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I comuni che avrebbero una metro… se fossero dei quartieri di Milano

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Maps - Arese-Rho M1

Il tram 24 si allunga fino allo IEO: si attende solo la data ufficiale dell’avvio cantieri. Da Opera monta però la protesta dei cittadini perchè vogliono che il tracciato arrivi fino al loro comune. Ancora una volta una linea di trasporto pubblico non varca i confini di Milano: cosa sarebbe successo se l’hinterland fosse stato parte della città? Sicuramente qualcosa sarebbe diverso: ad esempio in molti di loro arriverebbe la metro. 

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I comuni che avrebbero una metro… se fossero dei quartieri di Milano

# Il tram si allunga allo Ieo, ma i residenti di Opera lo vogliono fino al loro comune

MM – Tram 24 fino allo IEO

La buona notizia è che dopo anni di attesa, manca solo l’annuncio della data ufficiale di partenza dei cantieri, il tram 24 viene allungato: una fermata, allo IEO, e 1,1 km di estensione. Il tracciato è previsto nel parterre alberato, realizzato appositamente durante l’ampliamento di via Ripamonti fino a Noverasco, la frazione di Opera confinante con il Comune di Milano. Proprio dai residenti del primo comune dell’hinterland sud sono arrivati nei giorni scorsi le proteste, in primis da parte dell’ex Sindaco Ettore Fusco, e l’intenzione di lanciare una petizione online per chiedere di allungare il tracciato fino al proprio comune, almeno nella frazione. C’è anche chi, come l’associazione Vivopera, spera nell’arrivo in futuro della M6.

# Le linee di trasporto pubblico si fermano al confine di Milano, di chi è la colpa?

Scenario PUMS Milano

Ancora una volta quindi le linee del trasporto pubblico non varcano i confini di Milano, ma la colpa è solo di Palazzo Marino? A tal proposito riporto un parziale estratto dell’editoriale di Mauro Cerri su Il Giorno”: «Si ripropone insomma l’antica questione di quali siano i veri confini di Milano per Palazzo Marino e per la sua Atm. E del perché, vedi anche con l’ultima arrivata, la M4, ci si sia fermati al limite amministrativo della capitale lombarda senza pensare di fare uno sforzo supplementare e di portare il nuovo metrò fino a Buccinasco e Segrate. In metropoli di dimensioni che sono il triplo o il quadruplo di Milano – Londra, Madrid ma anche Roma – Opera, Segrate, Buccinasco e così via sarebbero quartieri della città come lo sono il Gratosoglio, il Gallaratese o Bruzzano. Per qualcuno, invece, questi Comuni continuano a essere ancora nel 2025 “terra incognita”, lande sconosciute oltre le Colonne d’Ercole dei confini di Milano in cui è meglio non addentrarsi, peggio ancora se a bordo di un tram o di un metrò.»

Per dare risposta a Cerri, i confini di Milano sono quelli che sono stati decisi, evidentemente troppo stretti, e di quelli deve tenere conto. Il problema di fondo è proprio quello e se si deve estendere una linea al di fuori bisogna mettere in gioco altri enti, con le loro risorse economiche, e la questione si complica. Il nodo centrale è banalmente politico: i cittadini fuori Milano non votano a Milano. E perchè, dunque, il sindaco dovrebbe difenderne gli interessi?

Ma se invece quei comuni dell’hinterland fossero stati dei quartieri di Milano, per riprendere l’esempio di Roma o Londra, dove arriverebbe oggi la metropolitana?

Leggi anche: M6, il sogno rosa di Milano: le ultime indiscrezioni sul tracciato più probabile

# Lainate e Arese con la M1

Maps – Arese-Rho M1

Se fossero quartieri di Milano, la rossa avrebbe potuto raggiungere non solo la stazione ferroviaria e centro storico di Rho, ma anche Lainate Arese, con circa 4 km di tracciato in più in entrambe le ipotesi.

Credits: urbanfile.org – Prolungamento M1 Monza-Bettola

Si sarebbe poi forse già inaugurata da tempo l’estensione fino a Bettola.

# Settimo Milanese con M1 e M5

Il progetto dell’estensione della linea M1 a ovest si ferma al confine con la Tangenziale Ovest, con il deposito appena oltre a lambire la frazione sud del Comune di Settimo Milanese. Se quest’ultimo fosse stato un quartiere di Milano avrebbe probabilmente avuto una fermata dedicata.

Prolungamento M5 Settimo Milanese

Per la M5 il progetto è invece allo studio per arrivare a Settimo Milanese, in tutto 4 fermate e 4,5 km. Lo Stadio di San Siro è certamente un capolinea importante ma, visti i 20.000 residenti del primo comune dell’hinterland ad ovest dopo Quinto Romano, probabilmente il tracciato sarebbe stato già realizzato.

# Binasco e Rozzano/Opera con la M2

M2 Binasco

La linea M2 prevedibilmente arriverebbe a Binasco, passando per Rozzano. Qualche anno fa era stato anche sottoscritto un accordo tra Città metropolitana e Comune di Milano per realizzare uno studio di fattibilità, ma al momento rimane un’ipotesi remota del PUMS.

M2 a Rozzano

In alternativa almeno fino a Rozzano: oggi arriva il tram 15, primo comune dopo il quartiere di Gratosoglio, per poi spingersi a est fino a Opera

# M3: Cormano e Paderno Dugnano a nord, Peschiera Borromeo a est 

Credit: nord24milano.it

Da Comasina la M3 avrebbe già allungato il servizio a Cormano e Paderno Dugnano. Alla fine del 2020 erano stati stanziati 350mila euro per finanziare lo studio di fattibilità, ma il progetto è probabilmente tramontato con la riqualificazione della tranvia per Limbiate in trasformazione come metrotranvia.

Tracciato M3 fino a Paullo accantonato

Non sarebbero forse passati 30 anni invano se anche i primi comuni nel sud-est milanese fossero stati quartieri della città. È infatti solo di qualche settimana fa la notizia della conferma di accelerare sull’estensione della M3 di due fermate, a San Donato centro e Peschiera Borromeo. Si sarebbe potuti scendere in alternativa a San Giuliano Milanese.

Leggi anche: M3 per Paullo: cambia tutto! Una cattiva notizia e una buona

# Segrate a est e Gaggiano a ovest con la M4

Comune di Milano – Schema del tracciato del prolungamento M4 da Linate a Segrate

Pure in questo caso siamo nella prima corona dell’hinterland, quindi di fatto sempre Milano. La M4 finisce a Linate, ma avrebbero potuto già essere aperta fino a Segrate dove è attesa la nuova stazione dell’Alta Velocità. Le due fermate, compresa quella intermedia all’Idroscalo, non le vedremo invece prima di 7 anni.

Credits milanotoday – Percorso breve M4 a Buccinasco

Identica cosa ad est, dove tutto si ferma al capolinea di San Cristoforo FS e al deposito a Ronchetto sul Naviglio. Oggi avremmo potuto avere almeno una, se non due fermate, a Corsico e Buccinasco.

Credits treno metro4milano IG – Prolungamento M4

Si sarebbe potuti arrivare ancora oltre, a Trezzano sul Naviglio, una delle sei ipotesi prese in considerazione da MM. Osservando il continuum urbano addirittura a Gaggiano.

Maps – Gaggiano

# Cusano Milano/Cinisello con la M5

ilgazzettinometropolitano.it – Sbinamento M5

La M5 sarebbe potuta essere allungata fino a Cinisello Balsamo, sia nella direzione verso Monza, sia servendo Bresso e Cusano Milano con lo sbinamento da Bignami

Continua la lettura con: La «Super 90-91»: trasformiamo la circolare in una metro su gomma?

FABIO MARCOMIN

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Milano sta perdendo lo sharing: per circolare a Milano ci vuole un’impresa

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Credits Andrea Cherchi - Bici nel Naviglio

Sono passati circa 20 anni dall’avvio del primo servizio di car sharing, con i primi operatori privati ad affiancare quello comunale. Successivamente si sono aggiunti scooter, biciclette e monopattini rendendo Milano una sharing city. Numerosi fattori hanno però messo a dura prova il sistema, che ora sta arrancando. Anzi: sta facendo retrofront. 

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Milano sta perdendo lo sharing: per circolare a Milano ci vuole un’impresa

# Da BikeMi al boom dei monopattini

Credits jar_ost IG – Bikemi

Milano è stata la prima città italiana a investire in modo pesante sulla mobilità condivisa, diventando un modello anche per altre città europee. Nel 2001 Legambiente ha introdotto il primo servizio di car sharing cittadino, passato poi alla gestione di ATM con Guidami, e successivamente rilevato da uno degli operatori privati entrati nella competizione. Nel 2008 c’è stato invece il lancio da parte del Comune di Milano, in collaborazione con Clear Channel, del servizio di bici in condivisione di BikeMi. Nel 2013 è avvenuto il debutto di Car2Go e Enjoy, nel 2015 lo scooter sharing di eCooltra e MiMoto, oggi nel gruppo Helbiz, e a seguire i monopattini e le biciclette in condivisione, da Helbiz a Bird, da Ofo a Mobike, solo per citarne alcune. Sembrava nata una nuova era. Invece dopo qualche anno si sono affacciate le prime nubi. 

# Le prime crepe nel sistema con fusioni e fallimenti di aziende

hdmotori – Sharengo

I primi segnali di difficoltà del modello di business dei mezzi di trasporto in condivisione si sono avuti con la fusione di operatori. La più importante è avvenuta nel 2019 tra Car2Go del gruppo Daimler-Mercedes e DriveNow del gruppo BMW: il nuovo soggetto ha preso il nome di Share Now che è stata poi acquisita da Stellantis, tramite un altro servizio di gestione di flotte auto, Free2Move. Nel frattempo, GuidaMi è stata rilevata dal Gruppo Europcar, attraverso Ubeeqo, mentre tra i monopattini Dott si è fusa con Tier.

