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BERLINO: città stato in libero stato

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Dove le forme di autonomia locale assumono lo status formale di città stato è nel mondo di lingua tedesca. Sono città stato (Staat Stadt) Amburgo, Brema, Vienna e Berlino. Il modello di città stato di Berlino è intrigante.

Si tratta di una città unica. Su questo ci sono pochi dubbi. Per quasi mezzo secolo è stata divisa in due sistemi contrapposti: a ovest uno basato sul libero mercato e a est uno comunista.
Due sistemi inconciliabili che hanno portato alla costruzione di un muro che ha tagliato in due la città, accentuandone le differenze.
In una sola città si trovavano i due blocchi che si sfidavano nella guerra fredda e per quasi cinquant’anni Berlino ovest è rimasta un’enclave della Germania ovest circondata dai territori della Germania Est.
Così anche la parte occidentale della città è cresciuta in modo atipico, distaccata dalla madre patria, favorendo leggi e consuetudini indipendenti dal resto della Germania: aveva la funzione di vetrina di sistemi contrapposti e in base a questo è stata amministrata in modo particolare. Chi viveva a Berlino, per esempio, era esentato dal servizio militare e poteva godere di molte agevolazioni e molte più libertà rispetto alle altre città, come quella negli orari dei negozi.
Dopo la caduta del muro, l’unificazione della città e la nomina a capitale, Berlino ha subito un’altra rivoluzione.
Lo stato tedesco ha avuto a che fare con un’entità profondamente diversa dalle altre: reduce da una storia unica, a lungo divisa in due e comunque soggetta a un’economia prevalentemente assistita. E la scelta, per niente scontata, specie considerano la storia del nostro Paese, non è stata di aumentare il peso del governo per ridimensionare le sue atipicità, ma all’opposto: si sono dati a Berlino massimi poteri su come amministrarsi.

La capitale tedesca ha una sua costituzione che si apre definendo la città allo stesso tempo comune e stato federale (Land) (“Berlin ist ein deutsches Land und zugleich eine Stadt“) (art.1 comma 1)
Il secondo comma dello stesso articolo ribadisce che “Berlino è un Land della Repubblica Federale di Germania”. Berlino è dunque una città stato, in cui comune e Land coincidono sia a livello territoriale che politico: gli organi che la gestiscono hanno doppio potere. In più Berlino ha anche potere di rappresentanza diretta nel Parlamento tedesco (Bundesrat) e nel Comitato delle Regioni dell’Unione Europea.

Il sistema tedesco prevede ampia autonomia ai singoli Länder nell’amministrazione interna e Berlino ha per sé ogni competenza che non sia assegnata dalla Costituzione al parlamento tedesco. Berlino ha il potere di dotarsi una propria forma di governo, nel rispetto dei principi costituzionali, ha un suo parlamento (Abgeordnetenhaus), un governo (Senat) e un Borgomastro che presiede il governo e rappresenta Berlino all’esterno.
Berlino si è dotata inoltre di un sistema che consente anche ampia autonomia distrettuale.
Particolare è il tipo di rapporti tra la città stato e il governo centrale che per legge devono essere regolamentati attraverso “accordi contrattuali” (art. 5, comma 3). Questo consente di gestirli in modo più agile che se invece dovessero essere definiti da specifiche leggi. Esempi di accordi governo-città stato sono quelli che hanno riguardato trasferimenti statali per lo spostamento della capitale, alcuni investimenti nella cultura e delle politiche per i trasporti.
Il finanziamento della città stato rientra nel sistema finanziario ordinario, che prevede una ripartizione dei fondi federali tra i diversi Länder, in base alle loro esigenze e ad altri parametri.

La scelta di concederle la massima autonomia ha premiato una città che non solo è stata in grado di risollevarsi dal suo passato ma è diventata una vera capitale europea, motore di iniziativa e di imprenditorialità. Una trasformazione fulminea che ha prodotto grandi benefici per tutta la Germania, segno ancora una volta che l’autonomia a una singola parte è la via per dare più forza a una intera nazione.
Berlino ha una sua costituzione, possiede la capacità di dotarsi il sistema di amministrazione che reputa più opportuno e ha la facoltà di decidere ogni intervento straordinario con la semplice contrattazione con il governo, senza dover rincorrere le lungaggini del dover introdurre nuove leggi.
Certo, Berlino è favorita dall’assetto dello stato tedesco che è unico, perché consente che vi siano nel suo territorio diverse forme di gestione assai diverse tra di loro, come i Länder e le singole città stato, Amburgo, Brema e Berlino, ognuna con le sue caratteristiche distintive.
Il fatto di trattare la città in modo pragmatico, tenendo conto delle sue specificità, fino a costruire un modello di città stato su misura, sembra la via ottimale da seguire anche per Milano, che rappresenta un unicum nel nostro Paese dove tra l’altro la normativa esistente è più freno che incentivo allo sviluppo della città.
In Europa è dunque il caso di Berlino quello più utile se si vuole progettare la nuova Milano in modo che produca gli effetti migliori per i suoi cittadini e per il resto del paese. Ma forse esiste un altro esempio ancora più utile, soprattutto come incoraggiamento a perseguire quella che oggi può sembrare ancora un’utopia. Questo esempio lo si trova in Asia.

ANDREA ZOPPOLATO

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6. LONDRA. LA VOLONTA’ DEL POPOLO HA INVERTITO LA TENDENZA CENTRALISTA

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Anche se da molti viene considerata una città stato, è difficile considerarla tale.
Questo soprattutto perché nel Regno Unito permane un grande controllo dell’amministrazione centrale sugli enti pubblici, specie in termini di finanze e di poteri legislativi. In più la storia di Londra è sui generis ed è difficile accostarla a un modello generale.

Più forte della dialettica tra stato centrale e comunità locale, è stata quella tra accentramento o coordinamento tra i diversi distretti dell’area cittadina. Questa dialettica ha portato per lungo tempo ad avere un sistema di governo a due livelli. Al primo c’era il governo dei distretti e della city (il centro), al secondo il London County Council che presiedeva il resto dell’area metropolitana.
Negli anni ottanta del secolo scorso il governo britannico ha ridimensionato l’autonomia della regione londinese, assumendo di fatto il controllo sulla città. Questa impostazione centralista è risultata sconfitta da un referendum del 1998, in cui oltre il 70% dei londinesi si è espresso a favore di una maggiore autonomia della città.
Al referendum è seguito il Greater London Authority Act che nel 1999 ha istituito la Greater London Authority (GLA) con competenze autonome rispetto al governo nazionale.
Il GLA è un’autorità simile a quelle attive nelle 8 regioni del paese che hanno un ordinamento specifico. Inoltre sono stati assegnati poteri al sindaco (Mayor) per essere di impulso alla città, individuando quattro aree prioritarie nella sua azione: trasporti, pianificazione del territorio, ambiente-qualità dell’aria e sviluppo economico.
Alle singole municipalità (Boroughs) è stata lasciata un’autonomia decisionale nell’edilizia.
Le aree assegnate al GLA riguardano essenzialmente i trasporti, lo sviluppo economico e l’ordine pubblico. Come competenze distintive il GLA ha la possibilità di scegliere se adottare o no alcuni tipi di leggi (le cosiddette Byelaws) e di presentare proposte di legge per la tutela degli interessi della comunità (Local e private bills).
Per quanto riguarda lo sviluppo economico in realtà appare poco più che un’attività di indirizzo visto che i fondi arrivano con trasferimenti statali.

