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Loreto, forse ci siamo: via ai cantieri per la riqualificazione. Ecco come diventerà: rendering della piazza e le foto di buenos aires

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Loc - Loreto Open Community

Finalmente ci siamo, anche se è giusto essere scettici fino a quando la prima ruspa non sarà all’opera. Il piazzale è destinato a essere rivoluzionato unendosi al restyling di corso Buenos Aires. Vediamo cosa prevede il progetto e quando dovrebbero partire i cantieri.

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Loreto, forse ci siamo: via ai cantieri per la riqualificazione. Ecco come diventerà: rendering della piazza e le foto di buenos aires

# Un’agorà verde con un anfiteatro, negozi, uffici e il traffico spostato all’esterno della piazza

Finalmente ci siamo, anche se fino all’intervento della prima ruspa è giusto essere scettici. Piazzale Loreto è destinato a essere rivoluzionato diventando in parte pedonale e soprattutto ecosostenibile: si vuole trasformarlo in un’agorà verde per mettere in connessione NoLo e l’asse corso Buenos Aires/viale Monza/viale Padova. Gli interventi previsti sono:

  • lo spostamento del traffico all’esterno, ai margini della piazza;
  • la costruzione di 3 nuovi edifici, con terrazze verdi sui tetti, destinati ad uso commerciale, uffici e svago;
  • al centro una sorta di agorà con gradoni e un anfiteatro, dove si potrà assistere a concerti, mercati e manifestazioni di vario tipo. 

Nello specifico, su 9.200 mq complessivi di tutta l’area, si contano:

  • 3.900 mq a verde, con aiuole e 500 tra arbusti e alberi;
  • 1,2 km di piste ciclabili;
  • 1.200 mq di pannelli solari,;
  • 60 stalli per le biciclette, oltre a quelli per il bike sharing;
  • 11 postazioni di ricarica elettrica

Leggi anche: PIAZZALE LORETO diventa AGORÀ VERDE: il primo tassello della MAXI riqualificazione

# Quando è attesa la partenza dei cantieri

Maps – Piazzale Loreto dall’alto

La tempesta giudiziaria che ha colpito il settore immobiliare milanese sembrava poter mettere a rischio anche la trasformazione di piazzale Loreto. Sala aveva detto come il possibile cambio dell’iter avrebbe potuto far cambiare idea a Nhood Italia, i proponenti del progetto LOC, Loreto Open Community uscito vincitore dal concorso internazionale Reinventing Cities. La stessa aveva però pubblicato un comunicato in cui esprimeva «la chiara volontà di portarlo a compimento nel più breve tempo possibile e contribuire così al miglioramento della qualità della vita dei cittadini.» Alla fine la pratica è stata condotta in porto dagli uffici dell’Urbanistica, rimasti impantanati a seguito delle inchieste della magistratura, mantenendo il permesso di costruire convenzionato come titolo edilizio per far partire i lavori e quindi senza necessità di un piano attuativo. L’esito positivo della conferenza dei servizi è stato l’ultimo scoglio da superare: a marzo è atteso l’avvio dei cantieri della durata prevista di oltre due anni.

# Entro la fine del 2025 il completamento del restyling di corso Buenos Aires

I cantieri avrebbero dovuto correre quasi in parallelo a quelli del restyling di corso Buenos Aires, che invece dovrebbero terminare entro la fine del 2025, per dar vita a un unico “boulevard verde” da Porta Venezia a piazzale Loreto da esibire per le Olimpiadi Invernali 2026.

Come si può vedere dall’ultimo reportage fotografico di Urbanfile i cantieri in carico al Comune di Milano sono concentrati tra piazza Oberdan e via Melzo, verso i bastioni di Porta Venezia, mentre quelli a scomputo oneri sono già stai completati nel lato dispari che va da via Petrella a via Pergolesi e sono in corso sul lato opposto. 

All’allargamento dei marciapiedi, realizzati in pietra, si è affiancata la realizzazione di aiuole verdi e vasche per alberi e arbusti con messa a dimora di alberi alti fino a 5 metri dove possibile. Previsto inoltre il consolidamento dell’itinerario ciclabile esistente con la colorazione rossa e i cordoli definitivi in pietra.

Leggi anche: Buenos Aires sarà un “boulevard verde”: avviati anche i lavori del PNRR

Continua la lettura con: Rogoredo, l’ultima frontiera: la possibile riqualificazione della «Porta Sud» di Milano

FABIO MARCOMIN

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Bodycam e intelligenza artificiale: saranno i milanesi a sconfiggere il crimine a «Gotham City»?

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Milano è Gotham City? La classifica de Il Sole 24 ore pone la città al primo posto in Italia per crimini e le cronache aumentano la preoccupazione dei milanesi, con gli ultimi fatti di Piazza Duomo a Capodanno o il video con un tentato furto a un turista dell’orologio dal valore di 400mila euro. E se la soluzione venisse proprio dai cittadini, con l’utilizzo della tecnologia? Vediamo come. 

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Bodycam e intelligenza artificiale: saranno i milanesi a sconfiggere il crimine a «Gotham City»?

# Sicurezza: Milano è «Gotham City»?

Il sindaco lo nega, ma la sicurezza è il problema principale che attanaglia la città. Secondo i dati del Sole 24 Ore, con un indice di 6.991,3 denunce ogni 100.000 abitanti, Milano si trova al primo posto tra le città più insicure d’Italia.

Nel 2023 sono state registrate 124.631 denunce per furti, 4.123 per rapine, 3.832 per lesioni dolose e 20.029 per frodi informatiche. Attendiamo i dati per il 2024, ma le notizie di cronaca dello scorso anno, e l’inizio del 2025, non fanno di certo ben sperare. Milano è Gotham City, ma se Gotham aveva Batman, Milano ha i suoi cittadini.

Per motivi legislativi e culturali non si può avere i cittadini che girano armati né creare squadre di psicopoliziotti, soprattutto in una società dove la responsabilità individuale è spesso delegata alle istituzioni. Tuttavia, ci sono almeno un paio di modi in cui i cittadini potrebbero essere responsabilizzati senza esporsi a pericoli diretti.

# Bodycam ai cittadini per una Milano più sicura?

Un primo passo potrebbe essere l’introduzione delle bodycam, come quelle in dotazione agli agenti in servizio. Negli Stati Uniti, le bodycam sono nate per sorvegliare l’operato delle forze dell’ordine, ma a Milano potrebbero avere un utilizzo diverso: migliorare la sicurezza urbana.

Il sistema sarebbe molto semplice, un cittadino che passeggia tranquillamente per le strade di Porta Venezia o dei Navigli, dotato di una bodycam, contribuirebbe senza sforzi alla sicurezza collettiva. L’adozione di questi strumenti non sarebbe obbligatoria, ma su base volontaria, magari con la presenza di incentivi comunali, e i dati sarebbero raccolti e gestiti in modo trasparente, per evitare preoccupazioni legate alla sorveglianza personale.

Il cittadino che indossa una bodycam non avrebbe accesso diretto alle registrazioni, per tutelare la privacy di chi viene inquadrato. Tuttavia, le immagini potrebbero essere utilizzate come prova in caso di reati o situazioni sospette, migliorando la capacità delle autorità di intervenire tempestivamente. Questo sistema potrebbe non solo rendere la città più sicura, ma rispondere anche a una necessità di giustizia e trasparenza.

La presenza di filmati potrebbe rivelarsi cruciale per risolvere controversie tra i cittadini e le forze dell’ordine, contribuendo a una difesa equa in caso di accuse ingiuste. La bodycam, quindi, potrebbe rappresentare uno strumento di protezione per entrambi, contribuendo a garantire che chi agisce correttamente possa avere una prova tangibile a suo favore.

In fondo, in una città con telecamere disseminate ormai ovunque, perché non ampliare il loro utilizzo attraverso i singoli cittadini?

# L’Intelligenza Artificiale: la nuova frontiera della sicurezza milanese

Se il sistema delle bodycam si diffondesse, sarebbe impensabile dedicare agenti alla revisione di tutte le registrazioni. Due sono le strade possibili: o una revisione selettiva dei filmati, analizzati solo in caso di denuncia, oppure l’utilizzo di un’Intelligenza Artificiale (IA) avanzata. Milano potrebbe diventare la prima città in Italia, probabilmente al mondo, a implementare un sistema di IA integrato alle bodycam. Questo sistema, unico e accessibile solo alla polizia, analizzerebbe costantemente i video per individuare situazioni di pericolo o comportamenti criminali, avvisando le autorità in tempo reale.

L’IA potrebbe riconoscere un individuo intento a scassinare un’auto o a minacciare qualcuno, attivando immediatamente un’allerta alle pattuglie più vicine. Una rete del genere migliorerebbe drasticamente i tempi di reazione, passando da minuti a pochi secondi. L’idea potrebbe sembrare distopica, ma avrebbe il potenziale di rivoluzionare la sicurezza urbana. Naturalmente, sarebbe necessario stabilire regole chiare per garantire il rispetto della privacy e prevenire abusi. L’integrazione con la tecnologia AI potrebbe anche giocare un ruolo fondamentale nella protezione dei diritti dei cittadini, migliorando l’efficacia e la giustizia nel sistema di sorveglianza.

# Integrare le telecamere pubbliche e dashcam nella rete

Una volta realizzata una rete di bodycam, si potrebbero integrare le telecamere pubbliche già in funzione e le dashcam delle auto. Pensate inizialmente per tutelare i proprietari dagli incidenti, queste telecamere potrebbero fornire una visione complementare sui crimini. Un sistema di sorveglianza così esteso migliorerebbe non solo la sicurezza, ma anche la percezione dei cittadini.