A preoccupare ancora di più sono arrivati i primi fallimenti, come quello della startup Sharengo che forniva in condivisione microcar elettriche, di Zig Zag con gli scooter, il colosso cinese delle biciclette gialle Ofo e GoBee Bike. Ma purtroppo la crepa si è ampliata ancora di più.

# La fuga degli operatori e il calo di mezzi disponibili: il business dei monopattini è appeso un filo anche a causa del nuovo Codice della Strada

Credits: tuttotech.net

Ci sono poi gli operatori che non hanno più ritenuto redditizio proseguire il servizio a Milano, e in Italia in generale, a causa di problemi economici, in parte legati anche alla pandemia, atti vandalici o concorrenza elevata. Tra gli scooter hanno lasciato il campo Cityscoot e la spagnola Acciona, mentre con i suoi monopattini e le biciclette a fuggire è stata Bolt

Veniamo ai numeri: le biciclette sono passate da 18.600 a 14mila, gli scooter da quasi 3mila a 1.850, le auto da circa 3.500 a 2.500. I monopattini sono invece 6.000 ma il loro destino è appeso a filo. Un primo colpo l’aveva assestato Palazzo Marino, riducendo a tre i numeri di operatori del servizio che potevano operare a Milano, ciascuno con massimo 2mila mezzi. Ma la mazzata finale è arrivata da Roma. 

C’è chi ha accusato il governo di guerra ideologica, la stessa che ammorba da anni la politica italiana. Non è un mistero che ai partiti di destra il monopattino non sia mai piaciuto. E il colpo del KO non si è fatto attendere. Con l’introduzione del nuovo Codice della Strada si sono introdotte norme che non hanno eguali nel mondo e che di fatto assestano un colpo micidiale allo sharing dei monopattini. A gennaio 2024 è arrivato l’obbligo di munire i mezzi di targa, frecce e freni su entrambe le ruote, con aggravio di spese per le aziende, ma è solo il primo passo per la mazzata definitiva: l’obbligo dell’utilizzo del casco anche per chi usa il monopattino preso a noleggio. Le società hanno detto che è troppo costoso e poco sicuro dotare ogni mezzo di un casco, non si contano i furti di quelli presenti nelle selle degli scooter di Coltra a cui sono seguite decine di denunce a Roma. Non solo: sembra impossibile immaginare che gli utenti acquistino e si portino appresso un casco per usare saltuariamente un mezzo non di loro proprietà. Il risultato di questo è già evidente sull’impatto sul traffico di Milano. 

# Crollano i noleggi, aumentano traffico e inquinamento

Telecamere Area B

La logica conseguenza della riduzione dei mezzi in sharing è stata quella di un calo sensibile dei noleggi, con effetti negativi su inquinamento e traffico. Nel rapporto di AMAT, pubblicato la scorsa estate, già nel mese di aprile 2024 il car sharing ha segnato un -19,7% e a maggio un -23,3%, mentre lo scooter sharing scende del -10,8% ad aprile e del -19,9% a maggio. Si salvano solo le biciclette che presentano un segno positivo. Non ci sono ancora dati sulla seconda metà dell’anno, ma le indiscrezioni parlano di una caduta a picco per il noleggio dei monopattini con l’entrata in vigore del Nuovo Codice della Strada a dicembre 2024.

Il risultato di tutto questo è evidente. Circolare per Milano sta diventando sempre più un incubo: oltre alla riduzione dei mezzi in sharing vengono inasprite con le nuove ZTL le regole contro gli automobilisti, spesso costretti a utilizzare il mezzo privato avendo meno alternative, anche per l’impennata degli scioperi, la scarsa presenza di collegamenti tra Milano e Hinterland e il taglio da parte di ATM delle corse di 90 linee tra bus e tram, anche in orari in cui prima ci si muoveva con più rapidità. Tutto questo ha portato all’incremento del tarffico, segnalato anche dal +2,3% di accessi in Area B durante la settimana in base al rapporto di AMAT.

Fonte: Il Post

Continua la lettura con: Il Politecnico di Milano lancia i primi test del car sharing elettrico a guida autonoma (e con ricarica wireless)

FABIO MARCOMIN

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20 grandi donne che hanno fatto la storia di Milano

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Hanno portato cultura e buon gusto, ma hanno anche saputo tenere le redini del potere, promuovere opere pubbliche o sacrificarsi sull’altare della ragion di Stato. Sono anche storie di miseria e di tristezza, o sospese tra romanzo e realtà. Sono state paladine di idee liberali oppure hanno scritto il proprio nome nella storia della letteratura italiana. Una galleria di personaggi femminili da conoscere o da riscoprire, per non dimenticare che spesso sono state le donne le vere protagoniste di questa città.

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20 grandi donne che hanno fatto la storia di Milano

# Maria Callas, la Diva

Figura indimenticabile del bel canto. Consacrata dal Teatro alla Scala come la Diva. Maria Callas entrò alla Scala nel 1951 in punta di piedi, senza raccomandazioni. La Callas riuscì a fare della sua permanenza alla Scala un “periodo d’oro”, collaborando con numerosi artisti. Dal 1951 al 1957 furono gli anni d’oro della sua sfolgorante carriera. Un esempio di donna che è riuscita a farcela da sola e ad alimentare con cura il suo talento.

Leggi anche: Alla prima del 1951 la Callas divenne divina

# Cristina Trivulzio di Belgiojoso, un simbolo di indipendenza

Nata e morta a Milano, Cristina di Belgiojoso è stata una patriota, giornalista e scrittrice italiana che partecipò attivamente al Risorgimento. Sposa infelice dopo i continui tradimenti del marito decise di separarsi per il proprio bene e salute. Grande attivista, scaltra, fu una figura di spicco durante il Risorgimento italiano, prese contatti con la carboneria e la sua presenza scomoda e allo stesso tempo molto importante venne riconosciuta in tutta Europa.

Leggi anche: Cristina Trivulzio, la “prima donna d’Italia”

# Beatrice d’Este, la madre del Rinascimento milanese

Moglie di Ludovico il Moro, passò la sua vita in perenne conflitto con la cugina Isabella di Aragona: due dame raffinate e colte che si contesero il trono e le simpatie dei sudditi. Nonostante la sua breve vita (morì di parto a soli 21 anni), fu la donna che diede sfarzo al Rinascimento milanese e che intrattenne nella sua dimora i più famosi artisti dell’epoca da Leonardo all’Amadeo.

# Alda Merini, la poetessa dei Navigli

Incredibile poetessa mediatica nata vissuta e morta a Milano, ha caratterizzato la sua epoca e la zona dei Navigli che ha abitato e amato. Alda che è stata costretta in un ospedale psichiatrico per lungo tempo, ci ha lasciato questa testimonianza “Dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio, non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita”. Oggi in Via Magolfa, 32 c’è lo Spazio Arti -Casa Merini a ricordarla e ad ospitare manifestazioni poetico-artistiche.

# Guglielmina la Boema, venerata come una dea

Fin dalla Milano imperiale, con gli intrighi orditi dalla scaltra imperatrice Eusebia, duemila anni di storia hanno parlato anche al femminile. Nella Milano a tratti oscura e misteriosa del Medioevo, Guglielmina la Boema è stata creduta l’incarnazione dello Spirito Santo, venerata dai suoi adepti, condannata per eresia dalla Chiesa.

# Bianca Maria Visconti, l’impronta dell’umanesimo a Milano

Figlia legittimata e unica erede di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, e di Agnese del Maino. Fu moglie di Francesco Sforza, duchessa di Milano dal 1450 al 1466, e madre dei duchi Galeazzo Maria Sforza e Ludovico il Moro.
Bianca Maria trascorse l’infanzia e l’adolescenza nel castello di Abbiategrasso con la madre, in un clima culturale di grande apertura. Qui ricevette, per desiderio paterno, un’accurata formazione di tipo umanistico.

# Fernanda Pivano, ha portato Milano al centro della cultura internazionale

L’inizio della sua carriera letteraria risale al 1943, quando pubblica per Einaudi la sua prima traduzione della Antologia di Spoon River, sotto la guida di Cesare Pavese. Nel 1949 sposa l’architetto e designer Ettore Sottsass junior e si trasferisce quindi a Milano dove lavorerà, conoscerà e frequenterà la migliore intellighenzia artistica e mondiale della sua epoca. Eccelsa traduttrice e grande conoscitrice dell’arte visse una vita intellettuale invidiabile, lasciando segni indelebili.

# Virginia de Leyva, “la Monaca di Monza”

Nata a Palazzo Marino -sua eredità immobiliare- è stata protagonista di un famoso scandalo che sconvolse Milano agli inizi del XVII secolo, per avere intrecciato una relazione con un nobile monzese la cui abitazione confinava con il monastero e che per coprire la tresca uccise altre persone. Lui venne giustiziato, lei venne confinata a vita, risorgendo poi grazie ai Promessi Sposi.

Leggi anche: La monaca di Monza: la sua storia tragica

# Luisa Casati Stampa, un’opera d’arte vivente

Fu amante di Gabriele D’Annunzio. Il desiderio di divenire lei stessa un’opera d’arte per mezzo del suo stile di vita e del suo aspetto, portarono Luisa a ricercare artisti affermati e giovani talenti che la ritraessero in oli su tela, bozzetti, sculture e fotografie. Ci sono molte opere che la ritraggono in abbigliamenti sfarzosi e atteggiamenti stravaganti.

# Altre grandi figure femminili di Milano:

Giulia Beccaria, tra romanzo e realtà, figlia di Cesare Beccaria e madre di Alessandro Manzoni

Eusebia, l’imperatrice nella fabbrica degli intrighi

Cecilia Gallerani, splendori e miserie di una cortigiana, amante di Ludovico il Moro, immortalata da Leonardo

Maria Gaetana Agnesi, una delle più grandi matematiche di tutti i tempi

Teresa Casati Confalonieri, eroina del risorgimento

Giuditta Pasta, il genio del canto

Clara Maffei, la creatrice del salotto del Risorgimento

Giuseppina Strepponi, la traviata redenta

Ada Negri, la poetessa del Quarto Stato

Camilla Cederna, una reporter in gonnella

Antonia Pozzi, giovanissima intellettuale, poetessa e fotografa delle periferie milanesi

Continua la lettura con: Come trasformare qualunque donna in una milanese

LUISA COZZI

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L’unica chiesa milanese in autentico stile paleocristiano: fu fondata da un re longobardo

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A poca distanza della Darsena, in via Daniele Crespi, si trova la basilica di San Vincenzo in Prato.
E’ l’unica chiesa milanese che conserva un autentico stile paleocristiano.

