesso di quest’opera. Una metafora che contrappone l’ago e il filo con i treni che entrano nelle gallerie sotterranee. A rafforzare l’idea progettuale avuta dall’autore svedese ma naturalizzato statunitense Claes Thure Oldenburg, e dall’architetto italiano Gae Aulenti, sono i collegamenti con la fiorente industria della moda di Milano e il simbolo della città: il Biscione.

#5 Monumento a Vittorio Emanuele II

monumenti da abbattere“Dove ci troviamo?” Risposta: “Sotto il culo del cavallo!”. Non ci sarebbe altro da dire, e forse non c’è perché questa è probabilmente l’opera più ignorata dai milanesi… ma per un parere più obiettivo lascio la parola all’amante dei Savoia Andrea Urbano: «Perché è un re che non ci appartiene, la casata dei savoia è imbarazzante, Milano si è ribellata a Barbarossa e agli austriaci per poi doversi inchinare alla statua di un re torinese che odiava Milano. Per rimodellare la piazza in Stile piemontese e metterci al centro una statua hanno distrutto l’antico centro storico». BOCCIATA.

Continua la lettura con: 10 monumenti di Milano da vendere

FEDERICO POZZOLI (Con il contributo di ANDREA URBANO)

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Apocalisse Lampugnano: il fotoreportage da incubo

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Ph. Manuele Mariani

No, non è una scena post bagordi di Capodanno. E neppure un luogo abbandonato in un paese devastato dalla guerra. Non siamo neanche nei dintorni di uno dei peggiori di bar di Caracas. Semplicemente questo è Lampugnano. Il terminal bus che ci fa vergognare di essere milanesi. Il fotoreportage di Manuele Mariani con i suoi commenti. E le idee per rilanciarlo. 

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Apocalisse Lampugnano: il fotoreportage da incubo

Sono anni ormai che periodicamente rinnoviamo l’appello a fare qualcosa per Lampugnano. Da Cristo si è fermato a Lampugnano , articolo del 2019, in poi, abbiamo provato in ogni modo a sensibilizzare sullo scandalo di avere un terminal bus internazionale in condizioni così disgraziate. Ma la situazione non cambia. Anzi. Se possibile diventa ogni anno peggio. Come mostrano le ultime foto realizzate da Manuele Mariani. Le pubblichiamo con i suoi commenti rilanciando, in fondo, alcune idee per riqualificare il luogo. 

# «La prima immagine dello stato pietoso in cui è ridotto il bus terminal di Lampugnano. Sembra un apocalisse nucleare»

Ph. Manuele Mariani

# «L’interno: in pratica, una discarica»

Ph. Manuele Mariani

# «Un degno benvenuto ai turisti in arrivo nella città della Moda, del Design e delle prossime Olimpiadi invernali»

Ph. Manuele Mariani

# «E non ho le foto della biglietteria o della sala d’attesa… roba da mettersi le mani nei capelli»

Ph. Manuele Mariani

«Scenari da sottosviluppo»

Ph. Manuele Mariani

«Però ho la foto dell’addetta ATM all’assistenza/accoglienza dei passeggeri…»

Ph. Manuele Mariani

«… una zingara che rivende illegalmente biglietti della metro»

Ph. Manuele Mariani

«E dire che cose da fare ce ne sarebbero. Questi per esempio sono ambienti chiusi inutilizzati (di proprietà ATM) che si potrebbero sfruttare per raddoppiare gli spazi sottodimensionati della sala d’attesa e della biglietteria»

Ph. Manuele Mariani

# Come riqualificare il Terminal Lampugnano? La suggestione di Yom Design Studio per il rinnovo della stazione e dell’area antistante

Suggestione Stazione Lampugnano Yom Design Studio

Ripubblichiamo la suggestione di Yom Design Studio che ha provato ad immaginare come trasformare un luogo di transito in un grande hub infrastrutturale e una sorta di piazza pubblica.

Sala d’attesa Lampugnano Yom Desing Studio

# L’alternativa: un hub moderno nei pressi di un capolinea della metro

Se Lampugnano invece viene considerato ormai irrecuperabile, un’altra soluzione è di costruire un nuovo terminal, magari nei pressi di un capolinea della metropolitana: ad esempio da RHO/PERO nei pressi del futuro Human Technopole agli imbocchi delle autostrade, raggiunta dai treni e dal tram.
Un terminal dotato di ampio parcheggio, una struttura che permetterebbe inoltre l’alleggerimento del traffico dei tanti bus che arrivano in stazione Centrale o in altre zone della città ben poco adatte.