Attualmente, Milano dispone di migliaia di telecamere di sorveglianza distribuite in punti strategici, ma spesso queste funzionano come strumenti passivi, utili solo a posteriori per ricostruire un evento. L’integrazione con bodycam e dashcam potrebbe trasformarle in strumenti proattivi, aumentando l’efficacia delle forze dell’ordine. In questo scenario, la responsabilità individuale giocherebbe un ruolo importante: il cittadino che partecipa attivamente al miglioramento della sicurezza con dispositivi come la bodycam contribuirebbe a proteggere se stesso e la propria comunità, ma allo stesso tempo offrirebbe un supporto fondamentale nel garantire che giustizia venga fatta in caso di errori o malintesi.

Un nodo cruciale sarebbe stabilire i limiti d’utilizzo di questi strumenti. Non dovrebbero essere impiegati per sanzioni minori, come il parcheggio in divieto di sosta, ma concentrarsi sulle infrazioni gravi. L’ultima parola sui fatti ripresi spetterebbe sempre al controllo umano degli agenti e, in caso di controversie, alla revisione del filmato in tribunale.

Un ulteriore vantaggio dell’integrazione potrebbe essere la creazione di mappe del rischio aggiornate in tempo reale. Analizzando i dati raccolti da bodycam, dashcam e telecamere pubbliche, si potrebbero individuare le zone più a rischio della città, permettendo una distribuzione più efficiente delle risorse.

# La soluzione intermedia: un’app per la sicurezza

Attendendo la messa a terra del sistema bodycam, un’altra soluzione potrebbe essere rappresentata da un’applicazione per cellulare. Questa app, concepita come strumento bidirezionale, consentirebbe alle forze dell’ordine di inviare notifiche agli utenti in caso di pericolo nelle vicinanze, basandosi su dati in continuo aggiornamento. I cittadini, dal canto loro, potrebbero segnalare immediatamente situazioni sospette, reati subiti o comportamenti violenti, rendendo le informazioni in tempo reale accessibili a chi di dovere.

L’app potrebbe includere una funzione che consente ai cittadini di inviare un video o una foto direttamente alle autorità, geolocalizzando automaticamente l’evento. Inoltre, potrebbe integrare una funzione di «safe walk», che consentirebbe agli utenti di condividere la propria posizione con familiari o amici durante spostamenti notturni.

Un’app del genere sarebbe un esempio concreto di collaborazione tra cittadini e autorità, favorendo una maggiore consapevolezza e un intervento più rapido. Tuttavia, anche in questo caso, l’utilizzo dovrebbe essere regolamentato per evitare abusi o false segnalazioni. Sarebbe inoltre fondamentale un sistema di moderazione automatizzato per filtrare le segnalazioni inutili o palesemente false.

In questo contesto, ogni cittadino, responsabilizzandosi, avrebbe l’opportunità di difendersi in caso di necessità, contribuendo in modo positivo alla creazione di una città più sicura e giusta per tutti.

Continua la lettura con: Sicurezza a Milano: «più telecamere dove lo chiedono i cittadini». Perché non un’app dedicata?

MATTEO RESPINTI

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Sei tra le auto imbottigliate all’uscita della scuola: il tuo desiderio proibito

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Un simpatico passatempo. 

Qui il video: Sei tra le auto imbottigliate all’uscita della scuola: il tuo desiderio proibito

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Continua con: Quando vedi qualcuno impalato a sinistra sulle scale mobili a Milano

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Abitare con pochi euro nel centro di Milano

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In molti sono portati a pensare che le case assegnate ai residenti con fasce di reddito basse si trovino esclusivamente in periferia o comunque in zone degradate della città. In diversi casi non è affatto così. Vediamo quale è la reale situazione dell’edilizia popolare milanese.

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Abitare con pochi euro nel centro di Milano

# Sono circa 1.100 gli edifici popolari gestiti da MM a Milano

Credits: milano.fanpage.it – Sede MM casa

MM Spa ha in gestione nel Comune di Milano oltre 1.100 edifici di case popolari, a canone calmierato e quindi calcolato in base al reddito, per un totale di 43.216 inquilini distribuiti su 23.188 appartamenti con contratti attivi. Tra questi edifici non ci sono solo quelli conosciuti a tutti che si trovano in periferia, dal Corvetto al Lorenteggio, dal Gallaratese al Niguarda. Pochi sanno infatti che diversi di questi sono in pieno centro città

# Da Brera alle 5 Vie, dove si trovano le case popolari in centro città

Google Maps – Corso Garibaldi 22

Edifici popolari con facciate storiche, cortili gioiello, alcuni con vista in direzione della Madonnina e nei quartieri più esclusivi della città come Brera, Castello, Porta Romana, Porta Garibaldi e le Cinque Vie.

 

Tra i palazzi in elenco troviamo quelli nelle vie:

  • Bergamini;
  • Laghetto;
  • Statuto,
  • Palermo;
  • San Maurilio;
  • Anfiteatro;
  • Rivoli;
  • Mercato;
  • Pontida;
  • Madonnina,
  • Orti;
  • Lamarmora;
  • Corso di Porta Ticinese.
credit: @glaucojp (instg) – Ec-Teatro Fossati in corso Garibaldi 17

Il più sorprendente di tutti è forse uno dei due siti in Corso Garibaldi, quello del famoso ex-Teatro Fossati al civico 17 con la sua facciata impreziosita di statue, capitelli e decorazioni.

Leggi anche: Il TEATRO FOSSATI di corso Garibaldi: dalle stelle alle stalle. Cosa è diventato oggi?

Continua la lettura con: La “CRISI ABITATIVA” può essere RISOLTA? Sono circa 11.000 le case POPOLARI VUOTE a MILANO

FABIO MARCOMIN

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Il paese ligure che vuole essere come Montecarlo

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Credits: e-borghi.com

In Italia esiste un paese che, anni fa, ha avuto un’idea originale: quella di costituire all’interno del proprio comune un principato, nato e sviluppatosi con radici storiche e portato avanti dai propri abitanti contro ogni detrattore. Un fiore all’occhiello per piccole comunità autonome, un’alternativa alle società moderne o, semplicemente, l’utopia di un gruppo di sognatori, che sperano un domani di poter ottenere la stessa autonomia del più famoso Principato di Monaco, distante meno di 50 km.

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Il paese ligure che vuole essere come Montecarlo

# Il principato di Seborga: le origini

Credits: lalampadina.net

Siamo negli anni cinquanta del XX secolo, quando alcuni membri della comunità di Seborga rivendicano un’indipendenza dalla Repubblica Italiana. L’idea sorse da un presunto status nobiliare che avrebbe svincolato il comune nella provincia di Imperia dall’annessione al Regno di Sardegna, una delle colonne portanti della nascitura Italia unita nel 1861. Ma secondo gli abitanti, le origini risalgono addirittura all’anno 954, quando il conte Guidone di Ventimiglia donò il territorio dell’abbazia di San Honorato nelle isole di Le’rins (Lerino, al largo di Cannes in Francia) ai monaci benedettini. In seguito, con l’autorizzazione di Papa Gregorio VII, ci fu l’istituzione di una valuta, il “luigino”, adattamento italiano di Louis Petit, poi solo Louis, che divenne anche la valuta francese degli anni prima e durante la Rivoluzione Francese. Presto, però, queste terre iniziarono a essere scomode per i monaci, quindi dopo una serie di cattivi raccolti e il rifiuto dei contadini di pagare più tasse, l’abate decise di vendere il territorio a Vittorio Amadeo II di Savoia re di Sardegna, nel 1729.

Ciò è alla base di tutte le rivendicazioni d’indipendenza di Seborga: la tesi sostenuta è che quella vendita non fu mai legale perché non fu registrata.

Inoltre, il territorio fu venduto come possesso personale del re, non per entrare nel regno di Sardegna, ma in modo che “il monarca avrebbe esercitato un ruolo di protettore”, afferma il portavoce di Seborga Luca Pagani, secondo il quale Vittorio Amadeo II pagò con i propri fondi e non con quelli del regno. Gli indipendentisti aggiungono che il sovrano non ha mai usato il titolo di principe di Seborga e che, nel 1815, nessun documento del Congresso di Vienna afferma che Seborga faceva parte del Regno di Sardegna.

Da qui, ci ricolleghiamo celermente al 1861.

# Il principato di Seborga: statuto

Credits: ilsecoloxix.it

I cittadini di Seborga eleggono un principe con funzioni simboliche: tale elezione si è tenuta la prima volta nel 1962. Sino al 2009 il principe è stato Giorgio Carbone, poi, successivamente il comando è passato a Marcello Menegatto (sino al 2019) e da lì in poi ha governato Nina Menegatto.

Il luigino è una sorta di buono spendibile in città e, ovviamente, non può essere utilizzato al pari dell’Euro. Ciononostante ha riscosso successo presso i numismatici, oltre ad avere un valore fisso di mercato al netto dell’inflazione che attualmente si attesta a 6 dollari statunitensi.

Inoltre, nel paesino di 300 abitanti scarsi, sono presenti anche delle targhe automobilistiche che possono essere usate a scopo folkloristico, ma non come sostituto di quelle italiane.

Del regno di Seborga ne ha parlato apertamente la Vanguardia (quotidiano catalano), dedicando ampio spazio al piccolo ma significativo staterello come esempio d’ispirazione per la causa catalana, e in Italia la sua fama travalica ormai i confini fiabeschi fra fantasia e realtà.

