Con oltre 190.000 studenti iscritti, oltre il 9 per cento della popolazione, Milano è uno dei maggiori poli universitari d’Italia e d’Europa, e molti dei principali Atenei stanno adeguando la loro offerta e le loro infrastrutture. E’ in particolare di queste ultime che oggi vogliamo parlare, dal momento che piani di sviluppo delle università meneghine avranno un impatto enorme sulla città, arrivando a stravolgere in alcuni casi la fisionomia di interi quartieri.
Il futuro delle UNIVERSITA’ di Milano
#1 Bocconi: il nuovo supercampus a volumi cilindrici
Il primo progetto ad arrivare al traguardo è quello della Bocconi. Progettata dallo studio giapponese Sanaa, e costruita dove si trovava l’ex Centrale del Latte di Milano a Porta Lodovica in via Castelbarco, la nuova struttura è stata inaugurata nella sua prima parte lo scorso novembre.
Il progetto si estende su una superficie di 35.000 metri quadri e include un’area verde di 17.000 metri quadrati. Comprende un pensionato da 300 posti letto (inaugurato lo scorso anno), quattro edifici che costituiscono la nuova sede della SDA Bocconi School of Management e un centro sportivo polifunzionale che sarà operativo dal prossimo anno accademico, con due piscine (una delle quali olimpica da 50 metri, l’altra da 25), un’area fitness, un campo da basket-pallavolo e una pista coperta per la corsa, con tribune capaci di ospitare circa mille persone. Strutture che, è stato annunciato, saranno aperte a tutta la cittadinanza.
Il costo? 150 milioni di euro.
Elementi caratterizzanti del progetto sono i volumi cilindrici e arrotondati che si avvolgono attorno a cortili circolari, in una fusione continua di architetture e spazi comuni che presto si potranno percorrere e animare, perché concepiti appunto come uno spazio pubblico aperto a tutti.
Qui si potrà provare l’ebbrezza di sedersi su poltronissime da 1500 euro ciascuna, anche se il progetto visto dall’alto continua inevitabilmente ad evocarci altri tipi di…. “sedute”.
#2 Bicocca: un nuovo Ateneo a caratteri cubitali
In totale antitesi rispetto alla Bocconi è il progetto edilizio dell’Università Bicocca, a Nord della città. Innestandosi sulle spoglie della vecchia cittadella industriale, ne assume le connotazioni originarie dando vita ad un progetto urbanistico e architettonico geometricamente rigoroso, in cui ogni forma sinuosa e tondeggiante è rigorosamente bandita. Qui tutto è fatto a cubi e parallelepipedi, e anche i cantieri in corso o pronti a partire seguiranno la stessa impostazione.
Durante l’inaugurazione dell’ultimo anno accademico, la nuova Rettrice Giovanna Iannantuoni ha presentato ufficialmente i due nuovi edifici i cui cantieri sono in fase di avvio. Uno dedicato alla ricerca, che in realtà è interessato da una importante ristrutturazione, in cui si studieranno i cambiamenti climatici e l’energia del futuro. L’altro invece in costruzione, che sarà parzialmente dedicato alle residenze universitarie, con una parte a verde in cui troveranno posto anche degli orti urbani: dalla terra alla tavola a km 0. Con una dotazione complessiva di oltre 30 aule, laboratori informatici, aule studio e circa 200 uffici, sarà in grado di ospitare circa 4.500 studenti.
Anche il nuovo edificio avrà la famosa denominazione a U, sempre con la logica imperscrutabile di una progressione al di fuori dei tradizionali canoni spazio-temporali: si chiamerà infatti U10, anche se vedrà la luce molto dopo il numero U58, proprio di fronte all’edificio principale U6.
#3 La sfida del Politecnico: progresso vs ambiente
Di tutti i progetti questo è quello più invasivo, e anche il più contestato. Sono cronaca recente le proteste contro l’abbattimento di 160 alberi tra via Edoardo Bassini, largo dei Volontari del Sangue e via Corfù, per far posto alla nuova sede del Dipartimento di Chimica del Politecnico.
Per compensare l’abbattimento di queste piante, il Politecnico dovrebbe realizzare un giardino in seguito alla bonifica di un’area adiacente, ma con modalità e tempi che non garantiscono la compensazione di quanto andrà perso (potrebbero anche volerci dai 10 ai 20 anni). E diciamolo, neanche dai rendering questo nuovo edificio appare proprio una gran bellezza.