L’hub per i collegamenti internazionali dei bus è il biglietto da visita di ogni città. Non può essere un simbolo di degrado.

Leicester Bus Station Ph: Matt Short (c)
Madrid Bus Station
Madrid Bus Station
bratislava rendering futura stazione bus
bratislava rendering futura stazione bus
 
Lampugnano
Lampugnano

Continua la lettura con: Cristo si è fermato a Lampugnano: il progetto per rilanciare il peggiore Bus-Terminal d’Europa

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La Milano anni ’80 dei metallari, dei dark e dei paninari

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Fra le varie subculture che hanno attraversato la nostra città, ce ne sono tre che hanno segnato soprattutto il decennio degli anni’80 e si sono distinte per outfit, usanze e stili musicali.

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La Milano anni ’80 dei metallari, dei dark e dei paninari

 # I dark: il lato oscuro dei colorati anni Ottanta

Una cultura “ombrosa ma non violenta”: si diffuse a Milano e poi nel resto d’Italia a partire dai primi anni Ottanta. Fattore distintivo: il nero. Almeno, questo è l’interessante spaccato basato su un reportage urbano dei due giornalisti Emanuela Zuccalà e Simone Tosoni, che nel loro testo Creature simili – il dark a Milano negli anni ’80 disegnano queste figure scure e misteriose grazie a interessanti interviste dei giovani di allora. Il movimento nato nel Regno Unito durante il periodo post-punk rappresentava un malinconico disagio nei confronti della società dell’epoca estremamente scintillante e consumistica, la società della moda e della Milano da bere tanto decantata da economisti, stilisti e pubblicitari. Le loro idee e i loro look composti da cinghie, spille, croci e capelli cotonati, così come le audiocassette e i primi cd-rom dei Cure o dei Joy Division ebbero grande diffusione anche in provincie lombarde come ad esempio il varesotto, in periodi in cui di certo incontrare un dark per strada non era il massimo della tranquillità e in cui l’eroina la faceva purtroppo da padrone fra le cronache nere. Ma il movimento dark sembrò non esser toccato da questa piaga: erano tendenzialmente pacifici e mentre tutte le subculture dagli skin ai punk strillavano la rabbia verso il mondo al di fuori, i dark urlavano dentro.

# I metallari: il rifiuto “senza trucchi” della società borghese

Il nero è stato adottato anche dalla nostra seconda figura di quegli anni, con l’aggiunta di jeans e tonalità argentate conferite da borchie, anelli/catenoni e cinture di vario tipo, tutti segni distintivi del genere musicale più scatenato che si sia mai ascoltato assieme al già citato punk: il metal e l’heavy-metal. Figli dell’hard-rock musicale degli anni’70, anche i metallari erano tendenzialmente persone e personalità dagli abiti lugubri ma dalle idee ben chiare sul rifiuto della società borghese, in particolare di quella media borghesia che non sapeva dove e come collocarsi all’interno delle classi sociali meneghine del tempo, e i loro codici stilistici erano il perfetto biglietto da visita nei confronti di tutti gli altri gruppi. Se dovessimo sceglierne uno, non posso che far riferimento al mitico Chiodo, ovvero il giubbotto simbolo dei metallari ormai praticamente sparito da tutti i radar. I metallari però a differenza dei dark o darkettoni non avevano alcuna passione per il trucco. E per quanto riguarda i gruppi principe di questo genere e stile, Judas Priest, Iron Maiden e Metallica la facevano da padrone rispettivamente in Inghilterra e Stati Uniti d’America, diffondendo poi urla e costumi di questo singolare stile in tutto il mondo, anche se lo scettro di “padrino” del metal spetta a sua maestà Ozzy Osbourne.

Leggi anche: La Milano dei metallari

# I paninari

Paninari

Ma sempre negli anni ’80 emergeva un fenomeno che rappresenta l’esatto opposto dei metallari e che da Milano si è diffuso nel resto d’Italia e non solo. Stiamo parlando dei paninari, conosciuti più al nord Italia e soprattutto a Milano dove si incontravano alla fermata di San Babila e dintorni, per essere più precisi di fronte allo storico Burghy. E se come detto non erano esattamente etichettabili con un genere musicale definito, di certo i paninari facevano parte di quella media-alta borghesia tanto osteggiata da dark e metallari. I loro tratti distintivi erano le moto da enduro, bandana, giubbotti di jeans o piumini double-face. Come musica si riconoscevano nel pop di lingua inglese, soprattutto quello della British Invasion della prima metà degli anni Ottanta, con Duran Duran, Spandau Ballet, Wham! e le altre hit del momento. Hanno rappresentato l’identità principale degli anni da bere e non è un caso che Raf dedicò a quella decade e in un certo senso anche ai paninari la sua famosa hit Cosa resterà degli anni’80. Nel cui videoclip si vede tutto ciò che abbiamo dipinto poco sopra.  