# Il principato di Seborga: cosa vedere

Credits: borghidiriviera.it

Un grande stemma all’entrata della strada principale, il centro storico con Piazza San Martino di Tours e la chiesetta di San Bernardo, richiami medioevali e una splendida vista sull’entroterra ligure, fanno di questo piccolo paesino uno scrigno dal sapore antico, ma con un’idea assolutamente moderna e probabilmente avveniristica. Il tempo ci dirà se fiabe come quella di Seborga e dei progetti affini acquisiranno sempre più potere e affermazione. 

 

Continua a leggere con: Il paesaggio incantato di SAN CANDIDO, borgo magico dell’Alta Pusteria

CARLO CHIODO

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La «città delle acque»: Milano ha cinque fiumi e cinque navigli

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L’etimologia della parola Mediolanum è ancora dibattuta. I due significati più accreditati sono “in mezzo alle terre” e “in mezzo alle acque”. In effetti Milano è posta esattamente alla stessa distanza dall’Adda a est e il Ticino a ovest.

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La «città delle acque»: Milano ha cinque fiumi e cinque navigli

Credits Andrea Cherchi – Navigazione sul Naviglio

Anche se, a differenza delle grandi città europee, non ha nessun grande fiume che le scorre dentro, Milano è comunque ricca di corsi d’acqua. Sono cinque i fiumi che la lambiscono o che la percorrono:

  • l’Olona,
  • il Lambro,
  • il Seveso,
  • oltre a Ticino e Adda.

Ci sono poi altri corsi d’acqua oltre a questi fiumi: intorno al Quattrocento furono costruiti i canali noti come “Navigli (a parte il Naviglio Grande che fu iniziato già nel 1152 come canale difensivo). Anche i navigli sono cinque e nascono da un sistema di canali navigabili che univano la città con i fiumi circostanti.

Credits: milanopocket.it – Naviglio Grande

I navigli di oggi vengono principalmente identificati con i due tratti scoperti del Naviglio Grande e di quello Pavese, a sud della città e viene detta “Cerchia dei Navigli” la circonvallazione stradale che segue l’antico corso di un canale.
C’è poi anche l’antica riviera di Milano: il naviglio Martesana, a nord-est della città, che porta a tre i tratti visibili dei canali.

Completano il sistema dei Navigli milanesi anche:

  • il Naviglio di Paderno.
  • il Naviglio di Bereguardo

Mentre non sono più esistenti:

  • la Cerchia dei Navigli
  • il Naviglio di San Marco

Continua la lettura con: I fiumi interrati di Milano

MILANO CITTA’ STATO

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Le 10 parole del dialetto milanese che tutti, anche i non milanesi, dovrebbero conoscere

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Ph. Enzo Jannacci vengo anch’io

“La o normale si legge u. La u si legge ü, come l’ululato dei lupi. Per leggere o ci vuole la ò accentata. Questa è la base”. Questa la regola guida per parlare milanese. Ma quali sono le parole che tutti, anche i non milanesi, dovrebbero conoscere? Foto cover: Enzo Jannacci vengo anch’io 

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Le 10 parole del dialetto milanese che tutti, anche i non milanesi, dovrebbero conoscere

#1 Bauscia = Sbruffone

Leggi: bajuscia
Ti te capisset na gòt perché te see on bauscia – Tr.: Tu non capisci niente perché sei uno sbruffone.

Credit: Pinterest

#2. Sgonfion = Faccendiere – millantatore

Leggi: sgunfiun
Ti te me cuntet su di ball perché te see on sgonfion – Tr.: Tu mi racconti delle frottole perché sei uno sbruffone.

#3. Trombon = Politico

Leggi: trumbùn (“E’ una parola bellissima. Prepotente, peggio, è uno che è mezzo criminale”, Mario Torchio).
Ti te see no on omm ch’el var nagotta perchè te se no on politich ma on trombon – Tr.: Tu sei un uomo che non vale niente perché non sei un politico ma un trombone.

#4. Carna de Coll = Prepotente

Leggi: carn de coll (la carne è dura perché fatta di muscoli duri, non è la carne morbida. E’ qualcosa di difficile da masticare e quindi ognuno la mastica come preferisce).
Gent come ti bisognaria mettel al patibol perchè te see un carnadecol – Tr: Gente come te dovrebbe essere mandata alla forca perché è un gran prepotente.

#5. Casciaball = giornalista

Leggi: casciabàl (racconta palle, ma è inteso in modo molto molto amichevole. “Il milanese va d’accordo con il giornalista perchè sono entrambi ‘casciaball’. Il giornalista, come il milanese, il classico “cumenda” sono abituati a dire un sacco di fregnacce per farsi belli. Sono quelli del ‘Io sono questo quello e tu non sei niente'”, prosegue Mario.)
Vun ch’el dis on sacch de parol inutil a l’é on casciaball – Tr: Colui che dice un sacco di parole inutili è un cacciaballe.

giannibrera. credit: https://www.oasport.it/

#6. Tajapagn = spettegolare sulla gente

Leggi: taiapan (“Si sa che per istinto la gente spettegola, nel tempo libero, bonariamente. E’ inteso come ‘taglia i panni addosso’. E’ però cattivo e mediocre: è per colui che ha il gusto di far apparire gli altri un niente. Ha sempre da dire, ma in modo cattivo. Il classico da mandare via i pee”, spiega Mario).
Hoo cognossuu on tal che el diseva on sacch de stupidad su la gent che eren minga vera” – Tr: Ho conosciuto un tale che diceva un sacco di stupidate sulla gente che non erano mica vere. – Ecco il Tajpagn!

#7. Ciospa = donna brutta

Leggi: ciospa
Mi son ona dòna brutta e me ciamen ciospa: perchè?! -. Tr. Io sono una donna brutta e mi chiamano ciospa, perché!?

#8. Menarost = persona noiosa

Leggi: menarròst (“Fa riferimento al gesto di rimescolare, rugare, come le persone noiose che rimenano e rimenano gli stessi argomenti”).
Una persona che la continua a seguì on argument in manera petulanta l’è on menarost – Tr. Una persona che insiste petulante su un argomento è un menarost, un gran noioso.

#9. Peepiatt = piedipiatti, poliziotto

Leggi: peipiat
El poliziott a l’è on amis ch’ el faa el sò lavorà contra i cattiv e l’è, con affett, on peepiat – Tr. Il poliziotto, quell’amico che fa il suo mestiere di lavorare contro i cattivi, è detto con affetto “piedipiatti”.

#10. Slandra = donna di strada

Leggi: slandra
Ona pòvera dòna che per necessità la dev batt el marciapè – Tr. Una povera donna che per necessità deve battere il marciapiede.

PAOLA PERFETTI

Articolo in ricordo del grande milanese Mario Torchio: Maestro di lingua milanese ma anche poeta pluripremiato, autore teatrale, insegnante di teatro milanese, riscopritore delle tradizioni e forza della natura (è una classe 1923) “Ci sono vocaboli, nella Lingua Milanese, che esprimono, in modo chiaro e simpatico, il comportamento umano dell’individuo. Poiché queste peculiarità fanno parte del DNA milanese, perché non tenerne conto nella specifica emancipazione della nuova Civiltà Cittadina?”.

Mario Torchio

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Milano-Lambrate, la «stazione curva»

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cpanghi14 IG - Milano Lambrate

Il creator digitale Andrea De Santis, sulla sua pagina IG fa la recensioni sulle più importanti e curiose stazioni ferroviarie d’Italia. Tra queste ha inserito anche Milano Lambrate.  Scopriamo alcuni suoi aspetti più particolari e quale voto si è meritata. 

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Milano-Lambrate, la «stazione curva»

#1 Ha preso il nome da una stazione che si trovava in zona Ortica

pollyolmi IG – Stazione Lambrate FS

L’attuale stazione di Lambrate è stata attivata nel 1914, ereditando il nome da quella precedente in zona Ortica chiusa nel 1931, quando la nuova stazione ha iniziato a fare servizio passeggeri contestualmente all’avvio del servizio di cintura. La struttura si presenta come il classico edificio dell’epoca che si può ritrovare a Milano, in linea con altre stazioni ferroviarie come Porta Genova, anche se più elegante, oggi adibita a negozi dopo il restauro avvenuto nel 2005.

#2 Il nuovo “corpo viaggiatori” richiama l’effetto galleria di una grande stazione

francescarosa IG – Nuova stazione Lambrate

Negli anni ’90 è stato completato il nuovo fabbricato viaggiatori sul lato opposto dei binari che sembra volere richiamare l’effetto galleria di una grande stazione e che funge da nuovo ingresso.

#3 Ospita una libreria

Ph. @Andrea_treni_bus
IG

Tra i servizi disponibili, oltre ai bagni, alla biglietteria di Trenord e due bar, uno per ingresso, la stazione ospita al suo interno anche una libreria.

#4 Fu la seconda stazione ferroviaria di Milano interconnessa a una metropolitana

Ph. @simobarrato IG

Nel 1969 diventa, dopo Milano Cadorna, la seconda stazione ferroviaria di Milano a interscambiare con la metropolitana, con la costruzione dell’adiacente fermata della linea M2.

#5 La quarta più grande di Milano per numero di binari

Milano Lambrate

Si posiziona al quarto posto tra le stazioni più grandi di Milano per numero di binari, ne ha dodici e tutti funzionanti: dopo Milano Centrale, Milano Porta Garibaldi e Milano Rogoredo.

#6 Fermano anche treni internazionali per Monaco e Zurigo

treni_lombardi_veneti – Lambrate FS

Fermano treni merci, suburbani della linea S9, regionali, a media e a lunga percorrenza, da Brescia a Bergamo, da Cremona a Piacenza, per spingersi fino a Bolzano, Cattolica e Terni. Non mancano nemmeno i treni internazionali con destinazione Monaco di Baviera e Zurigo.

