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La Festa del Cioccolato sui Navigli: ChocoMilano

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Anche quest’anno, voglio parlarti di cioccolato.

Te lo dico perchè sono in buona fede e penso che anche a te piaccia il cioccolato… insomma, chi non lo ama è una brutta persona, vero? Come si fa a non amarlo?

Che sia fondente o bianco (ma anche no), in praline o in cioccolatini, in barretta o in granella, non si può mai rifiutarne un assaggio.

Nel corso degli anni, sono state affibbiate al cioccolato centinaia di caratteristiche: qualcuno dice che sia afrodisiaco, altri dicono sia dietetico e altri ancora (la teoria più plausibile, secondo la mia modesta opinione) giurano che sia un potente antidepressivo… anche se, nella maggior parte dei casi, si tratta solo di una scusa per giustificare le abbuffate di cioccolato che si fanno quando si è un po’ giù di morale.

Non dimentichiamoci che il cioccolato è in grado di mettere d’accordo tutti: ai compleanni, per esempio, quando vuoi andare sul sicuro fai la torta al cioccolato. Ma anche alle cene, quando non sai cosa preparare per dessert, sai che puoi preparare al volo crepes o pane con Nutella.

Tutti lo amano, tutti lo vogliono e nessuno ci rinuncia.

Ecco perchè, anche questa volta, voglio parlarti di un festival che si svolgerà da giovedì alle 10.00 fino a domenica: sui Navigli, infatti, torna con la sua terza edizione la ChocoMilano – La festa del cioccolato… alias il più grande tour nazionale di questo dolce immancabile per le belle occasioni come questa.

Per quattro giorni, l’Alzaia Naviglio Pavese, da Via Magolfa fino a Via Borsi, si riempirà di fragranze cioccolatose e potrai fare tante degustazioni, partecipare ai laboratori… fare tante degustazioni, osservare showcooking… ehm… fare tante degustazioni… ah! Ammirare maestri del cioccolato realizzare sculture con questa prelibatezza… e ovviamente fare tante degustazioni.

Insomma, se non assaggi niente, il festival non esiste.

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La CANESTRA del Caravaggio all’Ambrosiana è considerato il punto di nascita della pittura moderna

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Il suo nome antico era Fiscella. Fu dipinto nel 1599 dal Caravaggio ed è stato donato dal cardinale Federico Borromeo alla Pinacoteca Ambrosiana che lui stesso fece edificare.

Il cardinale, che aveva conosciuto personalmente il Caravaggio, era molto legato a questa opera, affermando che “nessuna opera raggiungeva la bellezza di questa e la sua incomparabile eccellenza”. 

La Canestra viene considerata il punto di origine della pittura moderna per l’eliminazione della distinzione rinascimentale che vedeva agli opposti margini l’elevatezza della natura umana e l'”inferior natura” che veniva dipinta per svago.

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Un Giappo-Pugliese a Milano: il Ristorante Xiongdi

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ristorante xiongdi

Nella moltitudine di proposte culinarie che offre il palinsesto Milanese, da oggi nasce una nuova realtà, la cucina Giappo/Pugliese del Ristorante Xiongdi.

Una cucina nata dall’idea dei bravissimi ed estrosi Chef del ristorante che volevano offrire ai propri commensali un’esperienza culinaria nuova ed unica nel suo genere. Il risultato, nuovo ed eccezionale, nasce partendo dall’utilizzo di materie prime di altissimo livello in arrivo quotidianamente da produttori locali Pugliesi.  Una cucina che è pure un’arte rendendo unica l’unione tra la tradizione e l’innovazione.

Le materie prime Pugliesi si sposano con i gusti classici e tradizionali della cucina nipponica Giapponese. Ne nasce così un sushi gustoso e prelibato, tutto da scoprire.

Il ristorante Xiongdi si trova in Via Schiapparelli, 21. All’angolo della famosissima Via Melchiorre Gioia, non lontano dalla metropolitana Sondrio e comodamente raggiungibile in automobile.

Formula All You Can Eat Giappo/Pugliese

Per gustare e assaporare al meglio la nuovissima Cucina Giappo/Pugliese, il ristorante Xiongdi propone la ormai collaudata e apprezzatissima formula All You Can Eat. Letteralmente vuol dire “mangia tutto quello che vuoi, finchè vuoi a prezzo fisso”, unica regola è non creare sprechi.

Potrete degustare appieno la cucina proposta dal ristorante. La formula include la classica cucina Giapponese e Cinese ma anche gli speciali piatti Giappo/Pugliesi. Potrete assaporare appieno la nuova e prelibata cucina.

Gli innovativi piatti proposti della cucina Giappo/Pugliese sono davvero numerosi e tutti diversi tra loro, specialmente Uramaki completamente reinventati in modo inusuale ed originale.

Da non perdere i Fratelli Roll, resi unici dalla seppia fritta accompagnata da avocado, salsa piccante e tobiko il tutto avvolto in branzino di alta qualità. I Ninjia Roll, con capesante, tobiko, tabasco, avocado e germogli di bambù. Il Lombster Roll con astice, maionese, avocado e tobiko. Il Beff Roll, particolare perché unisce il sapore semplice del vitello alla piastra con in il salmone affumicato. E ancora per esempio i Pink Roll, Il Chicken Roll e il romantico Roll. Ma questi sono solo alcune delle tante novità tutte da scoprire e da gustare.

Ambiente caldo e conviviale

Al Ristorante Xiondgi potrete gustare le tante bontà in un’ambiente che seppur semplice si presenta elegante e raffinato.

Un Locale curato in ogni suo dettaglio, dove ogni commensale è protagonista della serata. Infatti anche se la location si presenta con ampi spazi, grazie alle due sale separate solo da alcuni gradini, vengono ospitati solo un numero limitato di clienti, per garantire il miglior servizio. Per questo motivo è sempre consigliata la prenotazione del proprio tavolo.

I toni chiari del beige si sposano con il calore del wenghè, alternandosi armoniosamente e creando contrasti eleganti e delicati.

L’ambiente semplice è impreziosito dai piccoli particolari, come le tovaglie rosso rubino, i colorati lampadari  e i quadri, che regalano un’aria raffinata e sofisticata.

Per qualsiasi dubbio o domanda basta contattare lo staff del Ristorante Xiongdi di Milano, sia online sia telefonicamente, 24H su 24H (call center informazioni & prenotazioni: +390284571125).

 

REDAZIONE

 

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L’amicizia profonda su grande schermo: Ti porto io

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Quando un’amicizia è forte, nulla può fermarla.

Quando un’amicizia è forte, supera qualsiasi ostacolo, che sia esso materiale, mentale o emotivo.

Quando un’amicizia è forte, profonda e sincera, è pronta a mettersi in gioco in qualsiasi situazione e a non mollare mai.

Quella che sto per raccontarti, infatti, è la storia di un’amicizia di questo tipo, che niente e nessuno ha potuto rompere o fermare.

Questa storia è altro un ritratto intimo di una coppia di amici e un viaggio epico che esplora il vero significato dell’amicizia e il potere della comunità.

Tutto ha inizio quando Patrick accetta una proposta fuori dal comune… e al contempo estremamente folle, ma straripante di affetto: portare il suo migliore amico, Justin, costretto a vivere su una sedia a rotelle per tutti gli 800 chilometri del Cammino di Santiago.

Il celebre sentiero non è facile: è arduo, tortuoso, mette alla prova tutti i pellegrini che decidono di intraprendere questo viaggio alla scoperta di sè stessi e della propria fede.

Patrick non teme nulla e ha davanti a se un solo obiettivo: finire la strada sterrata assieme al suo migliore amico.

Se sei curioso di conoscere meglio la storia di “Ti porto io“, potrai vederlo questo mercoledì alle 21.15 al Cinema Oberdan. Il biglietto costa solo 7.50 e direi che per una storia del genere ne vale la pena, non credi?