Come nel caso di Parigi è difficile considerare Londra una città stato nel senso letterale del termine, ma è da sottolineare anche in questo caso la tendenze dei governanti a concedere forme di autonomia crescente a una loro città di punta, anche sulla scia della volontà espressa dai cittadini.
È forse proprio questa, la mobilitazione del popolo londinese, il migliore stimolo per l’azione di Milano: non si può sempre attendere che la soluzione arrivi dai politici, esistono dei momenti in cui sono i cittadini che devono prendere in mano il destino della loro comunità.
Se si può individuare, poi, un altro elemento interessante di Londra per la riforma da attuare a Milano, c’è anche l’indicazione esplicita sui fini e le direttrici di azione che deve seguire il sindaco, che è strumento del bene collettivo e non, come da noi, primo cittadino dell’amministrazione comunale, libero di perseguire qualunque interesse.
Intendere l’amministratore cittadino come civil servant di cui viene definito a priori ruolo e priorità è dunque un fattore da considerare nel futuro assetto di Milano.

Prossimo articolo: Berlino. Città stato in libero stato

Piano Madrid 2016: spazi verdi e giardini pensili per rendere più vivibile la città

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Nuovi giardini per migliorare la qualità dell’aria e la vivibilità degli spazi verdi di Madrid.

Verranno piantumati nell’arco di tutto il 2016 in maniera diffusa e nel maggior numero dei quartieri, come parte dell’ampio progetto di riqualificazione urbana messo in atto dalla capitale spagnola.

Si chiama “Madrid + Nature” il piano che prevede, in un anno:

  • la ristrutturazione dei parchi cittadini
  • l’espansione dei parchi cittadini
  • giardini pensili e roof garden incentivati in spazi pubblici e sui tetti delle abitazioni private
  • l’affidamento di suolo pubblico ad associazioni ambientaliste
  • la creazione di orti urbani
  • nuovi giardini pubblici urbani (saranno 22 in tutto)
  • un forte intervento di piantumazione previsto anche per il lungofiume del Manzanares

Al di là della questione estetica, il piano è volto “a creare delle condizioni ambientali migliori per quanto riguarda l’assorbimento dell’umidità e dell’acqua piovana“, il raffrescamento della temperatura, l’isolamento termico delle costruzioni e, “soprattutto, una gestione efficace degli sbalzi climatici.

Giardini pensili, ripiantumazione pubblica, giardini verticali, orti urbani e tante soluzioni verdi – ecologiche belle da vedere, sì, ma che metteranno in luce l’importanza del retrofit (aggiungere nuove tecnologie o funzionalità ad un sistema vecchio, prolungandone così la vita utile, N.d.r.) delle infrastrutture sociali inutilizzate, per rinvigorire i quartieri di Madrid e migliorarne il benessere.

Secondo gli studi di Arup, unione di architetti e studiosi di carattere internazionale e che ha ottimizzato “Madrid + Nature“, il piano che renderà più verde Madrid servirà a contrastare la progressiva riduzione della piovosità (-25% entro il 2050), funzionali a contenere il caldo, creando anche spazi ad alta vivibilità per i cittadini.

Considerando che Milano soffre degli stessi problemi ambientali di Madrid, forse anche di più, ci auguriamo che l’amministrazione adotti presto un piano del genere. Il mondo offre molti spunti utili: la nostra Milano ideale dovrebbe importare quanto di meglio viene realizzato nel mondo inventando anche nuove soluzioni utili, che possano essere d’esempio per gli altri. Solo un sogno o potrebbe diventare una realtà?

Green_Infrastructure - Ph. Arup
Green_Infrastructure – Ph. Arup

Fonti:

“Madrid + Nature”: come diventa la città con il piano per “trasformarla in un paradiso verde”


http://publications.arup.com/Publications/M/Madrid_Natural.aspx

Madrid + Natural – Photographer: ©Arup

10 cose che i milanesi vorrebbero importare dalla Svizzera

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“Portateci i vostri soldi ma andatevene”. Questo è ciò che pensano molti svizzeri, specie nel Canton Ticino che iniziano ad averne abbastanza dei molti italiani che scappano a gambe levate dal nostro paese. La competizione con la Svizzera è particolarmente sentita a Milano: siamo a meno di 60 chilometri dal confine e siamo in un Paese che a volta sembra faccia di tutto per farci fuggire. Ma noi non molliamo. Anzi: è il momento del contrattacco e di progettare di importare in Milano Città Stato i fattori di successo del nostro vicino. Abbiamo dunque chiesto ai milanesi: che cosa vorreste importare dalla Svizzera. Ecco le loro prime 10 scelte.

10 COSE CHE I MILANESI VORREBBERO IMPORTARE DALLA SVIZZERA

#1 Il sistema fiscale e la trasparenza nella pubblica amministrazione
Ci sono cantoni dove i bilanci della pubblica amministrazione vengono affissi alle fermate dell’autobus. Così mentre si aspetta il bus i cittadini possono vedere dove finiscono i loro soldi. Cosa da importare immediatamente.

#2 L’autonomia dei Cantoni
I cantoni si sfidano tra di loro su come rendere più facile la vita per i loro cittadini. Mentre il governo centrale supervisiona con distacco. Il contrario che da noi, dove tutto viene deciso e imposto dall’alto.

#3 La Basel Art Fair
Un tempo Milano era una capitale dell’arte contemporanea. Oggi basta andare a Basilea e confrontarla con il Miart per capire quanto siamo finiti indietro.

#4 Sankt Moritz
Se Milano fosse in montagna sarebbe così.

#5 Le banche

In un momento in cui le banche italiane stanno precipitando in borsa e sembrano a rischio di fallimento, viene per forza da pensare a quanto ci renderebbe più sereni avere una banca svizzera sotto casa.

#6 Il multilinguismo

In un Paese in cui molti usano il condizionale invece che il congiuntivo, se io sarei…, si può diventare gialli d’invidia vedendo che a pochi chilometri da qua c’è uno Stato dove persone chiedono in tedesco e si rispondono in francese. E c’è perfino chi parla in ladino.

#7 Il CERN
Il simbolo del fallimento di un Paese è quando ci si riempie di orgoglio per connazionali che hanno successo all’estero. Cioé, significa che hanno successo SOLO perchè sono andati all’estero. Questo accade per il 100% degli scienziati: è come ai tempi del comunismo, quando molti fuggivano dai paesi della cortina di ferro per trovare fortuna. Ma a quei tempi in Unione Sovietica non li si esaltava per essere scappati. Anzi, il loro successo veniva censurato per non mostrare che il sistema era in disgrazia.
Siamo davvero uno strano Paese.

#8 Il franco svizzero
Contro la crisi si stanno stampando un oceano di Euro, di dollari, di sterline. Tutti stampano moneta come se non ci fosse un domani. Solo loro, gli svizzeri, restano schisci e aspettano che sul fiume passi il cadavere delle nostre valute.

#9 Le ferrovie
Da noi basta qualche montagnetta per rendere un inferno il trasporto ferroviario. Se si vuole andare in treno da Milano a una riviera ligure potrebbe convenire andare a cavallo. Ci sono le montagne, ci dicono. Ma allora la Svizzera come fa?