#7 È in curva

cpanghi14 IG – Milano Lambrate

Come la metropolitana di Londra. La stazione e le banchine si trovano in curva, un po’ scomode per salire anche perchè non sono rialzate mentre l’accesso alle stesse è garantito a tutti grazie agli ascensori.

# Il voto generale di Andrea De Santis

 

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Andrea De Santis (@andre_desantis)

Il creator digitale Andrea De Santis, che sulla sua pagina IG racconta storie sulle ferrovie italiane, ha detto la sua sulla stazione di Lambrate, descrivendone tutti i singoli aspetti. Vediamo come è stata valutata e con quali motivazioni:

  • voto 10 alla posizione e alla raggiungibilità con ogni mezzo grazie all’interscambio con la fermata metropolitana della M2, il tram 19, il filobus 93 e la disponibilità di un grande parcheggio;
  • 7 all’architettura, per la commistione tra l’edificio più classico e quello moderno;
  • 7 ai servizi, pesa la pecca delle banchine non rialzate;
  • 9 ai collegamenti, per l’ampia offerta a livello locale, sovraregionale, nazionale e persino internazionale.

Giudizio complessivo: 33 su 40.

Continua la lettura con: La stazione dei treni più spettacolare di un aeroporto internazionale

FABIO MARCOMIN

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Che cosa concilia Piazza Conciliazione? Il significato poco conosciuto di un luogo molto noto di Milano

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Palazzo Binda https://www.tripadvisor.com/Attraction_Review-g187849-d22979615-Reviews-Palazzo_Binda_piazza_Conciliazione-Milan_Lombardy.html

Una delle piazze più note e frequentate di Milano, crocevia tra Cadorna e Pagano da una parte e tra via Venti Settembre e piazzale Baracca dall’altra. Ospita una fermata della M1 ed è un importante snodo della viabilità stradale. Ma cosa concilia? Per scoprirlo facciamo qualche passo indietro.

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Che cosa concilia Piazza Conciliazione? Il significato poco conosciuto di un luogo molto noto di Milano

# Il confine tra Milano e i Corpi Santi

porta magenta e caselli
porta magenta e caselli

La zona compresa tra piazzale Baracca e piazza Conciliazione è oggi un crocevia alquanto trafficato. Qui un tempo insisteva la cinta dei bastioni spagnoli di porta Vercellina, poi Magenta (in onore della storica battaglia).

La presenza dei caselli daziari e della porta segnava il confine tra Milano e il Comune dei Corpi Santi: dalla città (lungo il borgo delle Grazie, oggi corso Magenta) si usciva imboccando lo stradone postale per Novara (oggi corso Vercelli). E facendo il percorso inverso, le merci qui pagavano il dazio d’entrata.

# Il Gamba de Legn

Milano-GambaDeLegn
Milano-GambaDeLegn

Era una zona molto pittoresca e animata: le guardie daziarie, i controlli, i carri che entravano ed uscivano, carrettieri e mercanti che mostravano bollette di trasporto e pagavano le tasse dovute. Ma possiamo immaginare anche tafferugli e arresti, visto che frodare il dazio era cosa frequente. Tutt’attorno, case per il popolo o la piccola borghesia, qualche bottega, venditori ambulanti e osterie alla buona. Qui si fermava dal 1879 fino al 1911 la linea dei tram a vapore extraurbani per Castano e Magenta, il gamba de legn, che poi si prolungò al deposito di corso Vercelli.

Tutto questo mondo venne meno nel 1873, quando l’annessione dei Corpi santi portò progressivamente alla demolizione dei caselli, della porta e dei bastioni, ormai privi di funzionalità e mal sopportati in quanto freno per l’espansione urbana. In altre zone della città i caselli sopravvissero, qui proprio no!

# Anni Trenta: nasce piazza Conciliazione

Così, gli enormi spazi venutisi a creare videro presto la nascita di bei palazzi borghesi e l’apertura della via XX settembre (giorno della “breccia” di Porta Pia, nel 1870) voluta con il Piano Regolatore Beruto, approvato definitivamente nel 1889. Una via pensata per lotti di terreno adatti ad ospitare ville di industriali e commercianti, insomma la nuova alta borghesia milanese.

Lo slargo di porta Magenta diventerà negli anni trenta piazzale Francesco Baracca. Lo slargo, attiguo, dove parte la via XX settembre, fu anch’esso battezzato solo negli anni trenta, assumendo il nome di piazza Conciliazione.

# Perché si chiama Conciliazione? La confusione di Chat GPT

Credits alessandro.barra.988 IG – Piazza della Conciliazione

Un nome curioso, di cui non si riesce a trovare l’origine perfino su Google. Le cose non vanno meglio neppure con Chat Gpt secondo cui “Piazza Conciliazione a Milano prende il nome dal concetto di “conciliazione” che si riferisce all’idea di riunire, pacificare o risolvere le dispute. Il nome richiama l’importanza di risolvere le differenze e promuovere l’armonia tra le persone.” Una supercazzola, insomma. Ma l’intelligenza artificiale avanza anche un’altra ipotesi, ancora più bizzarra: “Inoltre, è interessante notare che la piazza è stata oggetto di controversie e dibattiti nel corso degli anni, legati alla sua costruzione e alla sua architettura. Questi dibattiti hanno richiesto un processo di negoziazione e conciliazione tra le parti coinvolte, il che potrebbe aver influenzato la scelta del nome.” Conciliazione per far fare la pace a chi la voleva costruire? Più che artificiale è un’intelligenza molto fantasiosa, come quando conclude la sua risposta dicendo che: “Piazza Conciliazione è anche notevole per la presenza della celebre Cattedrale di Milano, nota come il Duomo, che si trova proprio di fronte ad essa. La presenza di un simbolo religioso così importante contribuisce ad enfatizzare il valore della pace e della conciliazione nella società.” E pensare che c’è chi la teme per prendere il posto dei giornalisti. Ma passando da un’intelligenza artificiale a un minimo di cultura umana, qual è allora il motivo di questo nome così indigesto alle macchine che ci governano?

# Il vero significato: la conciliazione tra Stato e Vaticano

Il toponimo in realtà celebrava l’accordo concluso tra lo Stato italiano e la Santa Sede l’11 febbraio 1929 con i Patti lateranensi. Si risolveva la questione romana nata dopo la breccia di porta Pia del 20 settembre 1870.

In epoca recente, al centro della piazza, a dire il vero una grande rotatoria stradale, fu posizionato il monumento realizzato da Carlo Ramous (1926-2003): il «Gesto per la libertà», inizialmente esposto nel 1974 in piazzetta Reale.

Continua la lettura con: Il progetto del Vercelli Village

MAURO COLOMBO 

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Quando a Milano scattò la censura contro tutta la corrispondenza in arrivo da Svezia e Danimarca

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8 gennaio 1971. La magistratura milanese prova ad arrestare l’invasione di materiale pornografico a Milano. Con un’ordinanza che non aveva precedenti, la procura della Repubblica ordina alle Poste il sequestro di “tutta la corrispondenza proveniente dalla Svezia e dalla Danimarca, contenente in maniera evidente stampati vari e in modo particolare fotografie, volumetti, riviste e film presumibilmente pornografici” (Corriere della Sera)

MILANO CITTA’ STATO

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A Milano l’«Hub degli artisti»: 7 idee per renderla capitale della cultura del terzo millennio

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Nata nel 2023, come evoluzione della Galleria Milano di Carla Pellegrini Rocca, figura di riferimento nel panorama artistico milanese, la Fondazione Galleria Milano, diretta dal figlio dell’artista scomparsa nel 2019, Nicola Pellegrini, promuove l’arte contemporanea ed è un punto di riferimento per la sua conservazione. Inaugurando la nuova sede in via Arcivescovo Romilli 7, la Fondazione lancia la sfida: diventare l’«Hub degli artisti». Ecco 7 idee per integrare arte, design e innovazione urbana e rendere Milano la capitale dell’arte del futuro.
 
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A Milano l’«Hub degli artisti»: 7 idee per renderla capitale della cultura del terzo millennio

#1 La metropolitana come portale dell’arte

È il sogno di molti milanesi: scendere gli scalini della metro e, come d’incanto, non trovarsi di fronte la solita banchina sporca, ma vivere un’esperienza artistica. La metropolitana potrebbe evolversi in un portale dell’arte: grazie alla realtà aumentata, le stazioni e i vagoni diventerebbero luoghi in cui le opere d’arte si mescolano con la quotidianità.

Ogni stazione potrebbe ospitare installazioni artistiche interattive che reagiscono ai movimenti dei passeggeri. Come pareti che si trasformano in schermi, su cui le opere si sviluppano in tempo reale, o a treni che diventano gallerie in movimento, con proiezioni artistiche che interagiscono, mostrando il meglio del paesaggio urbano e dell’architettura delle zone sotto cui si sta viaggiando. Ogni viaggio in metropolitana diventerebbe un’esperienza artistica unica, in continuo cambiamento.

#2 L’ennesimo parco? No! Un ecosistema artistico intelligente

Un nuovo tipo di installazione potrebbe attirare l’interesse degli artisti internazionali a Milano: un’area verde che, in realtà, sarebbe un ecosistema artistico intelligente. La prima prova potrebbe essere realizzata in Piazza del Duomo, dove un tempo sorgevano le palme.

Ogni pianta, ogni albero e ogni fiore di questa “area verde” sarebbe in realtà sintetico e dotato di sensori e tecnologie in grado di rispondere ai movimenti dei visitatori, creando coreografie naturali e interattive. Le possibilità sono tantissime: si potrebbe pensare a un parco in cui i “fiori” si aprano e chiudano in risposta al passaggio dei pedoni, o ad “alberi” che emettono suoni e cambiano colore e forma in base all’ambiente circostante. Si tratterebbe di arte d’avanguardia, un’opera che consisterebbe in una performance artistica di cui tutti, cittadini e turisti, potrebbero beneficiare.

