LOCKDOWN ECONOMICO per Milano: nella ripartenza la capitale morale rischia di trovarsi in FUORIGIOCO

"Milano rischia la macelleria sociale". Il grave errore di questa amministrazione che i milanesi stanno pagando a caro prezzo

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Credits: Andrea Cherchi - Palazzo Unicredit

Milano è stata l’epicentro dell’epidemia in occidente, la prima metropoli europea ad essere stata colpita dalla diffusione del virus. Ora rischia di diventare anche la prima metropoli a venire colpita dai danni economici, amplificata da quelli d’immagine di essere considerata centro dell’area infetta. La città che vanta il più grande residuo fiscale al mondo, che da sempre finanzia lo Stato italiano, per la prima volta nella storia della Repubblica si trova nel bisogno. Riuscirà la capitale morale a salvarsi dal baratro?

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LOCKDOWN ECONOMICO per Milano: nella ripartenza la capitale morale rischia di trovarsi in FUORIGIOCO

# “Milano rischia la macelleria sociale

L’assessore al bilancio milanese illustra la situazione economica di Palazzo Marino: “Sapendo di avere un ammanco di 500-550 milioni di euro causato da questi mesi di lockdown, che i soldi del governo promessi sono 200 milioni, cui possiamo aggiungere un avanzo del Comune di 130 milioni, tirate le somme vuol dire che ci sono 220 milioni di disavanzo“. Il risultato è che il Comune dovrà “tagliare delle spese e tagliare la spesa corrente di Milano per recuperare questi 220 milioni vuol dire fare macelleria sociale. Politicamente insostenibile”.

Il bilancio del Comune rischia di saltare: mancheranno 294 milioni di euro di introiti dai biglietti del trasporto pubblico, gli incassi dei musei quali Brera, il Cenacolo, il Museo della Scienza e della Tecnologia, la Triennale. A questo si aggiunge un mercato immobiliare crollato del 50%, secondo l’ordine dei notai, l’unico mercato immobiliare ancora attivo in Italia. L’ufficio studi di Assolombarda ha registrato la caduta verticale della fiducia dei consumatori a marzo sui livelli più bassi della primavera 2013 con altri 121 mila occupati in meno rispetto allo stesso mese del 2019, crescono invece del 13% le ore autorizzate di cassa integrazione, un crollo dell’attività produttiva del -35% a marzo, su base annua, e del -45% ad aprile. Nessun indicatore è positivo e anche lo stesso sindaco Sala prevede un raddoppio della disoccupazione in città dal 6 al 12 per cento. 

# Il danno d’immagine: “Milano è la Wuhan d’Europa”

Il professor Marco Percoco afferma che “Milano è certamente importante per il Paese ma io non credo sia la locomotiva d’Italia. Fino agli anni ’80 era la piazza finanziaria d’Italia oggi ha perso questo ruolo perché ci si può quotare altrove, a Francoforte come a Zurigo. E quindi deve competere con altre città europee. È attraente non solo per i giovani meridionali e cominciava ad esserlo anche per gli stranieri”. L’arrivo del Covid-19 ha di fatto trasformato Milano nella Wuhan d’Europa causando un danno d’immagine che “può essere un grosso problema che inceppa il meccanismo virtuoso di una città che offre davvero alle persone la possibilità di realizzarsi come in nessun altro posto“.

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Per ripartire la città deve offrire per lo meno degli standard elevati di sicurezza sanitaria. «E comunicarlo. Perché non avendo innovazione tecnologica da offrire, ad esempio, o una piazza finanziaria insuperabile, la città per tornare ad essere attrattiva deve compensare in qualche modo: o attraverso salari più alti e prezzi delle case più basse o con una qualità della vita ben superiore di quella attuale. Penso ai servizi pubblici, alle periferie e all’area metropolitana. Pensare di far ripartire Milano con gli interventi sulle piste ciclabili e l’aumento di monopattini, è semplicemente follia, serve solo agli abitanti del centro. Mentre ridurre il trasporto pubblico vuol dire far ricadere sulle spalle dei più poveri i costi sociali della riapertura. E questa rischia di essere una bomba ad orologeria per la coesione sociale».

Fonte: dagospia.com

# Ogni anno Milano ha dato allo Stato oltre 40 miliardi di euro, ora tocca allo Stato ricambiare

Quando Milano gira al massimo e produce ricchezza tutto il Paese ne trae beneficio sia a livello di immagine e di indotto per gli investimenti sia di tasse e tributi versati dalla città al governo che poi le redistribuisce nel resto d’Italia. La metropoli lombarda a fronte di un residuo fiscale di 40 miliardi di euro riceve indietro solamente l’1% ovvero 450 milioni di euro, la forbice è ancora più evidente se tiene conto di quanto PIL viene prodotto nell’area metropolitana ovvero 312 miliardi che portano il residuo fiscale a 156 miliardi di euro. 