#10 Heidi
Sì. c’è anche lei! Correre tra i prati, bere latte appena munto, salutare le caprette, inseguire Peter. Heidi non è un cartone, è una filosofia di vita.

In Olanda, tetti giardino per rendere le città più verdi

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Non solo giardini fuori dall’uscio di casa: arriva dall’Olanda la proposta del designer Roel de Boer che si chiama New English Roofing Tile e si basa sul concetto del green-roof, letteralmente “tetti-giardino”.

Questi tetti verdi e fioriti hanno una triplice funzione:

  1. danno un tocco verde agli edifici in modo moderno ed elegante,
  2. servono migliorare la qualità dell’aria,
  3. modulano le temperature all’interno delle abitazioni, grazie all’alta funzionalità in termini di isolamento termico delle abitazioni.

In che modo?

Le tegole adottate presentano una forma conica e sono cave al loro interno.

Lo spazio vuoto può essere riempito “con tubi d’irrigazione che scorrano paralleli lungo la superficie del tetto, creando un giardino pressoché indipendente dal grande valore ecologico e decorativo

Questo significa che possono ospitare piccole piante e fiori, possono essere agilmente annaffiate, sono pure adatte alla nidificazione degli uccelli.

E a sua volta, che i materiali sostenibili con cui le tegole sono fatte e la presenza delle piante diventano isolanti termici 100% green che permettono di ridurre sensibilmente l’utilizzo di condizionatori e altri sistemi artificiali per raffreddare l’aria.

E vogliamo mettere la presenza delle radici? Con la loro fisiologica capacità di assorbimento, sono in grado di arginare l’acqua piovana e limitare i danni dei ricchi acquazzoni caduti negli ultimi anni nei paesi Europei e del nord, provocando ingenti danni a persone, cose, e all’economia del Paesi coinvolti.

Fonte: http://www.festivaldelverdeedelpaesaggio.it/tegole-tetti-giardino

17 febbraio 2016. Vernissage – Ready Made di Maurizio Galimberti

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Dove: DaDa EAST, via Varese 12, Milano

Costo: Free entry

Quando: mercoledì 17 febbraio, dalle 19 alle 21

Non conoscete Maurizio Galimberti? Non è ammissibile ma può capitare. Potete rimediare andando oggi al vernissage da DaDa EAST a Milano.
Maurizio Galimberti, uno dei maggiori fotografi italiani, ben per lui vivente, stra riconosciuto anche a livello internazionale, sarà presente al vernissage. Non perdetevelo!

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. Ebbene sì: non sono foto digitali ma Polaroid
#2. Immaginarmi ritratta da lui
#3. Rubargli la macchina fotografica Polaroid
#4. Chiedergli quale è il suo progetto fotografico che ama di più
#5. E’ anche simpatico


5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. Maurizio Galimberti
#2. Foto non solo a mosaico, ma ritratti classici
#3. È un vernissage, champagne e… chissà!
#4. Altri fotografi e fotografe
#5. Fotografie come massima espressione dell’arte contemporanea

Per ulteriori informazioni: https://www.facebook.com/events/741795869255169/

5. PARIGI. UNA LEGGE SU MISURA PER DIVENTARE ANCORA PIU’ GRANDE

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Una legge del 2010 ha istituito la Grand Paris, unendo i territori della Regione parigina (Ile de France) in una collettività territoriale, con lo scopo di promuovere “lo sviluppo economico sostenibile, solidale e portatore di occupazione nella Regione-capitale” (art.1).
Le direttrici di questa iniziativa legislativa nella regione parigina sono state tre:

1. L’integrazione e il potenziamento della rete dei trasporti
2. Interventi di urbanistica
3. Sostegno e valorizzazione della ricerca e dello sviluppo industriale.

Si tratta di una disposizione rilevante perché apre una crepa nell’uniformità del modello dello stato francese: addirittura si è concepita una legge ad hoc che si applica solo alla capitale francese.
Si è agito sui trasporti per integrare rete urbana e quella interurbana e potenziarli per poter aumentare l’attrattività del territorio attorno alla capitale. Allo stesso modo per l’urbanistica che consente di trovare soluzioni più agile per la costruzione di nuove case. Il terzo punto ha inteso incidere sullo sviluppo economico dell’area attraverso diverse linee di azione.
Anche con queste aree di specificità resta comunque difficile assimilare Parigi a una città stato, perché si inseriscono in un sistema fortemente centralista di eredità napoleonica. Però la legge del 2010 realizzata su misura per Parigi dimostra la volontà francese di accrescere l’autonomia della sua città più importante, con l’obiettivo di renderla più competitiva rispetto alle altre grandi città europee. Anche per il governo francese la via per la competitività passa attraverso l’autonomia.

Il caso di Parigi è interessante perché l’organizzazione dello stato francese si avvicina a quella italiana. Entrambe hanno una concezione centralista dell’amministrazione e tendono ad applicare politiche uniformi su tutto il territorio. La legge che ha istituito la grand Paris rappresenta uno stimolo per la situazione italiana, perché i francesi hanno avuto il coraggio di elaborare un progetto di legge specifico per la loro città di punta. Se anche il paese dell’uguaglianza ha compreso la necessità di adottare politiche differenti all’interno del suo territorio, ci può essere la speranza che anche il nostro governo faccia lo stesso, adottando una legislazione ad hoc per Milano, concedendole quell’autonomia che tutte le altre grandi nazioni europee hanno capito essere la sola strada per aumentare la competitività internazionale. E Milano, che è da sempre la porta all’Europa, non può permettersi di perdere altro terreno nel confronto internazionale a causa di un sistema di gestione amministrativa totalmente centralizzato, ormai in vigore solo nel nostro paese.

Prossimo articolo: Londra. La volontà del popolo ha invertito la tendenza centralista 

La foresta di case sull’albero alla periferia di Berlino. Le vogliamo anche a Milano! – FOTO

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Berlino. Zona sud-ovest. Un quartiere, quello di Baumraum. Letteralmente: “stanze albero”.
Prende il nome dallo studio di architetti che lo ha progettato come spazio peri-urbano.

Dopo il già citato esempio di Malmo; dopo i “piani” messi in atto da città stato come Madrid, ecco un nuovo modo di disegnare il paradigma urbanistico della periferia che potrebbe essere preso ad esempio per Milano.

Come si può vedere sul sito, www.baumraum.de, si trovano abitazioni sospese a due metri e mezzo da terra, avvinghiate intorno al tronco degli alberi con una scala di metallo. Gli alberi che si fanno elemento costitutivo del progetto architettonico. Bello, solido, di sostegno, che respira con la casa.

Case-natura, ecologiche, sostenibili, che perseguono una matrice ecologica a livello di scelta dei materiali e sostenibilità dei consumi.

Andreas Weening illustra sul sito il progetto, fatto di costruzioni, sparse in un’area verde di 650 metri quadri, che hanno basso impatto ecologico.
Sarebbe bello importare un progetto simile per rilanciare le nostre periferie. La zona est di Milano, dall’Idroscalo all’Adda, o quella nord, con i boschi della Brianza, potrebbero essere il luogo ideale per un progetto del genere.