#3 Musei tridimensionali e immersivi

La Fondazione Galleria Milano, in collaborazione con la Grande Brera, potrebbe dare vita a una rivoluzione nel mondo dei musei, introducendo spazi tridimensionali e immersivi che trasformerebbero l’esperienza artistica. Utilizzando realtà virtuale (VR) e intelligenza artificiale (AI), le opere non sarebbero più statiche, ma diventerebbero entità “vive”, in grado di evolversi in tempo reale, reagendo all’interazione con il pubblico.

Ogni sala del museo potrebbe trasformarsi in un mondo a sé, dove le opere si modificano in base ai comportamenti dei visitatori, permettendo loro di esplorare le opere da angolazioni uniche, ingrandendole o avvicinandosi fino a quasi toccarle. I visitatori potrebbero anche essere guidati in percorsi che li portano “dentro” i quadri, esplorando e interagendo con le opere come mai prima d’ora.

Alcune di queste esperienze potrebbero essere arricchite da performance artistiche, in cui gli stessi artisti, durante la visita, modificano l’opera originaria e spiegano in modo dinamico la loro visione, creando un dialogo continuo tra arte e pubblico. Ogni visita diventerebbe così un’esperienza unica, rendendo i musei non solo spazi espositivi, ma veri e propri luoghi di co-creazione, dove il pubblico è parte integrante del processo artistico.

#4 Grattacieli come tele digitali: spettacoli e proiezioni che plasmano la città

Un’idea interessante, messa in pratica anche a Milano, ancorché poco sfruttata, è l’utilizzo delle facciate degli edifici per spettacoli di luce e proiezioni artistiche tramite video mapping. Questa tecnologia trasforma gli edifici in tele digitali su cui vengono proiettati filmati e animazioni che raccontano storie e temi sociali. A Milano, questa pratica potrebbe essere ampliata, estendendo le proiezioni ai grattacieli, creando una città che diventa un palcoscenico, raccontando la propria storia attraverso l’arte digitale.

Il passo successivo, con vera portata artistica, sarebbe trasformare i grattacieli in superfici artistiche dinamiche, che reagiscono in tempo reale alle condizioni atmosferiche. Le facciate potrebbero rispondere ai fulmini con esplosioni di luce durante un temporale, o attivare giochi di luci brillanti sotto il sole, interagendo con il vento e la pioggia. L’arte si evolverebbe insieme all’ambiente naturale, creando una fusione tra urbanistica e natura.

Se concentrate in una sola zona, come per esempio in Piazzale Cadorna, queste “installazioni” la renderebbero un punto di interesse culturale e di attrazione turistica fenomenale, suscitando senza dubbio l’interesse degli artisti internazionali.

# 5 Musica immersiva negli spazi pubblici

L’arte non è solo visiva, una nuova frontiera dell’arte urbana potrebbe essere un’esperienza sonora, immersiva ma discreta, pensata per gli appassionati d’arte e musica. Si tratterebbe di una piattaforma digitale o di un’applicazione comunale che, tramite cuffie o auricolari, offre ai visitatori una colonna sonora personalizzata mentre esplorano la città.

L’app potrebbe attivarsi in base alla posizione, adattando la musica e i suoni alle diverse zone di Milano, creando una dimensione sonora unica per ogni angolo. Per esempio, passeggiando per Piazza del Duomo, l’app potrebbe offrire un soundscape dinamico che risponde al movimento dei passanti, mentre nei parchi o lungo i Navigli la musica potrebbe diventare più rilassante o acustica. La metropolitana potrebbe trasformarsi in un palcoscenico sonoro temporaneo, dove ogni viaggio è accompagnato da performance musicali legate alla cultura della città.

#6 Musei mobili: l’arte in movimento

Milano potrebbe innovare l’esperienza dell’arte portando le opere d’arte direttamente nelle strade della città con un programma di “flash mob artistici”. Si tratterebbe di veicoli elettrici trasparenti, eleganti e minimalisti, che trasportano opere d’arte di valore – sia originali che copie fisiche – attraverso le piazze, i parchi e i quartieri più frequentati. Questi “musei mobili” non sarebbero solo mezzi di trasporto, ma veri e propri contenitori di bellezza che, sorprendendo i passanti, si fermerebbero in punti strategici della città, creando un impatto visivo diretto. Ogni fermata diventerebbe una breve e inaspettata mostra che stimola curiosità e apprezzamento verso l’arte.

Gli autisti o accompagnatori dei veicoli, equipaggiati con microfoni e altoparlanti, o attraverso QR code che rendano una spiegazione in cuffia, spiegherebbero in tempo reale le opere esposte e il loro significato. Questo approccio sarebbe una risposta alla crescente digitalizzazione, ponendo l’accento sull’arte fisica e sull’impatto che una vera opera può avere sull’individuo. L’idea sarebbe di permettere ai milanesi di imbattersi casualmente in un’opera d’arte, rendendo l’arte parte della vita quotidiana, accessibile a chiunque senza dover entrare in un museo.

#7 Arte performativa 4.0: hub artistici disseminati in tutto il mondo

Per affermarsi come leader globale nell’arte e nella cultura, Milano potrebbe lanciare un ambizioso progetto: un “portale fisico” situato nel cuore del quartiere Brera, una struttura innovativa che connetterebbe la città alle principali metropoli artistiche del mondo. Questo portale, dotato di schermi interattivi, permetterebbe a chiunque di creare, disegnare e produrre opere artistiche digitali in tempo reale, visibili non solo dai passanti milanesi, ma anche dai cittadini di altre città d’arte come Parigi, New York, Tokyo e Berlino. Le opere prodotte diventerebbero parte di una rete globale di creazione e condivisione, favorendo il dialogo interculturale in tempo reale tra le città, gli artisti e il pubblico.

Gli spettacoli e le performance artistiche trasmesse dal portale potrebbero essere vissuti contemporaneamente in più città, creando una possibilità unica di confronto e scambio culturale. Grazie a questa connessione digitale, persone di tutto il mondo potrebbero assistere, nello stesso momento, a una performance artistica dal vivo che avviene in più luoghi, rafforzando l’interazione tra pubblico e artisti e stimolando la riflessione collettiva.

Continua la lettura con: L’Intelligenza Artificiale alla guida di Milano? Le novità all’orizzonte per mobilità e sicurezza

MATTEO RESPINTI

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Boom della Lotteria Italia: e se ci fosse quella milanese? Quello che si potrebbe fare con il ricavato

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Quest’anno la Lotteria Italia segna cifre da record a Milano (parliamo di 583.750 biglietti) e in Lombardia, la domanda sorge spontanea: perché non pensare a una Lotteria Milano? Anche considerando che la prima lotteria della storia fu fatta proprio in Sant’Ambrogio. 

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Boom della Lotteria Italia: e se ci fosse quella milanese? Quello che si potrebbe fare con il ricavato

# Cos’è la Lotteria Nazionale e come funziona?

La Lotteria Italia è una delle lotterie più tradizionali del Paese, organizzata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Ogni anno, i cittadini acquistano biglietti numerati, sperando di vincere premi che vanno da somme in denaro a beni materiali di grande valore.

L’estrazione avviene il 6 gennaio, e i premi più ambiti vanno a chi ha acquistato i biglietti fortunati. I premi possono arrivare fino a milioni di euro, ma la cosa interessante per Milano è che parte del ricavato finisce direttamente nella casse dello Stato, una percentuale delle vendite viene destinata al bilancio pubblico.

L’organizzazione della lotteria è un meccanismo di raccolta fondi che coinvolge milioni di italiani ogni anno. Nel 2024, ad esempio, sono stati venduti oltre 8,6 milioni di biglietti, con la Lombardia e Milano in testa alla classifica.

Nonostante il successo sia localizzato, i ricavi di questa lotteria sono destinati principalmente a finanziare iniziative a livello nazionale. Perché non organizzare ad hoc una lotteria su base locale?

# La prima lotteria della storia venne fatta a Milano

Credits: wikiwand.com
vessillo repubblica ambrosiana

9 gennaio 1448. A Milano in piazza Sant’Ambrogio si tiene a prima lotteria pubblica della storia. L’inventore del gioco fu Cristoforo Taverna, un banchiere milanese, che la organizzò per raccogliere fondi per le casse della Aurea Repubblica Ambrosiana, in guerra contro Venezia.

# La proposta: una Lotteria Milanese

Una “Lotteria Milanese” servirebbe a finanziare la città. Se consideriamo i numeri della Lotteria Italia 2024, dove Milano ha venduto oltre 580.000 biglietti, possiamo fare alcune ipotesi sul possibile ricavo della lotteria cittadina.

Se ipotizziamo che il prezzo di un biglietto rimanga invariato (5 euro), con 580.000 biglietti venduti, la città potrebbe raccogliere circa 3 milioni di euro.

In un’ipotesi di crescente partecipazione, questo importo potrebbe crescere in modo significativo, rendendo la Lotteria Milanese uno strumento potente per finanziare iniziative locali, come la riqualificazione urbana, la cultura, la sostenibilità e i servizi sociali. Il tutto con un sistema che vede i cittadini come protagonisti, incentivandoli ad acquistare più biglietti per sostenere progetti concreti che riguardano la loro vita quotidiana.