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Milano deve pensare da ASTRONAVE, correre da locomotiva

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Perché gli studenti di grandi città africane come Nairobi o Lagos sono costretti a studiare sotto i lampioni dell’aeroporto, perché non hanno elettricità nelle loro case, ma hanno un telefono cellulare in tasca? Perché questi ragazzi hanno in tasca l’ultima tecnologia disponibile e non possono godere di una tecnologia che ha un paio di secoli?

È stato l’economista Paul Romer a porsi questa domanda, in un Ted Talk molto popolare di qualche anno fa. E la risposta che si è dato è che è colpa delle regole. In Kenya la compagnia elettrica deve vendere elettricità a un prezzo molto basso, per legge, e perde soldi per ogni utente che collega. Così, progressivamente, ha smesso di collegare le case alla rete elettrica. Il governo ha cercato di cambiare regole, ma non ci è riuscito, perché nessuno di quelli che hanno già l’elettricità vuole rinunciare alle sue tariffe basse. Al mondo, dice Romer, ci sono buone regole e cattive regole, e cambiare quelle cattive è molto difficile.

Al mondo ci sono buone regole e cattive regole, e cambiare quelle cattive è molto difficile.

È un esempio, questo, che possiamo traslare facilmente in Italia. Alle nostre pensioni, alla nostra legislazione sul lavoro, al nostro sistema giudiziario, al nostro sistema fiscale. Ognuno dei quali, a suo modo, dominato da regole che non possiamo cambiare perché chi ne beneficia si opporrebbe.

Più facile, semmai, è crearne di nuove, da zero. Ci è riuscita Singapore, ad esempio. O Hong Kong. Due città, con regole diverse da tutto ciò che le circonda. Paul Romer le chiama charter city, città extraterritoriali, non sottoposte alle leggi di quel Paese ma a tavole di regole sottoscritte e rispettate da chi ci va ad abitare. Grazie a queste regole, queste città sono riuscite non solo a diventare metropoli globali, ma anche ad innestare un processo di crescita e di modernizzazione di tutto ciò che le circonda. La Cina, oggi, è la seconda economia al mondo – nel 2050 sarà la prima – e ha progressivamente mutuato molte delle regole di Hong Kong. L’Indonesia è oggi la sedicesima economia al mondo, nel 2050 sarà la quarta.

Oggi nel mondo ci sono undici città con più di dieci milioni di abitanti, trentaquattro con più di cinque milioni. La metropolizzazione dell’umanità è un fatto storico ineludibile. E la competizione tra le metropoli è allo stesso modo una variabile chiave nel definire quale pezzo di mondo avrà la meglio sugli altri.

Edward Glaeser nel suo saggio chiamato “Il trionfo delle città” ha scritto che oggi sono i grandi centri urbani «esaltano le forze dell’umanità». Che moltiplicano le interazioni tra idee geniali, che attraggono i talenti e i capitali, che sono l’unico luogo in cui si può elevare il proprio status sociale. Al punto che c’è chi pensa che dovrebbero essere gli Stati stessi a farsi carico di costruire delle charter city sul loro territorio, offrendo la possibilità di costruire da zero le loro regole, a misura di chi le vuole abitare o di chi ci vuole investire. Per poi diffonderle altrove, per osmosi.

In Italia, qui e ora, l’unica città in cui può tutto questo può accadere è Milano. Una città in cui la ricchezza pro capite è il doppio della media nazionale, le multinazionali circa 3000 per 300mila dipendenti, un terzo di tutte quelle presenti in Italia, la disoccupazione giovanile è al 22 per cento contro la media nazionale del 35, le transazioni immobiliari crescono del 20 per cento ogni anno, dal 2010 al 2015 sono arrivati 7,3 milioni di turisti, con una crescita superiore a quella di Parigi e Londra.

Con le medesime regole del resto del Paese – ha ragione un osservatore acuto come Gianfranco Viesti – Milano può solo ”rubare“ quel che già c’è o quel poco che può arrivare nel resto dell’Italia. Spillover sì, insomma, ma nel senso opposto a quello che vorremmo. Il caso di Sky, che si trasferisce da Roma a Milano, è in questo senso emblematico. Ma faticherà sempre a vincere la competizione di Londra, o di Parigi, o di Berlino, città che hanno regole molto più efficienti delle nostre, in cui si fa un impresa in un giorno, in cui un processo dura molto meno di cinque anni, in cui gli adempimenti si riducono, anziché moltiplicarsi.

Con le medesime regole del resto del Paese Milano può solo ”rubare“ quel che già c’è o quel poco che può arrivare nel resto dell’Italia.

Ecco perché Milano deve diventare la nostra charter city. Una città in grado di giocare un campionato diverso da quello delle altre città italiane, da rifuggire la competizione con le medesime. Sperimentando, al contrario -, da vera e propria avanguardia culturale, prima ancora che economica – regole nuove e nuove pratiche in grado di diffondersi nel resto del Paese. Alcune funzioneranno, altre meno. Alcune si adatteranno naturalmente, per osmosi, al resto del Paese, altre no. Ma solo così – lasciandola libera – potremo fare di Milano un traino per tutto il resto. Solo da astronave potremo davvero essere locomotiva.

FRANCESCO CANCELLATO
Direttore de linkiesta.it

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Il Giappone arriva a Milano, con il Japan Festival

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Gli europei hanno sempre provato un intenso fascino per il mondo orientale e ultimamente  questo sentimento di ammirazione si è focalizzato soprattutto per il Giappone.

Molti aspetti del Giappone sono interessanti: la sua caratteristica mitologia è ricca di aneddoti, leggende e creature di ogni tipo, che incarnano anche il più piccolo e insignificante aspetto della quotidianità; i costumi tradizionali sono famosi in tutto il mondo, andando dalla tipica veste della geisha fino all’armatura del samurai; per non parlare dei suoi meravigliosi paesaggi, tra i quali spiccano il Monte Fuji e le foreste di alberi di ciliegio che in primavera ricoprono di tinte rosacee tutto il panorama.

Arrivando ai giorni nostri, il Giappone ha acquisito la fama di paese ipertecnologico, molto legato al settore videoludico e dell’intrattenimento televisivo e non, e vogliamo parlare della sua cultura gastronomica, ormai celebre anche nel più piccolo paese europeo?

In occidente, non è raro trovare appassionati di yoga, arti marziali e religioni come il Buddismo, di cucina e di arti figurative e multimediali, come le stampe, i manga e gli anime. Insomma, il Giappone è, ormai, parte anche della nostra quotidianità, che ce ne si renda conto o meno.

Se anche tu hai subito il fascino di questo paese d’Oriente e hai voglia di approfondire ancora di più la tua conoscenza a riguardo, allora non puoi assolutamente perderti il Japan Festival, una manifestazione interamente dedicata al Giappone che si terrà ancora per questo lunedì alla Fabbrica del Vapore.

Potrai lasciarti affascinare dai costumi indossati da ballerine, attori e figuranti, conoscere diversi aspetti della quotidianità giapponese – come lo sport, la tecnologia e molto altro -, e, naturalmente, gustare deliziose pietanze tipiche dei territori orientali.

Per accedere al Festival, ricordati che l’ingresso libero, ma solo previa iscrizione gratuita al sito ufficiale. Una volta che ti sarai iscritto, quando giungerai al primo ingresso potrai acquistare i sakecoin – unica forma di pagamento accettata al Japan Festival – per un valore di 10€, che potrai spendere per consumazioni, prodotti o corsi nell’arco della giornata.

Spettacoli, stand e molto altro ti aspettano questo weekend, per farti fare un viaggio flash dove sorge il sole.