Fonti: www.baumraum.de, http://www.festivaldelverdeedelpaesaggio.it/quartiere-di-baumraum-case-foresta-berlino

Informazioni aggiuntive su: http://www.baumraum.de/

16 febbraio 2016. TED in streaming, un’esclusiva mondiale

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Dove: in alcuni selezionati cinema di Milano e d’Italia. A Milano: Apollo, Arcobaleno Filmcenter, Ducale, The Space Odeon, Uci Bicocca

Costo: 10-12 euro

Quando: il 15 febbraio 2016, ore 20

Un evento più unico che raro: TED 2016: Dream. Opening Night – Live al Cinema in contemporanea mondiale da Vancouver, solo via satellite e solo nei più illuminati cinema d’Italia, quelli coperti dal circuito Nexo Digital e in collaborazione con Radio DEEJAY.

Alle ore 20, in lingua originale e senza sottotitoli, le menti più brillanti del mondo, quelle più richieste, ricercate, apprezzate e lasciate ai loro 18 minuti di celebrità si scateneranno in Tecnologia, Entertainment, Design (da cui l’acronimo TED).

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

#1 partecipare all’evento del mese
#2 è il luogo dei pensatori, artisti, cantastorie e dei rivoluzionari
#3 impegnare il mio martedì in modo unico
#4 assistere alla proiezioni corti hollywoodiani
#5 da TED sono passati Bill Clinton, Bill Gates, Michelle Obama, J.J. Abrams, Philippe Stark, Al Gore, James Cameron, Isabel Allende, Gordon Brown, un’infinità di Premi Nobel… e io no!?

5 cose che mi piacerebbe trovare?

#1 ancora un biglietto (i ticket di ingresso sono sold out!)
#2 idee rivoluzionarie per dire “io c’ero!”
#3 incontrare il meglio della cultura e dell’innovazione della mia città
#4 un inglese di facile comprensione
#5 la risposta al sogno che ho sempre avuto, in diretta streaming con Vancouver

Il museo dentro al bosco. Un’idea per il parco orbitale? (FOTOGALLERY)

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Che facciamo questo fine settimana: museo o escursione in un bosco? La soluzione per i più indecisi arriva dal Parco del Sojo, nei pressi della contrada Covolo di Lusiana, in provincia di Vicenza.
Diego Morlin, architetto, ha dato vita ad un percorso fatto di arte contemporanea immersa nella natura, con 70 installazioni a cielo aperto di artisti internazionali ospitate nel sottobosco o circondate da una cornice unica al mondo: prati, muretti a secco,boschi di faggi, querce, betulle, carpini e roverelle.
Il risultato? 3 km di pura bellezza, creatività, “magia”, l’ha definito chi l’ha visto e ha postato le immagini su Instagram.

Proprio il parco costituisce un’opportunità inusuale di vivere una relazione intima e coinvolgente con un ambiente naturale che fa innamorare di sé, inducendo i visitatori al rispetto di questi luoghi. Un progetto che non ha caso fa parte dell’ecomuseo del Comune di Lusiana e che è stato inserito tra le bellezze del FAI” specifica il sito Bioradar.it.

Vi offriamo piccolissimo assaggio nella nostra gallery giusto per stuzzicare l’idea e sogniamo che anche Milano faccia qualcosa di simile, come realizzare il progetto di safari d’artista nel futuro Parco Orbitale di Milano.

FONTE: http://www.bioradar.net/bionews/parco-del-sojo-70-opere-darte-immerse-nella-natura/

4. MADRID. LIBERA DI SCEGLIERE QUALI COMPETENZE TENERE E QUALI LASCIARE ALLO STATO

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La capitale spagnola è centro di un’area metropolitana che comprende oltre 6 milioni di abitanti e gode della stessa autonomia delle altre 16 comunità autonome in cui è suddiviso il Paese, anche se è l’unica a essere una città e non una regione. In Spagna ogni comunità ha ampi margini di autonomia e può decidere quali competenze gestire direttamente e quali lasciare allo stato centrale.
In aggiunta agli organi amministrativi comunali, Madrid ha un governo (Gobierno) che svolge il ruolo esecutivo, un parlamento (Asamblea) che legifera nelle materie stabilite nel suo Statuto di Autonomia e un Tribunale Superiore per amministrare la giustizia sulla comunità. Uno dei poteri del parlamento è quello di poter promuovere ricorsi di incostituzionalità contro azioni del Governo centrale che ledano competenze della Comunità.
Tra le competenze gestite in modo autonomo dalla città di Madrid ci sono legislazione e attuazione di diversi tipi di opere pubbliche, tra cui strade, ferrovie e aeroporti, e ci sono l’urbanistica e la programmazione economica, in coerenza con le politiche del paese. Relativamente alla sola attuazione ci sono poi le competenze per trasporti, ordine pubblico, politiche ambientali e istruzione. In altre aree l’autonomia riguarda la possibilità di scegliere se mettere in atto oppure no le norme nazionali.

Alla comunità di Madrid resta la metà delle imposte sul reddito delle persone fisiche, sul patrimonio e dell’imposta sul valore aggiunto. La percentuale può salire fino al 58% per altri tipi di tributi.
Per certi aspetti può sembrare un modello simile alle aree metropolitane in Italia, però è profondamente diverso l’assetto normativo in cui si inserisce.
Madrid ha la libertà di scegliere quali competenze amministrare e quali lasciare allo stato: è una forma di autonomia accentuata e molto pragmatica, che difficilmente si innesta nella filosofia dello stato italiano, dove si tende ad uniformare qualunque tipo di disposizione normativa, indipendentemente da dove si debba applicare.
Ogni area autonoma della Spagna può scegliere cosa fare e cosa no, e questo risponde alla logica che ci possono essere zone capaci di svolgere determinate funzioni meglio dello stato, mentre altre non lo sono. E la logica, profondamente diversa dal caso nostro, è che la decisione viene lasciata a livello locale. In Spagna non è lo stato a dire cosa devi fare ma è la comunità locale che si prende la responsabilità di scegliere cosa fare.

L’autonomia di Madrid è molto forte ed anche se è l’unico caso di città stato o di città regione in Spagna, si inserisce comunque un assetto di decentramento che suddivide tutto il Paese in comunità autonome. Quindi è stato relativamente facile estendere alla capitale il pacchetto di poteri previsti per ogni altra regione.
L’area metropolitana di Madrid ha acquistato lo status di qualunque regione che nel Paese hanno un’autonomia molto forte, paragonabile solo in parte alle nostre a statuto speciale. Mentre in Italia l’impostazione è quella centralista, per cui l’area metropolitana non può essere considerato un modello di autonomia ma di gestione territoriale subordinata al potere centrale.
Introdurre questa logica per la città di Milano, che sicuramente è in grado di gestire numerose attività meglio dello stato centrale, sarebbe un’iniziativa lungimirante anche se è difficile, perché si tratterebbe di un intervento contrario alla logica della burocrazia italiana, per cui ogni decisione viene presa dall’alto.

Prossimo articolo: Parigi. Una legge su misura per diventare ancora più grande

LIECHTENSTEIN: dove ogni municipio è libero di rendersi indipendente

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Come la Svizzera anche il Liechtenstein è nato all’interno del Sacro Romano Impero ed è un residuo di un’organizzazione che nel Medioevo era molto diffusa in Europa, come modalità di amministrazione dei principati indipendenti.