# L’alternativa: destinare una parte dei fondi della Lotteria Nazionale alle città che vendono più biglietti

Una Lotteria Milanese potrebbe non bastare per coprire tutte le necessità di una città come Milano, che contribuisce annualmente con oltre 20 miliardi di euro alle casse dello Stato. Un’alternativa più vantaggiosa potrebbe essere quella di destinare una parte del ricavato della Lotteria Italia alla città che acquista il maggior numero di biglietti. Questa proposta darebbe un chiaro incentivo ai cittadini di Milano (e di altre città) a partecipare attivamente alla lotteria, con la consapevolezza che i fondi raccolti tornano direttamente in loro favore, migliorando la loro città.

Nel caso specifico di Milano, se la città continuasse a mantenere la sua posizione di leader nelle vendite di biglietti, il ricavo annuale potrebbe essere sostanzialmente aumentato, andando a finanziare progetti di valore come la mobilità sotterranea, la rigenerazione dei quartieri, i servizi di sicurezza e le infrastrutture sociali. Con l’implementazione di questa strategia, i cittadini milanesi non solo avrebbero l’opportunità di vincere premi significativi, ma vedrebbero anche un ritorno diretto sulla qualità della vita della loro città.

#Un circolo virtuoso: maggiore partecipazione, maggiore montepremi, più fondi per Milano

La chiave di questa proposta risiede nell’idea di creare un circolo virtuoso. Se i cittadini sapessero che i proventi della Lotteria Italia sono destinati a finanziare la loro città, aumenterebbero inevitabilmente la loro partecipazione. Questo, a sua volta, farebbe crescere il montepremi, che diventerebbe ancora più allettante per chi partecipa. Con il crescente numero di partecipanti, il ricavo aumenterebbe ulteriormente, generando più fondi per Milano e migliorando, di conseguenza, la qualità della vita della città stessa.

Il fatto che i fondi raccolti siano visibili e destinati a progetti locali, anziché finire disperso nel bilancio statale, creerebbe un forte senso di comunità e appartenenza tra i cittadini. Non si tratterebbe solo di una semplice lotteria, ma di un’iniziativa che avrebbe un impatto concreto sulla città e sui suoi abitanti. L’effetto psicologico sarebbe significativo: i cittadini avrebbero maggiore fiducia nel sistema, vedendo che il loro investimento contribuisce a rendere la loro città migliore. La “Milano del futuro” potrebbe davvero partire da una lotteria cittadina, pensata per il benessere comune.

Continua la lettura con: L’Intelligenza Artificiale alla guida di Milano? Le novità all’orizzonte per mobilità e sicurezza

MATTEO RESPINTI

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Terminal di Lampugnano: le 4 proposte per renderlo un luogo più «umano»

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Ph. Manuele Mariani - Spazi inutilizzati di ATM

Il Terminal bus di Lampugnano versa in una condizione indecente: qui il fotoreportage. Finora non sono state prese in considerazione ipotesi di riqualificazione, c’è chi pensa persino di chiuderlo e trasferire le attività altrove. Manuele Mariani avanza alcune proposte per renderlo un luogo più accogliente per i viaggiatori di tutta Europa.

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Terminal di Lampugnano: le 4 proposte per renderlo un luogo più «umano»

# L’ipotesi di trasferimento per migliorare sicurezza e degrado dell’area

La situazione del Terminal di Lampugnano è sempre più fuori controllo. L’ultimo reportage fotografico di Manuele Mariani, dal quale riportiamo alcuni scatti, mostra come sia necessario quanto prima un serio intervento nell’area. Il consigliere Pantaleo ha suggerito di chiudere terminal e parcheggio alla scadenza della concessione ad un’associazione temporanea d’imprese prevista a metà dicembre 2026. L’idea sarebbe quella di trasferire l’attività altrove per ingrandirsi e migliorare il servizio, migliorando sicurezza e riducendo il degrado del quartiere. Si potrebbe ad esempio realizzare a un capolinea della metro come Rho Fiera, servendo anche il nuovo quartiere di MIND.

Leggi anche: Il terminal di Lampugnano verrà chiuso e trasferito?

# Le 4 proposte per renderlo più accogliente per i milanesi e per i viaggiatori di tutta Europa

Maps – Lampugnano M1

Manuele Mariani propone di mantenere il Terminal a Lampugnano: «spostarlo altrove magari a un capolinea della metro sarebbe troppo lontano dalla città mentre nella posizione attuale non è distante dal centro, dallo Stadio di San Siro e dall’autostrada.» Però urgono alcuni interventi. 

Ph. Manuele Mariani – Spazi inutilizzati di ATM

#1 Una sala d’attesa nuova e più capiente.
Occorre innanzitutto pensare a una riqualificazione che contempli una nuova e capiente sala d’attesa, con più sportelli per la biglietteria, da realizzare ad esempio negli spazi inutilizzati di proprietà di ATM.

#2 Deposito bagagli. 
Servirebbe poi un deposito bagagli: lo stesso Mariani è riuscito a ottenere il posizionamento di armadietti locker, per il ritiro e la giacenza di pacchi, e punti per ricarica di cellulari.

#3 Negozi: parafarmacia e minimarket.
Per tenere vivo e in sicurezza il luogo servono dei negozi, i primis una parafarmacia e un minimarket.

#4 Pulizia e sicurezza.
Fondamentale, infine, garantire un presidio delle forze dell’ordine e andrebbe prevista una pulizia e manutenzione costante per mantenere l’ordine e il decoro.

# La suggestione di Yom Design Studio per il rinnovo della stazione e dell’area antistante

Yom Design Studio ha provato invece ad immaginare come trasformare in un grande hub infrastrutturale e una sorta di piazza pubblica dove incontrarsi e socializzare. Nello specifico è stato ipotizzato: una sala d’attesa con le indicazioni dei bus in arrivo e partenza e il contestuale rinnovo dell’edificio del terminal, un’area esterna caratterizzata da panchine, alberi, aiuole, stalli per biciclette e uno nuovo disegni dei flussi della mobilità. 

Continua la lettura con: Apocalisse Lampugnano: il fotoreportage da incubo

FABIO MARCOMIN

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NoLo è la nuova Isola?

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Credits blassa75 IG - Murale Nolo

Il quartiere popolare a nord di Milano sta diventando uno dei più cool della città?

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NoLo è la nuova Isola?

# Il quartiere popolare a nord di Milano sta diventando uno dei più cool della città?

NoLO_ via Facebook 1
NoLO_ via Facebook 1

Fino a circa dieci anni fa quello tra Greco, Casoretto e Turro era un quartiere popolare con un passato critico, che trovava forza nella sua vita di comunità e abitata da immigrati del Sud Italia poi sostituiti da latinoamericani, nordafricani e orientali, e solitamente nota alle cronache per fenomeni come spaccio, prostituzione, scippi, case occupate oltre a degrado e sciatteria di strade e muri.

Negli ultimi anni grazie a una trasformazione spontanea, che riguarda principalmente la composizione sociale del quartiere, la zona è diventata una delle preferite da studenti, giovani professionisti e creativi attratti dai prezzi bassi delle case e degli affitti, ma anche da quell’atmosfera multiculturale che ora non fa più così paura, e viene anzi spesso vissuta come un plus.

Se solo ieri il Parco Trotter era un luogo noto per il problema della droga, oggi è il fulcro intorno a cui ruotano hipster, florist designer, bikers e biciclettai, artisti di ogni genere con lunghi cappelli e cappelloni, baffi. Un’intera generazione di artisti e creativi che ha riconquistato l’area.

# La nascita di Nolo

Nolo -North of Loreto

Il nome Nolo nasce nel 2012 come un’idea di marketing da parte dagli architetti Francesco Cavalli, Luisa Milani e Walter Molteni, mentre scherzavano sulla possibilità di creare un marchio di quartiere: come SoHo a New York sta per South of Houston, Nolo identifica NOrth of LOreto. Da quel momento ha iniziato concettualmente a prendere forma, e le manifestazioni, i mercati cittadini e le iniziative del territorio hanno cominciato a portare un nuovo nome fino a che è entrato a far parte parte ufficialmente del Comune di Milano come nuovo quartiere.

# Il boom dei locali 

Credits: @ghepensi_mi
Ghe Pensi MI

La trasformazione della zona si è caratterizzata anche per un vero e proprio boom di locali e iniziative. Da Hug Milano, un bistrot sorto in un’antica fabbrica di cioccolata che fa anche da ostello, ciclofficina, spazio coworking e un po’ da portineria. Oppure al NoLoSo, il locale con le pareti rosa e blue Tiffany diventato in poco tempo un punto di riferimento per la comunità gay friendly.

Credits: foodyas.com – Spazio Nolo 43

I negozi tradizionali si sono reinventati in moderni e trendy “concept store”, dove anziché vestiti si vendono “esperienze sensoriali” come Spazio NoLo, anziché fiori o biciclette si vendono entrambi anche in coppia, facendoti sentire pioniere di uno stile di vita più misurato e sostenibile, da Bici e radici in via D’Apulia 2. Ci sono anche associazioni culturali come la Salumeria del Design, il primo “bar-progetteria” di Milano, he fra le altre cose anima la via Stazio con un mercatino del vintage dall’improbabile nome Le Pulci Spettinate.  

# La radio di quartiere e il festival alternativo a San Remo

Radio Nolo

Nel quartiere è però la socialità ad avere espresso il massimo delle sue potenzialità.  Sara e Daniele sono i due fondatori di NoLo Social District, che a forza di colazioni organizzate in strada hanno messo su un bel gruppo di gente appassionata e coesa che crede al nuovo quartiere. Sono nate altre iniziativa per rafforzare lo spirito di comunità come il CorNolo, il gruppo lavoro a maglia LaNolo, il gruppo di fotografia PhotoNolo e così via. C’è persino una radio di quartiere che ovviamente si chiama RadioNolo, e trasmette un radiogiornale che non poteva non chiamarsi GiorNoLo.

