Era stato costruito con l’obiettivo di realizzare il “Palazzo più bello di tutta la cristianità”. Oggi ospita il Comune ma si può visitarlo su appuntamento. Degni di nota sono il cortile d’onore con le decorazioni originarie del 1560, e la Sala delle Feste (o sala Alessi) con affreschi mitologici, Sant’Ambrogio e la scrofa semilanuta.
Semplicemente Battisti
Certo: non siamo ancora in stagione per ammirare i “Giardini di Marzo“, dove i “Fiori rosa” e i “Fiori di pesco” sbocciano come se non ci fosse un domani, ma se ci tingiamo i “Capelli Verde Rame” possiamo tuffarci nel “Mare Nero” del cielo di Milano e cercare di dimenticare l'”Acqua Azzurra” e l'”Acqua Chiara” che non sono proprio di questi tempi…
Ma “Che ne sai tu di un campo di grano“, dove “L’immensità si apre intorno a noi”?
Ti ci porto io: “Non sarà un’avventura“, ma saranno pur sempre “Emozioni“…
No, tranquillo, non sono impazzita.
Era solo un modo creativo per dire che a partire dalle 22.30 di questo venerdì, la Salumeria della Musica propone una serata interamente dedicata alla musica di Lucio Battisti, del quale sono una fan (ma questo non si era mica capito, noooooo…): “Semplicemente Battisti“.
E se sei sul “Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi…“, non ti preoccupare: l’entrata costa solo 12 euro. Meglio di così…
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Milano faceva tendenza anche nella criminalità: una mostra ce lo ricorda
Si è aperta giovedì 9 novembre a palazzo Morando un’interessante mostra, il cui titolo non lascia dubbi sul contenuto: “Milano e la mala, storia criminale della città – Dalla rapina di via Osoppo a Vallanzasca”.
Attraverso più di 150 foto, centinaia di documenti, giornali e moltissimi oggetti d’epoca, il curatore Stefano Galli e i suoi collaboratori mettono in scena la Milano delle bande armate, ricordandoci con grande ricchezza di informazioni come la nostra città abbia primeggiato e fatto scuola anche in questo campo.
Dopo il periodo della cosiddetta Ligera, cioè le piccole bande improvvisate o i vecchi ladroni con il piede di porco, dalla seconda metà degli anni Cinquanta entra in campo una forma più organizzata di malavita, che dalla fine degli anni Sessanta si farà più violenta, espandendo il proprio potere fino ad avere il pieno controllo del gioco d’azzardo, della prostituzione e del traffico degli stupefacenti.
La spettacolare rapina di via Osoppo, ormai entrata nella memoria collettiva di questa città, ma anche d’Italia, fu un capolavoro di precisione e organizzazione, due virtù tipicamente meneghine. L’assalto al portavalori mediante l’impiego di ben quattro veicoli coordinati tra loro, la spregiudicatezza dei sette uomini in tuta da operaio, i cittadini alle finestre che assistevano come ad una prima teatrale, e soprattutto l’assenza di feriti o morti, ne fanno ancora oggi un capolavoro del crimine.
Il salto di qualità in termini di violenza arriverà con la rapina di largo Zandonai, ad opera della banda Cavallero.
Con l’arrivo di criminali del calibro di Vallanzasca o Turatello muta Milano stessa: la città si trasforma da una metropoli in espansione a città attanagliata da paure e violenze, dove i sequestri di persona e i morti per droga sono all’ordine del giorno: i milanesi iniziano a chiudersi in casa, lasciando la notte cittadina in balia di balordi di ogni risma.
Completa il percorso espositivo il ricco catalogo, con testi critici di Stefano Galli, Tullio Barbato, Piero Colaprico, Mauro Colombo, Nicola Erba, Massimo Mazza, Achille Serra, Matteo Speroni, Luigi Vergallo.
A Palazzo Borromeo si può rivivere la Milano del ‘400
Nel cortile d’onore di Palazzo Borromeo c’è una porticina in legno che si apre su uno studio privato. All’interno ci sono affreschi raffiguranti scene di vita quotidiana della società milanese del quattrocento.