È diviso in municipi che sono nati come possedimenti terrieri e nel 1140 ha fatto un patto federativo con le altre dinastie diventando così indipendente, all’interno dell’Impero. Alla fine del secolo scorso, il principe ha proposto una riforma costituzionale, per riportare il principato al suo spirito originario e che forse avrebbe rappresentato una delle massime iniziative libertarie della storia. Dato che nell’antichità i principati erano unioni volontarie, la proposta del principe era di dare la libertà costituzionale a ogni cittadino di andarsene dal Liechtenstein con la sua terra, scegliendo se diventare un principato indipendente o essere annesso a uno stato confinante. La proposta del principe è stata bloccata dal parlamento perché considerata troppo libertaria.
Si è così arrivati a un compromesso per cui ogni singolo municipio può secedere dal Liechtenstein.

Anche se le intenzioni del principe Adam erano assai più spinte, si tratta di un esempio unico al mondo. Se si applicasse una disposizione simile nel nostro Paese, significherebbe che ogni comune o ogni regione avrebbero la possibilità in qualunque momento di staccarsi dallo stato italiano per diventare indipendenti o per unirsi a nazioni confinanti. Ed è curioso considerare che questa disposizione che pare molto innovativa e liberale rappresenta invece un ritorno al passato, a un’epoca in cui i proprietari terrieri potevano scegliere se unirsi tra loro o se rimanere separati.
La Costituzione del Liechtenstein è effetto di una filosofia che differenzia il principato dalle altre nazioni. Per il principe, il Liechtenstein più che uno stato nazionale deve essere assimilabile a un’impresa, a una holding, in cui le persone sono al tempo stesso clienti e possessori degli asset della holding che presiede la loro vita.

In un certo senso si capovolge l’impostazione della vicina Svizzera, dove tutti sono liberi ma la libertà è una concessione della federazione e potrebbe essere limitata in qualunque momento, come nel caso del segreto bancario. Nel Liechtenstein invece il principe riconosce che il principato è costituito da asset di proprietà dei cittadini che dunque hanno piena facoltà di tenere i loro asset insieme a quelli degli altri oppure prenderseli e portarli via. Non si parla di soldi o beni tradizionali, si parla di municipi, di territori.
Si tratta di un’impostazione antica, ma che potrebbe rappresentare un modello di modernità. La libertà di secessione è solo l’aspetto più spinto di un sistema in cui il campo d’azione del cittadino e di un’impresa è esteso al massimo. Libertà totale, quasi assente la regolamentazione economica, ogni cosa è possibile. Libertà totale anche nell’uso delle monete, di cui non esiste una versione locale: tutte possono essere utilizzate, ogni banca può decidere quale valuta usare senza chiedere autorizzazioni, non c’è banca centrale. Addirittura il principe ha fatto approvare la norma costituzionale che consente al popolo in qualunque momento di indire un referendum per trasformare il principato in una repubblica.

Il principato ha entrate molto basse, il terzo PIL pro-capite al mondo, un alto deficit ma che viene giustificato dal principe considerando solo i suoi asset personali, che hanno un valore di oltre tre miliardi di euro, senza fare rientrare nel calcolo anche i beni dei cittadini, come si tende a fare trattando di debito pubblico negli altri paesi: altro segno dell’inviolabilità della libertà e dei diritti patrimoniali dei cittadini del piccolo principato.
Non ha esercito e lascia alla Svizzera la possibilità di gestione dei suoi rapporti di difesa.
Se si è paragonata la Svizzera a Singapore, il Liechtenstein trova molti punti di contatto con Hong Kong, da cui però, si differenzia per ragioni storiche e per una dimensione molto più limitata, come numero di abitanti e come impatto di industria e di finanza.

La Svizzera e il Liechtenstein sono due modelli di autonomia che servono a indicare variabili utili per analizzare le città stato.
Il Liechtenstein propone un modello di bottom up, in cui il cittadino è sovrano ed esercita il suo potere e la sua libertà in un territorio che in parte è anche suo.
La Svizzera presenta un modello più tradizionale, in cui la libertà è una concessione dell’autorità e il cittadino è ospite in un luogo che non è suo. E in qualunque momento l’autorità potrebbe intervenire a modificare anche radicalmente libertà e poteri goduti da persone o cantoni.
Quello svizzero è il modello da prendere a riferimento quando si parla delle città stato europee che sono all’interno di stati indipendenti.

Continua la lettura con: La Svizzera, il modello a cui tutte le città stato guardano

ANDREA ZOPPOLATO

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15 febbraio. Concerto tributo ai Rolling Stones al Teatro Nuovo

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Quando: lunedì 15 febbraio

Dove: Teatro Nuovo, piazza San Babila , Milano. Alle 20.45

Costo: da 34.50 a 24.50 euro

Il rock puro dei Rolling Stones incontra, grazie all’arrangiamento di Onofrio Laviola, tastierista dei Stellavox, e all’orchestra sinfonica Ensemble Symphony Orchestra di Massa Carrara diretta da Giacomo Loprieno, la musica classica

5 motivi per cui andare al concerto di Stellavox & Ensemble Symphony Orchestra

#1. ascoltare i Rolling Stones in chiave classica

#2. ricevere suggestioni da un’orchestra di 40 elementi

#3. ascoltare buona musica

#4. per scoprire come compositore Onofrio Laviola

#5. rock e musica sinfonica, un’accoppiata unica

5 cose che mi piacerebbe trovare all’evento

#1. Mick Jagger e Keith Richards

#2. nuovi arrangiamenti originali

#3. un’arpa che suoni la musica dei Rolling Stones

#4. come saranno vestiti gli Stellavox, e l’orchestra?

#5. un concerto unico, che resti nella memoria

SVIZZERA: Il Paese a cui tutte le città stato guardano

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Forse è il paese a cui tutte le città stato guardano e con cui competono per attrarre persone e capitali. È ai vertici al mondo per la competitività della sua economia, reddito pro capite e qualità della vita nelle sue città.

SVIZZERA: Il Paese a cui tutte le città stato guardano

La Federazione Svizzera è costituita da un insieme di cantoni che hanno una forte autonomia: ogni cantone ha una sua costituzione, un suo parlamento, un suo governo e suoi organi di amministrazione della giustizia.
I cantoni hanno competenza esclusiva su tutto ciò che in costituzione non è esplicitamente assegnato alla confederazione e, in diversi casi, hanno dimensioni che coincidono con l’area circostante a una città. In questo senso Basilea, Zugo o Ginevra, sono di fatto delle città stato o “città cantone” secondo l’etimologia elvetica.

# L’origine: l’alleanza di cantoni contro il potere centrale

La Svizzera è nata come alleanza di cantoni che erano simili a degli stati finché nel 1845 alcuni di loro, insofferenti al crescente centralismo federale, hanno formato una lega (il Sonderburn, “lega separata”) per staccarsi dalla federazione. L’esercito federale ha stroncato l’insurrezione e si è arrivati a una nuova Costituzione, che ha trasformato la Svizzera in uno stato federale con un governo maggiormente centralizzato e una riduzione delle competenze assegnate ai singoli cantoni, tra cui la moneta e la difesa nazionale.
Prima della guerra civile i cantoni avevano libertà totale, poi è diventata una federazione che lascia sempre una grande autonomia ma che, se vuole, può decidere di toglierla, come ad esempio è accaduto con il segreto bancario: si lascia libertà massima ma, a livello costituzionale, il governo ha facoltà di intervenire.