Non manca poi il Fringe Festival, dedicato alle arti, Biennolo, e il Festival di SanNolo, una sorta di contro festival della canzone italiana.

Leggi anche: In arrivo a Milano SanNOLO, il (contro)FESTIVAL della CANZONE ITALIANA

Credits Urbanfile – Nolo mappa

Continua la lettura con: Dopo il TUNNEL BOULEVARD via al countdown per la RIVOLUZIONE di VIA PADOVA

FABIO MARCOMIN

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Quando vedi qualcuno impalato a sinistra sulle scale mobili a Milano

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Basta una parola. 

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Continua con: Quando ti svegli la notte e ti ricordi che hai parcheggiato in strada a Milano

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Le 5 scalinate più emozionanti di Milano

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credit: milanointour.it

Chi ha detto che Milano è tutta piatta? Ecco le 5 scalinate più belle della città.

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Le 5 scalinate più emozionanti di Milano

#1 Scalinata d’accesso a Gae Aulenti

credit: spreafotografia.it

L’accesso ad una delle piazze più moderne della città unisce Gae Aulenti alla movida notturna milanese attraverso una scalinata mozzafiato. Funzionale con le sue rapide scale mobili, permette a pedoni e ciclisti di accedere alla piazza senza però peccare in stile ed eleganza. I gradini sono alternati da alberi e aiuole verticali che salgono verso la piazza, seguendo il corso della scalinata.

#2 Scalinata dell’Apple Store di Piazza del Liberty

credit: apple.com

Piazza Liberty nonostante sia privata è sempre stata convenzionata ad uso pubblico. La sua riqualifica è stata fatta dall’Apple Store che vi sorge e che ha dato vita ad un nuovo polo attrattivo in città. La scalinata, dolce e non troppo pendente, è la regina della piazza accompagnata dal suo re, un doppio parallelepipedo di vetro alto ben sette metri con delle affascinanti cascate d’acqua.

#3 Scalinata da Via XX Settembre alla Triennale 

Un altro punto in città con non una, ma ben tre scalinate, è la zona Magenta. Proseguendo da Via XX Settembre verso la Triennale, si trovano due scalinate in pietra in successione, circondate da dei piccoli giardinetti, in stile con la “strada delle ville” che spezza il grigiore urbano.

#4  Scalinate da Via Capelli a Garibaldi

Ph. @filippopitrelli_realestate

Per arrivare a Garibaldi passeggiando da Corso Como, si percorre Via Capelli che un tempo era una semplice rampa pedonale mentre oggi è una vera e propria passerella dello shopping tra negozi, panchine su cui rilassarsi, fiori e luci colorate. Le due scalinate di accesso dalle quali si vede svettare la Torre Unicredit, sono dunque solo la ciliegina sulla torta di una via che al momento rappresenta uno dei gioielli della Milano moderna. Da menzionare anche sul lato opposto rispetto a Gae Aulenti la scalinata che da Piazza Alvar Aalto consente di scavallare via Melchiorre Gioia. 

Scalinata da Piazza Alvar Aalto (sopra melchiorre gioia)

#5 Scala Collina dei Ciliegi

Ph. @_lelecorvi IG

La Collina dei Ciliegi è una collinetta artificiale a sud della zona Bicocca, che in primavera si colora di rosa grazie ai numerosi ciliegi. E’ uno dei luoghi più sconosciuti di Milano ma che merita indubbiamente di essere scoperto, soprattutto in primavera con gli alberi in fiore. Ma all’interno di questo piccolo parco, la principale attrazione è la scalinata che in passato era stata trasformata nella grande Scala Arcobaleno, con i colori che poi sono via via svaniti. La ricordiamo così:

credit: milanointour.it

Leggi anche: Le 7 PIAZZE più SORPRENDENTI di Milano

ROSITA GIULIANO

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Lo squallore di via Pesto, la strada dimenticata di Milano

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Stefano Sgambati FB - Via Pesto, Milano

Pensare che a soli pochi metri c’è uno degli angoli più suggestivi di Milano e a 5 minuti a piedi la zona degli aperitivi e dalle sedi delle maison di moda e del design. 

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Lo squallore di via Pesto, la strada dimenticata di Milano

# Il degrado a pochi passi dal quartier generale di case di moda e design

Maps – Via Pesto

Ci troviamo in una delle zone più cool e caratteristiche di Milano ma invece sembra una terra di nessuno. Via Pesto è una strada di meno di 200 metri in zona Navigli, a pochi passi dal complesso residenziale di lusso “BoscoNavigli” in costruzione a firma di Boeri, con appartamenti a partire da 6.400 euro al mq e da uno degli angoli più suggestivi della città, la Chiesa di San Cristoforo. A 5 minuti a piedi la zona degli aperitivi e delle sedi maison di moda e del design di Tortona. Unisce via Tolstoi con via San Cristoforo, che poi prosegue su via Tortona.

# Sporcizia e vetri rotti dei finestrini delle auto in sosta

Stefano Sgambati FB – Via Pesto, Milano

Una sensazione di degrado e squallore quella che si percepisce mettendo piede in questa via. Da un lato un lungo murales intitolato “Un muro che unisce – Murales Valentina di Guido Crepax” che raffigura il fumetto di Diabolik, sull’altro tag e graffiti sul muro che divide dalla ferrovia. La carreggiata e i marciapiedi, come segnalato da Stefano Sgambati, sono spesso ricoperti dai vetri rotti delle auto scassinate nella notte, oltre che da sporcizia e immondizia di vario genere.

 

Continua la lettura con: Dove si potrebbe mettere Via Roma a Milano? Questa la strada da “correggere”

MILANO CITTA’ STATO

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Come far capire la tua età a Milano… senza dire quanti anni hai

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Credits davinotti - Schermata film Sposerò Simon Le Bon

Momento nostalgia. In un sondaggio abbiamo chiesto: “Dì una cosa su Milano che faccia capire la tua età senza dire quanti anni hai”. Le risposte più emozionanti. 

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Come far capire la tua età a Milano… senza dire quanti anni hai

# Il Gamba de Legn

Milano-GambaDeLegn
Milano-GambaDeLegn

Ho visto uscire il Gamba de Legn dal deposito in corso Vercelli!!” – Cit. Lilian J.

# L’inaugurazione della M1

Credits: Milanofree.it
Inaugurazione

Aperta la linea uno della metropolitana.” – Cit. Ilario M.

# Bombay, l’elefante dello zoo 

Credits propertieslife.it – Bombay

Bombay l’elefante dei giardini pubblici” – Cit. Matteo V.

# La Madonnina dall’ultima balaustra

Credits: @andreacherchi_foto
Madonnina

Quando si poteva andare visitare la madonnina fino all’ultima balaustra sulla guglia…io l’ho fatto” – Cit. Maria P.

# Il tram in Corso Buenos Aires

Credits Milano sparita a da ricordare Fb- Tram 17 Corso Buenos Aires

In corso Buenos Aires passava il tram” – Cit. Donata R.

# Il Cinema Rubino con le proiezioni alla mattina

Credits giusepperausa.it – Cinema Rubino

Cinema d’essai Rubino, all’inizio di Via Torino, aperto anche di mattina per chi stava bigiando.” – Cit. Ro V.

# Il Milan della “stella”

Durante le mie prime partite a San Siro, ho visto il Milan della Stella, l’ultima partita di Rivera…” – Cit. Gianfranco L.

# Il Luna Park alle Varesine

Credits: pinteresti.it
le Varesine

Autoscontro con le automobiline nel Luna Park delle Varesine” – Cit. Lorenzo V.

# Bob Marley a San Siro

Credits: www.rollingstone.it

“Il concerto di Bob Marley”Cit. Roberto S.

# Ci vedevamo da Burghy 

Burghy

Il Burghy in piazza San Babila” – Cit. Caterina D.

# Scuole chiuse per neve

Credits anniottantaforever IG – Nevicata ’85 Milano

Nevicata dell’85 e a casa da scuola!” – Cit. Francesca L.

# La vittoria di Tomba alla montagnetta

campionati italiani di sci a milano (montagnetta)
campionati italiani di sci a milano (montagnetta)

Quando Tomba vinse alla montagnetta” – Cit. Claudio S.

# Da Transex

Credits davinotti – Schermata film Sposerò Simon Le Bon

“Ho frequentato Transex, il negozio di musica che si vede anche in “Sposerò Simon Le Bon” – Cit. Frank D.

# I taxi gialli

Credits Milano Sparita e da ricordare FB – Taxi gialli in Duomo

I taxi gialli in mezzo alla nebbia…” – Cit. Valentina R.

# Zia Maria, l’antesignano del fast food

Zia Maria in via Broletto, fast food antesignano… la pubblicità sulle reti locali aveva un motivetto che terminava con “… Zia Mariaaaaa I love youuuuu” – Cit. Graziella F.

# A ballare al Rainbow 

Foto: Daniela Luchadora (da FB RainbowClubMilano)

Rainbow club in Bande Nere serata dark/new wave il venerdì.” – Cit. Oleg C.

 

# Il “Mangiafuoco” in Duomo

Credits rivistailcantastorie – Mustafà Mangiafuoco

Mustafa ibrahim mangia fuoco in piazza Duomo.” – Cit. Fabio L.

# “Strippoli, la Bottega dei vini di Puglia, con i migliori panzerotti di Milano” in piazza Fontana

“La bottega dei vini di Puglia, Strippoli. Panzerotti che Luini se li sognava, calati dal piano superiore tramite una botola.” – Cit. Cicalini M.

# Jovanotti al Rolling Stone

Jovanotti al Rolling nel 1992 Credits: @francescolegnani IG

Andare al Rolling Stones a vedere la registrazione di “1,2,3 Jovanotti” – Cit. Catherine K.

