E’ l’esposizione dedicata alle soluzioni più innovative per abitare organizzata in occasione della Design Week.
E’ modo divertente, innovativo e unico per scoprire in anteprima la città e la casa nel futuro.
E’ un’iniziativa che ti permette di vedere in prima persona residenze, strutture dedicate al business, all’ospitalità e al wellness, oltre ad angoli dedicati alla ristorazione, tutte concentrate in Piazza Castello.
Ma Inhabists è anche un momento di confronto, grazie alle aree dedicate agli approfondimenti sui temi del design e dell’architettura, la “Speech Arena”, nella quale ogni giorno si potrà partecipare ad attività e talk tematici.
E dato che si parla pur sempre di “Fuorisalone”, a Inhabits non potevano mancare anche i momenti di intrattenimento e spettacolo, tutto concentrato nell’ampia area dedicata all’entertainment.
A Inhabists, da oggi fino a domenica dalle 18.00 alle 24.00, infatti, tutte le sere il palco ospiterà dj set di ospiti nazionali e internazionali, ma anche performance artistiche, accompagnate da video mapping e light show, e concerti.
E, dato che non ci sarebbe divertimento senza qualcosa da mettere sotto ai denti, durante gli appuntamenti serali di Inhabists potrai usufruire dei food truck stracolmi di prelibatezze.
Quindi, bando alle ciance: questo martedì, dalle 18.00 in poi, non perderti la festa di apertura di Inhabits, durante la quale potrai ballare fino al mattino grazie ai dj set di ospiti internazionali.
Registrandoti su Spotlime, l’app che seleziona i migliori eventi di Milano, riceverai un promemoria dell’evento e potrai rimanere sempre aggiornato su questo e tutti gli eventi simili in città. Inoltre, prenotandoti dall’app e partecipando agli eventi, riceverai un vantaggio esclusivo.
Il Fuorisalone è uno dei festival diffusi più grandi del pianeta e certamente il più importante nel mondo del design.
Il sito ufficiale promette oltre 1’300 eventi: noi vogliamo aiutarvi ad estrarre l’informazione da tutto questo rumore.
Andiamo quindi a scoprire la nostra selezione delle 10 attrazioni da non perdere all’edizione 2018, dal 17 al 22 aprile, ovviamente a Milano.
#1 Partiamo dal presupposto che non di solo mobile vive l’uomo. Le due menti di Buzzo Lambertoni portano il pastry design al Fuorisalone con Dgusto, con un vero e proprio viaggio all’interno del mondo dei pasticcini.
#2 L’architetto Simone Micheli espone il futuro degli alberghi col suo Hotel Regeneration, che porrà l’accento e ci farà toccare con mano i contenuti e le espressioni degli interni che vedremo nei prossimi anni.
#3 In omaggio allo storico cinema di Monza, il Tram Corallo prevede un foyer d’altri tempi in testa, con divanetti composti e rigorosi su di una soffice moquette, e soprattutto un’intima sala cinematografica in coda, dove su comodi pouf i passeggeri potranno godere di una visione insolita dei paesaggi urbani di Milano.
@tutte le rotaie del Brera Design District (mappa)
#4 Il futuro è già qui: CocaCola lancia il suo nuovo brand Fuzetea allestendo un parco olografico in collaborazione con Microsoft HoloLens. Al suo interno sarà possibile degustare le tre varianti di Fuzetea mentre si assapora la prossima rivoluzione del mondo della tecnologia.
#5 Una discoteca visionaria nel cuore di Milano, figlia della verve di Gufram. Un’esperienza energetica, caleidoscopica e coinvolgente fornita da tappeti ipnotici che ci faranno ballare in un ambiente unico, che rielabora i design degli anni ’60 con oggetti contemporanei.
#6 Economia circolare, sostenibilità e tecnologia nel quartiere più reinventato di Milano: Isola. Un evento targato Source dedicato all’idea che lo scarto non esiste e con protagonista WooClass, un progetto toscano focalizzato sul recupero degli scarti nell’industria del legno.
#7 Gli svizzeri horgenglarus e Stephan Hürlemann hanno creato un mondo di mostri giganti che si muovono come marionette di un teatro maledetto. Si va dalla scimmia al guerriero stanco: la vostra immaginazione troverà il suo sfogo.
#8 L’acme del dopo EXPO non è ancora arrivato, e il nuovissimo Asia Design Pavilion vuole dimostrarlo. Cambogia, Cina, Corea del Sud, Giappone, India, Iran, Qatar, Singapore, Tailandia e Turchia saranno rappresentate in questo hub internazionale dal meglio del design ma anche con cibo, negozi e un idilliaco giardino giapponese.
#9 Nella multi-location più entropica di Tortona, troveremo un enigmatico labirinto allestito da Nendo che guiderà il pubblico nel processo di creazione dello studio di Tokyo, lungo uno spettacolare percorso su oltre 800 m2 multisensoriali ed esperienziali.
Inoltre, Dassault Systèmes con l’installazione Breath/ng sviscererà le problematiche globali dovute ai cambiamenti climatici grazie all’utilizzo di materiali all’avanguardia volti a neutralizzare l’inquinamento, per sensibilizzare su come design e tecnologia possano rispondere insieme agli interrogativi odierni.
#10 L’avanguardia della ricerca illuminotecnica e delle trasformazioni fluide, dove con innovativi giochi di luce l’arte diventa energia, l’energia arte e la materia oggetto. In mostra ci saranno prismi, serie limitate, recuperi industriali, tavole hitchcockiane ed esclusive selezioni di designer di frontiera che esporranno i nuovi paradigmi dell’abitare contemporaneo, libero e flessibile.
BONUS: l’ArkiZoic è l’era futura dove passato e mitologia sono combinati insieme. L’atmosfera è quella di una dimensione senza tempo, dove i suoni ci introducono a magici mondi. L’evento più disruptive del Fuorisalone.