# L’origine: l’alleanza di cantoni contro il potere centrale

La libertà dei comuni e dei cantoni nella confederazione svizzera è simile a quella goduta dalle persone che vivono in Singapore. Il principio è lo stesso: si gode della massima libertà all’interno di un territorio in cui però l’autorità centrale può intervenire con poteri molto forti.
Non è un caso che la Svizzera, come Singapore, abbia un esercito molto qualificato: è un sistema che usa la libertà come strumento di crescita interna e di attrazione di capitali e persone, ma la libertà è uno strumento non il fine della nazione.
Occorre aggiungere che la Svizzera rappresenta un riferimento fondamentale per Milano: Chiasso, a 60 chilometri, e il Canton Ticino costituiscono il principale competitor economico per Milano.

Continua la lettura con: Liechtenstein. Dove ogni municipio è libero di rendersi indipendente

ANDREA ZOPPOLATO

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Ti consideri una persona civile? Scopri se fai le 7 azioni base della buona educazione

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Tanti stranieri o italiani all’estero si lamentano spesso di una cosa: dicono che siamo incivili e maleducati. Per costruire la nuova città ideale sogniamo cittadini che siano un modello di civiltà. Che cosa significa essere civili e quali sono le basi per considerarsi tale?

Che bello sarebbe se tutti fossimo civili sempre, non trovate? Eppure molto spesso ci consideriamo persone civili e critichiamo coloro che non lo sono, ignorando che per essere tali, bisogna esserlo in tutte le sue sfumature e declinazioni, oltre che in ogni situazione, anche quando non ci fa comodo.

Non è sufficiente coltivare o sviluppare solo le azioni che riteniamo più impattanti o quelle che ci piacciono di più. Non esiste essere un po’ civili, se lo si è lo si è in toto. E’ necessario che l’essere civili sia un atteggiamento più che un dovere e comprendere che, nel farlo e nell’esserlo, ne beneficiamo tutti.

Per cui, se in treno la mia suoneria fa concorrenza all’impianto sonoro dei Foo Figthers e parlo come se fossi al Cocoricò di Rimini, ma poi mi innervosisco quando il mio vicino si esprime vivamente al telefono mentre io sto sonnecchiando, giudicandolo appunto maleducato, è un chiaro esempio di come essere civili tutti, convenga di fatto a tutti.

Quindi, se fai la raccolta differenziata e la fai anche bene ma poi sui mezzi di trasporto non cedi il posto ad una persona anziana, non sei una persona civile.

Essere civili significa rispettare gli altri e il mondo che ci circonda. Il senso di civiltà si plasma bene con il concetto di educazione (ed etica), lì dove se sono educato molto probabilmente sarò anche una persona civile e se sono civile è perchè sono educato.

Da non confondere con la gentilezza che è qualcosa di diverso che molto probabilmente meriterebbe un articoletto dedicato (lo prendo come impegno!).

Ma quali sono le azioni fondamentali per cui possono considerarmi una persona civile?

Eccone 7.

#1. Cedere il posto sui mezzi di trasporto a persone anziane, donne in gravidanza o qualsiasi persona in difficoltà

Nessuna corsa in metro o in autobus dura 2 ore, quindi perchè facciamo così fatica a cedere un posto che copriamo solo alcuni minuti?

#2. Non gettare rifiuti e cicche di sigarette per strada (ovunque)

E’ incredibile come, nonostante campagne di sensibilizzazione e cestini in ogni dove, si continui ancora a buttare rifiuti per strada. La cosa più curiosa, però, è vedere qualcuno che si lamenta per la carta a terra e, 10 passi dopo, osservarlo, in assoluta disinvoltura, buttare la cicca di sigaretta come se fosse qualcosa di diverso; come se il contenitore porta-cicche ufficiale fosse appunto la strada stessa.

#3. Tenere basso il volume della suoneria e della voce in treno

(ma questo vale per tutti i luoghi dove è opportuno tenere un tono basso).

Nonostante la vocina dell’altoparlante suggerisca di tenere bassa la suoneria e parlare con voce bassa, è un mistero vedere che solo un numero esiguo di passeggeri mette in atto il suggerimento.

#4. Rispettare le file

Qui credo ci sia una spiegazione più profonda, probabilmente ha a che fare con il nostro DNA.
Se c’è un fila senza il numerino, il furbetto – come spesso il caos – sono una garanzia assicurata.

#5. Non occupare con la borsa/zaino il sedile sui mezzi pubblici

Questa è una di quelle situazioni che mi fanno svalvolare anche dopo una seduta di meditazione yoga.
Quell’attegiamento nel quale io passo tra i sedili (tutti occupati) e tu non sposti la tua borsa (mentre pensi fortemente: “speriamo non si segga qui, speriamo non si segga qui e, se proprio vuole me lo deve chiedere”) e, quando appunto mi fermo proprio davanti a te e ti chiedo di spostare la borsa, tu lo fai anche seccato, come se mi stessi facendo un favore. Indicibile!

#6. Non “fare” la raccolta differenziata, ma “fare bene” la raccolta differenziata

Che mondo quello della raccolta differenziata! Un mondo di misteri e di interpretazioni: dalle corse notturne per buttar via il mobile e non farsi sgamare, ai tovaglioli usati nel bidone della carta, dai barattoli sporchi nel vetro, ai giornali raccolti nel sacchetto di plastica e gettati ovviamente nella carta. Per non parlare delle bottiglie di plastica: su ognuna c’è scritto di dividere l’etichetta di carta dalla bottiglia stessa (se non c’è scritto è perché l’etichetta è di plastica) e la maggior parte della gente lo ignora totalmente…In effetti è pretendere troppo. Sto esagerando!

#7. Lasciar puliti i bagni e luoghi pubblici

Perché ogni volta che siamo in una bagno pubblico veniamo colti da una strana incomprensibile crisi di identità del genere umano per cui ci sfreniamo come fossimo animali selvaggi liberati dopo un anno in gabbia?
Perché alla fine di un film al cinema, le mani vengono colte da una strana forma di atrofia per cui mi è impossibile portar via la bottiglia di coca cola e il secchiello dei popcorn? Perché quando il mio cane fa la pupù per strada e non la raccolgo non mi importa perché tanto è colpa del mio cane e non mia?

Arriviamo a 10?

14 febbraio 2016. Ore d’amore, spettacolo teatrale all’Elfo Puccini

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Quando: domenica 14 febbraio San Valentino

Dove: Teatro Elfo Puccini, corso Buenos Aires 33, alle 15.30

Costo: 15 euro

Volete passare un San Valentino inusuale? Se proprio volete festeggiarlo perché non farlo a teatro! Ore d’amore è uno spettacolo scritto da Rosario Lisma con la regia e interpretazione di Nicola Stravalaci e Debora Zuin. Testo intelligente e attori spettacolari.