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Se l’Italia uscisse dall’Euro, Milano cosa dovrebbe fare secondo voi? [VOTA]

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italexit

Ne parliamo ormai da giorni di questo numero divenuto così famoso: il 2.4% del rapporto deficit/PIL.

Da quando il Governo lo ha annunciato i mercati sono in tensione e l’occhio va sempre allo spread.
Non vogliamo qui entrare nel merito di questa scelta. I giornali ne sono pieni e ognuno può farsi la sua idea. Milano Città Stato stavolta vuole lanciare una provocazione o, se volete, un sondaggio.
 
Se questa situazione di tensione finanziaria dovesse portare il paese addirittura fuori dall’Euro (e di conseguenza fuori dal mercato unico, come prevedono i Trattati) Milano cosa dovrebbe fare? Dovrebbe provare a rimanere dentro? E in che modo? Con quale “strappo istituzionale”?
 
La Scozia, ad esempio, all’indomani del referendum sulla Brexit, ha dichiarato di voler rimanere nell’UE e non seguire il destino di Londra. Un bel rebus. Cosa dovrebbe fare invece Milano in un caso simile?
 
A voi l’ardua sentenza.
 

 

1) Se l’Italia uscisse dall’Euro, per Milano:

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2) Se l’Italia uscisse dall’Euro, Milano cosa dovrebbe fare?

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ROBERTO ADRIANI
 
 

 

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Hop Hop Street Food a Sesto San Giovanni

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Mi son resa conto proprio in questo momento che l’autunno si sta impegnando a suggerirci una semplice parola inglese composta da due particelle: street food.

Eh sì: dopo un periodo di dieta ferrea, arrivano finalmente quei magnifici mesi dell’anno in cui ci si può abbuffare come mai in vita propria, senza dover temere una tutte quelle prove legata al fisico perfetto… tanto, tra poco inizierà la parate delle feste, quindi tanto vale giocare d’anticipo.

Ed è qui che entrano in gioco tutte le varie fiere dedicate allo street food, alla birra e a qualsivoglia alimento che riesca a rendere migliore le tue giornate anche solo con i suoi profumi.

Uno dei più famosi e incombenti festival di questo tipo è l’Hop Hop Street Food di Sesto San Giovanni, la manifestazione a ingresso gratuito che da questo venerdì alle 11 fino a domenica saprà deliziare gli abitanti del paese a nord di Milano.

Per tre giorni, la seconda edizione di questa manifestazione dedicata allo street food riempirà di profumi, sapori e colori Piazza Abramo Oldrini e, cosa fondamentale, anche il tuo stomaco.

Quello che troverai saranno pietanze gustose, fresche, genuine e al giusto prezzo (assieme alle solite stuzzicherie ciccione da “mi sento subito in colpa” o “se non penso alle calorie non esistono“), accompagnate da ottime birre artigianali locali dei più rappresentativi produttori Italiani, vini naturali e biologici e cocktail da sogno, senza dimenticare le freschissime centrifughe di frutta e verdura che potrai provare.

Tantissimi sapori e profumi per delle giornate all’insegna del buon cibo e della buona compagnia, per passare un weekend col sorriso stampato sul viso e, naturalmente, la pancia piena.

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INDOVINA DOVE – 4° Puntata

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andrea cherchi quarto

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andrea cherchi quarto
Copyright Semplicemente Milano/Andrea Cherchi

 

Dov’è stata scattata questa foto? E cosa rappresenta?

Giovedì 4 ottobre 2019 – SOLUZIONE

Il T-Rex

Appeso a un traliccio tra via Crespi e via Bovio.

 

ANDREA CHERCHI

 

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Nerd e Games Week, la coppia che scoppia

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Cosa caratterizza il “nerd tipo”? Fumetti, cartoni… e, ovviamente, i videogiochi.

Storicamente, i nerd sono gli sfigati, coloro che si rinchiudono in una stanza e stanno al pc fino alla mattina dopo, fino al giorno in cui diventano definitivamente orbi.

Col passare del tempo, i nerd sono diventati una moda… ma non hanno nulla a che fare con quelle persone che hanno passato l’adolescenza a essere etichettati come “strani” solo perchè parlavano di quanto fosse meravigliosa la loro realtà virtuale vissuta al pc.

Principalmente, i nerd nutrono un amore smisurato per i giochi, qualsiasi tipo: che si tratti di giochi da tavolo, giochi di ruolo, giochi di carte… ma anche e soprattutto per i videogiochi, che siano online o per qualsiasi piattaforma. Va bene tutto.

Poi, ovviamente, il prototipo di nerd nutre anche un notevole interesse per un certo tipo di cinematografia (vedi Star Wars, Il Signore degli Anelli, i film della Marvel e della DC e così via), per i fumetti, il cinema d’animazione e simili.

Senza dimenticare che un nerd che si rispetti ha provato almeno una volta nella vita l’esperienza del Cosplay, perchè il modo migliore per provare anche solo alla lontana la sensazione di essere uno dei propri eroi immaginari è quello di vestirsi, pettinarsi e truccarsi come loro.

I nerd hanno tantissimi ritrovi, durante l’anno, ma il principale è naturalmente quello legato al settore videoludico… e, se anche tu sei un appassionato del genere, so io dove potrai sfogare i tuoi istinti da gamer.

Sto parlando della Games Week, la più importante manifestazione italiana dedicata al mondo dei videogiochi, che quest’anno giunge fieramente alla sua ottava edizione e si sposta a Rho Fiera da questo venerdì alle 9 fino a domenica.

Potrai vedere in anteprima le uscite del 2019, provare le demo dei nuovi videogames presto in commercio e, naturalmente, assistere a conferenze e concerti con ospiti d’eccezione… e tutto questo alla modica cifra di 13 euro. Direi che si può fare, no?

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Dalle 5 giornate alle Olimpiadi: psicopatologia del RANCORE di Torino contro Milano

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L’immagine simbolo della querelle delle Olimpiadi è quella postata dal sindaco di Torino. A una Torino dal cielo azzurro circondata dalle montagne contrappone una Milano offuscata dallo smog. Un’immagine falsa perchè punta a sud dove invece delle montagne si estende la pianura. Accecata dalla frustrazione, la Appendino ha violato anche le regole immortali del Comitato Olimpico che vietano a una città che si vuole candidare di denigrare un’altra. Ma il CIO non sa che il risentimento di Torino verso Milano ha radici profonde.

Il tradimento delle 5 giornate

Fu l’unica vera rivoluzione popolare della storia d’Italia. Dal 18 al 23 marzo del 1848 ci vollero solo cinque giorni ai milanesi per buttare fuori dalla città gli austriaci che da secoli dominavano il nord Italia. Per il colpo di grazia i milanesi chiesero l’aiuto del Piemonte, unico stato indipendente. In fondo bastava poco per annientare gli austriaci costretti alla ritirata. Ma i piemontesi, per motivi ancora misteriosi, se la presero comoda e lasciarono fuggire agli austriaci che poterono recuperare le forze nel quadrilatero.

L’amore è cieco e, malgrado lo scherzetto piemontese, la maggioranza dei milanesi votarono l’annessione al Regno di Sardegna. Una decisione che non entusiasmò il re: inviò poche truppe e dopo una controversa sconfitta con gli austriaci, il 4 agosto decise di porre fine alla guerra, scatenando l’ira dei milanesi che si ammassarono attorno alla sua residenza. Cristina Belgioioso, la pasionaria dei moti di Milano, così descrisse quei momenti concitati: «Una deputazione della guardia nazionale salì ad interrogare Carlo Alberto sul motivo della capitolazione. Egli negò, ma fu costretto a seguire, suo malgrado, quei deputati al balcone da dove arringò al popolo, scusandosi della sua ignoranza dei veri sentimenti dei Milanesi; e compiacendosi di vederli così pronti alla difesa, promise solennemente di battersi alla loro testa sino all’ultimo sangue».
Fino al’ultimo sangue? Rinforzando la diceria che vuole i torinesi falsi ma cortesi, quella stessa sera il re lasciò la città scortato dai bersaglieri e, l’indomani, il 5 agosto, firmò la resa, aprendo agli austriaci le porte di Milano.