Leggi anche: Quando Milano era la capitale dei paninari

Continua la lettura con: Le foto della Milano negli anni ’80

CARLO CHIODO

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La verità sul toro portafortuna

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Credits Andrea Cherchi - Sulle palle del toro in Galleria

Al centro della galleria Vittorio Emanuele II c’è un mosaico raffigurante un toro che mette in mostra anche i propri attributi. Si dice che porti fortuna porre il piede sopra gli attributi e compiere una rotazione ad occhi chiusi, facendo perno sul piede. Ma pochi conoscono la sua verità. 

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La verità sul toro portafortuna

# Come e quando si deve girare sul toro

Migliaia di turisti li schiacciano come portafortuna. E questo comporta anche problemi: periodicamente, infatti, occorre rimettere a posto i gioielli del toro con un’azione di ripristino. Però, attenzione: solo pochi sanno che secondo la tradizione il gesto deve seguire scupolosamente questa regola. 

Credits Andrea Cherchi – Toro in Galleria

Secondo la leggenda questo gesto porterebbe fortuna solo se compiuto con una rotazione di 360° con il tallone del piede destro sui testicoli del toro e solo la notte di San Silvestro (il 31 dicembre). 

Ma che cosa significa il toro? 

# Perché si schiaccia il toro?

 

La leggenda nasce dal significato originario del toro raffigurato sul pavimento della Galleria: in realtà non simboleggia l’animale in sé. In corrispondenza dell’ottagono centrale infatti, attorno allo stemma di Casa Savoia, sono raffigurati gli stemmi di tutte le città che sono state capitali del Regno d’Italia: lo scudo crociato per Milano, il giglio per Firenze, la lupa per Roma e il toro per Torino.

Schiacciare le palle del toro è nata come tradizione dei milanesi per “vendicarsi” contro lo storico tradimento di Casa Savoia compiuto in seguito alle cinque giornate quando la Milano liberata dagli austriaci si offrì al re del Piemonte con il plebiscito del 12 maggio 1848. Il 14 luglio arrivò anche Garibaldi. I giochi sembravano fatti ma re Carlo Alberto tradì i milanesi: il 6 agosto firmò l’armistizio con gli austriaci riconsegnando così Milano al nemico di sempre.

Si dice che il detto sui torinesi “falsi ma cortesi” sia nato dopo quelle misere vicende così come il rito di calpestare le balle del toro, simbolo di Torino in Galleria. 

Continua la lettura con: Carlo Cattaneo contro i Savoia

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Luoghi comuni di Lombardia: come i milanesi vedono gli abitanti delle altre città della regione

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Enrico Bertolino che imita un muratore bergamasco

La Lombardia ha un reddito pro capite del 38% superiore alla media nazionale. Un territorio che ricava la sua forza sulla specializzazione e l’interscambio tra realtà diverse ma complementari. Milano è il centro di questo interscambio. Qui si può individuare una realtà ormai affermata in grado di valorizzare prodotti e servizi generati nel circondario e di proporli su scala mondiale. L’altra faccia della medaglia di una forte identità e di frequenti interscambi è la formazione di stereotipi. Milano come vede le altre realtà lombarde? E da dove nasce lo stereotipo?

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Luoghi comuni di Lombardia: come i milanesi vedono gli abitanti delle altre città della regione

# Bergamo: la “città del muratori” 

Credits: storylab – Muratori bergamaschi

“Tutti in cantiere, domani tutti in cantiere” è il coro che risuona a San Siro quando gioca l’Atalanta. Bergamo è conosciuta da sempre come la città dei muratori. Tutto ebbe inizio quando, a seguito della seconda guerra mondiale, si iniziò a utilizzare il termine “metropoli” per identificare la città di Milano che necessitava sempre più importanti interventi edilizi così da renderla maggiormente attraente dal punto di vista estetico, operativo e allo stesso tempo facilmente raggiungibile grazie a una cospicua introduzione di collegamenti autostradali.