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L’unica chiesa milanese in autentico stile paleocristiano: fu fondata da un re longobardo

La chiesa è sopravvissuta con l’originale struttura perché a ogni restauro non fu mai modificata sostanzialmente ed è l’unica a Milano che testimonia il più antico aspetto della cristianità milanese.

La cripta

Fu fondata dal re longobardo Desiderio, nell’anno 770, che inizialmente la dedicò alla Madonna: si chiamava Basilica Virginum. Il nome lo cambiò quando vennero trovati i resti di San Vincenzo. Dando sua figlia in sposa a Carlo Magno, Desiderio riuscì a mettere i Longobardi al cuore dell’impero. Ma non durò a lungo. In seguito Carlo Magno ripudiò la moglie e mosse guerra ai Longobardi decretandone la fine del loro regno sull’Italia. 

Una curiosità? Nel 1797, in seguito alle leggi napoleoniche la chiesa fu sconsacrata per essere adibita a magazzino militare, stalla e caserma: nell’Ottocento fu adibita a fabbrica di prodotti chimici e, curiosamente, il campanile era usato come ciminiera.

 

Continua la lettura con: il campanile medievale in un cortile di Milano

MILANO CITTA’ STATO

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Queste le linee veloci attuali e future da Milano alle città d’Europa

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Credits frecciarossaofficial IG - Frecciarossa a Parigi

Continua l’espansione della rete europea del Gruppo FS Italiane con servizi veloci diurni e notturni. Questi i collegamenti veloci attivi oggi e quelli previsti nei prossimi anni.

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# Il primo collegamento oltre confine con Frecciarossa e TGV: Parigi

Credits brian_en_tramway IG – Frecciarossa Gare de Lyon

Il primo servizio di Alta Velocità oltre confine di Trenitalia è il Milano-Parigi, attivato a dicembre 2021. Il Frecciarossa 1000 collega le due capitali della moda ogni giorno da 4 viaggi delle durata di 7 ore, due di andata e due di ritorno. Al momento il servizio è stato parzialmente sospeso a causa di una frana avvenuta il 27 agosto 2023 sui binari e sull’autostrada tra Modane e Saint-Jean-de-Maurienne. La linea verrà ripristinata completamente dal primo aprile 2025. La stessa tratta è coperta anche dal TGV francese. 

Leggi anche: Riparte il treno per Parigi

# Con gli Eurocity a Basilea e Berna in 8 ore

Credits fernbahnkunde IG – Stazione di Chiasso

I treni Eurocity collegano invece Milano con le città svizzere di Basilea e Berna in 8 ore. Sono 8 i collegamenti ogni settimana, altrettanti quelli diretti a Ginevra, Montreux e Losanna. Verso Zurigo e Lugano ce ne sono invece 20.

Leggi anche: Da MILANO a LUGANO in treno in soli 30 MINUTI? Il PROGETTO

# I collegamenti notturni con gli Euronight: Austria e Germania

Credits Mike_68 -pixabay – Vienna

Tra i collegamenti attivi, sempre con gli Euronight, quelli notturni diretti a Monaco di Baviera e Vienna. Il treno ferma a Milano Rogoredo e viaggia due volte al giorno.

# Presto con l’Alta Velocità: da Milano a Lubiana in 7 ore

Lubiana car free
Lubiana car free

Attesa per il nuovo collegamento diretto Frecciarossa Italia-Slovenia, che si aggiunge alla rete di servizi Eurocity ed Euronight, dopo il test di dicembre 2023. La percorrenza della tratta Milano-Lubiana dovrebbe essere di 7 ore grazie all’accordo  preliminare siglato tra Trenitalia, capofila del Polo Passeggeri del Gruppo FS e SŽ Passenger Transport, società ferroviaria slovena.

Leggi anche: Col FRECCIAROSSA a LUBIANA? In PARTENZA il primo TRENO di PROVA

# Nel 2026 il Frecciarossa per Monaco di Baviera, poi forse Berlino. E si accelera anche per Barcellona e Costa Azzurra

MavericksBastelstube-pixabay – Stazione Monaco di Baviera

Tra le nuove connessioni internazionali in programma con il Frecciarossa c’è anche quella verso la Germania. Questo è quanto prevede l’accordo preliminare firmato tra Trenitalia, società capofila del Polo Passeggeri del Gruppo FS, e la compagnia ferroviaria tedesca Deutsche Bahn. In base al progetto pilota Italia_Germania, presentato congiuntamente dalle due società ferroviarie e selezionato dalla Commissione Europea nell’ambito del Commission Action Plan, la Stazione Centrale di Milano e quella di Monaco di Baviera dovrebbero essere collegate per la fine del 2026. Con la futura apertura del Tunnel di Base del Brennero e l’eliminazione del cambio treno il viaggio dovrebbe durare circa 6 ore. 

Leggi anche: Il nuovo FRECCIAROSSA ITALIA – GERMANIA

Tra le ipotesi future l’estensione del servizio con collegamenti da e per altre destinazioni in Germania, in primis Berlino. Ultima novità all’orizzonte, infine, il collegamento con TGV per la Costa Azzurra e, soprattutto, quello notturno che “sfiora” l’alta velocità con Barcellona. Qui l’articolo: 

Continua la lettura con: In arrivo il TRENO LOW COST in alta velocità MILANO-BARCELLONA

FABIO MARCOMIN

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Il Dante «milanese» che si incontra nelle strade di New York

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Ph. @hhazelrahh IG

Dal 1921 a New York c’è una statua di Dante, posizionata davanti a Broadway. Pochi sanno che è stata realizzata a Milano, in una celebre fonderia di Isola. Foto cover: @hhazelrahh IG

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Il Dante «milanese» che si incontra nelle strade di New York

# Nel mezzo del cammin di Broadway mi ritrovai davanti a Dante Alighieri

Ph. @adgelet IG

Nel mezzo del cammin di Broadway mi ritrovai davanti a una maestosa scultura di Dante Alighieri, una delle più imponenti che siano mai state realizzate. Da oltre un secolo si trova di fronte al Lincoln Center, uno dei centri culturali più importanti di Manhattan e di tutti gli Stati Uniti. Siamo in quelle strade che ci ha mostrato Steven Spielberg nel suo “West Side Story”, siamo dove la Broadway incrocia la 63esima strada ovest, siamo in una delle più eleganti, signorili e tranquille zone di New York. Qui al centro si trova il monumento dedicato a Dante. Ma che ci azzecca con New York il padre della lingua italiana?

# Il “papà” americano di Dante

Ph. @ricochetboomerang IG

Il merito, o la colpa secondo i punti di vista, spetta a un giornalista pisano trasferito negli Stati Uniti nel 1872. Il suo nome è Carlo Barsotti, aveva una straordinaria capacità di scrittura, ma un’ancor più straordinaria capacità di coinvolgere le persone. Così, appena giunto dall’altra parte dell’oceano, dopo alcune esperienze da dipendente, fonda un giornale tutto suo: ‘Il Progresso Italo-Americano’. L’obiettivo è di rappresentare il quotidiano d’informazione degli emigranti italiani e, ben presto, diviene il più importante e influente giornale in lingua straniera della città. Ma non si limita a informare: vuole innalzare a New York simboli della grande storia d’Italia. Così Barsotti chiama a raccolta gli italiani d’America e, grazie ai soldi devoluti al giornale, erige a New York monumenti a Cristoforo Colombo, Giovanni Da Verrazzano, Giuseppe Verdi e Dante Alighieri che diventa “la più bella statua di Dante mai realizzata”, secondo il parere di Giovanni Pascoli. Non solo: viene anche creato il “Dante Park”, un parco cittadino che è tanto piccolo quanto affascinante e che rappresenta un piccolo, prezioso e imperdibile angolo d’Italia nella città più cosmopolita del mondo. Il Dante Park sta lì a ricordare che senza il contributo del nostro Paese la cultura non sarebbe né così ricca né così straordinaria: ecco come un poeta del Trecento è arrivato dall’altra parte dell’Atlantico. Ma da dove è partito? Risposta esatta: Milano!

# La più bella statua di Dante del mondo nasce a Isola, nella Fonderia Napoleonica Eugenia

milanosguardinediti.it – Fonderia Napoleonica

La statua di Dante è stata realizzata a Milano, nella Fonderia Napoleonica Eugenia di via Thaon de Revel 21. Tutto ha inizio con la Rivoluzione Francese e l’arrivo di Napoleone Bonaparte in Italia: tra i cambiamenti più radicali messi in atto da Napoleone ci fu l’esproprio di numerose proprietà della Chiesa. Analoga sorte toccò anche al Santuario di Santa Maria alla Fontana quello della “fontana miracolosa” di Milano: nel 1806 il Viceré d’Italia, Eugenio di Beauharnais (figlio adottivo di Napoleone Bonaparte), ordinò che alcuni dei locali conventuali a fianco del Santuario venissero destinati ad ospitare una fonderia per la realizzazione di oggettistica d’arredamento in bronzo quali statue, candelabri, orologi, appliques, maniglie, cornici. Questi sarebbero serviti per abbellire con pezzi di pregio le ville dell’alta aristocrazia lombarda come i saloni del Palazzo Reale di Milano e quelli della residenza di Monza.

Il Viceré decise di fare investimenti allo scopo di formare nuovi artigiani nella speranza che, apprendendo l’arte della fusione dei metalli e le tecniche di smaltatura, tanti giovani fossero invogliati a cimentarsi in questo settore. Proprio perché potessero insegnare questo mestiere agli artigiani più meritevoli, richiamò in Italia i tre fratelli Manfredini che, orafi ed esperti fonditori di metalli, da anni si erano fatti un nome a Parigi e che accettarono di rientrare a Milano.