Quando nel 1859 le truppe austriache lasciarono la città, questa volta definitivamente, Napoleone III e Vittorio Emanuele II vennero acclamati trionfanti all’Arco della Pace, senza che però ci fosse il grande protagonista delle cinque giornate di dieci anni prima, Carlo Cattaneo. Esiliato a Lugano conservò un atteggiamento fortemente critico verso i piemontesi, da lui considerati peggiori degli austriaci. Non aveva ancora perdonato il tradimento di Carlo Alberto che dopo le cinque giornate aveva restituito Milano all’Austria.
Eletto deputato nel Regno d’Italia nel 1860 Cattaneo si rifiutò di andare in Parlamento per non giurare fedeltà al re sabaudo.

Il federalismo rinnegato

Per Cattaneo prima di fare l’Italia bisognava fare gli italiani e come modello di stato riteneva più giusto realizzarne uno federale sul tipo della Svizzera. Il grande patriota milanese aveva tutte le ragioni: tutti gli stati che presentano al loro interno delle grandi diversità territoriali, come la Svizzera, la Germania o la Russia, scelgono una struttura federale. Questo per consentire a comunità con esigenze diverse di scegliere una modalità amministrativa adeguata ai loro specifici interessi.

L’Italia era ed è ancora caratterizzata da una profonda diversità territoriale e un assetto federale sarebbe stato la sua naturale conseguenza. Invece la classe dirigente del Piemonte fece una mossa ardita, optando per un centralismo che metteva nelle mani di Roma le redini su tutto il territorio italiano. La ragione ufficiale era di migliorare le condizioni del sud Italia ma era soprattutto figlia della cultura dello stato sabaudo che risentiva fortemente delle influenze francesi. Per questo si ricalcò un architettura fortemente centralista che poteva avere un senso nella Francia resa uniforme da secoli di unità e dalle riforme napoleoniche, ma si è rivelata molto dannosa in un paese eterogeneo con l’Italia. Con il risultato di aver imbrigliato le aree più sviluppate senza consentire neppure un adeguato sviluppo al meridione.

Dall’Alfa Romeo alle Olimpiadi

Torino si è sempre mostrata ingenerosa con Milano. Si possono citare diversi esempi: uno di quelli che amareggia di più i milanesi è la perdita della grande tradizione automobilistica. Le automobili che vinsero i primi campionati mondiali di Formula 1 erano fabbricate nella zona dell’ex fiera, al Portello. Si trattava dell’Alfa Romeo, marchio ammirato e celebrato in tutto il mondo. Con la crisi della gestione dello Stato, si decise a mettere in vendita l’Alfa Romeo. Erano interessati americani e tedeschi, ma per ragioni politiche fu scelta la Fiat che, dopo l’acquisto, procedette alla chiusura di tutti gli stabilimenti della zona di Milano, mantenendo solo il marchio. Un’azione sciagurata per la storia dell’automobile che va contro le strategie normalmente utilizzate: quando si acquista una casa automobilistica di solito si mantengono i suoi stabilimenti, proprio per valorizzare il contributo dell’identità territoriale al marchio, come è il caso del gruppo VW con Lamborghini, Seat o Ducati.

Così, attraverso gli anni sono proseguite le ripicche torinesi contro Milano, fino ad arrivare alla manfrina della candidatura olimpica: Torino che non accetta la candidatura di Milano, Torino che rifiuta di avere Milano come capofila, Torino che si ritira per affossare la candidatura a tre, Torino che vieta al governo di sostenere economicamente Milano e Cortina, infine Torino che attacca la candidatura autofinanziata di Milano – con annessa foto denigratoria.
Ma quale può essere la ragione di questo risentimento?

Milano è ciò che Torino dovrebbe essere

Secondo gli psicologi si tende a odiare nell’altro la parte di noi che dovremmo sviluppare. Questo spiega l’invidia rivolta verso chi ha successo, perchè incarna la frustrazione di chi non è stato in grado di sviluppare quelle stesse capacità che lo hanno condotto alla riuscita. Questo potrebbe essere il caso di Torino: una città che dovrebbe essere rivolta all’Europa eppure rimane sempre periferica. Negli aeroporti milanesi atterranno ogni anno più di 40 milioni di persone, a Torino Caselle sono 4,4 milioni. Milano è capitale morale ed economica, Torino arranca rivendicando primati di ripiego. Milano è metropoli internazionale, Torino è una città provinciale, ancora divisa tra chi vive in collina e chi in pianura. Una città divisa, classista che guarda gli altri con diffidenza. Una città che come chi è in frustrazione esprime ostilità proprio contro chi potrebbe essere uno stimolo alla sua crescita, se presa a riferimento con umiltà. 

ANDREA ZOPPOLATO

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Carlo Carrà in mostra a Palazzo Reale

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Chi è appassionato di arte contemporanea non può non conoscere Carlo Carrà.

Da appassionata de genere, devo ammettere che il Futurismo è una corrente artistica che non mi piace tantissimo, per svariati motivi… ma quando si parla di Carlo Carrà è tutto un altro paio di maniche.

Carrà non era solo un futurista: era un vulcano di creatività e idee in eruzione.

E’ vero, è stato uno dei più rappresentativi esponenti del Futurismo italiano, ma è anche vero che la sua arte ha attraversato diverse fasi, tra le quali – personalmente – preferisco quella Metafisica, molto simile a quella di De Chirico.

Le sue opere sono davvero moltissime e si possono raggruppare in altrettanto numerosi “filoni rappresentativi: dai “valori aplastici” ai paesaggi, alle nature morte – che attestano il suo ritorno alla realtà avvenuto attorno agli anni Venti -, alle grandi composizioni di figura risalenti agli anni Trenta.

Insomma, per dirla in modo moderno, Carlo Carrà è solo il nome di una cartella di documenti al quale interno possono essere aperti file di tutti i tipi e dimensioni.

Se sei curioso di conoscere qualcosa in più sull’arte di questo maestro italiano, sarai felice di sapere che il Palazzo Reale ospiterà fino al 3 febbraio 2019 “Carlo Carrà, mostra antologica, che raccoglierà circa centotrenta opere del grande artista, concesse in prestito dalle più importanti collezioni italiane e internazionali, pubbliche e private.

L’ingresso costa 12 euro, ma per un amante dell’arte contemporanea non sono nulla, se la posta è ammirare da vicino i capolavori di un artista del calibro di Carrà.

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I PIATTI italiani più amati dai milanesi

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cucina italiana

Siamo milanesi, ma non siamo solo polpette e risotto. Abbiamo una mente e un palato aperti ai sapori della penisola, insomma, a modo nostro, siamo “Fratelli d’Italia”.

 

#1 LA PIZZA

La pizza sembra essere il simbolo della convivialità, ma in realtà crea più tensioni lei del derby del cuore Milan–Inter. Alta, bassa, col cornicione ripieno, al trancio, forno a legna o elettrico. La Margherita è dei puristi, quelli che approdano sempre in questo porto sicuro fatto di pomodoro, mozzarella e basilico. Poi ci sono gli avventurieri del gusto, spericolati sperimentatori pronti agli assaggi più audaci composti di farciture a base di frutta esotica o wurstel e crauti. Chissà cosa pensano di queste ultime nel Rione Sanità?

 

#2 LE LASAGNE

cucina italiana

Rassicuranti come la tranquilla Bologna che le ha create, sono il piatto della domenica per antonomasia. Le lasagne classiche sono la mamma. Anime in carriera, schiavi degli indici di borsa, tutti in versione 2.0, ma le lasagne non si toccano anche se con un contenuto calorico numericamente più alto del debito pubblico di qualche stato africano.