Anche quest’anno è arrivato quel momento tanto atteso dai trend setter (e non solo) milanesi (… e non solo!): la settimana del Fuorisalone, caratterizzata da una creatività scoppiettante di eventi organizzati in concomitanza del Salone del Mobile, alias Design Week.
Come per ogni altra edizione, la città meneghina ha in serbo tantissime possibilità per vivere al meglio i giorni scoppiettanti della Design Week.
Pensa che, per esempio, il Macao organizzerà eventi per ogni singola serata del Fuorisalone, che raccoglierà sotto l’unico nome di Desire Week.
Questo lunedì, per iniziare col botto, a partire dalle 12.00, oltre a gustare i prelibati manicaretti di una cucina naturale e a deliziarti con i drink del Desire Bar, potrai partecipare a un workshop di falegnameria, a jam e spray writing session e, dalle 22.00, lasciarti andare al ritmo caliente del tango.
… e questo è solo il primo giorno della Desire Week del Macao.
Il divertimento continua martedì, con altri appuntamenti imperdibili, che potrai conoscere grazie al programma pubblicato sull’evento Facebook ufficiale.
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Fuorisalone o Fuori Salone? Comunque lo si scriva, la Settimana ‘fuori’ dal Salone del Mobile resta la Week più attesa dell’anno, ancora più importante e ambita della Settimana della Moda.
I milanesi un po’ la temono, ma ne vanno tronfi e la raccontano in qualsiasi parte del mondo si trovino.
Gli stranieri si beano del connubio design – palazzi storici, quegli angoli nascosti ed
eccezionalmente svelati al pubblico dal 17 al 22 aprile, le date di quest’anno, e che ti fanno fare il pieno di bellezza.
Il bello del Fuorisalone (o Fuori Salone) è che tutti lo conoscono, tutti vogliono partecipare ai suoi cocktail, e la caccia all’invito è aperta. Ma siamo sicuri di sapere tutto tutto della Milano Design Week? Ecco 5 curiosità.
#1. Fuorisalone di Milano: quando è nato?
Nel 1991, una iniziativa della rivista Interni racchiudeva tutti gli eventi e faceva da cassa di risonanza di una kermesse spontanea in atto da più di un decennio, e alla quale non si poteva non badare. Al 1991, dunque, si fa risalire l’istituzione ufficiale della Design Week. Tuttavia, i primi semi di questa enorme fioritura di idee ed eventi venivano gettati già all’inizio degli anni Ottanta, quando alcune aziende dei settori arredamento e design industriale avvertivano l’energia sprigionata dal Salone Internazionale del Mobile di Milano, allora di casa nella vecchia Fiera di Lotto.
#2. Fuorisalone di Milano: chi l’ha inventato?
Il Fuorisalone è una manifestazione spontanea, ma se proprio si volesse trovare un genitore del Fuorisalone, allora quello sarebbe Gilda Bojardi, storica e illuminata direttrice della rivista Interni.
Fu lei a creare il logo del Fuorisalone, a depositare logo e dicitura “Milano capitale del design”, e a creare, nel 1991, la prima guida a tutti gli avvenimenti dell’evento.
Insomma, a Gilda Bojardi si deve il merito di aver regalato a Milano un museo a cielo aperto e di aver proposto Milano al mondo.
[nelle foto: sopra, Gilda Bojardi; sotto, l’Università Statale di Milano, quest’anno set del progetto Material Immaterial]
#3. Fuorisalone di Milano: chi lo organizza?
Il Fuorisalone, per sua natura, è un evento spontaneo, che spontaneamente è nato e altrettanto naturalmente si è sviluppato con aziende, singoli promotori, editori, creativi, designer…. interessati a questa straordinaria vetrina per farsi conoscere in tutto il mondo. Una grande collettiva che si concentra nel mese di aprile, da oltre trent’anni.
Oggi, a sovrintendere tutto e raccogliere il proliferare di happening e manifestazioni c’è Fuorisalone.it®, un progetto dello studio di comunicazione Studiolabo S.r.l..
#4. Fuorisalone di Milano: c’è una colonna sonora?
Forse non tutti sanno che anche il Fuorisalone ha la sua colonna sonora: la suona l’app Fuorisalone.it/spotify.
#5. Fuorisalone di Milano: come si fare a vedere tutto?
Ecco, questo è l’unico punto sul quale proprio non possiamo esservi d’aiuto. Appuntamenti, inviti, installazioni, mostre, cocktail party e molto altro sono visibili sul sito Fuorisalone.it
foto cover: BASE Milano_Green Smart Living – courtesy ufficio stampa
Rispolvera il tuo Almanacco di Filosofia: ti ricordi di Socrate?
Neanche a farlo apposta, è l’inventore del metodo socratico d’insegnamento, che, tra le alte cose, prevedeva anche lezioni peripatetiche, passeggiate durante le quali lo stesso Socrate indottrinava i suoi discepoli.
Ora immedesimati in questo grande filosofo: e se l’educazione di un gruppo di giovani dipendesse da te?
Di sicuro è un tema molto complesso che tende a cadere nel proverbiale “dimenticatoio”, nonostante al giorno d’oggi la questione sia molto discussa.
Proprio di questo parlerà lo spettacolo teatrale “Socrate il sopravvissuto/come le foglie“, che si svolgerà questo venerdì alle 20.30 al Piccolo Teatro Studio Melato.
Prendendo spunto dal romanzo “Il Sopravvissuto” di Antonio Scurati, durante la rappresentazione potrai calarti nei panni di chi deve insegnare.
Tra le ore che precedono la morte di Socrate e una carneficina in classe, la vicenda proseguirà dando al contempo spunti disparati sul tema dell’educazione e della gioventù da coltivare.
Lo ammetto, non sarà uno spettacolo leggerissimo, ma vale la pena goderselo a pieno, soprattutto perchè il biglietto costa solo 33 euro.