La figura del muratore bergamasco, a volte un po’ burbero nei modi, rappresentava la forza lavoro che, grazie a intensità e sacrificio, si era impegnato nella costruzione di edifici nella città di Milano garantendo sempre il rispetto dei tempi e soprattutto l’efficienza. Tale stereotipo venne ancor più calcato grazie alla parodia di Enrico Bertolino, noto comico milanese, che rappresentava la figura del bergamasco armato di cappello di carta e del suo dialetto che lo contraddistingueva.

# Brescia: la “città delle fonderie”

La Leonessa d’Italia a Milano è soprattutto la città delle fonderie. Quello che può sembrare riduttivo è in realtà un motivo di eccellenza. I maestri bresciani nel XIV secolo sperimentarono un nuovo metodo per raggiungere le temperature necessarie alla fusione che permettevano di lavorare non più soltanto il ferro bensì una sua lega: la ghisa. Con il passare degli anni sempre più fonderie, specializzate principalmente nella trattamento dell’alluminio, si sono stabilite nel bresciano e ancora oggi operano portando avanti la tradizione che tanto ha contraddistinto questa provincia.

# I “mobilieri della Brianza” 

La Brianza è nota per i numerosi mobilifici che da oltre due secoli esprimono la loro arte nella lavorazione del legno. Questa tradizione ha origini storiche e facciamo riferimento principalmente a quando Napoleone Bonaparte, dopo essere venuto a conoscenza delle abilità dei contadini della città di Lissone nel lavorare il legno, gli affidò il compito di costruire un letto tanto grande quanto capace di garantire comodità a Privat, ufficiale dell’esercito francese di Napoleone stesso, alto oltre due metri. 

La bravura dei brianzoli a produrre mobili venne subito notata da numerosi signori milanesi, al punto di creare una domanda così alta da obbligare i contadini a trasformare magazzini, cantine e abitazioni in veri e propri laboratori per la produzione di mobili. Con il passare degli anni Milano fu il palcoscenico per la mostra dei prodotti realizzati, tanto che l’attuale piazza Mentana veniva sfruttata per esporre sedie, cassettiere e tutto ciò veniva prodotto nei laboratori, dando vita alla prima esposizione di mobili.

Ancora oggi Lissone resta la principale città brianzola specializzata nella produzione di mobili e, nonostante sia costretta a resistere agli attacchi della concorrenza straniera, porta avanti la propria arte.

# I vigevanesi “scarpari”

Vigevano, nota per il museo internazionale della calzatura, conta più di 60 mila abitanti ed è famosa per la figura del “calzolaio”, cioè quell’artigiano che ripara e realizza scarpe, borse, cinture e abbigliamento in pelle. Tale figura venne messa in risalto da “Il calzolaio di Vigevano” del Lucio Mastronardi, romanzo che narra la storia di Mario Sala che, in piena epoca fascista, decise di aprire un’azienda di calzature. L’uomo, sempre più accecato dall’avidità e ricchezza, purtroppo deve rispondere alla chiamata militare. Luisa, la moglie, tratta in inganno dall’ex fidanzato entrato in società con il Mario, chiude la società.

Una volta tornato dalla guerra, Mario, privo delle proprie ricchezze, decide di ricominciare a lavorare in proprio pur di riuscire a riaprire una nuova azienda senza sapere però che allo stesso tempo si stava sviluppando la catena di montaggio, che piano piano farà chiudere i battenti ai piccoli artigiani. Con la crisi economica degli anni 2000 sono molti coloro che hanno ripreso l’attività dello “scarparo”, con la speranza di far risorgere un mestiere così antico grazie alla propria creatività.

# I “montanari” di Sondrio

Sondrio, a circa 140 km da Milano, è la provincia più a nord della regione Lombardia, quasi a confine con la Svizzera. Proprio per questa sua collocazione geografica sempre più persone decidono di trasferirsi nelle sue valli: pendolari più vicini al confine, chi per motivi di carriera lavorativa o per chi cerca pace, che difficilmente trova nelle città sempre più caotiche, e acquista seconde case. Grazie alle proprie bellezze naturali e alle tradizioni agricole alimentate soprattutto dalle malghe, attira molti turisti pronti ad essere accolti dai “montanari” che con passione e duro lavoro sfruttano tutte le bellezze che questo territorio offre.