# Le più belle opere realizzate nella Fonderia: c’è anche la sestiga sopra l’Arco della Pace

I Manfredini diedero alla nuova fonderia napoleonica il nome “Eugenia“, proprio in omaggio al Viceré. Cominciarono col produrre grandi e piccoli oggetti di lavorazione bronzea per arredi: alcuni presentati all’esposizione ‘degli oggetti d’arte e mestieri’ tenutasi ogni anno all’Accademia di Brera, vennero eseguiti proprio nella loro nuova fonderia. Uno di questi vinse addirittura la medaglia d’oro: era un orologio da tavolo ornato di statue e fregi in bronzo dorato rappresentante l’Aurora di Guido Reni, oggi conservato nella Biblioteca Ambrosiana
I Manfredini non solo si limitarono alla realizzazione di piccoli oggetti, ma si cimentarono in opere molto più impegnative. Tra queste, nel 1835, curarono la fusione della sestiga collocata sull’Arco della Pace, un’opera colossale di 36 tonnellate. 

Con la conclusione dell’attività, gli antichi ambienti di lavoro della fonderia hanno mantenuto intatta la struttura originaria. Oggi la Fonderia è diventata un luogo di lavoro, d’arte e di cultura e viene utilizzato come location per mostre, manifestazioni culturali e presentazioni varie. In periodo natalizio, ospita le bancherelle dei mercatini di Natale.

Continua la lettura con: Frecciarossa e TGV Milano-Parigi sono di nuovo in partenza: queste le 6 fermate intermedie

MARTA BERARDI

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Quando pensavi di aver imparato a sciare sulla pista di Gae Aulenti

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Invece hai imparato a volare.

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Quelle 5 piccole magie che chi vive in centro invidia a chi sta in periferia

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Andrea Cherchi - Abitazioni a Baggio

Altolà. Lo sappiamo a cosa state pensando… Che questa possa essere una casistica di luoghi comuni in cui si tende a catalogare usanze e costumi a seconda della zona. Se non fosse che chi, come il sottoscritto, conosce molto bene sia il centro città che le sue periferie sparse per i quattro punti cardinali garantisce che alcune differenze ci sono, e sono anche sostanziali. Queste sono le 4 cose che chi vive in centro invidia a chi sta in periferia. 

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Quelle 5 piccole magie che chi vive in centro invidia a chi sta in periferia

# La rilassatezza

Credits Andrea Cherchi – Parco Trotter

O all’inglese: il relax. Quello che è difficilissimo trovare in centro, fra ritmi accelerati e trasporti molto più presenti e chiassosi. E poi le corse frenetiche dei colletti bianchi, migliaia di corrieri espresso, taxi, eventi, shopping e affari. Tutto questo alza la soglia dei decibel e costringe la gran maggioranza degli autoctoni della Milano alto-borghese ad accelerare tutti i ritmi della propria giornata, mentre in periferia gli spazi e i tempi si dilatano ed è tutto molto più lento e rilassato. A volte si sente pure il silenzio. 

# Ci si saluta!

Credits Andrea Cherchi – Interno Bar Baggio

Ebbene sì, ci sono ancora posti dove la gente saluta gli sconosciuti e spesso gli offre anche il caffè. E non solo dopo i derby della madonnina. Una volta, infatti, il tifoso che vinceva la stracittadina milanese aveva l’onore di entrare nei bar e avere il caffè offerto dai rivali di passione sportiva, e questo avveniva prevalentemente in quei vecchi bar o taverne di periferia dove ci si conosceva tutti e dove si usava (e si usa ancor oggi) salutare con più frequenza gli sconosciuti, scambiarci quattro chiacchiere o bersi assieme un buon caffè. Qualcosa di cui sempre più persone, a dire il vero non solo chi vive in centro, sentono la mancanza. 

# La natura

Credits Andrea Cherchi – Parco Nord Milano

Non che fra Rozzano e il Quadrilatero della Moda l’aria sia poi così diversa, per carità, ma di certo, al netto delle tante zone verdi in pieno centro a Milano, tutta la provincia e la periferia della città sono disseminate di vasti giardini che disinfettano un po’ questo maledetto particolato che tanto inquina tutta la zona a sud delle Alpi. Fra le aree più famose delle periferie abbiamo ad esempio il Parco Forlanini, oasi verde dotata di laghetto con vista sull’aeroporto di Milano Linate e il Parco Nord che con i suoi oltre seicentoquaranta ettari è fra i più i parchi urbani più grandi dell’intera regione Lombardia.

# I prezzi

Pietro Paolo Riso Google – Esselunga Rubattino

Anche alcune famose catene di GDO e supermercati, che di certo non possono applicare prezzi diversi su prodotti per così dire standard, trovano invece modo di venire incontro alle esigenze della periferia adattando le merci in vendita al consumo locale, ad esempio riempiendo gli store più decentrati con offerte imperdibili. Se è vero ad esempio che un famoso supermercato della centralissima viale Piave è soprannominato il supermercato dei single per via delle tante monoporzioni in vendita presso i suoi banchi freschi, i cugini periferici della stessa catena come ad esempio Quarto Oggiaro o Rubattino pullulano di maxi-sconti studiati per acquisti familiari. La quantità al servizio delle famiglie, a meno della metà del prezzo. E questo non vale solo per i supermercati: vogliamo parlare dei prezzi delle case?

# Le vie di fuga

Credits: quotidiano.it
Casello autostradale

E poi dobbiamo confessarlo: chi è a Milano sogna di andare via. Non per sempre, ma almeno per un fine settimana. E su questo punto le periferie mostrano i muscoli. Chi vive in centro può avvertire l’oppressione del “fortino”, della prigione dorata, sentendosi compresso dai quartieri della circonvallazione e poi dalla cintura di quelli via via più periferici. Quando c’è traffico, nel tempo che chi vive in centro ci impiega a uscire dalla città, chi abita in periferia è già a passeggio sul lago di Como. 

Continua la lettura con: Il 2025 sarà ancora l’anno delle periferie? Le 7 zone di Milano su cui scommettere per acquistare casa

CARLO CHIODO

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Il nuovo parco di Milano ispirato alla rete agricola della Pianura Padana

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Credits: Urbanfile-Milano

Un tassello alla volta si sta completando il nuovo parco di Milano, uno dei più grandi in fase di realizzazione negli ultimi anni. Scopriamo le sue caratteristiche uniche e il maxi progetto di rigenerazione in cui è inserito.

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Il nuovo parco di Milano ispirato alla rete agricola della Pianura Padana

# Un affascinante intreccio di corsi d’acqua, rogge, filari di alberi, orti e frutteti urbani

Seimilano residenze e parco

Dove un tempo sorgevano le aree inquinate delle cave Calchi Taeggi, oggi si sta componendo poco alla volta un nuovo grande parco di Milano. Il progetto è stato concepito dallo studio di architettura paesaggistica Desvigne, che ha tratto ispirazione dalla rete agricola che caratterizza la Pianura Padana. Il risultato è un’area verde che ripropone la tipica trama geometrica della campagna, riorganizzando gli elementi simbolici del paesaggio rurale in un affascinante intreccio di corsi d’acqua, rogge, filari di alberi, orti e frutteti urbani. A completare il quadro, una selezione di piante con un alto potere di assorbimento di CO2, pensate per restituire al contesto urbano una nuova forma di respiro ecologico e visivo.

Credits Urbanfile – Primo lotto parco SeiMilano completato nel 2023

Lo scopo del paesaggista è quello di sfruttare il paesaggio agricolo lombardo e trasformalo in un parco fruibile e attrattivo agli occhi, unendo tradizione e innovazione. Il filo conduttore che tiene insieme il parco è il canale deviato dell’Olona che parte dalla zona di Rho, passando per il Bosco in città (via Novara) e dal Parco delle Cave per poi immettersi nel Lambro Meridionale, nelle zone Chiesa Rossa e Gratosoglio. 

archepa_landscape IG – Parco SeiMilano

La disposizione è stata invece pensata dallo studio HW Style con l’obiettivo di ottimizzare il microclima dell’area, sfruttando il naturale filtraggio dei venti provenienti da sud-ovest. Inoltre, è stato previsto un impianto di irrigazione intelligente, che ridurrà al minimo l’utilizzo di risorse idriche grazie a un sistema di accumulo delle acque piovane.

# Una superficie di 16 ettari, con oltre 4mila arbusti e 2.300 alberi

Mappa Parco SeiMilano

Su un totale di 16 ettari di superficie sono previsti 4.100 arbusti e ben 2.300 alberi ad alto fusto, tra cui querce, tigli, noci, frassini, ciliegi, gelsi e magnolie, tutte specie tipiche della Lombardia, selezionate per la loro capacità di adattarsi al contesto urbano e per la resistenza alle malattie del territorio. Al verde si aggiungono servizi e aree dedicate: piste ciclabili, un’area di 15.000 metri quadrati per lo sport, 3.000 metri quadrati per i cani, 4.300 metri quadrati di giochi per i bambini, e persino un asilo e una scuola materna, offrendo così uno spazio multifunzionale che risponde alle esigenze di tutti.

# Cantieri completati al 70%

Urbanfile – Parco Sei Milano

Un primo lotto è stato inaugurato a ottobre 2023, al momento è stato completato ed è accessibile il 70% sul totale, mentre il resto entro è in fase di realizzazione e dovrebbe essere completato nei prossimi mesi.

Urbanfile – Parco Sei Milano vista Lambro Meridionale

Nello specifico il settore oltre il canale del deviatore dell’Olona, verso il Comune di Cesano Boscone.

# Il maxi progetto di rigenerazione SeiMilano di Cucinella

Credits: Urbanfile – Masterplan SeiMilano

Il parco si trova al centro del maxi progetto di rigenerazione urbana di Sei Milano che comprende un nuovo quartiere multifunzionale con circa 1.200 residenze, in edilizia libera e convenzionata, 30mila mq di uffici e circa 10mila mq destinati alle attività commerciali, per un intervento complessivo di oltre 300mila mq inclusi i 16mila di parco. Il tutto a poche centinaia di metri dal capolinea M1 di Bisceglie.