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Internet è sia una delle espressioni e dei mezzi della globalizzazione, sia un luogo ideale per la valorizzazione e il tramandamento delle nostre più grandi e radicate tradizioni, così come per la loro riscoperta.
I nomi assegnati ai luoghi simbolo e alle persone che la abitano possono rivelare molto delle tradizioni di una città: qui abbiamo un esempio di storie che emergono da due dei soprannomi più diffusi per chiamare gli abitanti della nostra Milano, soprannomi su cui sono stati costruiti film, manuali e meme.
I Meneghini
Gli abitanti di Milano, lo sappiamo, si chiamano Milanesi. Come sinonimi, però, spesso troviamo il termine “ambrosiano” e “meneghino”.
Il primo, deriva dal santo patrono della città, il vescovo Ambrogio, su cui pare inutile soffermarsi in queste poche righe, che non renderebbero certo giustizia a cotanta figura storica.
Più prosaico è il termine meneghino, che deriva dal nome del noto personaggio del teatro milanese, poi maschera della commedia dell’arte. Un servo ridicolo e codardo, fedele al proprio padrone, ma vittima di raggiri e zimbello di tutti.
Rappresentazione satirica del Meneghino che domina l’aquila austriaca
Fu Carlo Maria Maggi a renderlo protagonista di quattro commedie da lui scritte alla fine del 1600, per poi essere ripreso e meglio delineato da Carlo Porta nell’Ottocento.
Meneghino è il diminutivo di Domenico, e ciò sarebbe dovuto all’uso diffuso tra il XVI secolo e il XVIII secolo da parte di milanesi non propriamente ricchi, di avere a servizio uno o più servitori solamente nella giornata di domenica, in occasione di pranzi e ricevimenti che si usava dare nella giornata festiva.
I Bauscia
Un termine molto usato in città, forse più un tempo che oggi, “bauscia” indicava il fanfarone, colui che si dava arie, lo sbruffone. Colui che parlava troppo per lodarsi e perdeva bava, o saliva che voler si dica!
Pare che in Brianza si usasse il termine per chi accoglieva, all’ingresso delle cittadine, ma soprattutto a Lissone, i forestieri, raccontando loro dove fossero le locande e gli artigiani migliori.
Guido Nicheli, l’eccellenza dell’impersonificazione del Bauscia
A Milano, dallo sbruffone all’interista, il passo fu breve! Erano infatti così appellati i tifosi interisti (prevalentemente borghesi, industriali, commercianti, e appunto un po’ sbruffoni) da parte dei cugini milanisti (che a loro volta erano chiamati casciavit dagli interisti, essendo i tifosi del Milan di estrazione più popolare, espressione della Milano operaia).
Una contrapposizione della Milano sportiva anni Sessanta e Settanta, espressione di una realtà ormai scomparsa.
MAURO COLOMBO
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Le più popolari case chiuse di Milano erano nelle due stradine parallele di Brera: via Fiori Chiari e via San Carpoforo, addirittura con tre bordelli ai numeri 3, 5 e 8.
La sera prima dell’entrata in vigore della Legge Merlin che chiudeva le case chiuse, il 19 settembre 1958 ci fu la ressa a Brera per godere per l’ultima volta dei servizi di prostitute che erano diventate molto note in città, come Wilma, Iris e Luana che “offrivano prove supreme a ritmo di sei, sette minuti l’una calata dei pantaloni e bidet compresi”, scrisse Vergani.
Una curiosità: Lina Merlin, l’autrice della legge che proibì le case chiuse, era Milanese.
Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani
“Form the Avocado Form the Avocado Form the Avocado Form the Avocado Peel the Avocado Peel the Avocado Peel the Avocado Peel the Avocado Guacamole Gua-guacamole Guacamole Gua-guacamole!”
La delirante canzoncina della dott.ssa Jean, ormai famosa nel mondo di Facebook per la sua assurdità, esprime pienamente la passione che tutto il mondo ha ormai per questo eclettico frutto.
Sembra che persino l’East Market Diner se ne sia innamorato, perchè per la terza volta organizza l‘Avocado Week, quattro giorni interamente dedicati all’Avocado.
A partire dalle 18 di questo giovedì, si andrà di Avocado in ogni forma e consistenza: potrai acquistare e gustare prelibatezze come l’avocado toast, l’avocado waffle, l’hawaiian pokè e l’amatissimo avocado burger.
Come rinunciare a tante ghiottonerie messe insieme? Vieni con me e gustiamoci un pasto verdeggiante e profumato sulla splendida terrazza dell’East Market Diner e, mi raccomando, conservati uno spazietto per domani: la festa non finisce qui.
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L’anno prossimo a Milano si ricorderà il cinquecentenario della morte di Leonardo Da Vinci, genio poliedrico che ha trascorso 24 anni della sua vita (in due fasi diverse) nella nostra città: un periodo prolifico che ha visto, tra gli altri, il nascere de La Vergine delle Rocce e del Cenacolo.
Quest’ultimo, oggi, è al centro di un caso che farà discutere.
La Vergine delle Rocce
Il nostro miglior museo
A differenza del quadro voluto dalla Confraternita Milanese dell’Immacolata Concezione, migrato al Louvre, il Cenacolo è parte integrante del patrimonio artistico meneghino, conservato in un museo dedicato che attira più di 400.000 visitatori ogni anno, numero forzatamente tenuto basso a fronte di una richiesta di quasi 2 milioni di biglietti: a causa del rapido deterioramento dell’opera dovuto soprattutto alle polveri sottili che ogni persona porta con sé, infatti, l’accesso al capolavoro vinciano è attualmente limitato a 1.300 visitatori al giorno.
Nonostante questa restrizione, il Cenacolo resta il museo più di successo a Milano, al 14° posto in Italia, generando introiti lordi per più di 2 milioni di euro annui.