La vera sfida di Milano è uscire dalla sua zona di COMFORT
In Psicologia si studia che uno dei principali freni alla crescita è la zona di comfort. La zona di comfort è la nostra copertina di Linus, un luogo molto comodo che ognuno di noi si è creato mettendoci dentro le proprie sicurezze e le proprie abitudini. All’interno della nostra zona di comfort ci sentiamo protetti, abbiamo tutto sotto controllo, ma in realtà essa è il risultato della nostra insicurezza, perchè si cerca di tenere al di fuori tutto ciò che può causare dolore o pericolo. Se si vuole crescere ed evolvere questo è un passaggio obbligato: bisogna uscire fuori dalla propria zona di comfort.
Se si vuole crescere ed evolvere questo è un passaggio obbligato: bisogna uscire fuori dalla propria zona di comfort.
Qualche giorno fa sono stato a un evento in cui si è parlato di Milano.
C’erano volti noti della società milanese che hanno descritto perchè amano la nostra città. Milano è grande perchè è il luogo delle opportunità, Milano è concreta, Milano è internazionale e così via. Tutto molto vero, ma al tempo stesso sentendoli parlare mi è venuta in mente la copertina di Linus.
Tutti erano d’accordo nel menzionare qualità indiscutibili di Milano e credo che proprio questo sia il più grande pericolo di Milano per il suo futuro: il fatto che tutti fossero d’accordo che Milano è così straordinaria. Siamo d’accordo perchè Milano è così perfetta o siamo d’accordo perchè siamo tutti dentro a una zona di comfort? Pensare e ripetere che Milano è così magnifica rischia di diventare il principale freno alla sua crescita, esattamente come succede all’individuo con la zona di comfort. Perchè la crescita nasce da un’inquietudine, dall’ambizione di arrivare a qualcosa che non si è ancora, la crescita nasce dall’insoddisfazione più che dall’appagamento. Ed è solo con la forza dell’inquietudine e dell’insoddisfazione che si può sfidare la propria zona di comfort.
la crescita nasce da un’inquietudine, dall’ambizione di arrivare a qualcosa che non si è ancora, la crescita nasce dall’insoddisfazione più che dall’appagamento.
La zona di comfort di Milano ha due tabù che devono essere violati se vogliamo fare crescere la nostra città.
Il primo di questi limiti è la parola che viene più spesso associata a Milano: internazionale.
Milano è sicuramente una città internazionale se la si paragona al resto d’Italia. Ma se la si guarda superando i confini della nostra nazione, Milano è davvero così internazionale? Io credo di no. Mi chiedo spesso se il successo di Milano nei confronti di Roma sia perchè Milano sta crescendo o se invece perchè Roma sta peggiorando. Volente o nolente Milano si confronta sempre con Roma, è più forte di lei. E più Roma precipita più sembra che Milano stia meglio ma in realtà è solo un gap che aumenta perchè uno dei due peggiora. Se invece Milano guarda all’estero, siamo così sicuri che stia guadagnando posizioni?
Sempre in quell’evento si è parlato del Politecnico, una grande eccellenza, una università straordinaria se la si guarda a livello italiano, ma che risulta al di fuori delle prime 200 università del mondo. E’ internazionale una città che ha la sua migliore università fuori dalle migliori 200? E questo vale anche per altri settori, purtroppo. Milano è la capitale dell’imprenditoria, oggi le nuove imprese si chiamano start up, ma è mai possibile che nessuna start up milanese sia nelle 100 start up più di successo in Europa? E’ mai possibile che l’Italia del venture capital, di cui Milano è capitale, muovono ogni anno investimenti per 170 milioni di euro quando i nostri principali competitor, come Francia, Germania o Regno Unito, sono al di sopra dei 2 miliardi?