Urbanfile – Quartiere Sei Milano
La firma è dell’archistar Cucinella, mentre lo sviluppo è frutto della partnership tra Borio Mangiarotti e Värde Partners. La realizzazione del primo lotto residenziale è conclusa, così come quella delle torri ad uffici Park West.
 
Urbanfile – Centro direzionale Sei Milano

Il secondo lotto, con 11 palazzi per un totale di 650 appartamenti, dovrebbe essere terminato entro il 2025. Tutto il progetto tra il 2026 e il 2027. Inaugurazione completa tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026.

Continua la lettura con: A Milano «il più grande parco termale metropolitano d’Europa»: i nuovi rendering delle vasche, la data ufficiale e i prezzi dei servizi

FABIO MARCOMIN

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Le Kaktus Tower lanciano la sfida al Bosco Verticale

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_martinholm IG - Kaktus Tower

Il design è curato da un noto studio di architettura che ha progettato uno dei nuovi grattacieli in costruzione a Milano. Come sono state realizzate e a cosa sono destinate.

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Le Kaktus Tower lanciano la sfida al Bosco Verticale

# Il progetto è curato da BIG, lo studio di architettura dello Sdraiato di Citylife

chrisblenker IG – Kaktus Tower

Il design è dello studio di architettura Bjarke Ingels Group (BIG), quello che a Milano ha progettato lo Sdraiato di Citylife, mentre il cliente è Høpfner Projects. Il progetto ha previsto la realizzazione di due torri residenziali di 60 e 80 metri a Copenaghen, tra il lungomare di Kalvebod Brygge e la linea ferroviaria della città. Le Torri Kaktus sono composte da un nucleo esagonale con piastre quadrate disposte con orientamenti diversi e sfalsati che creeano balconi ad ogni piano. La configurazione complessiva della facciata ricorda la forma spigolosa e spinosa di una pianta di cactus

Leggi anche: La GRANDE ONDA si alza su MILANO: le IMMAGINI e i tempi per l’INAUGURAZIONE

# 495 appartamenti destinati a giovani e studenti

_martinholm IG – Kaktus Tower

Il complesso residenziale si inserisce all’interno di un masterplan di 74.000 mq sviluppato dallo studio danese Dorte Mandrup Arkitekter, che prevede anche edifici a funzione ricettiva e commerciale tra cui un grande store Ikea di 37.000 mq pensato per acquisto di piccoli oggetti per l’arredo trasportabili anche in bicicletta, infatti non è presente un parcheggio per le auto.

fridalau_ IG – Interni Kaktus Tower

Le Kaktus Tower propongono un concetto di micro-living con 495 abitazioni in media di 30 mq destinate a giovani e studenti.   

Continua la lettura con: In partenza i CANTIERI per il GRATTACIELO IN LEGNO più ALTO del mondo

FABIO MARCOMIN

copyright milanocittastato.it

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Il Frecciarossa punta al nord Europa: il progetto e il «grande miraggio» all’orizzonte

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Chatgpt AI - Frecciarossa verso la Germania

Dopo il successo del collegamento veloce tra Milano e Parigi, attivo dal 2021 e destinato a ripartire il 1 aprile 2025, Trenitalia punta ad estendere l’alta velocità almeno fino al cuore della Germania. L’accordo preliminare firmato insieme a Deutsche Bahn, ÖBB e Ferrovie dello Stato italiane FS ha segnato il primo passo verso questa nuova tratta: ecco quando dovrebbero partire i primi treni e verso dove si potrebbe arrivare.

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Il Frecciarossa punta al nord Europa: il progetto e il «grande miraggio» all’orizzonte

# L’accordo tra Trenitalia, ÖBB, Deutsche Bahn e Ferrovie dello Stato italian per l’alta velocità Italia-Germania

Credits brian_en_tramway IG – Frecciarossa Gare de Lyon

L’asse ferroviario tra Italia e Germania sta per essere rivoluzionato: Trenitalia, Deutsche Bahn, ÖBB e Ferrovie dello Stato italiane hanno siglato un accordo per il primo collegamento diretto ad alta velocità tra Milano e Monaco di Baviera. Oggi il viaggio richiede fino a 9 ore e mezza con cambio obbligato, un’eternità. Con il nuovo servizio, il tempo di percorrenza scenderà drasticamente, con il treno che proseguirà addirittura fino a Roma. Il Frecciarossa si prepara a varcare i confini italiani anche sul versante austriaco, portando con sé un pezzo di rivoluzione nei trasporti europei.

# 2026: Milano-Monaco in 6 ore, con vista su Berlino

Milano-Monaco treno

L’obiettivo è far partire i primi treni ad alta velocità tra Milano e Monaco a dicembre 2026, grazie ai finanziamenti dell’Unione Europea destinati ai collegamenti transfrontalieri. Tuttavia, prima del grande salto, restano da risolvere alcune questioni tecniche: servono nuove omologazioni, aggiornamenti nei sistemi di segnalamento e soprattutto macchinisti in grado di parlare sia italiano che tedesco. Il risultato? Un viaggio di poco più di 6 ore. E non è finita qui: sono già in corso trattative per prolungare la tratta fino a Berlino, aprendo un nuovo corridoio ferroviario veloce tra Mediterraneo e Nord Europa.

# Nel 2033 tempi ridotti ulteriormente grazie all’inaugurazione della Galleria del Brennero

Galleria di Base Brennero

Sei ore di viaggio possono sembrare ancora troppe, dal 2033 sarà realtà un ulteriore taglio ai tempi di percorrenza. Il merito è tutto della Galleria di Base del Brennero, che con i suoi 64 km di estensione diventerà il tunnel ferroviario sotterraneo più lungo del mondo. Questo capolavoro ingegneristico abbatterà del 70% i tempi di transito tra il confine italiano e quello austriaco, riducendoli dagli attuali 80 minuti a soli 25 minuti. Risultato finale? Milano e Monaco collegate in circa 5 ore e mezza, a oltre 200 km/h.

Leggi anche:  Così si costruisce in Italia il tunnel più lungo del mondo: le prime immagini

Sarà in Italia il TRAFORO più LUNGO del MONDO: 64 Km sottoterra

# Treni fino a 250 km/h: da Milano a Monaco in meno di 3 ore, fino a Berlino in 7… e in Svezia?

Fehmarnbelt: il tunnel per la Scandinavia

Ma il vero obiettivo a lungo termine è ancora più ambizioso. A febbraio 2023 la Commissione Europea ha infatti dato il via libera a un progetto pilota per potenziare ulteriormente la velocità dei treni tra Milano e Monaco arrivando a dieci treni al giorno. Si punta a far salire la velocità massima lungo il percorso fino a 250 km/h, rendendo possibile un collegamento tra le due città in meno di 3 ore. E non solo: con lo stesso slancio, Berlino potrebbe essere raggiunta in appena 7 ore. Per i tedeschi sarebbe un’alternativa più rapida ed economica per venire a trascorrere le vacanze in Italia. Non solo: al completamento del tunnel con la Scandinavia, appare all’orizzonte un obiettivo ancora più ambizioso: si arriverà con il Frecciarossa fino in Svezia?

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FABIO MARCOMIN

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Queste sono le 5 zone più sicure di Milano (video)

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Quartieri sicuri
Quartieri sicuri

A Milano, il tema della sicurezza è sempre al centro dell’attenzione. Episodi come furti in metropolitana o piccoli atti di vandalismo evidenziano quanto sia importante conoscere meglio il territorio in cui viviamo. Per offrire un quadro più chiaro, Wikicasa ha individuato le zone della città considerate più tranquille, basandosi su un indicatore specifico: il Crime Index. Di cosa si tratta e quali sono i quartieri ai primi posti in tema sicurezza? Ne parliamo in questo video.

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copyright milanocittastato.it

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La Senavra, il manicomio perduto di Milano: come si curavano i matti e l’ultimo malato ancora presente

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Al numero 50 di Corso XXII Marzo c’è la Senavra. Il primo ricovero per malati di mente aperto in città. Era il 1780. Oggi aiuta altri cittadini in difficoltà, ma c’è ancora un ultimo malato mentale. 

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La Senavra, il manicomio perduto di Milano: come si curavano i matti e l’ultimo malato ancora presente

# Senavra: perché si chiama così?

Credits: pinterest – Manicomio di Senavra

Su questo i pareri sono discordanti. Una prima versione riporta che il termine “senavra” in antico milanese significasse senape. Secondo fonti dell’epoca, nella zona si trovavano degli orti dove si coltivavano piante di senape. Per un’altra tesi la parola deriverebbe da “Sinus Averanus”, una palude situata nelle vicinanze. La terza, infine, la fa risalire a una storpiatura di Scena Aurea, il nome dato alla costruzione dai Gesuiti quando ne presero possesso.

# Dalla Senavra al Mombello

Credtits: madtrip.co – Manicomio di Mombello esterno

Fino al 1780 l’assistenza ai malati mentali era assicurata dall’Ospedale Maggiore presso l’antico ospedale di San Vincenzo. Con decreto del 1780 l’imperatrice Maria Teresa istituì la fondazione di una struttura deputata al ricovero dei folli. L’anno seguente i malati psichiatrici furono trasferiti dall’Ospedale di San Vincenzo alla Senavra, che nel gergo popolare milanese divenne il termine usuale per definire un “manicomio”. La Senavra rimase il manicomio di Milano per meno di un secolo. Dall’agosto 1865 i ricoverati furono condotti nella villa Crivelli di Mombello a Limbiate che divenne, una volta ampliata, l’Ospedale psichiatrico generale della provincia oltre che il manicomio più grande d’Italia. Ma come si curavano i malati ai tempi della Senavra?