# Piazza Duomo come Times Square

Le insegne luminose di fronte al Duomo.” – Cit. Isabella T.

Continua la lettura con: Le 7 ZONE di Milano che stanno più ANTIPATICHE ai milanesi

FABIO MARCOMIN

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7+1 luoghi curiosi di Milano

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palazzi di milano

Milano riserva sempre grandi sorprese, con luoghi davvero curiosi che non tutti conoscono. Perché non organizzare un tour della curiosità?

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7+1 luoghi curiosi di Milano

#1 Piazza Affari con il dito medio 

Credits: @francescobarbieri Dito Cattelan

L’artista padovano Maurizio Cattelan è famoso per le sue opere d’arte irriverenti e dissacranti. Anche con il dito medio in piazza Affari è riuscito nel suo intento. Il nome della scultura L.O.V.E. significa Libertà, Odio, Vendetta e Eternità. Alta 11 metri e realizzata interamente in marmo, sembra possa rappresentare una critica verso il mondo della finanza, oppure al contrario uno sberleffo della stessa verso i cittadini.

Leggi anche: L.O.V.E. – Il dito medio di Cattelan: storia e significato del più celebre dito di Milano

#2 San Bernardino alle Ossa in Piazza Santo Stefano

Chiesa di San Bernardino alle Ossa. Credits: @lavy.92 IG

San Bernardino alle Ossa è forse uno dei luoghi più macabri di Milano, la sua cripta infatti è rivestita interamente da teschi e ossa umane. La presenza dell’ossario risale al 1210 quando le ossa del vicino cimitero erano in esubero e si cercava così un luogo dove riporle. Dopo il crollo del campanile di Santo Stefano nel 1695, che con l’impatto distrusse interamente l’ossario e la chiesa di San Bernardino, la cripta venne ricostruita e i lavori vennero conclusi nel 1776. 

#3 La Burano milanese nel Quartiere Arcobaleno

Credits: @solynou IG

Il Quartiere Arcobaleno di Via Lincoln, definita non a caso la Burano milanese, è uno dei quartieri più caratteristici di Milano, a tal punto da sembrare di trovarsi altrove. Queste case colorate vennero progettate e pensate nell’Ottocento da una cooperativa edilizia per gli operai e ferrovieri della fu stazione di Porta Tosa. Un vero e proprio caleidoscopio urbano.

Leggi anche: Il QUARTIERE ARCOBALENO: la NOTTING HILL MILANESE?

#4 La “Casa dell’edera” in Viale Majino 

Credits Milano arte e pensieri Fb – Casa dell’edera

In Viale Majino 20, a pochi passi da Porta Venezia, si trova un elegante palazzo ricoperto completamente di edera, conosciuto appunto come “casa dell’edera”. Nel cuore della città questo edificio degli anni Venti ricoperto da piante rampicanti che cambiano colore ad ogni stagione e regalano uno spettacolo incredibile.

Leggi anche: I GIARDINI VERTICALI di Milano

#5 Cà dell’Oreggia, il palazzo liberty con un grande orecchio 

Ca dell’oreggia

Il nome del palazzo dice tutto: “Cà dell’oreggia”, casa dell’orecchio. Nei pressi di Corso Venezia, in via Serbelloni 10, questa costruzione in stile liberty progettata da Aldo Andreani nella seconda metà degli anni venti ha infatti un grande orecchio di bronzo a lato della porta di ingresso. L’opera firmata da Adolfo Wildt, che dà il nome al palazzo, fu uno dei primi citofoni dell’epoca anche se oggi non è più funzionante.

#6 Villa Invernizzi in via Cappuccini con i suoi fenicotteri rosa

foto di andrea cherchi (c)
Fenicotteri a Villa Invernizzi – foto di andrea cherchi (c)

In via dei Cappuccini, in zona Porta Venezia, si trova un luogo fuori dal tempo: Villa Invernizzi. Costruita dal celebre imprenditore ospita un angolo esotico all’interno del suo meraviglioso giardino. Guardando attraverso le inferriate della recinzione si può infatti ammirare una splendida colonia di fenicotteri rosa riposarsi, mangiare oppure dissetarsi nella grande fontana.

#7 Palazzo Berri Meregalli, con affreschi, putti e decori in ferro battuto

Berri Meregalli

Il palazzo Berri Meregalli progettato dall’Eclettismo di Arata è un museo di stili diversi a cielo aperto. Questo curioso edificio in via Cappuccini 8 mischia generi differenti, il romanico dei mattoni a vista e degli archi, il Gotico, il Rinascimento e il tardo stile Liberty degli affreschi e dei ferri battuti a riccio del maestro Mazzucotelli. Dalla cancellata in ferro battuto, che ricorda la grata di un castello medievale, si passa a uno spettacolare androne degno di una cattedrale bizantina realizzato con marmi e mosaici multicolori.

#7+1 Casa Galimberti, il miglior esempio di edificio in stile Liberty di Milano

Credits: Andrea Cherchi – Casa Galimberti – Porta Venezia

Casa Galimberti è considerata il miglior esempio di edificio in stile Liberty di Milano. Progettata tra il 1903 e il 1905 dall’Architetto Giovanni Battista Bossi, su commissione dei fratelli Galimberti, si trova in Via Malpighi 3, dietro a Porta Venezia. Si caratterizza per un rivestimento della facciata decorato da motivi floreali/bucolici in cemento e piastrelle in ceramica, terrazzi e colonne in ferro battuto.

Selezione tratta da: Acchiappamappa IG  

Continua la lettura con: Sapessi come è strano passeggiare tra le BOTTEGHE di TOKYO… a MILANO

FABIO MARCOMIN

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Quando il quartiere Rebecchino era il centro di Milano

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Credits maria chiara giangregorio ig -Rebecchino.jpg

A Milano l’innovazione urbanistica marcia senza sosta e sposta il baricentro attrattivo turistico verso altri luoghi più lontani dal classico Castello Sforzesco e Piazza Duomo. Eppure, anche il Duomo, in passato, ha subito continui interventi fino a diventare la piazza che tutti conosciamo. Quindi sappiamo cosa c’è e cosa troviamo se ci rechiamo in centro, ma non tutti sanno che un tempo, proprio di fronte alla facciata, sorgeva il quartiere Rebecchino.

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Quando il quartiere Rebecchino era il centro di Milano

# Un mini quartiere dal nome incerto

Credits maria chiara giangregorio ig -Rebecchino.jpg

Il quartiere Rebecchino sorgeva nell’attuale perimetro di piazza Duomo: rispetto agli altri quartieri era di dimensioni ridotte in quanto il tutto si concentrava in un solo isolato. Il suo nome ha una storia complessa e mai del tutto chiarita. Da una parte si pensa che il nome Rebecchino derivi da ribeca o rebecca che non è altro che uno strumento musicale a metà tra una chitarra e un liuto. Da alcuni studi, si è scoperto che nel sedicesimo secolo in questo quartiere esisteva un’osteria omonima e che aveva come insegna una donna con in mano una ribecca. Il caso vuole, tra l’altro, che il proprietario fosse di Robecco sul Naviglio. Lo scrittore milanese Francesco Cherubini (autore del primo dizionario milanese-italiano) in un suo scritto sostiene che il nome deriva dal tradizionale vino della zona (Il Robecco nda).

# Napoleone e l’osteria

Credits maria_chiara_giangregorio IG – Rebecchino verso Palazzo Reale

Al giorno d’oggi la teoria più accreditata sull’etimologia del quartiere è sicuramente quella dell’osteria di proprietà di Francesco Vigo. Un luogo che negli anni vide crescere il suo prestigio in città fino ad ampliarsi offrendo un servizio alberghiero.

Quando Napoleone Bonaparte arrivò a Milano, tra i vari interventi urbanistici che portano il suo nome, il rifacimento della facciata del Duomo era nelle fasi conclusive e si parlò per la prima volta di allargare l’intera piazza del sagrato, un’operazione che prevedeva la demolizione di tutti gli immobili del quartiere Rebecchino. A quei tempi il rione era costituito da stradine strettissime, appartamenti fatiscenti e la malavita, data l’alta presenza turistica del Duomo, era solita frequentare la zona per rubare. Nel 1810, la demolizione del quartiere viene inserito nel Piano Generale di Milano, ma la caduta di Napoleone cinque anni dopo fermò i lavori. Il quartiere e i suoi abitanti furono salvi.

# È solo questione di tempo

Credits maria_chiara_giangregorio IG – Demolizione Rebecchino

Sessant’anni dopo iniziano i lavori per la costruzione della galleria Vittorio Emanuele e per valorizzare meglio l’opera di Giuseppe Mengoni venne deciso di demolire l’intero quartiere. Nell’ottobre 1875 nel giro di due giorni il Rebecchino venne raso al suolo.

# Cosa rimane e cosa no

Laddove sorgeva l’osteria venne inaugurata una lussuosa struttura (il Regina Hotel/Ristorante Rebecchino) che fu durante la “belle epoque” il centro della vita mondana milanese. Durante gli anni della Repubblica di Salò divenne il quartier generale delle SS naziste e le sue stanze vennero tristemente usate per torture e interrogatori.

Oggi di tutto quello raccontato in questo breve articolo non c’è nulla, solo uffici e negozi. Quasi a voler dire che quel quartiere, dopo la sua demolizione, non doveva più esistere, non si doveva trasformarlo, una volta distrutto, solo il ricordo e qualche vecchia fotografia dovevano rimanere.

Continua la lettura con: Quando MILANO ha scritto la STORIA della LIBERTÀ

MICHELE LAROTONDA

copyright milanocittastato.it

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