 

#3 LA PASTA ALLA CARBONARA

cucina italianaPasta lunga o corta che sia, la carbonara è sinonimo di Roma ma, i bene informati, dicono che la ricetta è stata rubacchiata all’Abruzzo dove si preparava una sua stretta parente detta “cacio e ova”. Molto amata dai milanesi, resta la ricetta più maltrattata a casa. Il guanciale istituzionale viene sostituito dalla pancetta e la presenza della panna e del prezzemolo sono una imperdonabile variante sul tema.

 

#4 LA POLENTA

cucina italianaQuesto è il piatto che catapulta il milanese in un mondo contadino e montano. Associata a un osso buco lo tiene con un piede in due scarpe: da una parte il bucolico, dall’altra la tradizione meneghina. Degustata in una baita alpina con vista sulle vette, lo porta a chiedersi che gusto avrebbe se oltre i vetri ci fosse lo skyline di Porta Nuova.

 

#5 LA FIORENTINA

cucina italianaPer i milanesi vegetariani è l’anticristo, per i carnivori una tentazione biblica, la mela di Adamo ed Eva, dove il serpente è un toscano con la sua “bistecca” di chianina da oltre un chilo.

 

#6 IL FRITTO MISTO

cucina italianaFritto è buono tutto, ma il milanese non si accontenta facilmente e un fritto misto lo trasporta a suo piacimento e idealmente su una qualsiasi delle coste della penisola dove, l’estate scorsa, ha mangiato il fritto perfetto pagandolo due lire. Peccato che in Lombardia il pesce fresco e buono costi come la rata finale di un’auto di lusso.

 

#7 LA PARMIGIANA

cucina italianaSapore di Sud misto a sensi di colpa. Non ci sono attenuanti per chi affonda la forchetta in una porzione di parmigiana: melanzane fritte, sugo di pomodoro, formaggio come se non ci fosse un domani. All’ultimo boccone il milanese è più pentito di un terrorista degli anni di piombo ma, ricordando Oscar Wilde, si giustificherà dicendo “resisto a tutto tranne che alle tentazioni”.

 

#8 IL VITELLO TONNATO

cucina italianaE’ il piatto piemontese per eccellenza e il milanese si sente un po’ nobilitato nell’ordinare qualcosa creato per la Casa Sabauda. Se l’originale, quello della tradizione antica, prevedeva una cottura arrosto prima in padella e poi nel forno, guarnito con una preparazione di tonno senza maionese, il milanese si accontenta anche della short version: un bollito affogato in una salsa tonnata già pronta che ammicca dallo scaffale dell’Esselunga.

 

#9 LO STRUDEL

cucina italianaDavanti a lui il milanese enuncia, boccone dopo boccone, sciate nelle località più glamour dell’Alto Adige, prodezze e gesti atletici degni dei componenti della leggendaria Valanga Azzurra (tanto nessuno degli astanti è mai stato sulla neve con lui). Ma il milanese è anche permaloso e chissà se continuerà ad apprezzare questo dolce dopo che la regione ha annunciato il divieto di acquistare case nel suo territorio ai non residenti?

 

#10 IL TIRAMISU’

cucina italianaLast but not least il dolce di origine veneta ma sui menù di tutta Italia. Non c’è famiglia che non giuri di avere la ricetta perfetta e la realizzazione impeccabile. A Treviso, patria del Tiramisù, avrebbero da dissentire, ma almeno possono vantarsi di aver colonizzato il Paese a suon di savoiardi e mascarpone.

In conclusione aveva ragione Alda Merini con la sua celebre citazione: la frase d’amore più bella non è “ti amo” ma “hai mangiato?”.

 

PAOLA DRERA

 

A quale tra questi piatti non riuscireste MAI a rinunciare?

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Gli Eventi Aziendali a Milano

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eventi aziendali milano

Molteplici sono i locali e le strutture che il palinsesto Milanese offre. Ma come essere sicuri di scegliere la location giusta per organizzare il proprio evento ideale? Come scegliere i servizi giusti per offrire ai propri clienti un evento unico e indimenticabile?

Da oggi potete consultare in tutta fiducia il sito leader dedicato agli eventi aziendali: Eventi Aziendali.

Il sito è nato dalla sinergia di professionisti del settore che vantano una lunga esperienza nel campo della comunicazione e dell’organizzazione degli eventi di ogni genere, da quelli privati a quelli aziendali.

Grazie al qualificato Staff potrete organizzare al meglio il vostro evento, partendo dalla progettazione fino ad arrivare alla realizzazione completa.

Sarete sicuri di organizzare eventi esclusivi su target di ogni livello, rendendo l’evento unico ed esclusivo.

Avrete a disposizione le migliori location della città, le più serie, affidabili e alla moda. Sarete sicuri di realizzare eventi unici, particolari e inimitabili.

Avvalendovi dell’aiuto del sito leader del settore degli eventi, potrete realizzare feste di ogni natura; convention, cene aziendali, congressi, conferenze stampa, lancio di nuovi prodotti, concerti, eventi sportivi, culturali e d’intrattenimento.

Nell’ambito privato, il qualificato staff del portale è a vostra disposizione per la realizzazione di feste private come; cerimonie, serate a tema e pubbliche realizzazioni, feste di compleanno, feste di laurea, addio al celibato o al nubilato.

L’obbiettivo principale del portale è di rendere ogni evento unico, inimitabile e irriproducibile da qualsiasi altra società.

Il sito leader dedicato agli eventi aziendali è suddiviso per categorie, troverete una lista completa di servizi per ogni settore. Per ogni locale o servizio è dedicata un’intera pagina con la descrizione, le fotografie, gli orari e gli eventuali menù.

Potrete organizzare al meglio ogni evento direttamente on line, in tutta comodità e sicurezza.

I migliori Ristoranti di Milano

Nella categoria dedicata alle Cene, troverete una lunga lista dei migliori ristoranti di Milano e hinterland.

Avrete la sicurezza di scegliere una soluzione alla moda ma anche seria e professionale, dove vengono garantite sia la massima qualità di ogni menù che la professionalità nell’organizzazione del servizio.

Offrirete ai vostri cliente un evento esclusivo e raffinato, dove ogni dettaglio è curato nei particolari.

Le location più esclusive

Nella categoria invece dedicata agli Eventi, potrete scegliere tra tante location trendy ed esclusive del palinsesto milanese e dell’hinterland.

Molteplici sono le proposte tra cui scegliere; locali con immensi spazi oppure più semplici e intimi. In ogni caso sarete sicuri di realizzare un evento unico e indimenticabile.

Per qualsiasi dubbio o domanda basta contattare lo staff di Eventi Aziendali, sia online sia telefonicamente, 24H su 24H (call center informazioni & prenotazioni: +390284571125).

 

REDAZIONE

 

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Filosofia della musica: aperitivo letterario

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La musica? Fondamentale per la nostra quotidianità.

Pensaci: ovunque andiamo, qualunque film vediamo, a qualsiasi cosa pensiamo, alla fine ci ritroviamo a sentire, percepire o ricordare delle melodie.

Quest’arte è legata a sentimenti, emozioni ed esperienze vissute, a gioie, dolori e persone care.

In più, è innegabile che faccia parte della nostra storia e della nostra letteratura.

L’Italia e la musica sono sempre andate a braccetto, partendo dalle filastrocche medievali fino alla musica sacra che tutt’ora si sente durante le liturgie.

Insomma, si potrebbe parlare ore e ore della musica e della sua filosofia… perchè, ebbene sì, esiste anche la filosofia della musica.

Una disciplina del tutto umanistica e decisamente affascinante che esiste da secoli e secoli… e della quale potrai parlare e discutere questa sera alla Corte dei Miracoli, grazie all’aperitivo letterario che avrà proprio questo argomento come tema.