# Come si curavano i malati mentali alla Senavra?

La Senavra non ospitava solo i matti, ma era destinata anche all’accoglienza degli “alienati”, come sordi, muti, ciechi, epilettici e bambini con malformazioni abbandonati dai genitori.
L’edificio non era particolarmente accogliente e le cure a cui venivano sottoposti più che cure erano torture. Questo perché la pazzia non veniva considerata una malattia, quindi non ci si poteva proprio il problema di cercare una cura. Il pazzo, se tranquillo ed innocuo, era visto come un ispirato, un profeta o un santo, se pericoloso era invece un posseduto dal demonio e, in ogni caso, era un soggetto passibile di torture e, perfino, di morte. Secondo una credenza secolare, infatti, era lo spirito del male in lotta con quello del bene a squassare le anime degli alienati. I pazzi pericolosi venivano messi in catene come bestie, nei sotterranei, lontani dalla vista degli altri. A quelli che per amore o per pietà volevano tenere il malato in casa, il manicomio forniva delle gabbie “portatili” per contenere i più agitati.
A partire dal 1788, ci fu un tentativo di rinnovamento dell’istituzione: si introdussero terapie alternative e vennnero quasi totalmente eliminate le catene. L’ergoterapia o terapia occupazionale, con l’introduzione della calzoleria e sartoria, si aggiunse all’idroterapia fondata su sistemi di cura basati sull’acqua. Inoltre, si iniziarono a dividere i ricoverati in base alle condizioni mediche come i furiosi, i sudici, i dementi e gli imbecilli, i tranquilli, i convalescenti e quelli affetti da malattie intermittenti.
Il cambiamento più importante avvenne nel 1844, quando si gettarono le basi per una vera e propria cura morale del pazzo, seguendo i principi della scuola psichiatrica francese di Pinel ed Esquirol della prima metà dell’Ottocento. Secondo tale impostazione la pazzia veniva interpretata come un disordine dei sentimenti, della volontà e delle passioni: il compito del manicomio era quello di ricondurre il ricoverato ad interiorizzare le regole socialmente accettate. Ma cosa ne è oggi della Senavra?

# Il “vecchio della Senavra”, l’ultimo malato rimasto

Credits Urbanfile – Senavra

L’antica vocazione caritativa rimane dentro le sue mura, che ospitano due opere a carattere sociale: la Casa di Accoglienza Marta e Maria, che offre asilo temporaneo a donne sole in stato di necessità, e L’Abilità, un centro diurno e residenziale destinato a bambini diversamente abili. Quindi, oggi nel palazzo non ci sono più malati, tranne uno. Si dice infatti che nei paraggi dell’edificio si aggiri lo spettro di un paziente morto nel manicomio, chiamato il “vecchio della Senavra” (o “vecchione della Senavra”). Dopo la mezzanotte ci si può imbattere nel fantasma che ama far paura ai viandanti, riconoscibile dal caratteristico rumore di zoccoli caprini. L’unico modo per liberarsi di lui è lanciargli una monetina. Meglio se un fiorino. 

Continua la lettura con: Le feste sfrenate del principe a Milano

MARTA BERARDI

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La «Super 90-91»: trasformiamo la circolare in una metro su gomma?

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johnnyae86 IG

Per migliorare il servizio della linea circolare si potrebbe trasformarla in una sorta di metropolitana su gomma. Rilanciamo la proposta di Roberto Bressanin: come si potrebbe fare e i limiti e le criticità al progetto evidenziate da Marco Figura.

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La «Super 90-91»: trasformiamo la circolare in una metro su gomma?

# Una metropolitana su gomma a guida automatica

Guida autonoma filobus

La linea circolare 90/91 è una delle linee di superficie di “forza” della rete dei trasporti di Milano: il suo tracciato interseca tutte le cinque linee metropolitane oltre che il passante. I filobus vanno in prevalenza in sede protetta, anche se in condivisione con taxi, ncc, moto, scooter e altri mezzi di servizio pubblico, con l’ultimo tratto mancante in zona Lotto su cui si sono avviati i lavori.

Per renderla ancora più efficiente ci sarebbe però bisogno di un ammodernamento. In attesa della Circle Line, che non prevede al momento la chiusura dell’anello ad ovest, e della M6, con la partenza dei cantieri che non avverrebbe prima del 2030, si potrebbe pensare a trasformare la 90/91 in una vera metropolitana su gomma. Farebbe il servizio di una metro ma senza gli ingenti costi di scavo di una di tipo tradizionale che viaggia sottoterra. Questa la proposta di Roberto Bressanin. 

Per farlo, scrive, si potrebbero utilizzare convogli gommati a guida automatica: nei prossimi anni è previsto un test di questi mezzi proprio sulla linea circolare, realizzando una corsia riservata esclusivamente al bus/filobus prevedendo l’isolamento del percorso dagli incroci a raso tramite la costruzione di sottopassi. La linea diventerebbe così più veloce e i mezzi potrebbe passare con una frequenza maggiore.

Leggi anche: La 90-91 sarà a GUIDA AUTONOMA: dove si faranno i PRIMI TEST

# Il progetto di Atm degli anni ’70 per trasformare la 90/91 in metro di superficie

90 91 metro di superficie

Un progetto simile era stato pensato da ATM Nel corso degli anni ’70. L’azienda di traporti aveva pensato di realizzare alcune linee di metropolitane leggere di superficie o metrotranvie per potenziare la rete tranviaria. La candidata ideale era proprio la linea circolare 90/91 che da filobus si sarebbe dovuta trasformare in un metrotranvia con un percorso in sede propria. In quel caso erano stati ipotizzati sovrappassi in corrispondenza degli incroci più importanti e semafori asserviti negli altri incroci.  Il progetto si arenò in seguito alle numerose polemiche dell’epoca, si parlò di “una cintura di ferro che imprigionerà Milano”, e i tram già acquistati furono riutilizzati sulle linee tranviarie esistenti.

# I limiti e le criticità della proposta

Percorso linea 90-91

Ci sono però alcune perplessità sulla proposta di Bressanin. L’esperto di mobilità Marco Figura sostiene che soluzioni di questo tipo non siano efficienti come una vera metropolitana. Questo perché “la filovia interseca strade, è costantemente a rischio interruzione a causa di caduta di alberi sul tracciato e incidenti stradali, necessita di una linea area dedicata e ha troppe fermate che aumentano sensibilmente la percorrenza della linea rispetto a un treno o a una metro”.

Per questo motivo, conclude, “esistono tipologie di utenze diverse per i tram o i bus, a servizio del quartiere, e i treni metropolitani e suburbani pensati per un’area urbana di maggiori dimensioni e persino extraurbana”. In sintesi, trasformare la circolare 90/91 in una metropolitana di superficie “non ha senso ed è addirittura svantaggioso”.

Continua la lettura: Il PROGETTO di trasformare la 90/91 in una METRO di SUPERFICIE

FABIO MARCOMIN

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La circle line bucata: le 5 azioni per completare il grande cerchio di Milano

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Nuove stazioni circle line Milano MIND-Merlata e Milano Stephenson

Il progetto attuale della Circle Line milanese, così come stata progettata, rischia di non essere utile come servizio metropolitano. O almeno presenta troppi buchi per le esigenze di Milano. Ecco come andrebbe ripensata la linea e gli interventi indispensabili da realizzare.

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La circle line bucata: le 5 azioni per completare il grande cerchio di Milano

# Il “semicerchio”: il progetto della Circle Line secondo il PUMS

Di Arbalete – openstreetmap.org, CC BY-SA 2.0, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid – Tracciato Circle Line

Il progetto attuale prevede una rifunzionalizzazione del tracciato ferroviario su cui transita la linea suburbana S9, che verrebbe ricalcato parzialmente dalla Circle Line, e l’acquisto di 20 treni dedicati. Il tratto a nord percorso della linea dovrebbe essere quello della futura, anche se ancora non certa, S16 da Rho ad Abbiategrasso. La linea angolare, dato che manca il lato ad ovest, dovrebbe collegare Rho Fiera a San Cristoforo FS M4. Alle 8 stazioni esistenti (San Cristoforo, Romolo, Forlanini, Lambrate, Certosa, Rho Fiera, Tibaldi inaugurata a dicembre 2022 e Porta Romana in fase di riqualificazione) se ne dovrebbero aggiungere altre 4: Istria, Dergano, Stephenson e la novità MIND-Cascina Merlata. Quest’ultima l’unica in fase di progettazione.

Nuove stazioni circle line Milano MIND-Merlata e Milano Stephenson

Ci sono poi altre stazioni da realizzare ex novo e altre ancora da rifunzionalizzare o adeguare grazie ai 97 milioni dell’Accordo di Programma Scali Ferroviari, che serviranno la Circle Line oltre alla linea S9, a cui si potrebbero aggiungere in futuro le altre immaginate nel PUMS: Istria, Canottieri, Toscana, Puglie, Zama, Ortica, Padova e Bovisasca. 

La linea dovrebbe essere operativa non prima del 2030. Ma cosa manca di fondamentale e quali dovrebbero essere le priorità per i prossimi passi?

Leggi anche: Le PROSSIME FERMATE in arrivo sulla CIRCLE LINE di Milano: il punto sui lavori

#1 Serve una linea dedicata per il solo tratto urbano

Credits laeriiika IG – Stazione di Rogoredo

Uno dei principali problemi del tracciato pensato per la futura Circle Line è la presenza di intersezioni a distanza di pochi chilometri una dall’altra: ad esempio a Rogoredo i treni si devono fermare perché c’è un groviglio di binari. Per questo motivo serve una linea dedicata esclusivamente per il tratto urbano. La ferrovia era stata realizzata per essere a servizio delle industrie, successivamente per essere al servizio per il trasporto auto salendo a San Cristoforo, quindi non funzionale per il trasporto passeggeri.