La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, nel cui refettorio è conservato il Cenacolo: tutto patrimonio UNESCO
Un capitale messo a rischio dalla burocrazia
La sovrintendenza dell’esposizione è in capo al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Sbirciando sul sito del Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione in carica al governo italiano, scopriamo che è stato indetto un bando per l’affidamento in concessione dei servizi museali presso il Museo del Cenacolo Vinciano di Milano, con scadenza per la ricezione delle offerte fissata al 14 maggio 2018.
Un altro bando è andato a vuoto, indetto lo scorso dicembre e scaduto a febbraio 2018, per assegnare i medesimi servizi.
Ad oggi, provando ad acquistare un ingresso su uno qualsiasi tra i canali ufficiali, non si può andare oltre alla data del 30 giugno: questo significa mettere in seria difficoltà i tour operators come qualunque turista che stia organizzando un viaggio a Milano, togliendo dal panorama dell’estate quella che di fatto è la prima scelta in termini culturali e arrecando un grosso danno alla città.
Ammirando il Cenacolo: foto tratta dal profilo Instagram @museitaliani
La zappa sui piedi
Ancora una volta è la pesantezza della burocrazia a carpire le ali a Milano, addirittura arrivando a sbarrare le porte al top seller della città.
Non potendo accogliere prenotazioni a breve termine si perdono soldi, turisti e nel complesso si fa una pessima figura. Proviamo a immaginare un tour operator che voglia promuovere Milano per quest’estate senza poter offrire la principale attrattiva per questa estate.
La buona notizia è che per l’anno prossimo, quando il Cenacolo sarà come non mai sotto i riflettori, dovremmo aver pronto all’uso il nuovo sistema di filtraggio dell’aria che permetterà di aumentare il numero di ingressi consentiti.
Un dettaglio del Cenacolo
Il capolavoro vinciano è fragile e va protetto, dal naturale degrado dovuto alle tecniche sperimentali usate da Leonardo, ma a quanto pare anche dagli apparati che la gestiscono. Almeno fino a quando anche opere come questa non passeranno sotto l’amministrazione di Milano, invece che di Roma.
Milano è un modello perchè non dipende da chi la governa. Una prova evidente di questo è il successo dei suoi sindaci: i sindaci di Milano sono stati a capo di amministrazioni che hanno fatto crescere la città. Al di là delle fazioni bisogna riconoscere che il giudizio di tutte le amministrazioni milanesi è generalmente positivo, eppure nessun sindaco di Milano è riuscito ad assumere un ruolo importante nella politica nazionale. Formentini, Albertini, Letizia Moratti, Pisapia e i sindaci che li hanno preceduti sono tutti spariti a livello nazionale a differenza, ad esempio, di loro colleghi romani, come Rutelli o Veltroni.
Che significa questo? Che mentre per governare Roma è essenziale che il sindaco sia straordinario, a Milano basta non inceppare una macchina che funziona bene.
Purtroppo l’Italia sembra più simile a Roma, ossia una macchina piuttosto scassata che ha bisogno di un governo eccezionale. Milano è altra cosa: funziona nonostante chi la guida ed ha caratteristiche uniche che sarebbero molto utili al resto del Paese.
Il “modello Milano”: le caratteristiche da portare in Italia
Armonia e fiducia tra cittadini e amministrazione
In Italia il cittadino è al servizio della burocrazia, mentre a Milano, a parte eccezioni, il rapporto tra i due soggetti è molto più armonico, spesso alla pari, a volte capovolto rispetto a quello nazionale: l’amministrazione si pone al servizio dei cittadini, non viceversa.
C’è un senso di rispetto se non di fiducia reciproca tra amministrazione e cittadino che difficilmente la si ritrova nella burocrazia dello Stato italiano.
Questo si traduce in minori costi di controllo perchè è un sistema che si autoregola in modo naturale e stimola l’economia perchè si dedicano più tempo e più risorse a produrre piuttosto che a controllare o a bloccare.
L’Italia è un sistema, Milano è un ecosistema
La struttura dello Stato italiano ha determinato la formazione di un sistema organizzato in gerarchie e rigidi automatismi. Milano è invece un ecosistema dove i diversi soggetti convivono in modo più flessibile e funzionale. E’ una comunità liquida, nel senso che amministrazione, imprese, enti e cittadini cooperano innescando flussi di azioni e di informazioni circolari, invece che dall’alto al basso.
Un ecosistema garantisce molti vantaggi rispetto a un sistema, specie in un mondo in continua trasformazione e strettamente connesso com’è quello in cui viviamo. Favorisce l’alimentazione e lo sviluppo che sono invece ostacolati dagli standard fissi determinati da un dirigismo centralista e monodirezionale, come quello che avviene nello Stato.
L’attenzione alle esternalità positive (benefici non monetari per la comunità)
In gergo economico il valore prodotto in una comunità si misura nella somma tra reddito ed esternalità positive. Le esternalità sono tutte le componenti che impattano la vita delle persone ma che non hanno una misurazione economica. Mentre lo Stato è dominato da logiche di economia strettamente economica, a Milano si fa molta attenzione ai benefici arrecati alla comunità, anche se non sono misurabili in termini di ricchezza prodotta. Esempi di esternalità positive sono le piste ciclabili, la riduzione delle emissioni di inquinanti, il verde pubblico, la sicurezza, mezzi pubblici puntuali, strade in buono stato o assenza di rifiuti. Questi elementi a Milano sono centrali nel dibattito politico e sociale, mentre a livello nazionale l’aspetto esclusivamente economico è dominante, come attesta la questione reddito cittadinanza-flat tax.
