La vera sfida di Milano è uscire dalla sua zona di COMFORT

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In Psicologia si studia che uno dei principali freni alla crescita è la zona di comfort. La zona di comfort è la nostra copertina di Linus, un luogo molto comodo che ognuno di noi si è creato mettendoci dentro le proprie sicurezze e le proprie abitudini. All’interno della nostra zona di comfort ci sentiamo protetti, abbiamo tutto sotto controllo, ma in realtà essa è il risultato della nostra insicurezza, perchè si cerca di tenere al di fuori tutto ciò che può causare dolore o pericolo. Se si vuole crescere ed evolvere questo è un passaggio obbligato: bisogna uscire fuori dalla propria zona di comfort.

Se si vuole crescere ed evolvere questo è un passaggio obbligato: bisogna uscire fuori dalla propria zona di comfort.

Qualche giorno fa sono stato a un evento in cui si è parlato di Milano.

C’erano volti noti della società milanese che hanno descritto perchè amano la nostra città. Milano è grande perchè è il luogo delle opportunità, Milano è concreta, Milano è internazionale e così via. Tutto molto vero, ma al tempo stesso sentendoli parlare mi è venuta in mente la copertina di Linus.
Tutti erano d’accordo nel menzionare qualità indiscutibili di Milano e credo che proprio questo sia il più grande pericolo di Milano per il suo futuro: il fatto che tutti fossero d’accordo che Milano è così straordinaria. Siamo d’accordo perchè Milano è così perfetta o siamo d’accordo perchè siamo tutti dentro a una zona di comfort? Pensare e ripetere che Milano è così magnifica rischia di diventare il principale freno alla sua crescita, esattamente come succede all’individuo con la zona di comfort. Perchè la crescita nasce da un’inquietudine, dall’ambizione di arrivare a qualcosa che non si è ancora, la crescita nasce dall’insoddisfazione più che dall’appagamento. Ed è solo con la forza dell’inquietudine e dell’insoddisfazione che si può sfidare la propria zona di comfort.

la crescita nasce da un’inquietudine, dall’ambizione di arrivare a qualcosa che non si è ancora, la crescita nasce dall’insoddisfazione più che dall’appagamento.

La zona di comfort di Milano ha due tabù che devono essere violati se vogliamo fare crescere la nostra città.

Il primo di questi limiti è la parola che viene più spesso associata a Milano: internazionale.
Milano è sicuramente una città internazionale se la si paragona al resto d’Italia. Ma se la si guarda superando i confini della nostra nazione, Milano è davvero così internazionale? Io credo di no. Mi chiedo spesso se il successo di Milano nei confronti di Roma sia perchè Milano sta crescendo o se invece perchè Roma sta peggiorando. Volente o nolente Milano si confronta sempre con Roma, è più forte di lei. E più Roma precipita più sembra che Milano stia meglio ma in realtà è solo un gap che aumenta perchè uno dei due peggiora. Se invece Milano guarda all’estero, siamo così sicuri che stia guadagnando posizioni?

Sempre in quell’evento si è parlato del Politecnico, una grande eccellenza, una università straordinaria se la si guarda a livello italiano, ma che risulta al di fuori delle prime 200 università del mondo. E’ internazionale una città che ha la sua migliore università fuori dalle migliori 200? E questo vale anche per altri settori, purtroppo. Milano è la capitale dell’imprenditoria, oggi le nuove imprese si chiamano start up, ma è mai possibile che nessuna start up milanese sia nelle 100 start up più di successo in Europa? E’ mai possibile che l’Italia del venture capital, di cui Milano è capitale, muovono ogni anno investimenti per 170 milioni di euro quando i nostri principali competitor, come Francia, Germania o Regno Unito, sono al di sopra dei 2 miliardi?