5 motivi per cui mi piacerebbe vedere lo spettacolo Ore d’amore

#1. Sdolcinati o concreti? Se scegliete la realtà Ore d’amore è lo spettacolo giusto

#2. San Valentino a casa, con le rose e cheek to cheek? O preferite un lettone circolare sul quale in una notte si parla, parla, vicendevolmente

#3. Lo spettacolo è in prima nazionale ed è l’ultimo giorno

#4. Conosco l’autore Rosario Lisma, una certezza

#5. Per scoprire cosa succederà e come finirà, happy end o meno?

5 cose che mi piacerebbe trovare all’evento?

#1. Un lettone anche per me, ma forse sarebbe scomodo vedere lo spettacolo

#2. Un testo inusuale e una storia nuova

#3. Attori bravi

#4. Ho un conflitto? Vedere come risolverlo

#5. Amore

Le città stato del PASSATO

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City of Kilwa, 1572
City of Kilwa, 1572

Quando si parla di città stato il primo pensiero va all’antica Grecia. C’è chi potrebbe andare ancora più in là nel tempo oppure in altre zone del mondo, ma l’imprinting dato alle future città stato deriva dalla società ellenica con le sue polis.

Nelle città greche nasce di fatto la politica che appunto prende il nome dalla polis e che era incentrata sull’individuazione e sulla messa in atto della volontà della comunità.
Nell’antica Grecia la politica era filosofia, aveva lo scopo di garantire il “bel vivere” e si esercitava attraverso la dialettica e il costante confronto tra le parti.
Il diritto di cittadinanza non veniva assegnato semplicemente in base alla presenza sul territorio, ma seguiva criteri più complessi: per esempio c’erano abitanti che non godevano pieni diritti, come le donne o gli schiavi.
Lo status di cittadino consentiva diversi vantaggi, tra cui l’accesso alle cariche elettive o a forme di sussidio o di supporto da parte dell’autorità. Oltre a rispettare le tasse e a pagare i tributi, i doveri fondamentali del cittadino erano difendere la patria e rispettare la legge.
Tra le città esisteva una grande competizione, anche militare. Si creavano e disfacevano alleanze, ci si sfidava in rivalità che a volte sfociavano in vere e proprie guerre, come quelle celebri tra Atene e Sparta. Era una società a tratti sanguigna e spietata, dove spesso il più forte otteneva tutto e per lo sconfitto non c’era pietà, ma la competizione tra città è stata anche lo strumento per avere una crescita nella civiltà e nel pensiero.

La massima espressione di città stato nella cultura ellenica fu l’Atene del V secolo che uscì vittoriosa dalla guerra con Troia e raggiunse la sua età dell’oro sotto il governo di Pericle.
La cultura ellenica divenne diffusa nel mondo grazie a un’altra città stato che si espanse fino a diventare impero: Roma. Anche se ha conquistato e organizzato un territorio molto vasto, ha esportato ovunque il suo sistema e si può dire che l’antica Roma ha riprodotto su vasta scala ciò che aveva realizzato con successo tra le proprie mura.
La linea di demarcazione tra mondo antico e mondo moderno avviene tra l’XI e il XII secolo con la nascita dei comuni in Italia e in altre zone d’Europa, come il nord della Germania e le Fiandre.
I comuni presentano numerose caratteristiche tramandate fino ad oggi, come il significato di cittadino e il suo modo di rapportarsi con la comunità e con chi la amministra.
Il Rinascimento segna la massima espressione delle città stato, come potere e progresso per la civiltà, e in questo periodo l’Italia raggiunge forse la sua massima gloria come capacità di influenza sul resto del mondo, specie in ambito artistico dove si raggiunsero le vette più alte dell’espressione estetica. Città stato come Genova, Firenze, Milano, Ferrara e Venezia furono le punte di diamante della società del tempo, conquistando a volte ampi territori, in particolare isole e zone costiere del Mediterraneo.

Proprio nel periodo di maggiore successo culturale, economico e politico delle città stato italiane avvenne probabilmente il fatto che fu alla base del loro declino: la scoperta dell’America. Con il nuovo continente vennero modificati completamente gli orizzonti, dal mare nostrum si passò agli oceani e le città cedettero progressivamente il passo agli stati nazionali che avevano la dimensione adatta per operare su scala mondiale. L’Italia in declino politico proseguì, come in parte anche la Germania, la tradizione delle città stato, spezzettandosi in numerosi staterelli che erano sempre emanazione di una città dominante. Il tramonto definitivo del modello di città stato rinascimentale avvenne con il trattato di Campoformio che segnò la fine di Venezia, ultimo baluardo di città capace di esercitare un’influenza internazionale.

Da allora gli stati nazionali hanno assunto il monopolio del potere politico, ma le città stato non sono finite con Napoleone: hanno sviluppato un modello di autonomia che da politico è diventato di gestione delle risorse.
Le città stato hanno smesso di avere un ruolo determinante sulla scena della politica internazionale ma hanno iniziato a ritrovare importanza, specie dalla seconda metà del XX secolo quando economia e finanza hanno assunto una estensione globale, senza più frontiere. Ma la nuova era di città stato non è stata determinata solo da una modalità più efficiente nella gestione dell’economia del territorio. C’è un altro fattore fondamentale che ne spiega il successo. La libertà.

Il successo politico dei grandi stati nazionali ha portato guerre, lotte di potere e grandi sconquassi nel mondo, ma non sempre ha segnato una maggiore libertà per i cittadini. Anzi. I grandi e potenti stati nazionali hanno spesso esercitato la loro autorità limitando quella dei loro cittadini, attraverso sistemi fiscali e legislativi che ne hanno ridotto il campo di azione.
È l’esigenza del singolo di poter essere libero verso l’autorità statale che è alla base della forma delle moderne città stato. San Marino, il principato di Monaco, Andorra e, per certi aspetti, i cantoni svizzeri o il Liechtenstein che sono assimilabili alle città stato, garantiscono a chi ci vive molta più libertà di quello che offrono le grandi burocrazie nazionali in tutto l’occidente.
Si tratta di una libertà innanzitutto economica: nelle città stato indipendenti in Europa il cittadino può gestire le proprie risorse in libertà, senza l’oppressione di un fisco che in molti paesi ha praticamente diritti illimitati sui contribuenti. Ma non c’è solo la motivazione fiscale, nelle città stato moderne quello che emerge è la filosofia di base: più potere al cittadino rispetto a quello dell’autorità.

ANDREA ZOPPOLATO

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1. CITTADINI E CITTA’ STATO

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Si potrebbe dire che esistono tanti modelli di città stato quante sono le città stato che esistono e che sono esistite nel mondo. Una delle caratteristiche della città stato è infatti quella di adattarsi fortemente al luogo in cui si applica. In generale le città stato possono essere di due tipi:

1. Città che costituiscono una nazione indipendente, come il Principato di Monaco, Singapore o Città del Vaticano.
2. Città che sono parte di uno stato sovrano, come Berlino, Vienna o Hong Kong.

Milano apparterrebbe al secondo gruppo, con un modello di autogoverno da esercitare all’interno di uno stato nazionale. Non c’è in questo caso alcuna istanza secessionista, anzi. Si tratta di un governo che può rinforzare una parte dello stato, l’area della città stato, e stimolare le altre parti a dotarsi di un sistema più efficiente di organizzazione del territorio.
Milano citta stato non si limita all’autonomia politica ma si estende anche a tutti gli ambiti del vivere civile. È più simile a una rivoluzione di pensiero, che trasforma il ruolo del cittadino e quello del governante. Non solo. Si applica anche all’economia, alla cultura, alla formazione e ai rapporti con il resto del mondo. Questo perché il centro attorno a cui si costruisce l’assetto di Milano città stato è il cittadino: modificando il ruolo e lo scopo del suo vivere nella comunità tutto il resto viene modificato per conseguenza.