Imprese e organizzazioni che svolgono attività sociali
In un modello ecosistema in cui hanno importanza i benefici non monetari per la comunità è naturale che ci siano soggetti incentivati a porre in essere attività ad alto impatto sociale. Milano è capitale nel terzo settore, con associazioni ed enti no profit, ma non solo. E’ anche una città in cui molte imprese non si limitano a perseguire il loro successo ma si preoccupano di avere un impatto positivo nella comunità. In più, diversi servizi di rilevanza sociale vengono forniti direttamente da privati, come le attività della sharing economy o le app di supporto e di informazione su servizi pubblici. A Milano l’impatto sociale produce economia e benessere, cosa che difficilmente avviene a livello nazionale.
Lo spirito di comunità
L’Italia è divisa, Milano è unita. Entrambe sono costituite da cittadini che hanno idee, caratteristiche e stili di vita diversi. Anche a Milano ci sono gruppi che difficilmente entrano in contatto tra loro, esistono barriere invisibili tra classi sociali o aree. Eppure rispetto all’Italia a Milano ognuno si sente parte di una comunità. Questo perchè vivere a Milano significa sentirsi parte della città, considerarla come cosa propria di cui bisogna avere cura e per cui bisogna darsi da fare. Uno spirito di comunità che si fa vivo quando ci sono problemi, come gli imbrattamenti a inizio di Expo, e che si basa su una mentalità di un cittadino che si sente responsabile di quello che viene fatto o non fatto nella sua città. E che agisce di conseguenza.
Lo spirito di comunità favorisce lo sviluppo dell’economia, la collaborazione e riduce le spese dello Stato semplicemente perchè lo Stato deve fare meno per tutelare e valorizzare il bene comune.
Orientamento al fare
Milano è una città non sempre facile. Pretende molto da chi ci vive. E’ una città che giudica e che può risultare diffidente e sprezzante. Eppure è una città aperta e tollerante con tutti, nel senso che per farsi accettare basta una cosa sola: darsi da fare. Se tu ti impegni, lavori e ti rendi utile, non importa chi sei o da dove vieni: Milano ti accoglie con le braccia aperte. Milano sa essere spietata con chi distrugge o perde tempo, ma è molto generosa con chi si rimbocca le maniche.
Un orientamento al fare che pone tutti sullo stesso livello e che se esteso al resto in Italia potrebbe consentire di superare barriere e intolleranza favorendo lo sviluppo di attività produttive e di una mentalità costruttiva e rispettosa del lavoro.
Media e cultura sono uno stimolo al miglioramento
In Italia si fanno polemiche su tutto. Per uno che fa ci sono mille che criticano. E i media ingigantiscono tutto questo alimentando un clima di fango che avvelena le coscienze. A Milano non è così. Anzi, gli stessi media che a livello nazionale danno fiato alla negatività, a Milano si concentrano sui fatti e sono orientati a favorire un miglioramento della situazione con indicazioni, stimoli o critiche costruttive. Gli stessi milanesi non amano le sterili polemiche e disdegnano chi rappresenta la città in modo denigratorio. Vivere in una cultura orientata al miglioramento consentirebbe al resto del Paese di incentivare a fare invece che a vivere per denigrare gli altri.
Qualificare e valorizzare le eccellenze
Mentre in Italia si passa gran parte del tempo a dibattere su ciò che non funziona, Milano è invece fiera delle sue eccellenze. La Scala, il Fuorisalone, la Moda, le imprese di punta, i grattacieli, le trasformazioni urbane sono vissute dai cittadini come motivo di orgoglio personale. Anche perchè ognuno sa in cuor suo che una parte rilevante del successo di qualcuno deriva dall’ambiente in cui quel successo prende forma. Proprio per questo i cittadini sono felici delle iniziative di successo della città così come chi ha successo tende a ridare parte della sua fortuna alla comunità.
Tutto questo purtroppo manca in Italia dove si tende più spesso a gioire delle disgrazie che dei successi degli altri.
Il coraggio di mettersi in gioco a livello internazionale
L’Italia vive in un senso di inferiorità nei confronti dell’estero. Tende a evitare il confronto con i Paesi più evoluti per non provare la frustrazione del vedersi indietro. Questo atteggiamento la porta a perdere lo stimolo a una competizione migliorativa e vedere l’estero con inferiorità porta l’Italia spesso a subire passivamente ciò che accade al di fuori dei nostri confini. A Milano questo non esiste. Milano vive il mondo come un terreno di sfida in cui ambire a giocare da protagonisti. Questo modo di confrontarsi ha portato Milano a crearsi degli spazi di eccellenza mondiale e riconosciuta. E se accade di perdere, come è stato per l’Ema, Milano si rialza e rilancia. Anche perché se non è Ema, saranno le Olimpiadi.
In via Monte Rosa, zona San Siro, c’è una palazzina liberty che negli anni sessanta e settanta ospitava il più celebre locale di cabaret in Italia. Era il Derby, nato dall’intuizione di Gianni Bongiovanni, che lanciò al successo Cochi e Renato, Boldi, Jannacci, Bisio, Teocoli e Abatantuono che era il figlio della cassiera.
Dopo la sua chiusura nel 1986 ne hanno raccolto l’eredità Gino e Michele aprendo in viale Monza lo Zelig.
Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani
Il 12 e il 13 aprile 2018, diciannove startup da tutto il mondo si contenderanno un montepremi di 80.000 dollari messo in palio dalla University of California Berkeley.
L’Università Cattolica del Sacro Cuore ALTIS ospita infatti le finali mondiali del GSVC, la Global Social Venture Competition, ideata in California dalla UC Berkeley’s Haas School of Business nel 1999 e diventata oggi una delle più note competizioni di startup a impatto sociale a livello mondiale.
Nata con lo scopo di creare una sinergia tra mondo accademico, imprenditoriale e finanziario al fine di favorire la creazione di imprese che sappiano integrare sostenibilità economica e impatto socio-ambientale, oggi coinvolge 16 business school partner da tutto il mondo, oltre a numerosi finanziatori e imprenditori.
ALTIS, Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, è organizzatrice dell’Italian Round della GSVC dal 2008.