Quello di questo martedì alle 18.30 sarà solo uno del ciclo di incontri dedicato alla riflessione filosofica sui temi della musica e dell’espressività, che permetterà di riflettere sulla composizione, sulla letteratura musicale e sulla sua storia.

Insomma, ti sentirai un vero esperto, soprattutto se sei appassionato.

Tutti gli incontri sono con ingresso a 5 euro (per i tesserati) con aperitivo, un ottimo aperitivo, aggiungerei.

Beh, per il primo martedì di ottobre non si tratta di una brutta idea, no?

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VENDIAMO queste quattro REGIONI e saremo ricchi e felici

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corsica
corsica

15 maggio 1768. A Versailles la Repubblica di Genova firma un trattato per cui si impegna a offrire alla Francia la Corsica come garanzia per i debiti contratti (2 milioni di lire). Genova, ormai in bancarotta, non riuscì a ripagare i suoi debiti e perdette l’isola che divenne francese. Fatto curioso è che i debiti Genova li aveva contratti proprio per fare sedare dalle truppe francesi una rivolta dei corsi.
Con questa mossa Genova risolse due problemi: il dissesto finanziario e la gestione di un popolo che portava grane.

corsica
corsica

Pensavo a questo fatto, lo scorso fine settimana, mentre costeggiavo la Corsica ascoltando le drammatiche notizie che giungevano dal’Italia. Da decenni siamo un Paese che ha perduto la sua sovranità a causa di un debito pubblico colossale. Un debito che aumenta ogni anno nonostante un avanzo primario per via di interessi che ci costano tra i 40 e i 70 miliardi, a seconda dei tassi di mercato. Guardando le magnifiche rocce rosse della Corsica occidentale mi chiedevo che senso ha trascorrere la nostra vita sotto ricatti e in libertà limitata, cedendo ai creditori risorse che potrebbero essere utilizzate in servizi migliori o in investimenti per il Paese.
Per evitare di proseguire in un declino che ci impoverisce sempre più forse si potrebbe azzardare una mossa ardita, prendendo spunto da Genova, città che ha dato origine alla prima banca e che ha insegnato che l’economia è fondamentale, più importante perfino di una parte del territorio.

VENDIAMO queste quattro REGIONI e saremo ricchi e felici

#1 La Sicilia agli americani

Se ne parla dai tempi della seconda guerra mondiale. In Sicilia e al di là del’oceano in molti speravano che la Sicilia venisse annessa agli Stati Uniti. Dove ha fallito la mafia ci potrebbe riuscire lo Stato italiano rendendo la Sicilia il 51esimo stato americano.
Sarebbe un guadagno per tutti. Per gli Stati Uniti che potrebbero gestire una nuova terra nel cuore del Mediterraneo, favorendo il ricongiungimento di famiglie che hanno fatto la storia dell’America, nel bene o nel male. I siciliani potrebbero guadagnarsi un nuovo passaporto e avere più possibilità per emigrare oppure di rimanere in un luogo meglio amministrato.
Ma soprattutto sarebbe un guadagno per l’Italia, per i soldi della cessione e perchè così si libererebbe di un fardello di debiti e di assistiti.
Valore vendita Sicilia: valore reddituale (10xPIL= 830 miliardi) + valore patrimoniale (700 miliardi, Rif: 7 siti Unesco patrimonio dell’umanità + patrimonio artistico e immobiliare)= prezzo di cessione 1.530 miliardi (pari al 65% del debito pubblico italiano)

#2 La Calabria ai russi

L’asta per la Calabria non avrebbe storia, con la superofferta della Russia che così consoliderebbe il dominio mondiale della mafia. Ndrangheta e mafia russa creerebbero in Calabria l’eden della selezione naturale.
Valore vendita Calabria: valore reddituale (10xPIL: 320 miliardi) + valore patrimoniale (150 miliardi):= prezzo di cessione 470 miliardi (20% del debito pubblico italiano)

#3 La Campania ai tedeschi

Fin dai tempi di Goethe esiste un legame magico tra Campania e Germania. Tutti i tedeschi in cuor loro sono convinti che se fossero loro a gestirla la Campania avrebbe un altro volto. Napoli senza rifiuti, Costiera Amalfitana immacolata, Capri senza resse, Ischia come la Baviera, Pompei rinata dalle ceneri: i tedeschi farebbero carte false per battere la concorrenza dei cinesi. Chissà se il rigore e l’ordine teutonico avranno la meglio sulla furbizia campana? Resta comunque un fatto: vendendo la Campania l’Italia potrebbe fare un botto di soldi.
Valore vendita Campania: valore reddituale (10xPIL= 1.000 miliardi) + valore patrimoniale (850 miliardi)= prezzo di cessione 1.850 miliardi (pari al 79% del debito pubblico)

#4 Il Lazio ai francesi

Al fund raising italiano non potranno mancare i francesi. Ci considerano loro terra di conquista, si sa, e la possibilità di avere finalmente il Papa nel loro territorio li spingerebbe a indebitarsi pur di acquistare le terre di Roma.
Il prezzo si potrebbe impennare per la concorrenza di altri paesi cattolici, anche se tutti piuttosto squattrinati, ma soprattutto per gli arabi che farebbero di tutto per annettersi il papato.
Valore vendita Lazio: valore reddituale (10xPIL= 1.800 miliardi) + valore patrimoniale (1.200 miliardi)= prezzo di cessione 3.000 miliardi (superiore al debito pubblico italiano)

#5 Il futuro dell’Italia

Ricapitolando: con la cessione di queste quattro regioni l’Italia azzererebbe il suo debito pubblico e avrebbe un avanzo di 4.500 miliardi, con una liquidità da fare impallidire i fondi sovrani norvegesi e di Dubai. Potrebbe investire il valore patrimoniale di quanto ricavato pagando, con i dividendi ottenuti, pensioni d’oro e reddito di cittadinanza e si libererebbe non solo dal debito ma dalle regioni più inefficienti che frenano la crescita del Paese.
Non solo. L’Italia si potrebbe rilanciare puntando sulle regioni più prospere e, in più, guadagnerebbe sul suo territorio fisico delle regioni meglio amministrate rispetto ad ora, che sarebbero un luogo di attrazione per chi cerca lavoro o anche, semplicemente, per chi vuole andare in vacanza, potendo scegliere tra l’America in Sicilia, la Pompei teutonica o Game of Death in Calabria.

MILANO CITTA’ STATO

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Film da Oscar: Dogman

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Gli Oscar sono la prima manifestazione mondiale per eleggere il miglior film, i migliori attori e i migliori professionisti nel mondo del cinema.

Quest’anno, il film italiano designato per partecipare come “proposta straniera” è stato “Dogman“, di Matteo Garrone.

La trama di questo film non è per niente scontata, per questo te la racconterò brevemente.

Quella che conoscerai, è la vicenda cupa e violenta di Marcello.

L’esistenza di quest’uomo scorre sempre uguale, indifferente, tra le strade di una periferia situata tra la grande metropoli e la natura incontaminata.

Marcello è una persona mite e tranquilla, che gestisce un salone di toelettatura per cani.
Le sue giornate sono scandite dai ritmi del suo lavoro, la compagnia alla sua adorata figlia Sofia… e l’ambiguo rapporto di sudditanza con l’ex pugile Simoncino, da poco uscito di prigione e, per questo, temuto da tutto il quartiere.

Arriva un momento, però, in cui Marcello si rende conto di essere stremato da questa vita di umiliazioni a causa del bullismo subito: per questo, l’uomo decide di seguire le orme di Simoncino e di diventare il suo aiutante in una serie di rapine.

Questo è soltanto un accenno di quello che potrai vedere durante la proiezione di “Dogman“, il film che potrai vedere questo lunedì alle 21.15 al Cinema Ariosto.

