Lombardia e milanesi bersaglio della DISINFORMAZIONE: cosa c’è dietro?

Cinque tappe per capire se c'è una logica e quale potrebbe essere l'ultimo approdo della disinformazione contro Lombardia e milanesi: la posta in gioco è altissimo e riguarda il futuro di tutto il Paese

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Credits: Simone Lunghi e Michele Lavazza - Assembramento sui Navigli

Durante quest’emergenza c’è un fattore che ha regnato al di sopra di tutto: la disinformazione. Utilizzando il dogma dei “due pesi e due misure” ha preso come bersagli la Lombardia e i cittadini milanesi, rappresentandoli, in forme diverse, come principali responsabili della diffusione del virus e dei cattivi risultati per il suo contenimento. Ma procediamo con ordine. 

Lombardia e milanesi bersaglio della DISINFORMAZIONE: cosa c’è dietro?

In questi mesi l’emergenza Coronavirus che ha visto Milano quale prima metropoli dell’occidente colpita e la Lombardia la regione con più contagi e morti, il 50% del totale in Italia, anche gli attacchi mediatici e la disinformazione le hanno individuate come bersagli. In aggiunta a questo è evidente che la strumentalizzazione politica sia volta ad indebolire la forza del territorio e l’immagine di eccellenza in Italia e nel mondo. Unendo i puntini sembra quasi vedersi un disegno poco pulito verso il territorio lombardo, vediamo alcune cose ancora da chiarire degli ultimi mesi.

#1 Chi doveva mettere a disposizione i dispositivi di protezione per ospedali e RSA?

Nello scenario dipinto dalla propaganda dei media il colpevole della mancanza dei dispositivi è uno solo: Regione Lombardia. Ma vediamo invece i fatti. Come prima cosa non si è ancora appurato di chi sia la responsabilità, se della Protezione Civile o della Lombardia, sulla distribuzione dei dispositivi di protezione individuale quali camici, maschere facciali, mascherine, guanti, camici cappellini e calzari. Sia ospedali che RSA sono stati sprovvisti per lungo tempo e ancora oggi alcune realtà si trovano in difficoltà. All’inizio dell’epidemia l’indignazione dell’Assessore Gallera sull’invio di mascherine “ci hanno dato carta igienica” da parte della Protezione Civile, dispositivi di fatto inadatte da destinare a medici e paramedici oltre ad essere arrivate in ritardo rispetto a quanto previsto. Chi è, dunque, il vero colpevole?

#2 Mancano i reagenti per i tamponi 

Il refrain della Lombardia che non fa sufficienti tamponi è stato costante. Sicuramente ci sono delle responsabilità in Regione come suggerisce anche l’ultimo provvedimento regionale in base a cui verranno sottoposti a controllo solo persone sintomatiche e i relativi contatti sintomatici. Il numero ridotto di tamponi eseguiti in proporzione alla popolazione, in quanto a numero assoluto e persone testate, e la mancanza di reagenti per fare i tamponi hanno messo in cattiva la luce la Regione Lombardia e la sua incapacità di riuscire a fare approvvigionamento: notizia di questi giorni però è che anche il Veneto modello virtuoso in questa emergenza è rimasto a secco di reagenti. A quanto pare la Protezione Civile ha provveduto ad inviare esclusivamente i bastoncini con il cotone ma non il prodotto chimico di contrasto per effettuare l’esame. Finalmente il commissario Arcuri ha annunciato un bando per la produzione di reagenti necessari per i test. A distanza di due mesi e mezzo dall’inizio dell’emergenza: non era il caso di muoversi prima? E la colpa è della Regione?

#3 Le mascherine a 0,50 centesimi introvabili per i cittadini

Il supercommissario aveva annunciato la possibilità per i cittadini di acquistare le mascherine chirurgiche per proteggersi dal virus in 50.000 punti vendita in tutta Italia, tra farmacie e tabaccai, al prezzo calmierato di 0,50 euro più iva. Dopo la prima notizia di farmacie lombarde in cui erano introvabili, in tutto il Paese i farmacisti lamentano di non avere ricevuto nessuna fornitura. Il 12 maggio Arcuri ha comunicato che le regioni hanno in magazzino 55 milioni di pezzi: chi ha la vera responsbailità tra Governo e enti locali?

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#4 Gli attacchi ai milanesi: gli assembramenti dei commercianti o sui navigli vengono condannati con ferocia (ma quelli dei giornalisti vengono consentiti)

Milano e i suoi cittadini è stata messa subito sotto la gogna mediatica di tutte le testate giornalistiche e telegiornali. Fin dall’inizio con la strumentalizzazione di #milanononsiferma e della volontà espressa dai milanesi di non arretrare di fronte alla pandemia: nell’immaginario si è trasmessa l’idea dei milanesi incivili e irresponsabili come causa dei contagi fuori controllo. Anche in questo caso, lo “state a casa” ripetuto come un’ossessione dai politici, i vip e i media ha innescato i “sceriffi da balcone”, scatenando lo scarico di responsbailità contro i cittadini indisciplinati per ogni rialzo dei contagi. 

Ma i Milanesi sono stati davvero indisciplinati durante la fase uno? Niente affatto. Le uniche ricerche credibili, seguite dall’Economist e dalle app che misurano la mobilità dei cittadini hanno dato come responso che i milanesi nella fase uno si sono rivelati come i più disciplinati al mondo, riducendo fino al 97% gli spostamenti. 

