Le mani di Roma sul TESORO della Lombardia

Milano rischia di pagare carissimo i disastri commessi dai governi di Roma e della Lombardia in questa emergenza e soprattutto quelli che verranno dopo. Fontana se hai a cuore Milano lasciala libera. Sala se vuoi assumere un ruolo da statista invece che da manager è il momento di lottare per la libertà di Milano

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Credits: Andrea Cherchi - Duomo di Milano

La gestione dell’emergenza da Covid-19 in Lombardia restituisce un quadro disastroso: 11.608 decessi certificati alla data del 16 aprile oltre ad altre migliaia che hanno trovato la morte in casa o nelle residenze assistenziali senza che si sia potuto verificare se fossero affette dal virus.

Dopo questo tragico fallimento qual è ora la soluzione proposta dal governo di Roma? Commissariare la regione che, con Milano in testa, più contribuisce alle casse dello Stato. Più lo stato mostra di non essere capace e più avoca maggiori poteri a sé: così si procede ancora di più verso un centralismo ancora più spinto, come riporta Fabio Massa su affaritaliani.it. Ma si tratta davvero di una soluzione corretta?

La contagiosità ha avuto il suo impatto, ma probabilmente la sua elevata letalità nel nostro territorio è stata aggravata dalle scelte della giunta lombarda e del governo nazionale. Già, anche del governo nazionale. Anche se prova a chiamarsi fuori, le responsabilità del governo nazionale in Lombardia sono almeno altrettanto gravi a quello dei vertici della Regione.

Le mani di Roma sul tesoro della Lombardia

#1 Fallimento bipartisan: Regione Lombardia e Governo equamente responsabili del disastro

Nel disastro sanitario lombardo è venuto alla luce come entrambi gli organi istituzionali abbiano commesso degli errori in particolare su 3 punti:

  • benché le Regioni siano responsabili del sistema sanitario non sono “sovrane” nel gestire la sanità pubblica essendo la loro competenza non “esclusiva”, bensì “concorrente”, ossia devono sottostare al rispetto dei principi fondamentali dettati dallo Stato, il quale può attivare lo strumento del potere sostitutivo all’art. 120 della Costituzione che tutto gli consente quando vi è “pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica”.
  • riguardo l’istituzione delle zone rosse, come dimostra il caso Emilia Romagna con il Comune di Medicina, anche Fontana poteva istituire le zone rosse di Nembro e Alzano Lombardo. Ma lo stesso potere di creare zone rosse in una regione ce l’ha anche il governo: la Costituzione fornisce al Governo, infatti, gli strumenti per decidere in via esclusiva e definitiva tutte le limitazioni delle libertà necessarie a combattere l’epidemia.
  • la totale assenza di una programmazione adeguata e i ritardi nell’approvvigionamento da parte della centrale acquisti dello Stato ha impedito che operatori sanitari e pazienti avessero i dispositivi di protezione necessari per difendere se stessi e gli altri dal contagio. Un fattore che ha alimentato i danni negli ospedali e in tutte quelle RSA nelle quali la giunta lombarda ha consentito il proliferare del virus tra operatori sanitari e anziani.

A questo si aggiunge la comunicazione contraddittoria e approssimativa che i vertici nazionali hanno fornito a Regioni e a cittadini per tutta la durata dell’emergenza, affermando e negando le stesse cose a distanza di tempo.

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Pertanto se da un lato l’istituzione regionale è stata mancante e dannosa in diversi aspetti della gestione dell’emergenza, dall’altro lato il Governo ha ritardato e omesso diversi interventi risultando corresponsabile nel disastro. Perchè aveva già tutti i poteri per evitarlo. 

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#2 Gli unici 2 modelli in Italia che hanno funzionato hanno seguito una strada diversa rispetto al governo

Dopo i primi momenti di sbandamento, soprattutto in Veneto, il governatore della Lega Zaia e quello del PD Bonaccini hanno scelto strategie simili ma divergenti da quanto adottato dallo Stato Centrale.

Il presidente della Regione Veneto ha prima sottoposto a test tutti gli abitanti di Vo’ Euganeo primo focolaio regionale, poi ha azionato un piano di controllo della popolazione contagiata, sul modello applicato in Corea, con la verifica anche dei positivi asintomatici al Covid-19 tramite tamponi effettuati per strada, fuori dai supermercati e anche al personale degli stessi, oltre all’assunzione di laureati in medicina in supporto al personale medico effettivo. In aggiunta, ha iniziato la distribuzione di mascherine in anticipo, grazie ad un’azienda di grafica veneta che le ha prodotte gratuitamente, sperimentando per primo il farmaco giapponese Avigal per la cura del Covid-19.

Stefano Bonaccini ha istituito zone rosse al verificarsi di nuovi focolai come nel Comune di Medicina, ha implementato il servizio di visita a domicilio per controllare lo stato di salute ed eventuale positività dei cittadini, rafforzando il presidio territoriale per decongestionare gli ospedali. L’Emilia Romagna è stata inoltre la prima regione a sperimentare i test sierologici rapidi per consentire un numero di controlli maggiori rispetto al classico tampone.

Entrambe la Regioni, tra le più colpite insieme alla Lombardia, sono riuscite a contenere la diffusione del virus e il numero di decessi e a evitare il tracollo del sistema ospedaliero.