Quando si dice che il pregio di Milano è che è internazionale bisogna avere il coraggio di dire che questo è anche il suo difetto: il non essere abbastanza internazionale. Milano non è abbastanza internazionale perchè non si misura con le altre città del mondo, non lo è perchè forse noi milanesi non siamo abbastanza internazionali. Abbiamo una mente ancora troppo provinciale e guardiamo troppo all’interno della nostra nazione invece che guardare al ruolo che dovremmo avere nei confronti del mondo.

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noi milanesi non siamo abbastanza internazionali. Abbiamo una mente ancora troppo provinciale e guardiamo troppo all’interno della nostra nazione invece che guardare al ruolo che dovremmo avere nei confronti del mondo.

Il secondo tabù è la sudditanza con Roma.

Più si parla di quanto Milano sia meglio di Roma e più emerge il senso di sudditanza che Milano ha con Roma. Milano soffre di un complesso di sudditanza con Roma, sudditanza perchè continua a pensare Roma come il centro delle responsabilità politiche e decisionali. E questo accade non per la forza di Roma ma per la debolezza di Milano nel rivendicare la sua responsabilità: Milano si comporta con Roma come un figlio che continua ad andare da papà per mostrargli quanto è bravo e giustificare la sua paghetta, senza accorgersi che in realtà è lui che sta dando i soldi a papà, anche se fa finta che sia viceversa. Questo accade perchè Milano non ha il coraggio di assumersi le responsabilità che comporta gestirsi da sé.
Con la sudditanza intendo dunque sentirsi più sudditi che parte del sistema politico nazionale, incarnato da Roma.

Uscire dalla sua zona di comfort rispetto a Roma significa per Milano rivendicare un ruolo che se si guarda il resto d’Europa tutte le principali città hanno. Nei Paesi più grandi ci sono degli hub.
Gli hub che cosa sono? Esattamente come per gli aeroporti, in ogni nazione ce ne sono di nazionali e di internazionali, ci sono delle aree che si autogestiscono e che sono in competizione una con l’altra per attrarre persone e imprese. Questi hub si definiscono in termini amministrativi delle città stato, nel senso che sono amministrativamente autonome e devono rendere conto solo al governo centrale, senza altre mediazioni di poteri, e decidono da sé le proprie leggi. Sono degli hub Londra, Madrid, Parigi, Bruxelles, Amburgo, Vienna o San Pietroburgo. Questi hub funzionano come un aeroporto internazionale che consente di attrarre un pubblico internazionale, come porta d’ingresso nel loro Paese. Tutti i principali Stati hanno almeno un hub tranne l’Italia.

Se lo avesse non potrebbe che essere Milano. Ma Milano deve smetterla di pavoneggiarsi dal confronto con la capitale, deve uscire dalla sudditanza e rivendicare un’autonomia decisionale. Deve uscire da questo anche se è scomodo. Perchè è scomodo per ogni milanese riconoscere che Milano non è internazionale ed è scomodo riconoscere che Milano ha un complesso di sudditanza nei confronti di Roma.
E’ il momento di osare, di crescere, e per farlo occorre uscire dalla zona di comfort ed evitare che essere milanesi significhi semplicemente affermare gli indiscutibili pregi della città, ma mettendo la testa sotto la sabbia quando è il caso di intervenire sui limiti che impediscono a Milano di essere grande come potrebbe essere.

ANDREA ZOPPOLATO

ANDREA ZOPPOLATO

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Andrea Zoppolato
Più che in destra e sinistra (categorie ottocentesche) credo nel rispetto della natura e nel diritto-dovere di ogni essere umano di realizzare le sue potenzialità, contribuendo a rendere migliore il mondo di cui fa parte.

2 COMMENTI

  1. Sono sinceramente ammirato da come riesci a toccare ma poi a lasciare sempre fuori le questioni FISCALI in cui -in modo non sempre visibile- interviene la FORZA.
    Io non riuscirei mai -in un pezzo come questo- a NON dire come potrebbero funzionale i vincoli fiscali nella città stato che hai in mente.

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