#2 La priorità sono le stazioni di interscambio: Istria M5, Turro M1, Dergano M3

Aoumm – Rendering stazione Porta Romana

Una circle line risponde all’esigenza di creare un interscambio a tutte le linee radiali della metro. Per questo motivo stupisce l’assenza di diverse stazioni di interscambio che sono fondamentali per integrare veramente la Circle Line alla rete di forza della città, ossia alle metropolitane e alle linee urbane del passante. In particolare, la priorità dovrebbe essere di costruire le stazioni di interscambio: Dergano con la M3, Istria con la M5, previste dal PUMS, e Turro con la M1. Per nessuna di queste c’è ancora un progetto, nemmeno uno studio di fattibilità. Si sa solo che per Dergano sono stati destinati 20 milioni di euro sul totale concordato tra FS e Comune di Milano, ma nessun altro passo.

A questo si aggiunge il fatto che la stazione di Porta Romana, in fase di restyling, non è stata avvicinata a quella della metropolitana di Lodi T.I.B.B. M3: pertanto il collegamento a piedi sarà lungo e all’aperto, pur se coperto quasi per intero. Scomodo come quello tra tra Missori M3 e Sforza Policlinico M4, l’ultima metropolitana inaugurata.

#3 Le estensioni necessarie: da San Cristoforo a Certosa e due nuove linee S Vigevano-Monza e Rogoredo-Malpensa

Openstreetmaps – wikipedia – Milano Rogoredo

Occorre inoltre che la linea faccia un percorso da San Cristoforo, fermando anche a Rogoredo, dove potrebbe invertire la marcia utilizzando i binari di testa al momento non utilizzati, poi Forlanini, Lambrate e poi fino a Certosa, fermando in tutte le altre stazioni previste sul tracciato. 

Ci vorrebbero poi altre due linee S: 

  • una da Vigevano, in previsione del raddoppio binario, fino a Monza via Romolo/Tibaldi
  • un’altra sulla tratta Rogoredo – Saronno – Malpensa via Forlanini/ Monza

#4 La frequenza dei treni non dovrebbe salire sopra i 5 minuti negli orari di punta

Credit nongio70 IG – Treno trenord Porta Garibaldi

In questo modo verrebbero razionalizzate le tratte e sulla cintura sud e si porterebbe la frequenza a un treno ogni mezz’ora per linea, quindi un passaggio ogni 15 minuti. Lo stesso sulla cintura est Rogoredo – Forlanini – Lambrate – Greco. Si potrebbe poi inserire una terza corsa oraria per la Circle Line, così da avere anche sulla tratta Lambrate – Certosa tre treni ogni ora, quindi una corsa ogni 20 minuti. In questo modo la frequenza media sarebbe di un treno ogni 12 minuti in media. Una cadenza ancora non sufficiente per definirsi un servizio metropolitano: non dovrebbe salire sopra i 5 minuti negli orari di punta, forse possibile realizzando, come detto in precedenza, una linea dedicata per il solo tratto urbano.

#5 Il grande sogno: la chiusura del cerchio

Credits: Chiara Quinzii, Diego Terna, Milano a pezzi, 2004 - Progetto Circle line
Credits: Chiara Quinzii, Diego Terna, Milano a pezzi, 2004 – Progetto Circle line
Credits: Chiara Quinzii, Diego Terna, Milano a pezzi, 2004 - Progetto Circle line
Credits: Chiara Quinzii, Diego Terna, Milano a pezzi, 2004 – Progetto Circle line

Il sogno definitivo sarebbe poi quello di chiudere il cerchio completando l’anello ad ovest, come nel progetto in alto nelle due immagini, con 36 fermate in totale. In questo modo si avrebbe una vera linea circolare come quelle di Londra, Parigi, Berlino e Mosca.

Continua la lettura con: La “SUPER 90-91″: trasformiamo la CIRCOLARE in una METRO su GOMMA?

MILANO CITTA’ STATO in collaborazione con MARCO FIGURA

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Cascina Merlata o Tor Bella Monaca? Milanesi divisi sul quartiere dell’ultimo shopping district

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Ph. @Ivanflydrones IG

Uno dei grandi protagonisti di alcuni mesi fa è già al centro delle discussioni, come spesso accade a Milano con ogni novità. C’è a chi piace e chi invece storce la bocca: è un intervento che dà nuovo lustro a Milano o è solo un obbrobrio pseudo-moderno?

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Cascina Merlata o Tor Bella Monaca? Milanesi divisi sul quartiere dell’ultimo shopping district

# La new entry di Cascina Merlata

Ph. @Dalpo76 IG

Cascina Merlata è il quartiere adiacente a MIND, dove si trovava il sito espositivo di Expo 2015: si estende su una superficie di circa 900.000 mq, con un nuovo grande parco urbano di 250.000 mq, blocchi abitativi suddivisi in più lotti, in prevalenza di housing sociale e edilizia convenzionata, un plesso scolastico di 12.000 mq. All’interno del quartiere ci sono i grattacieli utilizzati nel 2015 come villaggio Expo per accogliere ai rappresentanti delle delegazioni internazionali e gli staff dei Paesi partecipanti all’evento, il progetto di edifici “Uptown” e le tre torri con stecche di “Cascina Contemporanea”. Dalla fine del 2023 la superstar del quartiere è diventata “Merlata Bloom”, il centro commerciale dei record. 

# Il più grande mall di Milano

Ezio Cairoli – Merlata Bloom

Il lifestyle center Merlata Bloom, gestito e commercializzato da Nhood Services Italy e che ha inaugurato il 15 novembre 2023, è il più grande mall commerciale di Milano con circa 200.000 mq e tra i più grandi in Italia. Un’architettura iconica e “green” che funge da cerniera spaziale e funzionale tra il quartiere residenziale UpTown di Cascina Merlata e il distretto dell’innovazione MIND e connessa alle principali arterie autostradali, alla rete del trasporto pubblico regionale e comunale, alla rete ciclopedonale urbana e in futuro alla stazione della Circle Line Mind-Merlata.

# L’ultimo edificio costruito nell’area dell’ex Villaggio Expo non sta riscuotendo un gran successo

Tra gli ultimi edifici del blocco R9, l’area dell’ex villaggio Expo destinata ad ospitare altri edifici, c’è un complesso di edilizia convenzionata formato da tre edifici, uno di nove e due di cinque piani. Abbandonato per lungo tempo dopo il fallimento dell’azienda costruttrice ora è prossimo alla consegna. Come ha già sottolineato il blog di Urbanfile l’edificio è “abbastanza dignitoso anche se non spicca per originalità” con la “moda dei balconi a loggia” che ha ancora una volta non ha restituito un grande risultato a livello architettonico.

A prima vista ricorda una costruzione in stile soviet, dall’impatto pesante e dal design poco ricercato e monotono. Queste le critiche dei milanesi sui social riguardo il nuovo complesso di edifici:

Evviva ! ora anche Milano ha la sua versione di Tor Bella Monaca. Lo slogan? Sentirsi a Pripyat ad appena 25 minuti di metro dal DuomoCit. Paolo Z.

Ma voi ci siete mai stati a Prip’jat’? Quella era una città bellissima, un gioiello dell’urbanistica sovietica, che offriva il meglio ai suoi cittadiniCit. Enrico B.

Al suo posto cosa bisognava fare?! un parco, una bella distesa di alberi e pratoCit. Alessandro M.

 

Fonte: Cantiere Urbanfile

Continua la lettura con: L’EDIFICIO-DRAGO: è il più bel centro commerciale al mondo

FABIO MARCOMIN

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Il tipico approccio galante di un millennial all’Esselunga di Papiniano

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Invece della Divina Commedia avremmo una chat di whatsapp.

Qui il video: Il tipico approccio galante di un millennial all’Esselunga di Papiniano

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Continua con: La specialista di salto del tornello ci prova anche a Malpensa

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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La casa dei grandi uomini sconfitti

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https://www.milanopocket.it/casa-omenoni-milano/

Sono di casa a Milano da quasi cinque secoli. Non potevano scegliere un luogo migliore: dietro a San fedele. Sono le statue di otto grandi uomini che esprimono sofferenza. Ma qual è la loro origine? E chi li ha portati qui? 

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La casa dei grandi uomini sconfitti

# Tutto ha origine con un artista rissoso fuggito da Roma

@fabiorcrespi

Questi grandi uomini sono così possenti da aver dato il loro nome non solo al palazzo dove stanno, ma all’intera strada. Ci troviamo nel cuore di Milano, a due passi letteralmente da Palazzo Marino. Queste statue così curiose poste sulla facciata del palazzo sono frutto della fantasia dello scultore Leone Leoni, che abitò questo palazzo con il figlio Pompeo, anche lui scultore. Leoni era un artista imperiale al servizio di Carlo V e Filippo II di Spagna, e giunse a Milano nel 1542, in fuga da Roma per aver ferito in una rissa un gioielliere e tesoriere del papa. La sua nuova città non solo gli salvò le penne ma lo nominò scultore della Zecca e gli consentì di abbellire l’edificio in cui abitava, alle spalle di San Fedele.

# Le statue danno il nome al palazzo e alla strada

milano in un giorno

Leoni scolpì otto maestosi telamoni che si affacciano sulla strada dal prospetto del palazzo: rappresentano le stirpi dei barbari sconfitti dalla Grande Roma e si ispirano alle statue dell’antico impero. La magnificenza di Casa Leoni non si limitava alla facciata perché padre e figlio riunirono all’interno della loro abitazione collezioni e opere artistiche di grande valore: dipinti di Tiziano, Correggio e Parmigianino, calchi di statue antiche, un libro di disegni di Leonardo da Vinci, ma anche il “Quadrone dei Giganti” e una Venere del Buonarroti. 

La straordinarietà di quello che fece il “padre degli omenoni” viene descritta da Giorgio Vasari, il più grande storico dell’arte italiano di tutti i tempi, che descrisse Leone Leoni
come un uomo che “per mostrare la grandezza del suo animo, il bello ingegno che ha
avuto dalla natura e il favore della fortuna, ha con molta spesa condotto di bellissima
architettura un casotto nella contrada de’ Moroni, pieno in modo di capricciose invenzioni, che non n’è forse un altro simile in tutto Milano”.