#3 Anche all’estero chi è stato più efficace nella lotta al virus sono due paesi centrati sulle autonomie e sulle città stato: Corea del Sud e Germania.

Il governo della Corea del Sud, avendo esperienza anche delle epidemie di Sars e Mers, ha messo in campo delle azioni precise, che hanno permesso di controllare il contagio e mantenere viva l’economia:

  • Attività commerciali e culturali lasciate aperte con disponibilità di liquido disinfettante all’entrata di ogni locale pubblico
  • Lezioni online per scuole di ogni grado e università
  • Nessuna restrizione ai movimenti dei cittadini
  • Nessuna creazione di zone rosse
  • Servizi di informazione ufficiale tramite SMS
  • Misure di profilassi e di disinfezione con obbligo di misurazione temperatura e mascherine anche per le aziende
  • Tamponi a tappeto in apposita area di servizio direttamente in auto senza rischi per gli operatori sanitari
  • Contagiati isolati ma non lasciati da soli
  • Potenziamento delle strutture sanitarie e gestione del sovraffollamento

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La Germania invece, avendo già un piano per la gestione di un’eventuale pandemia stile coronavirus, ha scelto un piano in 5 punti:

  • Ha eseguito sin da subito tamponi a tappeto sulla popolazione, arrivando già ad aprile a superare i 116.000 a settimana
  • Chiunque può chiedere di sottoporsi al tampone facendo richiesta al proprio medico di base o attraverso la modalità di drive-through dal finestrino della propria auto
  • Tracciamento dei positivi, con relativo isolamento, e ricerca a ritroso dei contatti avuti per determinare l’eventuale propagazione del virus
  • Isolamento dei positivi con distribuzione in piccoli presidi ospedalieri locali e controlli anche a domicilio
  • Sin da febbraio il governo tedesco si era approvvigionato di reagenti per i test, mascherine, dispositivi di sicurezza e ventilatori, e quasi raddoppiato in poche settimane i 28.000 posti di terapia intensiva fino a 40.000 nonostante la situazione fosse sotto controllo

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La stessa Berlino, una delle città-stato tedesche ha imposto poche restrizioni ai cittadini e aumentato molti posti letto in terapia intensiva e grazie ad una strategia che prevede anche la protezione delle persone anziane ha registrato pochissimi contagi e decessi.

Le principali città-stato nel mondo sono risultati modelli vincenti per combattere il Coronavirus.

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# Togliere (quella poca) autonomia che ha la Lombardia significa livellarla verso il basso (e pregiudicare il futuro di Milano)

È evidente che dietro l’ipocrisia di sostenere che un controllo romanocentrico della Lombardia possa migliorare il funzionamento della regione, c’è solo l’avidità di depredare quel poco che è rimasto del tesoro lombardo. Come racconta affaritaliani.it, nonostante un residuo fiscale monstre di 54 miliardi che tiene in piedi il Mezzogiorno, nonostante centinaia di milioni di euro che sono finiti nel fondo di solidarietà comunale per aiutare gli altri enti in difficoltà, il modello Lombardia e ancor più il modello Milano è da spazzar via o meglio da tenere sotto controllo della burocrazia centrale.

In aggiunta a questo, veniamo sbeffeggiati perché lavoriamo, perché tendiamo a puntare sempre al meglio anche per trainare il resto del Paese che invece ci sputa in faccia, come l’estratto riportato sempre da Fabio Massa di Michele Serra: “Il cielo di Lombardia” ed in particolare: “Si devono spendere due parole di compassione per i dissennati fratelli lombardi, ai quali la religione del lavoro è costata, in questo caso, la vita. Il popolo del non si chiude, brava gente e però monoculturale, confindustriali lillipuziani, i magutt bergamaschi tal quali i padroni delle acciaierie, lavoro lavoro lavoro, il resto è solamente un impiccio, una deviazione dalla via maestra“. Oppure il governatore campano De Luca ha affermato che, alla notizia di una prossima graduale riapertura della Lombardia, “Se una regione d’Italia che ha una situazione epidemiologica assolutamente non tranquillizzante e dove l’epidemia non è ancora alle spalle accelera in maniera non responsabile e non coerente con i dati del contagio rischia di rovinare l’Italia intera”.

Finire nelle mani di Roma sarebbe mettere una pietra tombale sulla forza di Milano: l’unica salvezza non è il centralismo ma il suo opposto ovvero dare a Milano la possibilità di gestirsi liberamente come fanno le più importanti città del mondo.
Fontana, se hai a cuore il bene di Milano lasciala libera. Sala, se vuoi assumere un ruolo da statista invece che da manager è il momento di lottare per la libertà di Milano. Non ci possiamo permettere altre imprudenze e indecisioni.

Fonte: affaritaliani.it

FABIO MARCOMIN

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Fabio Marcomin
Giornalista pubblicista. Laurea in Strategia e Comunicazione d’Impresa a Reggio Emilia. Il mio background: informatica, marketing e comunicazione. Curioso delle nuove tecnologie dalle criptovalute all'AI. Dal 2012 a Milano, per metà milanese da parte di madre, amante della città e appassionato di trasporti e architettura: ho scelto Milano per vivere e lavorare perché la ritengo la mia città ideale.