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MARCO ABATE

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Area B estesa alla città metropolitana e a pagamento? Il progetto e quali sarebbero i vantaggi

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Area C e Area B: le due iniziative più radicali della giunta di Milano. L’obiettivo dichiarato è di ridurre il traffico e migliorare la qualità dell’aria. Tra gli effetti negativi ci sono l’aumento di disuguaglianza, con la divisione in “caste” di cittadini che godono di una diversa libertà a seconda del luogo di residenza e del mezzo di trasporto utilizzato, e la maggiore “chiusura” di Milano verso chi viene da fuori. Soprattutto verso chi viene dall’hinterland che al momento ha grossi limiti nei collegamenti pubblici con Milano. Esiste un progetto di estendere l’area B a tutta la città metropolitana: di che cosa si tratta, che vantaggi potrebbe arrecare e che fine ha fatto?

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Area B estesa alla città metropolitana e a pagamento? Il progetto e quali sarebbero i vantaggi

# Area B estesa alla città metropolitana? Così nasce la Grande Milano

Confronto Londra-Città Metropolitana di Milano

La vocazione di Milano è di essere una città aperta a chi viene da fuori. E l’orizzonte di Milano è quello di pensare in grande. Le migliori metropoli del mondo si considerano un unicum con il territorio che gravita attorno a loro, potenziando connessioni e circolazione che si traducono in maggiori opportunità. Ma Milano ha anche un grave problema: quello del traffico e dello smog. Per provare a risolverlo si è introdotta la divisione in aree con limiti progressivi alla circolazione dei mazzi privati. Questo però, a fronte di risultati incerti sul fronte traffico e smog, ha determinato diverse conseguenze negative. In particolare due:

  • L’aumento delle disuguaglianze. Uno dei pilastri della libertà individuale è quella di circolazione. Con Area B e Area C la libertà di circolazione risulta dipendente da due fattori: dal luogo di residenza e dal mezzo di proprietà. In entrambi i casi si tende ad avvantaggiare chi ha maggiori disponibilità economiche e a penalizzare chi vive più lontano dal centro e ha un mezzo di trasporto vecchio. 
  • La chiusura di Milano. Con l’introduzione del limite di parcheggio a due ore, l’area C è di fatto un luogo riservato ai residenti: gli unici che possono circolare con il loro mezzo in tutta Milano. Questo ha portato come effetto paradossale proprio la desertificazione del centro, ormai diventato troppo scomodo, se non inaccessibile, per chi viene da altre zone o dall’hinterland. Ma le cose non vanno molto meglio se si guarda alle zone tra il confine di Area C e quello di Area B. In particolare c’è stato un taglio con l’hinterland che punisce in modo maggiore proprio chi vive alla periferia di Milano, ossia in quelle zone che hanno più interscambi con l’hinterland in quanto confinanti. 

Da ultimo c’è una controindicazione dell’attuale Area B anche per il problema che si intende affrontare: lo smog. Come si vede dai dati, spostare il traffico fuori dai confini comunali non serve a migliorare la qualità dell’aria all’interno della città. Lo smog non si ferma al di fuori di uno spazio così  ristretto. Anche per tenere conto di queste considerazione, esiste un progetto di estensione di area B alla città metropolitana. 

# Il piano Aria e Clima

La proposta di estensione dell’Area B all’intera città metropolitana era contenuta all’interno del Piano Aria e Clima approvato in via definitiva con delibera di Consiglio Comunale il 21 febbraio 2022. Ma mentre altre direttrici inserite nel Piano stanno venendo percorse, come quella della città a 30 all’ora, l’estensione di Area B pare derubricata: nel piano c’è, ma nulla in questi due anni e mezzo è stato fatto. Forse uno dei semafori rossi che si sono accesi riguarda la difficile applicazione. Per questo si potrebbe prospettare un cambio di rotta. 

# Area B estesa e a pagamento: come un pedaggio autostradale

Credits: quotidiano.it
Casello autostradale

L’estensione comporta problemi amministrativi e tecnici. Quelli amministrativi si possono superare grazie al fatto che il sindaco di Milano è anche quello della città metropolitana. Quelli tecnici però determinano un aggravio di spese e di organizzazione per tutti i comuni dell’hinterland, in particolare per quelli ai confini. Per superare questo scoglio, forse l’intervento più sensato è quello di trasformare l’ingresso di Area B in un pedaggio autostradale con i ricavi che sarebbero ripartiti, in base al numero di residenti, tra tutti i comuni della Grande Milano. In questo modo si avrebbero molte più risorse per potenziare il trasporto pubblico e i parcheggi. Ma quali sarebbero i vantaggi ad avere un’area B estesa a tutta la città metropolitana?