Il biglietto costa 10 euro e direi che per un film candidato agli Oscar sono anche pochi.

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Street Art IMPERDIBILE: 10 graffiti di Milano

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street art

Ogni tanto si dice che Milano sia un vero e proprio museo a cielo aperto: un museo fatto di monumenti, statue, piazze… e anche di graffiti, che grazie ai loro colori riescono a catturare lo sguardo dei passanti. Ecco 10 capolavori della street art da non perdere nella città meneghina.

Leggi anche: I più bei Murales di Milano

 

#1 Love Seeker e Heart Slingshot, Millo
Giardino delle Culture, Via Morosini 8

street art
Il tour dei graffiti imperdibili di Milano comincia con due murales monumentali, tanto da coprire per intero le pareti cieche di due palazzi: Love Seeker e Heart Slingshot, dell’italiano Francesco Camillo Giorgino (in arte Millo). Questi due grandi graffiti sono stati realizzati appositamente per il cementoso Giardino delle Culture, vicino al Parco Vittorio Formentano, e rappresentano un ragazzo in cerca dell’amore in una grande città e una ragazza che, armata di una fionda, lancia il suo cuore al mondo intero: un murales in bianco e nero vivacizzato da due cuori rossi.

 

#2 Milano Street Hi-Story, Acme 107, Encs, Gatto Nero, Gatto Max, Gep, Gianbattista Leoni, Kasy 23, Luca Zammarchi, Mr. Blob, Neve e 750ml
Basilica di San Lorenzo (Corso di Porta Ticinese)

street art
In zona San Lorenzo, magari mentre si passeggia verso la Darsena e i Navigli, è un must fermarsi ad ammirare il lungo murale della Basilica, una piccola lezione di storia sul passato di Milano: una collaborazione di 11 street artist che, per volere di Don Augusto Casolo, hanno ritratto alcuni dei volti più famosi legati alla nostra città. A fissare i passanti ci sono personaggi come Napoleone, Giuseppe Verdi, Carlo Magno, Leonardo da Vinci e Sant’Ambrogio: un selfie insieme a loro è d’obbligo.

 

#3 Il Piccolo Principe
Via Angelo della Pergola 12

street art
Il quartiere Isola è un ricettacolo di street art: basti pensare al progetto EscoAdIsola, che ha permesso di dare colore al sottopassaggio che dalla stazione di Porta Garibaldi permette di entrare nel quartiere. Nello specifico, in Via Angelo della Pergola un murale cattura facilmente l’attenzione perché illustra tre scene di Il Piccolo Principe, il noto classico per bambini (e anche per adulti). Chi ha letto il libro riconoscerà gli episodi della rosa, dei baobab e dell’incontro con l’aviatore.

 

#4 Mutevole, di Elisabetta Mastro
Via Simone Schiaffino 21

street art
In tutt’altra zona di Milano, nel quartiere Bovisa, 26 quadrati colorati e 24 figure in movimento contribuiscono a riqualificare questa parte della città: si tratta del murale Mutevole, con protagonista assoluto il colore. È possibile ammirarlo dall’inizio alla fine su youtube.

 

#5 Superman e Antinoo, di Felipe Cardeña & Street Boys e Tomoko Nagao
Via Termopili

street art
Lungo questa strada, tra le fermate di Pasteur e Rovereto, salta subito all’occhio una coppia di murales caleidoscopici, uno con protagonista Superman e il secondo raffigurante Antinoo, l’amante dell’imperatore Adriano. I due personaggi sono immersi in un fondale coloratissimo e floreale, cifra stilistica dello street artist cubano Felipe Cardeña.

 

#6 Lo squalo, di Marco Teatro
Via Ascanio Sforza / Via Giuseppe Lagrange

street art
Da non molti anni sono stati decorati anche i due ponti del Naviglio Pavese, colorati e reinterpretati da otto street artist di fama nazionale e mondiale. Tra questi spicca lo squalo di Marco Teatro, che sembra sul punto di divorare coloro che passano per il ponte.

 

#7 I camaleonti, del Centro Sociale Zam
Via Santa Croce

street art
Proprio dietro la Basilica di Sant’Eustorgio, verso la fine del Parco Giovanni Paolo II, lo sguardo viene catturato da una coppia di colorati camaleonti che camminano sui tetti di una città disegnata.

 

#8 Tango d’Amore, di Cristian Sonda
Viale Edoardo Jenner 44

street art
Davanti alla sede dell’ASL di Milano, due ballerini improvvisano un tango in un paesaggio notturno, immersi nella natura.

 

#9 Cucimilano, di ZED1
Via Benaco 1

street art
Sulla facciata del Madama Hostel & Bistrot spicca il gigantesco murale di Marco Burresi (in arte ZED1), con protagonista una sarta che cuce i simboli di Milano utilizzando le bandiere dei diversi Stati nel mondo: un messaggio cosmopolita, volto ad esprimere il carattere internazionale del Madama. Purtroppo sulla stessa facciata sono affisse anche delle pubblicità, che per fortuna non si sovrappongono al murale.

 

#10 W.A.L.L., di Eron
Parco di CityLife

street art
Nel cuore della contemporaneità milanese sorge, per mano del riminese Eron, uno dei murale più lunghi del mondo: ben 120 metri di muro, W.A.L.L. (acronimo di Wall Are Love’s Limits). Al centro del murale brilla un sole accecante che crea ombre di alberi più o meno definite, mentre il filo spinato è disegnato dai nomi dei cinque continenti, ripetuti con lettere piccolissime. A livello simbolico, questo muro verrà rimosso tra circa un paio d’anni, per volere dell’artista stesso: un messaggio contro tutti i muri del mondo, metaforici o meno.

 

VANESSA MARAN

 

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Il senso della vita a Milano

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Beato colui che ha trovato nella vita lo scopo della propria esistenza, diceva il mistico indiano Hazrat Inayat Khan.
Scopo della vita sembra un concetto astratto, un po’ noioso, che compete ai filosofi. In realtà è qualcosa di fondamentale, alla base di ogni scelta: lo scopo della vita è il criterio per cui scegliamo di fare una cosa invece di un’altra. E’ ciò che ci indirizza nelle nostre decisioni ed è ciò che costituisce il metro di valutazione di come è andata la nostra giornata o la nostra vita.

Per capire il senso della vita quindici anni fa ho iniziato un percorso di formazione molto duro, mi sono trasferito all’estero, ho studiato e sperimentato molto. Una delle cose che ho imparato in questo percorso è di evitare pregiudizi e stereotipi, ma di valutare se una cosa è bene o male dagli effetti che produce. Provo dunque a valutare 10 sensi della vita, particolarmente diffusi a Milano, in base ai risultati che possono avere.

10 scopi di vita tipici a Milano (e non solo)

#10 L’automatismo del criceto

Nato negli Stati Uniti il criceto si è ormai diffuso ovunque, soprattutto a Milano. Le giornate volano mentre tu giri su una ruota senza arrivare da nessuna parte e senza fermarti per paura di accorgerti che sei in gabbia. Per capire se si è affetti da automatismo del criceto basta domandarsi: per quale scopo mi alzo la mattina? Se non trovi una risposta sei un criceto.

#9 Il week end

A Milano si lavora spesso con in testa la fuga del week end. Più che un senso della vita è un campanello d’allarme: se trovi giovamento pensando al prossimo week end o alla prossima vacanza dovresti domandarti se non ti stai bruciando la vita con un lavoro privo di significato.

#8 Il conformismo

C’è chi nella sua vita sceglie in base a quello che fanno gli altri. Siamo nella società della maggioranza, dove contano i numeri non l’intelligenza. E molti vivono questo come un automatismo, cercando di scegliere in base a quello che si fa di più. Bono ha dichiarato che se avesse venti anni oggi invece che musicista sarebbe diventato uno startupper. Quello che ha detto fa pensare sull’impatto della moda nelle scelte di vita, anche in chi sembrava avere una autentica vocazione.