Ed in effetti quello che ha fatto Leoni è davvero unico. Non solo a Milano. Si capisce l’importanza già dal nome. Le statue vennero denominate Omenoni e automaticamente il palazzo prese il nome di “Casa degli Omenoni”. Non solo: pure la strada si chiama via degli Omenoni a sottolineare che tutto richiama a loro. Anche perché è impossibile non notare l’incredibile facciata con le otto grandi statue di questi uomini massicci dalle espressioni contrite. Non solo: il punto di forza dell’edificio è nei contrasti presenti sulla facciata, dove fa da contraltare ai barbari sconfitti l’alternarsi di festoni, chimere, aquile,
leoni e cariatidi. Ma torniamo ai grossi uomini: qual è il loro esatto significato?

# I grandi barbari sconfitti dai romani

Si tratta di sculture maschili che solitamente venivano impiegate come sostegno strutturale in sostituzione di colonne. Questi telamoni furono chiamati ‘omenoni’, termine dialettale che significa grandi uomini, e sono di chiara ispirazione classica. Le sculture sono tristi, cupe, con la barba riccioluta, oppure con la testa ripiegata in avanti: raffigurano le stirpi dei barbari sconfitti dai romani. Non solo: è una chiara allusione al mito di Atlante, il titano che portava su di sé l’intero peso del globo. Sopra le loro teste sono indicate le stirpi a cui appartengono: Marcomanno, Sarmata, Parto, Adiabene, Quado e Svevo. Caratteristici e particolari, inoltre, sono anche i balconcini aggiunti in epoca ottocentesca dove non manca lo stemma degli allora proprietari: la Calunnia sbranata dai leoni.

# Il palazzo nel Novecento

https://www.milanopocket.it/casa-omenoni-milano/

Il palazzo ha subito diversi passaggi di proprietà e nei primi del Novecento rischiò anche di essere demolito. Nel 1929 l’edificio fu ristrutturato completamente dal celebre architetto milanese Piero Portaluppi, acquisendo così nuova vita: viene eliminata la scala originaria, viene chiuso il porticato sul cortile con vetrate, nel cortile stesso viene ideata una piscina e progettato un giardino. Dopo aver ospitato la casa musicale “Ricordi”, negli anni Venti divenne sede del “Clubino”, un circolo esclusivo di “gentiluomini”. 

Continua la lettura con: Le feste sfrenate del principe a Milano

MARTA BERARDI

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La nuova «Milano federale»: municipi-città e sindaco ridimensionato, per la Milano del futuro

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Milano ha un problema simile al resto del Paese: si chiama centralismo. Il potere è tutto accentrato nelle mani del sindaco e della giunta. Tutti gli stati più efficienti prevedono un ampio decentramento, come accade ad esempio alla vicina Svizzera, la nazione che assomiglia di più alla Lombardia e a Milano. Perché non introdurre un modello analogo per la gestione di Milano? Il punto di partenza sono i municipi. 

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La nuova «Milano federale»: municipi-città e sindaco ridimensionato, per la Milano del futuro

# La crisi del modello centralista milanese

L’attuale sistema amministrativo di Milano è basato interamente su una figura centrale, il sindaco, e sulla sua giunta, che concentra nelle proprie mani le principali decisioni politiche. Questa struttura ha mostrato numerosi limiti.

Prendiamo l’esempio del sindaco Beppe Sala: all’inizio del suo mandato godeva di un ampio consenso grazie a una visione ambiziosa per la città. Col tempo, questa stessa visione ha polarizzato l’opinione pubblica. Il suo approccio, focalizzato sulla sostenibilità e sulla riduzione del traffico automobilistico, ha agevolato chi vive nel centro città, lasciando le periferie in secondo piano. 

Il sindaco esercita un potere assoluto su tutti i municipi che, pur avendo un numero di abitanti analogo alle principali città della Lombardia, sono di fatto senza poteri e senza risorse. E questa penalizza le specifiche esigenze di ogni quartiere con il risultato che politiche che sono sensate per il municipio 1, possono creare danni in altri. E se questo non fosse il modo migliore per gestire una metropoli in cui ogni zona, ha priorità differenti? E, soprattutto, se ridisegnare il modello amministrativo in linea con quanto accade con successo a poche decine di chilometri di distanza, fosse la strada maestra per riportare Milano a una grandezza che sembra perduta?

# Milano: la prima città federale del mondo

Credits: Wikipedia – ArbaleteOpenStreetMap

Una soluzione radicalmente innovativa sarebbe la trasformazione di Milano in una federazione di municipi. In un modello federale, ogni municipio guadagnerebbe lo status di città, ma questo non minerebbe l’esistenza di Milano che anzi, diventerebbe una “super-città”, così come l’esistenza dei singoli Stati americani con le leggi e i loro poteri non mina l’esistenza degli Stai Uniti, anzi li rinforza.

La figura del sindaco resterebbe, ma sarebbe trasformata in un ruolo puramente istituzionale, simile al Presidente della Repubblica italiana o al capo di governo federale svizzero, con la funzione di coordinare i rapporti tra i presidenti di municipio e rappresentare la città nel suo insieme. Il Consiglio comunale, composto dai presidenti dei municipi, eletti democraticamente, si occuperebbe di eleggere questo coordinatore, garantendo una governance condivisa e democratica.

Milano si muoverebbe così su 9 direttrici di sviluppo, ognuna pensata e approvata democraticamente per e dai cittadini di una data comunità.

Per esempio, il Municipio 1 potrebbe valutare di proseguire l’indirizzo della giunta attuale, sviluppando soluzioni innovative per ridurre il traffico nel centro città e favorire la circolazione delle biciclette, ma senza obbligare gli altri municipi a fare altrettanto. Ad esempio, nelle aree periferiche si potrebbero perseguire in modo prioritario altre esigenze, come quelle della casa o dei collegamenti con l’hinterland.  

# I vantaggi della Milano decentralizzata

Credits: Pixabay – Gerait

Il passaggio a un modello federale offrirebbe diversi vantaggi per Milano. In primo luogo, garantirebbe una maggiore armonia nello sviluppo urbano, permettendo ai municipi di gestire, e soprattutto ricevere, direttamente le risorse economiche in base alla propria condizione. I fondi comunali, per esempio, potrebbero essere distribuiti tenendo conto sia delle esigenze locali sia della capacità di ciascun municipio di generare entrate e di soddisfare i bisogni dei cittadini.

Un sistema decentralizzato promuoverebbe una politica più vicina ai cittadini, che è la base del successo del modello svizzero. I rappresentanti municipali, responsabili diretti del loro territorio, sarebbero incentivati a rispondere in modo efficace ai bisogni locali e sarebbero più facilmente misurabili dai singoli cittadini. Questo approccio pragmatico ridurrebbe la distanza tra amministratori e amministrati, migliorando la qualità delle decisioni politiche e rafforzando la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

Un altro vantaggio significativo sarebbe la possibilità di introdurre politiche fiscali differenziate, come le città svizzere fanno da tempo. Ogni municipio potrebbe adottare politiche tributarie specifiche, per attrarre investimenti, incentivare settori economici strategici. Questa flessibilità favorirebbe una sana competizione interna, stimolando lo sviluppo e l’innovazione a livello cittadino, incrementando anche le identità specifiche di ogni municipio e alimentando una sana competizione tra le singole amministrazioni a beneficio dei cittadini. 

Continua la lettura con: Una nuova Milano in Piemonte? Il centro complementare e strategico per renderci una vera metropoli internazionale

MATTEO RESPINTI

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Le feste sfrenate del principe a Milano

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principe umberto

Squisitezza d’animo, innata affabilità e una reciproca simpatia con gli ambrosiani. Sono solo alcune delle qualità del principe Umberto che fecero chiudere un occhio ai milanesi intransigenti quando, durante i soggiorni a Milano, il principe organizzava serate mondane all’insegna di musica, danze e tanto, tanto alcol.

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# Il ballo a Villa Reale

principe umberto

Era il 29 gennaio del 1863. Il principe Umberto organizzò uno sfarzoso ballo nella sontuosa Villa Reale di Via Palestro, che oggi ospita la Galleria d’Arte Moderna. Colonne scanalate con capitelli dorati, teste femminili che sostengono una volta a cassettoni  e rosoni, ricchi arredi e un affascinante giardino “all’inglese” accolsero gli invitati alla festa. Le danze si protrassero fino a notte fonda nel lusso più sfrenato e (solo) alle 6 del mattino, quando tutti gli ospiti si furono congedati, il principe pensò bene di montare a cavallo, imboccare lo stradone di Loreto, oggi Corso Buenos Aires, e recarsi a Monza, dove lo avrebbe atteso una battuta di caccia, suo passatempo preferito.

# Il Carnevalone

principe umbertoNon passò neanche un mese che il principe Umberto, ancora 18enne, prese parte al carnevalone ambrosiano. Non solo. Per l’occasione indossò il costume da cacciatore e partecipò al corso dei carri mascherati, il suo era quello dello Spirito Folletto, uno dei più apprezzati dalla folla in delirio. Gli furono lanciate da finestre e balconi di corso Venezia e Vittorio Emanuele fiori, stelle filanti, coriandoli, confetti, gettoni… inutile dirlo, il principe apprezzò molto.

# Il torneo ippico alla Scala

principe umbertoPoco più di un anno dopo, ecco che Principe Umberto ricomparve a Milano in occasione del magnifico torneo ippico Italia-Savoia che si svolse alla Scala. La platea del teatro fu sgombrata dalle sedie e recintata da un grande steccato entro cui i cavalieri, divisi in tre squadre, diedero spettacolo sbizzarrendosi in avventate evoluzioni e giochi di destrezza. Scontato sottolineare la felicità delle elegantissime dame che guardavano lo spettacolo dai palchi. L’esilarante carosello si concluse con una quadriglia che, capeggiata da un cavaliere in costume cinquecentesco, radunò tutti i partecipanti all’esibizione e tutti insieme in coro inneggiarono al principe che aveva assistito allo spettacolo dal palco reale.

Continua la lettura con: La Scala in miniatura nel centro di Milano

LETIZIA DEHÒ

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