Quando si dice che il pregio di Milano è che è internazionale bisogna avere il coraggio di dire che questo è anche il suo difetto: il non essere abbastanza internazionale. Milano non è abbastanza internazionale perchè non si misura con le altre città del mondo, non lo è perchè forse noi milanesi non siamo abbastanza internazionali. Abbiamo una mente ancora troppo provinciale e guardiamo troppo all’interno della nostra nazione invece che guardare al ruolo che dovremmo avere nei confronti del mondo.
noi milanesi non siamo abbastanza internazionali. Abbiamo una mente ancora troppo provinciale e guardiamo troppo all’interno della nostra nazione invece che guardare al ruolo che dovremmo avere nei confronti del mondo.
Il secondo tabù è la sudditanza con Roma.
Più si parla di quanto Milano sia meglio di Roma e più emerge il senso di sudditanza che Milano ha con Roma. Milano soffre di un complesso di sudditanza con Roma, sudditanza perchè continua a pensare Roma come il centro delle responsabilità politiche e decisionali. E questo accade non per la forza di Roma ma per la debolezza di Milano nel rivendicare la sua responsabilità: Milano si comporta con Roma come un figlio che continua ad andare da papà per mostrargli quanto è bravo e giustificare la sua paghetta, senza accorgersi che in realtà è lui che sta dando i soldi a papà, anche se fa finta che sia viceversa. Questo accade perchè Milano non ha il coraggio di assumersi le responsabilità che comporta gestirsi da sé.
Con la sudditanza intendo dunque sentirsi più sudditi che parte del sistema politico nazionale, incarnato da Roma.
Uscire dalla sua zona di comfort rispetto a Roma significa per Milano rivendicare un ruolo che se si guarda il resto d’Europa tutte le principali città hanno. Nei Paesi più grandi ci sono degli hub.
Gli hub che cosa sono? Esattamente come per gli aeroporti, in ogni nazione ce ne sono di nazionali e di internazionali, ci sono delle aree che si autogestiscono e che sono in competizione una con l’altra per attrarre persone e imprese. Questi hub si definiscono in termini amministrativi delle città stato, nel senso che sono amministrativamente autonome e devono rendere conto solo al governo centrale, senza altre mediazioni di poteri, e decidono da sé le proprie leggi. Sono degli hub Londra, Madrid, Parigi, Bruxelles, Amburgo, Vienna o San Pietroburgo. Questi hub funzionano come un aeroporto internazionale che consente di attrarre un pubblico internazionale, come porta d’ingresso nel loro Paese. Tutti i principali Stati hanno almeno un hub tranne l’Italia.
Se lo avesse non potrebbe che essere Milano. Ma Milano deve smetterla di pavoneggiarsi dal confronto con la capitale, deve uscire dalla sudditanza e rivendicare un’autonomia decisionale. Deve uscire da questo anche se è scomodo. Perchè è scomodo per ogni milanese riconoscere che Milano non è internazionale ed è scomodo riconoscere che Milano ha un complesso di sudditanza nei confronti di Roma.
E’ il momento di osare, di crescere, e per farlo occorre uscire dalla zona di comfort ed evitare che essere milanesi significhi semplicemente affermare gli indiscutibili pregi della città, ma mettendo la testa sotto la sabbia quando è il caso di intervenire sui limiti che impediscono a Milano di essere grande come potrebbe essere.
ANDREA ZOPPOLATO
ANDREA ZOPPOLATO
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La storia vera (milanese) di Marinella
“Questa di Marinella è la storia vera
Che scivolò nel fiume a primavera”
Lei era Maria Boccuzzi, con nome d’arte di Mary Pirimpo, il fiume era l’Olona dove il corpo senza vita della prostituta fu ritrovato. Era prostituta e ballerina dei night, fu uccisa con cinque colpi d’arma da fuoco.
Open Days dell’Innovazione al Base
Sai di cosa ci sarebbe bisogno? Di uno spazio di confronto e networking per il Terzo Settore.