Il 12 aprile, a partire dalle 18:00, si terrà una tavola rotonda e un aperitivo presso l’Auditorium Gaber al Palazzo Pirelli (mappa).
Il 13 aprile, dalle 8.45, la presentazione e la premiazione dei finalisti all’Università Cattolica del Sacro Cuore (mappa).
Hai presente il film Synecdoche New York, di Charlie Kaufman?
In pratica, è la storia di un regista teatrale ipocondriaco che ha diversi problemi a rapportarsi persino con sè stesso, il quale durante la preparazione di un nuovo spettacolo arriverà a confondere realtà e finzione.
Direi che Synecdoche New York ha una trama abbastanza… onirica, di quelle che piacciono tanto a me.
Perchè te ne sto parlando?
Perchè questo mercoledì, in occasione dell’istallazione “Racconti Immaginari” di Paolo Ventura esposta all’Armani Silos, a partire dalle ore 20.00, verrà proiettato proprio Synecdoche New York, così ne approfitti anche per dare un’occhiata a questa mostra a dir poco onirica: Paolo Ventura ha, infatti, selezionato una serie di titoli cinematografici per condurre lo spettatore in modo totalmente surreale all’interno della sua mostra.
Mai come in questa occasione, arte e cinema correranno su binari paralleli, decisamente vicini: io ti consiglio caldamente di partecipare, anche perchè l’ingresso è gratuito su prenotazione.
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Gli hotspots di Chinatown evidenziati nell'articolo
Da quando tra il 2010 e il 2011 via Paolo Sarpi fu rimessa a nuovo da un intervento di riqualificazione urbana, attuato con una ripavimentazione in pietra unita a un ornamento di aiuole ed alberi che ha creato un percorso pedonale, l’arteria principale del quartiere cinese di Milano è improvvisamente diventata una delle zone più alla moda della città.
La nuova faccia di via Paolo Sarpi
We ♥ Chinatown
La Chinatown milanese è un puntino nella geografia delle chinatown mondiali, ma ha comunque molto da raccontare.
L’immigrazione cinese a Milano inizia nel 1920, nel triangolo formato da via Canonica, via Bramante e via Sarpi, con un gruppo che va dai 40 ai 150 componenti, arrivati da Parigi, dov’erano stati reclutati come manovalanza dal governo francese durante la Prima Guerra Mondiale.
Similmente alla stragrande maggioranza dei cinesi presenti a Milano e in Italia, anche loro provenivano dallo Zhejiang, la provincia orientale costiera sita appena sotto Shanghai, grande un terzo dell’Italia ma (quasi) col suo stesso numero di abitanti, una regione sì ricca ma con diseguaglianze mostruose, figlie anche del suo difficile territorio: montuoso, ostile, povero di campi agricoli non appena ci si allontana dal mare.
Wenzhou, nello Zhejiang, città d’origine di molti dei cinesi in Italia
Oggi a Milano vivono circa 27’000 cinesi e, sorpresa, non tutti dimorano tra via Paolo Sarpi e dintorni e a Chinatown neppure rappresentano la maggioranza.
La storica vocazione al commercio della zona (già “borgo degli ortolani” prima di diventare “quartier generale dei cinesi” durante il fascismo e Chinatown poi), unita al sovraffollamento dei laboratori-abitazione cinesi del quartiere e alla vicinanza col centro città, hanno fatto schizzare in alto i prezzi degli affitti, cosicché molti dei cinesi di Milano vivono tra Niguarda, Bicocca e Comasina, e Chinatown rimane saldamente in mano agli italiani.
Si fa per dire, perché, come si nota camminando per le strade, gli esercizi commerciali sono chiaramente quasi tutti cinesi.
Uno scaffale di Kathay Food, in via Canonica
I posti da provare almeno una volta nella vita
Nel quartiere Sarpi convivono a stretto contatto alcune delle eccellenze meneghine con la rampante realtà cinese odierna: emblematico il caso della Ravioleria Sarpi, pluripremiata per la qualità dei suoi ravioli baozi e per aver portato lo street food milanese a livelli mai toccati prima, che si rifornisce dall’adiacente macelleria Sirtori, bottega storica di Milano risalente al lontano 1931.
Da segnalare anche il contrasto esistenziale tra due famosi vicini del quartiere: la pittoresca pasticceria Maki, che propone di tutto, dagli improbabili waffles a-là-cinese al bubble tea tanto in auge, situata a pochi passi dalle Cantine Isola, altra bottega storica milanese (aperta nel 1896), uno dei migliori locali della città dove andare a sorseggiare un calice di vino.
TripAdvisor, la Bibbia dell’uomo contemporaneo quando si parla di cibo, segnala anche la pasticceria Huang Ji Dessert (gli utenti raccomandano i suoi frullati e i dolci di Hong Kong), situata all’interno dell’Oriental Mall, il centro commerciale aperto nel 2013 su cinque piani con spazio benessere, abbigliamento e giochi, amatissimo dai turisti orientali, e il ristorante Hua Cheng, in via Giordano Bruno, possibilmente il migliore di Chinatown, non foss’altro per assaggiare specialità cinesi non facili da trovare e per andare oltre il solito involtino primavera.
Chinatown è un microcosmo che sa farsi specchio del mondo: via Canonica ha da poco accolto Kathay Food, il più grande supermarket etnico d’Italia, che offre più di 10’000 prodotti alimentari tipici, dalla Thailandia al Brasile.
Inoltre, in piazza Antonio Gramsci troviamo uno dei Carrefour più innovativi dello scenario mondiale, sede di cooking show e di percorsi formativi per sommelier, allestito come la catalana Boqueria e ricco di prodotti a chilometro zero.