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Ma ancora i milanesi sono rimasti il bersaglio prediletti della disinformazione. Ha meritato la prima pagina di tutti i principali organi di informazione l'”assembramento” sulle sponde dei Navigli di ragazzi intenti a fare l’aperitivo. Poco importa che le foto che circolavano erano tutte prese con teleobiettivi che schiacciavano le persone rappresentandole in pochi metri, quando erano qualche decina in oltre 250 metri. Tenendo conto che è opportuno tenere il distanziamento sociale e che comunque la maggioranza delle persone indossava le mascherine in quell’occasione, non si trattava affatto di un assembramento ma nonostante ciò tutti gli organi di comunicazione e politici compreso il Sindaco Sala ci sono andati giù pesanti con una condanna severa e con la minaccia di una nuova chiusura, nel caso in cui questi comportamenti venissero ripetuti.

Credits: Simone Lunghi e Michele Lavazza – Assembramento sui Navigli
Credit: Simone Lunghi (c)

L’intenzione della disinformazione pare chiara: colpevolizzare i milanesi che dopo due mesi e mezzo di lockdown osavano prendere una birra e additarli come responsabili di un’eventuale nuova chiusura in tutta Italia, coprendo così ogni responsabilità della classe governante. Peccato che proprio nella serata dell’11 maggio, ad attendere l’arrivo di Silvia Romano appena rientrata nel nostro Paese dopo la liberazione dal sequestro di 18 mesi in Africa, si è ritrovato un gruppo fitto di giornalisti irrispettoso di ogni minima distanza di sicurezza come previsto da DPCM intento a riprendere il ritorno nelle sua casa al Casoretto della volontaria. In sintesi, un assembramento di quelli che condannano gli assembramenti. Una “notizia ghiotta” che però non ha avuto nessuna traccia sugli organi di informazione e solo una, piuttosto timida, reprimenda del sindaco Sala.

Credits: corriere.it – Assembramento Casoretto per arrivo Silvia Romano

Già, il sindaco. Non solo i media ma anche i politici locali sono andati pesanti contro i cittadini. Il vicepresidente della Regione Fabrizio Sala, omonimo del sindaco, non ha mancato nelle sue conferenze di additare i cittadini che “si vedono troppo in giro” come la causa di risultati che dopo settimane di lockdown stentavano a migliorare. Ma ancora più duro si è rivelato l’assessore Maran quando, dopo la multa di 400 euro ai commercianti in crisi che manifestavano con mascherina e distanza all’Arco della Pace, chiamato a commentare l’episodio ha dichiarato: “Se la sono andati a cercare“. 

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#5 La richiesta del ritorno della Sanità e di altre competenze regionali allo Stato Centrale

L’ultimo passo risale invece all’inizio, alle prime scaramucce tra regione e governo. Ma lo inserisco in fondo perchè può rappresentare “il fine che giustifica i mezzi“, ossia il punto di approdo di questa strategia di disinformazione.

A inizio Aprile il capo politico del M5S Crimi rivendicava un disegno di legge proposto nel 2013 per togliere le parole “tutela della sanità” dall’articolo 117 della Costituzione, che prevede sia regionale” per contrastare la disparità di trattamento tra i diversi enti regionali, mentre il vice segretario del PD Orlando affermava che “con 20 regioni che parlano 20 lingue diverse, credo sia necessario riconsiderare l’ipotesi della clausole di supremazia previste dalla riforma del 2016 ovvero di un ritorno delle competenze sanitarie allo Stato centrale”.

Non vorremmo che tutti questi fossero dei segnali per forzare la mano su un ridisegno istituzionale che partendo dalla Sanità porti sotto il controllo di Roma molte altre competenze e risorse ora in capo alla Regione, per rinforzare una concezione centralista e burocratica molto diffusa nella cultura politica del nostro paese. 

Dietro gli attacchi alla città e alla regione più avanzate del Paese si nasconde un altro bersaglio

Dopo mesi di attacchi costanti contro Regione Lombardia e cittadini milanesi sarebbe troppo ingenuo immaginare che non ci sia una motivazione profonda, una regia dietro questa disinformazione martellante. Forse l’attacco contro la città e la regione più avanzate del Paese è figlio della stessa cultura da lockdown, che chiude in casa le persone come unico modo per combattere il virus, e che impedisce alle imprese di poter esercitare liberamente la propria attività. Sotto attacco infatti non c’è il potere della lega, di Salvini, o di una forza politica. Sotto attacco c’è il valore della libertà, individuale e di impresa, come fondamento della società. Un valore che quando è stato calpestato ha sempre lasciato campo aperto a disastri epocali. 

Fonte: 🔴 “La Sanità torni in mano al governo! Questa la prima riforma dopo la crisi”. Una SANITÀ più “ROMANA” sarà migliore?

FABIO MARCOMIN

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Fabio Marcomin
Giornalista pubblicista. Laurea in Strategia e Comunicazione d’Impresa a Reggio Emilia. Il mio background: informatica, marketing e comunicazione. Curioso delle nuove tecnologie dalle criptovalute all'AI. Dal 2012 a Milano, per metà milanese da parte di madre, amante della città e appassionato di trasporti e architettura: ho scelto Milano per vivere e lavorare perché la ritengo la mia città ideale.