 #7 L’avere

Freud la considerava uno dei principali meccanismi di difesa dell’Io: la compensazione. Si ricerca nell’avere la mancanza di essere. Per shopping si intende l’anteporre l’avere all’essere, il farsi guidare nelle scelte dall’acquisire qualcosa in più o dal difendere quello che si ha. Il risultato è quello di inaridire la vita che, come dice Messner, è resa meravigliosa non da quello che si ha, ma da quello che si fa. 

#6 L’approvazione sociale

E’ questo uno scopo della vita che ci condiziona tutti, rinforzato dalla cultura di massa e anche da Facebook. Oggi più che mai ci sembra di essere al centro dell’attenzione di un sacco di persone: basta un post per distruggere una vita, tutto in nome dell’approvazione. Eppure è un mito totalmente fasullo: in realtà agli altri di noi non interessa nulla. 

#5 Il dovere

Una bussola che orienta le scelte della vita in una città calvinista come la nostra. Per senso del dovere ci si sveglia presto la mattina, si lavora più degli altri, si rinuncia a qualche piacere, si evitano salti nel buio. E’ uno scopo della vita che spesso fa ottenere ottimi risultati materiali perché chi ha grande senso del dovere è un soggetto su cui la società può contare. Ma di rado porta alla gratificazione. E spesso chi vive guidato dal senso del dovere si accorge troppo tardi che la vita è altro.

#4 Il presenzialismo

E’ la rappresentazione del complesso da esclusione. A Milano soprattutto esiste una paura ancestrale di non essere invitati da qualche parte o di trascorrere una vita da tappezzeria. Questo scopo della vita può essere ambivalente. Se si vive il presenzialismo come proiezione dell’immagine stereotipata di noi stessi, il risultato è di finire in balia degli eventi. Ma se si tratta di una forma di protagonismo, di istinto di affermazione di sé, di farsi soggetto e non oggetto della situazione, allora può diventare uno scopo capace di rendere più piena l’esistenza.

#3 I soldi

Vivere per fare un pacco di soldi può rendere la vita più profittevole. Sicuramente è un criterio di scelta piuttosto semplice: tra le diverse opzioni basta scegliere quella che ci fa guadagnare di più. Anche se spesso non è facile capirlo a priori, è comunque agevole per valutare il bene o il male di una scelta. Ho guadagnato? Bene. Ho perso soldi? Male. Spesso il criterio dei soldi dà ottimi risultati anche in termini di appagamento, se non altro perché se usati bene, i soldi consentono di avere più libertà nella gestione del proprio tempo e nelle scelte di vita. Può essere un discreto criterio quando non si hanno criteri: di solito però, il grande salto di qualità avviene quando si capisce che i soldi non sono un fine, ma sono uno strumento. A quel punto tutto dipende dal fine verso cui i soldi vengono impiegati.

#2 Figa

Qui si apre un universo. A Milano domina talmente la scena da essere diventato un intercalare tipico. Figa di qui, figa di là, è il nostro slang ma non solo: a Milano un organo sessuale si è trasformato in un giudizio di valore: il milanese, senza distinzione di sesso, è attratto da tutto ciò che è figo. Compreso l’amore. Questo senso della vita non è per niente scontato. Può racchiudere in sé chi nelle sue giornate insegue il grande amore, chi vive la vita come un maiale, oppure chi in realtà è alla continua ricerca di un’estetica superiore. Mentre l’amore può dare felicità ma se inteso male può gettare negli inferi, considerare il bello come valore morale potrebbe riservare molte gratificazioni, come diceva Husserl quando riteneva che l’estetica è l’unico autentico valore naturale dell’essere umano.

#1 La crescita

Per concludere metto tutti i valori che a differenza di quelli precedenti, non riguardano la sfera sociale ma rientrano unicamente nella sfera del sé. Si possono definire valori evolutivi, perché il punto in comune è che il loro perseguimento favorisce un’evoluzione, una crescita del soggetto. Questa crescita può avvenire lungo diverse coordinate. Questi valori sono:

  • La creatività. Ogni traccia di esistenza umana è documentata dalla creazione di qualcosa. Siano le piramidi o le statue dell’isola di Pasqua, prova dell’essere umano è la sua creatività nello spazio. Considerare come fine della propria vita il creare, porta a scegliere ogni giorno ciò che ci consente di produrre qualcosa di nuovo.
  • La saggezza. Questo senso della vita porta a considerare la giornata come un libro da apprendere attraverso l’azione, la relazione con gli altri o lo studio. Porta a chi la raggiunge lo stato tipico di chi non dipende più dall’esterno per la propria felicità.
  • La riuscita. Ogni giorno la vita ci mette alla prova con ostacoli e problemi vari. C’è chi cerca di evitarli, ma c’è anche chi li considera come strumenti per evolvere se stessi. E l’evoluzione avviene proprio attraverso la scelta ottimale che il soggetto compie in ogni situazione rendendosi utile a risolverla al meglio.

In sintesi, la caratteristica dei valori evolutivi è quella di indirizzare sempre verso la crescita del soggetto. E scegliere in base a ciò che ci fa crescere di più è forse il criterio di scelta che produce i migliori risultati, in termini di benessere e di realizzazione del sè. Se avete dei dubbi su cosa scegliere, scegliete ciò che pensate vi farà crescere di più, negli aspetti di voi stessi che vi stanno più a cuore. Questo il mio consiglio.

Essere ciò che siamo, diventare ciò che siamo capaci di diventare, questo è il solo fine della vita (Robert Louis Stevenson)

ANDREA ZOPPOLATO

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Ortica in Festa

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Se ti dico “ortica” a cosa pensi?

Naturalmente in riferimento alla bella Milano, non certo alla pianta urticante che diventa utile soltanto all’interno di un buon risotto ben mantecato.

Ma certo: al “quartiere Ortica“, la zona periferica della città meneghina famosa non solo per i riferimenti all’interno delle canzoni di alcuni importanti cantautori italiani (per citarne uno, Jannacci), ma anche tante altre cose, in primis la voglia degli abitanti di quelle strade di riscattare la fama non tanto felice del quartiere.

La cosa che salta subito all’occhio, una volta che ci si aggira nel quartiere Ortica, è il fatto che sia diventato un museo a cielo aperto: è impossibile non rimanere affascinati dai coloratissimi murales che riempiono i muri dei palazzi, eseguiti con una padronanza artistica che non ha nulla da invidiare ai più competenti pittori contemporanei.

Oltre a questa componente artistica, è degno di nota il fatto che, da semplice “periferia”, il quartiere Ortica negli anni sia diventato un punto di riferimento culturale e di aggregazione, ma un luogo di divertimento e d’intrattenimento di tutti i milanesi della zona est.

E dato che si sta parlando di un quartiere vivo, esplosivo e altamente inclusivo, non ci si poteva aspettare che una grande festa per celebrare l’arrivo dell’autunno, giusto? Una festa che coinvolgesse non solo gli abitanti della zona, ma anche chiunque volesse passare un po’ di tempo in allegria e compagnia.

Ed ecco che, quindi, arriva l’Ortica in Festa, tre giorni di musica, buon cibo e buona compagnia, ma anche molto, molto altro, che da questo venerdì alle 18.00 invaderà le strade del quartiere.

Questa sera, per esempio, alle 18.00 potrai partecipare alla presentazione del libro “Riformisti” di F. Giuffrida e successivamente, dalle 19.30, mentre gusterai la sfiziosa cena preparata per gli ospiti della manifestazione potrai assistere a uno spettacolo dedicato interamente alla figura controversa e anticonformista di Frida Kahlo.

E questo sarà solo il primo giorno: la festa non finisce qui.

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