Foto dal capodanno cinese a Milano
Nel quartiere cinese, l’Italia si difende benissimo: oltre alle già citate botteghe storiche, in Chinatown hanno sede la Pasticceria Martesana, vincitrice nella sua categoria dei ViviMilano Awards – Food & Drink 2017, e PastiCherì di Lucia Stragapede, allieva del mastro pasticciere tedesco Ernst Friedrich Knam, che serve le migliori brioches, torte e mousse della zona.
Un importante segnale della sempre più crescente assimilazione di Chinatown al tessuto sociale cittadino è arrivato in occasione dell’ultimo capodanno cinese, festeggiato da più di 100’000 persone (mai così tante) che hanno invaso via Sarpi per celebrare l’ingresso nell’anno del cane.
Non siamo ancora ai livelli di New York, dove per la stessa occasione hanno addirittura sparato degli spettacolari fuochi d’artificio sull’Hudson, ma anche questo è un sintomo dell’internazionalizzazione di Milano, che procede spedita e in maniera tangibile, in posti come Chinatown.
Foto dal capodanno cinese a New York
Le difficoltà dell’essere grandi
Ora la sfida sarà riuscire a mantenere vibrante un quartiere che, dopo la ventata di novità degli ultimi tempi, rischia di uscire dalla vetrina milanese, tra i completamenti dello Human Technopole e di CityLife e la riqualificazione degli scali ferroviari che cambierà volto alla città.
Sarpi ha superato i momenti difficili giunti all’inizio del nuovo millennio, dovuti alle tensioni tra i commercianti e abitanti italiani con i cinesi e alla presenza di varie bande mafiose della Triade, combattute fino ad arrivare all’arresto di tre suoi boss tra il 2007 e il 2015.
Uno dei simboli della Triade, la criminalità organizzata cinese
Il quartiere negli ultimi anni è migliorato mano nella mano con la città, e ormai le tensioni hanno lasciato spazio agli aneddoti: almeno una volta nella vita praticamente ogni milanese si è domandato perché i cinesi non muoiono mai, e nessuno può dire di aver assistito a un loro funerale.
Su 80’000 ultraottantenni che abitano nel capoluogo lombardo, però, non ci sono cinesi: addirittura, oltre un quarto di loro è minorenne. Per di più, essendo atei o agnostici, non celebrano riti. Il loro funerale contempla solo la visita alla salma da parte dei parenti, e moltissimi nel testamento chiedono di essere riportati in Cina.
Eppure c’è chi giura di aver visto almeno una trentina di tombe di cinesi nei cimiteri milanesi: ecco un’ottima idea per una caccia al tesoro domenicale!
BONUS: ai più curiosi segnaliamo “Giallo a Milano”, il docu-film di Sergio Basso che approfondisce la conoscenza della comunità cinese a Milano e, quindi, del quartiere Sarpi.
HARI DE MIRANDA
Gli hotspots di Chinatown evidenziati nell’articolo
Forse non tutti sanno che ad alcune società quotate nella borsa di Milano, che hanno evidenziato problemi finanziari, la Consob richiede di fornire un’informazione con cadenza mensile sulla propria situazione aziendale e finanziaria per tutelare i risparmiatori. Si tratta di aziende considerate ad alto rischio, spesso con valori che riflettono questo rischio. Alcune di loro presentano un interessante rapporto rischio/rendimento*
Qui l’ultimo elenco delle 23 società inserite nella Blacklist della Consob: Blacklist.
5 aziende nella Black List Consob su cui si potrebbe scommettere un euro
#1 STEFANEL: si aspetta un 2018 in crescita
Dopo anni di difficoltà si inizia a vedere qualche spiraglio positivo. L’esercizio 2017 è stato caratterizzato dai fatti ed eventi che hanno consentito la riorganizzazione del Gruppo grazie alla riduzione dei costi, al processo di ristrutturazione finanziaria e rafforzamento patrimoniale del Gruppo.
Il rilancio dell’azienda di abbigliamento veneta è in stadio di avanzamento: si punterà principalmente sul potenziamento della linea stilistica, su maggiori investimenti pubblicitari e sul refurbishment dei punti vendita. Inoltre sono previsti la chiusura di punti vendita non performanti ed un maggior rafforzamento all’estero. Questi sono alcuni dei principali obiettivi sui quali l’azienda si focalizzerà con l’obiettivo di realizzare un ebitda consolidato positivo e flussi di cassa operativi positivi a partire già dall’esercizio in corso; un patrimonio netto consolidato positivo; risultati netti consolidati positivi per effetto della gestione ordinaria a partire dall’esercizio 2020 e in crescita nell’arco del piano industriale che terminerà nel 2022.
Nel 2018 il titolo Stefanel potrebbe finalmente iniziare a beneficiare del progetto aziendale portando beneficio anche ai piccoli risparmiatori.
Supporto 0.1590 euro (medio-lungo termine) per il test in area 0.1470 euro (1° target).
Resistenza 0.2750 (medio-lungo termine) per il test a 0.2951 euro.
#2 RISANAMENTO: l’anno del rilancio del quartiere Santa Giulia?
santa giulia fonte: pro Iter
Anche per Risanamento il 2018 potrebbe essere l’anno del rilancio. La società immobiliare si focalizzerà sullo sviluppo della iniziativa immobiliare di Milano Santa Giulia (Risanamento e Lendlease) che potrebbe essere il punto di svolta ma non nel breve periodo. Infatti questi investimenti (area Nord e Sud di Milano S. Giulia, quartiere residenziale) porteranno i loro benefici nel medio/lungo periodo in quanto gli investimenti sostenuti sono destinati a dar luogo a ritorni non immediati in termini sia economici che finanziari. Il business plan per le aree prevede un investimento complessivo di circa 115 mln di euro, incluso il valore delle aree edificabili pari a 34 mln di euro.