Sì, nel senso: sarebbe bello affrontare il tema tanto chiacchierato dell’innovazione, soprattutto se i protagonisti della discussione sono la cooperazione internazionale e la tecnologia.
Per non parlare della nuova Riforma appena approvata, che cambia un po’ tutto quello che fin ora si sapeva per quanto riguarda la privacy e la diffusione di dati.
Ok, magari non è proprio una necessità impellente, ma di sicuro è un argomento curioso.
Per questo ti invito agli Open Days dell’Innovazione del Base, un evento dedicato alle organizzazioni no-profit che, a partire dalle 10.00, aiuterà a identificare quale innovazione viene chiesta oggi al Terzo Settore.
Tra speakers internazionali, storie di innovazione dal mondo e best practices per amplificare l’impatto sociale e la cooperazione tramite la tecnologia, potrai scoprire un mondo del Terzo Settore come non ti saresti mai aspettato di conoscere.
Sarà più facile di quanto credi… anche perchè l’ingresso è gratuito.
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Segni inconfondibili per riconoscere un ufficio pubblico da uno privato a Milano
In Estonia esiste una legge che stabilisce che ogni pratica pubblica possa essere svolta dai cittadini a casa propria. Però hanno un clima infame. La legge del contrappasso.
Segni per riconoscere un ufficio pubblico da uno privato a Milano
#1 Cartelli attaccati con lo scotch
#2 Tempo di risposta medio alle email: 6 mesi
#3 C’è chi usa il computer come fosse una macchina da scrivere
#4 Ci sono persone disperate perché non riescono a sbrigare una pratica
#5 Stranieri che girano come trottole
#6 Hanno cataloghi cartacei di epoca preistorica
#7 Rumore di timbri
#8 C’è sempre qualcuno che indossa un pullover color marrone scuro
#9 C’è chi risponde di andare da un’altra parte
#10 Alle 17.01 è chiuso
7 proposte per avere barriere antiterrorismo più belle
Proprio quando Milano scalava tutte le classifiche di ingressi turistici sono arrivati loro: i jersey, le barriere antiterrorismo che a Milano sembrano ancora più brutte.
Si è provato a rivestirle di graffiti ma l’effetto è deludente, anzi, a volte peggiorano l’effetto perchè creano un contrasto distonico con l’armonia dei palazzi e delle piazze:
C’è chi propone delle fioriere, tipo quelle di Torino:
Ma le fioriere sono per chi non sa cosa fare. Vanno bene al massimo per l’atrio del condominio. Che si può fare per distinguerci anche su questo, come città che trasforma in bellezza anche le barriere contro il terrorismo?
7 proposte per avere barriere antiterrorismo più belle
#1 Elefanti di cemento
A Stoccolma hanno messo dei leoni di cemento. Ma a Milano pensiamo in grande: potremmo mettere degli elefanti.
#2 Il vallum
Come insegnano i romani, la barriera può essere al contrario. Una buca di 20 centimetri e si bloccano le ruote di eventuali attentatori.
#3 Vecchi tram
Nell’era del riciclo sarebbe una splendida soluzione di marketing territoriale. Potrebbero ospitare piccole mostre d’arte.
#4 Blocchi di marmo di Candoglia
I blocchi bloccano. Con il più bel marmo del mondo.
#5 Statue umane raffiguranti dei passanti
Passanti uguali a quelli veri ma fatti di acciaio. Per risparmiare si potrebbe replicare la statua di Mandela: statue di Mandela ovunque. Un messaggio di pace universale
#6 Palme di cemento
Per alimentare la polemica.
#7 Concorso per scultori
Così diventerebbe la città al mondo con più sculture in giro per le strade.
Diabolik è milanese
Ideato da Angela Giussani, Diabolik è diventato uno dei fumetti più di successo dagli anni sessanta in poi. La sua creatrice che abitava vicino a Cadorna disse di avere avuto l’idea per dare ai pendolari una lettura leggera e veloce per i loro brevi viaggi in treno. Il primo numero uscì nel 1962 col titolo “Il re del terrore”.