Ma anche l’allargamento dell’altra importante sede del campus, alla Bovisa, investirà una significativamea area attualmente a verde della città, la famiferata Goccia. Il progetto di massima prevede il recupero dei due gasometri, oggi due giganteschi scheletri d’acciaio in mezzo ai prati a ridosso del Politecnico, per creare nuovi spazi in grado di ospitare le start-up dell’incubatore d’impresa Polihub, attualmente 120.
Uno dei due gasometri (questo almeno dovrebbe essere il progetto preliminare) verrà suddiviso in sei piani, con spazi di co-working utilizzabili dalle start-up e servizi per il quartiere e gli studenti. L’altro gasometro ospiterà spazi per attività sportiva indoor.
Il primo a vedere la luce sarà un edificio per la ricerca universitaria a emissioni zero (1800 metri quadri di area coperta), il cosiddetto Zen. Negli anni subito successivi, quindi entro il 2021, l’obiettivo è di portare qui nuovi impianti sportivi: una pista di atletica, ma anche percorsi di corsa all’interno di un parco urbano riqualificato. Le dichiarazioni del Rettore Resta, che parla di un “verde fruibile e vivibile, non abbandonato”, lascia supporre che si tratterà di un verde fortemente strutturato e urbanizzato, funzionale alle attività del campus e dei suoi utilizzatori.
L’investimento previsto qui è di gran lunga inferiore a quello della Bocconi, soli 32 milioni di euro, pertanto niente sedie da 1500 euro l’una. Il suo simbolo saranno proprio gli edifici cilindrici che si innesteranno sui vecchi gasometri dismessi.
#4 Statale: ai confini della realtà (e di Milano)
Anche i progetti dell’Università Statale hanno fatto lungamente parlare di sé, perché fra tutti sono senza dubbio i più rivoluzionari. Dopo lunga e travagliata procedura decisionale è stato infatti scelto di trasferire l’intero campus scientifico nell’area di Mind, ovvero Ex EXPO, con un insediamento previsto di 18mila studenti e duemila ricercatori, realizzando un campus denominato Science for Citizens che si estenderà su un’area di oltre 150mila metri quadrati.
Il progetto, proposto dallo studio Carlo Ratti Architetti su incarico di Lendlease, prevede un campus universitario di tipo aperto, quale terreno di sperimentazione di forme innovative d’insegnamento e di trasferimento tecnologico tra l’attività didattica e le future funzioni che sulle rimanenti aree di Expo.
Dal punto di vista architettonico, questo punta a riprodurre in chiave contemporanea lo schema tipologico della storica sede di Ca’ Granda: ci saranno cinque chiostri organizzati attorno a una grande piazza centrale, a copertura dei quali saranno utilizzati, come ulteriore omaggio allo storico edificio milanese, dei mattoni raffiguranti immagini e simboli capaci di comunicare anche in forma tridimensionale. Infine, una sequenza di giardini botanici, serre sperimentali e campi sportivi si collegherà al lungo parco lineare di Mind (un chilometro e seicento metri la sua lunghezza complessiva) e alle vie d’acqua che attraversano l’ex area Expo.
Sulla base degli ultimi conti, il costo complessivo è di 335 milioni euro. A disposizione ci sono 135 milioni di finanziamento pubblico. Dei 200 restanti, fino a 58 milioni li metterà la Statale, mentre gli altri 142 arriveranno da Lendlease.
Resta da capire cosa succederà a Città Studi, che entro il 2024 dovrà essere reinventata e trasformata. Il grande tema è che futuro possa avere un quartiere senza l’elemento che ne caratterizza l’identità e la sua stessa economia: come dice il nome, l’università per città studi è la sua stessa essenza, così come la ragione di esistere di gran parte delle attività commerciali che prosperano servendo il mondo studentesco. Magari sarà l’occasione per concentrare in un’unica sede le tante attività didattiche di area umanistica attualmente sparpagliate in tutta la città, con gran disagio degli studenti.
L’investimento complessivo quindi è notevole. Riuscirà Milano a raccogliere la sfida a diventare una città universitaria da 30 e lode, veramente inclusiva ed accogliente?
ROBERTA CACCIALUPI
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