# I vantaggi ad avere aera B estesa all’hinterland

Mappa metro Grande Milano
  • Milano policentrica: l’assenza di “frontiere” di separazione tra comune e hinterland può contribuire a far prosperare centri funzionali in tutta l’area della Grande Milano, con vantaggi nella mobilità e alla vivibilità generale;
  • Minore pressione immobiliare su Milano: riducendo i disagi per chi abita nell’hinterland e in periferia si avrebbe un incremento dei valori immobiliari in tutto il circondario, favorendo anche un allentamento dei rincari degli affitti nelle zone più centrali;
  • Finalmente nasce la Grande Milano: Milano e hinterland uniti con una regia comune aumentando l’attrattività di tutto il territorio.

In più, trasformando Area B in un pedaggio di tipo autostradale può generare un afflusso di risorse straordinarie che ricadrebbero su tutto il territorio e che se utilizzate per potenziare i mezzi pubblici possono trasformarsi in un volano per la mobilità dell’intera area. 

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FABIO MARCOMIN

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Con la Milano a 30 all’ora serve una sola marcia

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Il nuovo tipico sound sulle strade milanesi. 

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Dove vanno i milanesi quando hanno due ore libere? Le 7 attività preferite

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Ph. @milanographies IG

Lo abbiamo chiesto ai milanesi. Queste le loro risposte. Perché a Milano due ore libere valgono oro.

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Dove vanno i milanesi quando hanno due ore libere? Le 7 attività preferite

# A fare shopping

Credits: primosito.it – City Life Shopping District

Appena si apre un varco in agenda ci si lancia a fare compere. Via Dante, Corso Vercelli, Corso Buenos Aires e Corso Vittorio Emanuele sono solo alcune delle strade più battute a cui si aggiungono i mall in città come lo shopping center di Citylife, e quelli nel primo hinterland. Per non parlare di chi cerca prodotti di lusso, tra Rinascente, Galleria Vittorio Emanuele e Quadrilatero della moda.

# In giro per mercatini

Credits laurelevans IG – Mercato di viale Papiniano

Un giro tra i vari mercatini rionali come quelli di viale Papiniano, Fauchè, Isola, Porta Romana o quelli più caratteristici come il Mercatone dell’Antiquariato sui Navigli.

# Al museo 

Credits studio_mhz IG – Museo Bagatti Valsecchi

Anche la cultura è presa in grande considerazione. Ad esempio una visita ai tanti musei della città, come il Museo del Novecento, a una mostra a Palazzo Reale o in una delle case museo. In alternativa si va in giro nelle librerie o nei negozi che vendono libri usati e antichi.

# Al cinema

Credits marcogasparetti99 IG – Cinema Anteo

Un altro grande passatempo molto amato dai milanesi. Nonostante la chiusura di molte sale nell’ultimo decennio, sono ancora diverse le opzioni tra i multisala come l’Anteo, i cinema d’essai o i multiplex fuori dal centro.

# A prendersi cura di sé

QC Terme Milano
QC Terme Milano

Tra le attività preferite dai milanesi quando hanno un paio di ore di tempo c’è la cura del benessere fisico, tra attività fisica in palestra o all’aperto, preferibilmente nei parchi, e relax in spa o saune.

# Il rito dell’aperitivo

Credits lady_juliaye IG – Aperitivo Four Season Milano

In questo caso la cosa più difficile è scegliere il locale. Per il rito dell’aperitivo si può optare per le zone più centrali dove trovare i classici Camparino e Terrazza Aperol, Corso Como e Corso Garibaldi, Brera e gli immancabili Navigli. Tra le alternative più costose ci sono gli hotel di lusso come il Gallia, il Four Season o il Bulgari.

# A “fare le vasche” in centro o in Gae Aulenti

credits: pinterest – Corso Vittorio Emanuele

Corso Vittorio Emanuele è la classica strada dove milanesi amano “fare le vasche”, fermandosi a guardare le vetrine dei negozi sotto i portici che conducono fino a Piazza San Babila. Molto quotata anche la pedonale che va da Corso Garibaldi alla Biblioteca degli Alberi, così come passeggiare per le strade di Brera. 

Continua la lettura con: Le 10 ATTRAZIONI TOP di Milano: la classifica fatta dai TURISTI

FABIO MARCOMIN

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