Milano era sulla cresta dell’onda prima che si presentasse il Coronavirus, anche se non ai massimi di Expo, aveva da pochi mesi conquistato le Olimpiadi invernali 2026, macinava record di turisti e risultava prima nella classifica europea delle città per investimenti immobiliari del prossimo decennio, l’unica realtà funzionante in Italia. Di colpo il blocco totale, prima lo stop del turismo, poi la cancellazione dell’evento per antonomasia “Il Salone del Mobile” e a cascata la riduzione all’osso dell’economia e degli spostamenti in città. A fronte di questo scenario il Governo ha destinato solo un anticipo del Fondo di solidarietà degli enti locali e un contributo da destinare ai pasti dei più bisognosi non commisurato né alla popolazione né al Pil Procapite: di fatto le straordinarie risorse versate ogni anno dalla città all’Italia non sono servite a garantire una riconoscenza tale da ristorare con aiuti straordinari la capitale economica.

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# Rimanere succubi di Regione e Stato: un errore che può costare molto caro

Milano rischia di trovarsi nella spiacevole situazione di chiedere l’elemosina allo Stato per la sua sopravvivenza, a dover ricevere aiuti per ripianare i suoi buchi di bilancio perché il lockdown economico qui ha colpito più che altrove. Il Comune di Milano ha da tempo intrapreso un percorso di riduzione del debito, attratto investimenti esteri consistenti, fatto azioni di marketing importanti, ma non ha avuto il coraggio di porre in essere l’unica richiesta che l’avrebbe messa alla pari delle altre metropoli internazionali e, soprattutto, le avrebbe consentito di affrontare efficacemente l’emergenza sanitaria e soprattutto economica, senza dipendere dalla Regione e dallo Stato: non ha chiesto di essere autonoma, un diritto riconosciuto dall’articolo 132 della Costituzione. 

A più riprese infatti il Sindaco Sala si è espresso contro l’ipotesi di Milano Città Stato, ossia di dotare Milano dell’autonomia di una regione, rappresentando probabilmente l’unico caso al mondo di sindaco che si oppone all’aumento di poteri e di risorse per la città che amministra. Opposizione ribadita anche durante l’emergenza Covid. 

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La richiesta di questo sito non deriva da una volontà di supremazia egotica ma al contrario, nasce dalla considerazione che quello che caratterizza tutte le metropoli internazionali, le più efficienti e floride è che sono tutte delle città-stato: aperte al mondo e autonome nella propria gestione. Rinunciando a uno status di autonomia, Milano si trova a dipendere dalla Regione Lombardia che con i suoi quasi 11 milioni di abitanti, il doppio della seconda regione più popolata, rappresenta di fatto uno stato centralista all’interno di uno stato centralista. E Milano, con i suoi miseri poteri di comune ordinario, risulta la città più penalizzata, all’interno di un doppio stato iperburocratizzato.  Senza contare l’ulteriore organo intermedio della Città Metropolitana.

Milano potrebbe diventare una Regione a sé stante per governare con un unico ente tutta l’area metropolitana. In questo modo, attivando l’articolo 132 della Costituzione Italiana, si potrebbe separare la Regione Milano con 4 milioni di abitanti dalla Regione Lombardia con 6 milioni di abitanti e si avrebbero le due aree più produttive d’Italia gestite in base alle loro caratteristiche peculiari, incentivando una sana competizione e collaborazione utile a tutta l’Italia. Milano avrebbe quindi un rapporto diretto con il governo centrale e l’accesso ai fondi europei, potrebbe ad esempio puntare a diventare città leader nella sperimentazione di sistemi per la lotta all’inquinamento o creare un nuovo modello sanitario per affrontare al meglio le prossime epidemie. 

Invece oggi Milano rischia di crollare a causa dell’inconsistenza politica e del groviglio di poteri in cui si trova. Riteniamo che questo sia il grave peccato di questa amministrazione nei confronti dei suoi cittadini: aver ritenuto superfluo dare ai milanesi la libertà di potersi governare al meglio. Un peccato che nell’emergenza sanitaria Milano ha pagato a caro prezzo. E che ora, nella gestione del “dopo”, rischia di pagare ancora più caro. 

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FABIO MARCOMIN

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Fabio Marcomin
Giornalista pubblicista. Laurea in Strategia e Comunicazione d’Impresa a Reggio Emilia. Il mio background: informatica, marketing e comunicazione. Curioso delle nuove tecnologie dalle criptovalute all'AI. Dal 2012 a Milano, per metà milanese da parte di madre, amante della città e appassionato di trasporti e architettura: ho scelto Milano per vivere e lavorare perché la ritengo la mia città ideale.