Fonte: Conosci Milano? Di Luca Scarlini. Edizioni Clichy
GIACOMO BIRAGHI: perchè Milano non può rallentare proprio ora (Intercettazioni Milano)
– Non è possibile, Andrea, che si metta in pubblico ancora nel 2017 associato a Milano il tema della lentezza. No! Se siamo così fighi sulla bocca di tutti è perché cacchio nel 2010 abbiamo schiacciato sull’acceleratore lasciando tutti indietro. Ed è piaciuto a tutti tantissimo. Quindi è proprio il tema della lentezza che non si accosta oggi a Milano, non in generale, ma soprattutto oggi.
– Dovessi dire cose in cui Milano dovrebbe accelerare cosa diresti?
– Tre cose. La demografia, le multinazionali: abbiamo qui sedi commerciali o piccoli avamposti. Per esempio il tema delle banche o delle sedi di agenzie. Gruppi asiatici o americani potrebbero avere qui la sede. E ancora dobbiamo accelerare sul turismo, sono ancora troppo pochi. Sicuramente c’è da fare e bisogna tenere il piede più affondato sull’acceleratore.
– A livello personale in che cosa il milanese dovrebbe accelerare?
– Nelle lingue, nell’apertura alle culture estere, nell’invitare a conoscere le persone che vengono nella nostra città a vivere o a studiare e che vengono tenuto un po’ fuori. Aprire un po’ la testa. Lo fa solo in quei piccoli momenti celebrativi del design o in questi piccoli momenti ludici del piano, dei libri, dovrebbe farlo tutto l’anno.
– Quindi dici che la velocità dei milanesi è un po’ una finta.
– Assolutamente. Sia della città che dei milanesi. Proprio per questo in questo momento critico di transizione in cui abbiamo cominciato a mettere la terza dobbiamo accelerare. Se no fai come quando vado con l’enjoy che tieni la terza acceleri fa un gran casino, sa di frizione e basta. Questa è Milano oggi.
Alberto Fortis e il suo grande amore per Milano
Forse il più grande atto d’amore in musica per Milano è il disco di esordio di Alberto Fortis del 1979. L’artista di Domodossola espresse il suo grande amore per Milano in diverse canzoni, tra cui il Duomo di Notte, Milano e Vincenzo e Vi odio a voi romani. A causa dei contenuti ritenuti offensivi verso la capitale, la Rai per molti anni censurò le sue canzoni, alla radio e alla televisione.
Bollettino qualità dell’aria: 3 novembre
Ultime news sulla qualità dell’aria nel Comune di Milano.
PM10 oltre il limite in centro e a Città Studi. Siamo al terzo giorno consecutivo di superamento del limite, per un totale di 7 giorni di superamento negli ultimi dieci e vicini alla media record dello scorso gennaio. Preghiamo nella pioggia.
A Night For John Coltrane
Lo ammetto: non sono una grandissima fan del Jazz.
Non c’è niente da fare: dopo un po’ che lo ascolto, mi annoio mortalmente e stoppo la canzone.
Nonostante questo, mi rendo conto che si tratti di un genere fondamentale per la storia della musica e, in quanto tale, ha avuto le sue grandi leggende, coloro che hanno fatto la storia del Jazz.
Una di queste, forse una delle più importanti, è Coltrane.
Ho ascoltato diversi brani suonati da lui e devo dire che è uno dei pochi jazzisti che non mi annoia.
D’altra parte, chi non riconosce il talento di una personalità così rinomata?
Proprio per celebrare Coltrane a cinquant’anni dalla sua scomparsa, in occasione del JazzMi il Base organizza una notte completamente dedicata a lui : “A Night For John Coltrane“.
A partire dalle 21.30, sarà una serata-omaggio alla visione armonica futuristica di uno dei padri spirituali del Jazz Moderno, con brani tratti dal suo repertorio o dedicati a lui.
L’ingresso costa 10 euro, ma un evento come questo non ha prezzo… Let’s Jazz!
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