Divampa la questione: e se, politicamente, il modello Milano fosse solo FINZIONE?

Chi si loda si imbroda: ci vorrebbe una politica più reale a Milano

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Foto di Andrea Cherchi
Foto di Andrea Cherchi

Sta succedendo qualcosa di strano a Milano: sembra di essere in una bolla dove tutto è magnificato e dove chi governa appare immune da ogni critica. Eppure i risultati, almeno dal punto di vista politico, non sembrano corrispondere a questo storytelling da favola.  Questa in sintesi la riflessione sulla reale situazione della città da parte di Fabio Massa nel suo articolo “A Milano la politica è polverizzata. E il dibattito pubblico non c’è più” su Affari Italiani.  Una riflessione condivisa anche da altri: sta crescendo, in particolare in periferia o tra siti, blog e associazioni “non allineati”, un malessere nei nei confronti di un sistema di potere insofferente a ogni critica.

“Milano non conta nulla in Italia, perchè qui la politica non esiste”

Quello che Massa e altri commentatori rilevano è che si parla tanto di Milano come modello di politica riformista, sbandierato spesso dal centro sinistra, eppure il nuovo governo che è espressione di quella stessa parte politica ha ignorato gli esponenti di punta di Milano, testimoniando dunque una irrilevanza politica della città sulla scena nazionale.

La decisione di ignorare i politici milanesi da parte dei vertici del PD nazionale dimostra ancora una volta che il modello Milano non è la politica bensì i suoi cittadini. Anzi, come afferma Massa, la politica a Milano è inesistente: a sinistra i politici sono impalpabili (PD senza idee) e a destra sono scomparsi (Forza Italia ormai defunto e la Lega che rimane sempre distante dai veri bisogni dei milanesi), rivelandosi tutti incapaci di proporre autonome visioni che escano dall’indottrinamento standardizzato imposto dai partiti che a Milano non riscuotono lo stesso entusiasmo di altre parti d’Italia.

La conseguenza è che se nessun politico milanese possiede un progetto visionario e di riforma radicale, che abbia già prodotto valore per i cittadini in una scala più ridotta come quella cittadina, è impossibile che possa essere anche solo preso in considerazione per impattare nel governo italiano.

Il terrore di uscire fuori dal coro

C’è poi un altro elemento che in realtà è fortemente collegato all’assenza di una reale identità politica: è quello di una paura diffusa di manifestare un’opinione non in linea con il potere della città.

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In effetti i media economicamente più potenti tendono ad uniformarsi con quello che viene fatto dall’amministrazione milanese senza esprimere critiche, in particolare senza osare mettere in discussione il modello Milano, inteso come politica di gestione della città. Un celebre blogger romano ha notato come a Milano ci sia una grande quantità di siti che svolgono un’azione molto utile d’informazione ma che esista un timore, per lui inspiegabile, da parte di quasi tutti gli opinionisti e media di sollevare critiche o pensieri che possano essere non in linea con chi governa la città. Non è un mistero che siti e associazioni “non allineate”, ossia che non fanno da portavoce alla politica della giunta vengano ignorate e restino ai margini delle politiche partecipative attuate in città.  Questo malcontento lo si respira tanto più ci si allontana dal “fortino” del centro e dalla rete delle organizzazioni più vicine al sistema di potere cittadino.

Questa paura della critica e, in generale, questa diffidenza o addirittura intolleranza verso chi la pensa diversamente crediamo sia pericolosa per Milano. Perchè l’identità di Milano è proprio l’opposto: nasce e prospera sulla diversità, questa è la grande forza di Milano, sicuramente la città italiana che tra la sua identità dall’insieme di tutte le regioni d’Italia e di molte culture del mondo. E il risultato di questa insofferenza alle critiche è di alimentare uno storytelling certo intrigante ma che rischia di allontanarsi sempre di più dalla realtà della città e, come si è visto con la formazione del nuovo governo, venire usato più per propaganda che per dare vita ad effetti sulla politica nazionale. 

Il rischio, infine, in città, è quello di considerare come partecipazione solo l’assenso di chi si conforma con l’amministrazione, azzerando così una reale partecipazione cittadina, che faccia proposte o segnalazione di problemi con relative soluzioni utili per la crescita di Milano. Se la vera forza di Milano sono i suoi cittadini, ridurre la loro partecipazione reale sulle scelte per la città rischia di rivelarsi una scelta autodistruttiva.

Se scoppia la bolla, Milano rischia di venire trascinata in basso

La politica, come si dice spesso, è una cosa seria ed per questo che in pochi sanno farla: i più si limitano a seguire le idee storiche e non più attuali del partito, quelli un po’ più bravi riescono ad amministrare decentemente, quasi nessuno ha delle vere visioni che possano realmente incidere sul futuro di chi sarebbe pronto ad accoglierle.

A Milano le periferie votano a destra, ma la destra non c’è più, le zone centrali votano a sinistra, ma anche quella non c’è più: la crisi di cultura politica ha permeato la città che, per quanto incensata da molti, non è in grado di proporre un modello valido e andando di questo passo rischia di venire trascinata in basso dal resto del Paese invece che aiutarlo a riemergere.

FABIO MARCOMIN

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Fabio Marcomin
Giornalista pubblicista. Laurea in Strategia e Comunicazione d’Impresa a Reggio Emilia. Il mio background: informatica, marketing e comunicazione. Curioso delle nuove tecnologie dalle criptovalute all'AI. Dal 2012 a Milano, per metà milanese da parte di madre, amante della città e appassionato di trasporti e architettura: ho scelto Milano per vivere e lavorare perché la ritengo la mia città ideale.

1 COMMENTO

  1. A Milano cii sono dei tram TROPPO LUNGHI (circa 35 metri) per una città come la nostra con molte strade strette. Ad esempio il 12 il 27 e il 16 che vanno dalla periferia VERSO IL CENTRO, dovrebbero esser più corti, perchè specie negli incroci rallentano il traffico, e poi tranne alcuni orari di punta, sono spesso mezzi vuoti.
    Per le filovie (90,91, 92, 93) che fanno le circonvallazioni e raccolgono molti lavoratori che vanno e tornano dal lavoro, il problema è inferiore e vanno bene così (ma senza superare i 30 metri di lunghezza). Infine ci sono quelli “vecchi” (1,5,19,33) che son “lunghi giusti” e robusti, ma molti di loro han bisogno di un bel restyling, perchè anche da lontano mostrano la loro vetustà per una città che dopo l’Expo si è molto rinnovata…

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