NELLE NOSTRE COMUNITA’, CHI E’ IL CITTADINO E QUAL E’ IL SUO RUOLO?
Il cittadino moderno nasce nell’XI secolo, in un’epoca segnata dal successo delle città stato italiane. Con la formazione dei comuni si definì cittadino che risiedeva all’interno delle città. Da allora cittadino ha un significato geografico, esprime la presenza permanente in un luogo.
Cittadino è chi vive in città, così lo si intende da secoli. È una definizione chiara e semplice, specie in un mondo in cui gli spostamenti erano limitati ed il principio territoriale era assoluto: era assai difficile esercitare attività al di fuori della propria città e la gran parte delle relazioni di ognuno erano tra le mura cittadine.
Su questo concetto di civis si è costruito l’apparato organizzativo delle città che perdura fino ai giorni nostri. Il “cittadino per luogo” è un soggetto passivo nella gestione del bene comune: è passivo nel senso che il suo ruolo deriva dal semplice fatto di stare in città e il suo potere consiste nel votare il sindaco.
In una città fatta di persone unite unicamente dal fatto di abitare nello stesso luogo, tutti i poteri sono delegati agli amministratori. È curioso che il cittadino nasce come evoluzione del suddito, mentre oggi sembra più simile a un suddito che a un soggetto attivo.

Dopo un millennio di stasi, è giunto il momento di rivedere il ruolo del cittadino e il suo potere verso l’autorità, non solo nel nostro paese.
La società è profondamente cambiata da quella di inizio Rinascimento. Oggi il luogo non è più un limite all’azione, anzi. Le innovazioni tecnologiche degli ultimi anni hanno reso possibile svolgere i propri affari da qualunque parte del mondo, entrando in collegamento con chiunque e spostando beni e risorse ovunque in tempo reale. Da elemento fondante, il luogo dove si vive è diventato una situazione, un elemento che incide sempre meno sulle scelte del singolo.
Ai giorni nostri il luogo sta diventando un fattore relativo, ma non è solo questo a essere cambiato. Ogni settore appare rivoluzionato dalle innovazioni tecnologiche. Come i media che hanno reso possibile a chiunque di arrivare a qualunque tipo di informazione a costo zero e a comunicare potenzialmente con il mondo intero senza muoversi di un passo.
Tutti i cambiamenti che hanno investito le nostre società sono caratterizzati dall’aver consegnato all’individuo un potere che prima non aveva. Mai una persona ha avuto tanto potere di azione come ai giorni nostri. Eppure questo processo che ha reso protagonisti gli individui di tutto il mondo non ha ancora investito il sistema politico.

Esiste una nuova consapevolezza e si sono moltiplicate le forme di comunicazione, di collaborazione e di accesso alle informazioni, che consentono a ogni persona di avere tutti gli strumenti per poter agire anche in campi in cui un tempo era necessaria la delega totale. In un mondo così trasformato sembra difficile accettare a lungo un ruolo del cittadino che è rimasto ai tempi del medioevo, salvo la concessione del diritto di voto da esercitare periodicamente.
Al di là del momento delle elezioni, tra un cittadino delle antiche città medievali e uno di oggi ci sono poche differenze, se si considerano diritti e doveri nei confronti dell’autorità: il cittadino è oggetto dell’autorità oggi come allora e non ha doveri particolari verso la comunità, che non siano quelli del pagare le tasse e del rispettare la legge. Occorre dunque ripensare un modello civiltà che si basi su un nuovo civis, soggetto attivo di diritti e doveri in linea con le opportunità del mondo contemporaneo.

Prossimo articolo: Città stato del passato

Italiani a Ginevra: “Ci manca il citofono” – VIDEO

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Quelli dell’Aperitivo Italiano’ hanno intervistato Andrea, Jolanda, Giovanni, Claudia, Marco, e molti altri italiani che hanno lasciato Genova, Firenze, Bari, Milano… per vivere a Ginevra.

Italiani in fuga

10 cose che mancano agli italiani a Ginevra

#1 la famiglia
#2 il clima
#3 il cibo
#4 gli alberi
#5 il citofono (con gli amici alla porta)
#6 la spontaneità
#7 la gioventù
#8 gli italiani (sono 50k: “considerati con una marcia in più per la loro italianità”)
#9 il caffè
#10 il DNA: a Ginevra restano sempre ospiti

10 cose di Ginevra irrinunciabili per gli italiani

#1. non c’è evasione fiscale
#2. meritocrazia
#3. si lavora e si fa sport – per grandi e per i bambini
#4. internazionalità (dei cittadini, del gusto)
#5. una prospettiva di vita ordinata e alto livello culturale
#6. servizi: si vive molto bene, tra ordine, puntualità, organizzazione
#7. città raccolta e a misura d’uomo (si gira a piedi e in bicicletta)
#8. si può vivere sull’acqua, in campagna, tra le montagne, oltre che in città (è
#9. ospitalità e correttezza dei concittadini
#10. Ginevra è la New York degli adulti e il lago Maggiore della Svizzera

Il risultato? Gli italiani non hanno niente da invidiare a nessuno, eppure… dentro questo video tutte le risposte del come le città d’Italia potrebbero essere come o meglio di quelle svizzere. E non solo…

E a voi, che cosa mancherebbe più di Milano, sempre che non diventi città stato!?

Fonte: http://www.italiansinfuga.com/2016/01/28/la-stupenda-ginevra-raccontata-dagli-italiani-che-ci-vivono/

12 febbraio 2016. Concerto di I’m Not a Blonde but I’d love to be Blondie

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Quando: venerdì 12 febbraio

Dove: Linoleum Rock’n’Roll Milano, via Bruschetti 11. Dalle 22.00

Costo: Free entry

Siete curiosi e amanti della buona musica? In uscita oggi l’ultimo disco del duo milanese I’m Not a Blonde but I’d like to be Blondie, autrici di uno stile musicale interessante, l’arty-electro-pop [per lo streaming del loro concerto, live stasera su Spotify: ].

5 motivi per cui mi piacerebbe andare al concerto delle I’m Not a Blonde

#1. scoprire un nuovo locale di musica di qualità
#2. Chiara e Camilla sono due donne che fanno musica elettronica indie
#3. ascoltare dal vivo l’ultimo disco di I’m not a Blonde
#4. vedere se avranno i capelli rossi, neri o magari biondi
#5. scoprire come si balla la musica elettronica

5 cose che mi piacerebbe trovare all’evento

#1. persone mascherate: è sabato grasso di Carnevale
#2. il locale è l’ex Transilvania: salterà fuori qualche vampiro a mezzanotte?
#3. gente antipatica, ho voglia di litigare
#4. l’assenzio come cocktail
#5. il principe azzurro, è Carnevale!

Per ascoltare l’album di Spotify : https://open.spotify.com/album/4DFd76F5OGcKGu3kKtJGMh
Spotify:album:4DFd76F5OGcKGu3kKtJGMh


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