Nel 2017 era prevista la vendita del Complesso Sky, delle Torri del Quartesolo e Grosio per una valore di circa 6 mln di euro, così come previsto nelle linee guida strategiche 2016/2017, ma fino ad oggi non si è arrivata a nessuna conclusione quindi la società immobiliare ha ancora questa carta da giocare, sarà la volta buona? Supporto area 0.028 euro (medio-lungo termine) per il test in area 0.02650 euro in prima battuta
Resistenza 0.039 euro (medio-lungo termine) per il test in area a 0.042 euro in prima battuta.
#3 BRIOSCHI: per chi crede nella ripresa dell’immobiliare
Altro titolo immobiliare presente nella Black List Consob è Brioschi Sviluppo Immobiliare: l’attività è basata sullo sviluppo integrato di grandi aree urbane mediante la progettazione e la realizzazione di complessi innovativi.
Nel 2018 potrebbe esserci il rilancio del settore immobiliare e Brioschi continuerà nel proprio progetto di crescita e investimenti (il Gruppo procederà nelle attività operative coerentemente con i piani aziendali). La strategia aziendale già sta dando i suoi primi frutti, infatti la posizione finanziaria netta migliora sensibilmente (45,8 milioni di euro del 31/03/2018 rispetto a 127,1 milioni di euro al 31 dicembre 2016), grazie a nuove vendite immobiliari per un valore di circa 97 milioni di euro. I proventi della cessione consentono di ridurre l’esposizione nei confronti del sistema creditizio di circa 49 mln di euro, ciò permetterà di far fronte agli impegni finanziari futuri di medio periodo. Probabilmente ci vorrà ancora del tempo per ridurre l’indebitamento ma la strada che sta percorrendo il gruppo immobiliare sempre essere quella giusta.
Supporto 0.0700 euro (medio-lungo termine) per il test in area 0.067 euro in prima battuta
Resistenza 0.091 euro (lungo termine) per il test in area a 0.100.
#4 BIALETTI: aria di rimbalzo tecnico
Bialetti, leader in Italia nel mondo dell’Houseware, prosegue lungo la via delle vendite ed i corsi potrebbero raggiungere a breve il supporto grafico. Il titolo da circa 6 mesi continua a perdere terreno (-25%) e non accenna ad arrestarsi.
Nel 2017 la società aveva reso noto che non avrebbe raggiunto gli obiettivi previsti dal piano industriale 2013-2017 (adc nel 2015); ora Bialetti si lancia nel nuovo Piano Industriale 2018-2020 che si baserà su un maggior presidio dei mercati esteri a più alto potenziale di crescita; riduzione del capitale circolante; ridimensionamento e riorganizzazione della controllata turca CEM Bialetti.
Supporto 0.468 euro (medio-lungo termine) per il test a 0.450 euro in prima battuta (area 0.4100 euro 2° target)
Resistenza 0.600 euro (lungo termine) per il test a 0.670 euro.
#5 GABETTI: l’aumento di capitale ancora non basta
L’aumento di capitale ha permesso il riequilibrio della struttura patrimoniale e finanziaria del Gruppo ma il titolo, almeno per il momento, non continua a beneficiarne, anzi sfiora i minimi storici.
Nell’esercizio 2018, il proseguimento dello sviluppo delle attività dovrebbe consentire la continuazione del percorso di crescita ed il miglioramento dei risultati. Il contesto immobiliare è in miglioramento dal punto di vista di transazioni e di prezzi ed il fatturato del gruppo è previsto in aumento. Le prospettive del mercato immobiliare in Italia sono rosee, le richieste sono previste in crescita sul segmento prima casa anche se ancora su immobili non di alto valore.
Supporto 0.370 euro (medio-lungo termine) per il test a 0.3433 euro in prima battuta.
Resistenza 0.500 euro (lungo termine) per il test a 0.5480 euro.
PASQUALE FERRARO
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11 maggio 1961. Allo stadio San Siro davanti a 40 mila spettatori ha luogo la finale del campionato mondiale di pugilato welter junior, tra Duilio Loi e il portoricano Carlo Ortiz. Vince l’italiano ai punti dopo quindici riprese.
Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani
Lana Del Rey è universalmente conosciuta per il pessimismo e la depressione intrinseci dei suoi testi.
Prendiamo questo pezzo:
“Blue jeans, white shirt Walked into the room you know you made my eyes burn It was like James Dean, for sure You so fresh to death and sick as ca-cancer You were sorta punk rock, I grew up on hip hop But you fit me better than my favorite sweater, and I know That love is mean, and love hurts But I still remember that day we met in December, oh baby…”
Malinconia portami via…
E questo è solo uno di tutti i pezzi di Lana Del Rey che potrai ascoltare questo mercoledì, dalle ore 20.00, al Mediolanum Forum di Assago.
Se non sei scaramantico e, tutto sommato, Lana De Rey non ti dispiace (c’è da riconoscere, infatti, che ha una voce notevole), scaldati per bene le corde vocali e fatti un riposino pomeridiano, perchè dovrai essere in ottima forma per goderti il suo concerto.
E’ inutile dire che è un appuntamento imperdibile e che sicuramente vale i 57,50 euro del biglietto… no?
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Tra le varie cose di cui è capitale Milano, la moda, il design, il food, la finanza, le tendenze, Milano è anche la capitale gay friendly. Chi a Milano bazzica già da anni, sa che nella zona di Porta Venezia c’è una bella movida gaia, assolutamente da non perdere. Ma per facilitare i nuovi arrivati, andiamo dritto al sodo. Ecco allora la mappa dei locali più LGBT di Milano.
Piazzale Lavater (zona Porta Venezia)
Uno dei più famosi bar gay friendly di Milano, conosciuto per i buoni cocktail e la bella musica.
Consigliatissimo durante i mesi meno freddi, quando si può stare all’aperto sulla terrazza fronte strada. www.blancomilano.it
Via Lecco, 5 (zona Porta Venezia)
Un piccolo bar con sei tavoli in tutto. Ogni venerdì sera il Red Cafè propone ai suoi clienti un aperitivo multietnico. Anche la clientela è mista: si distingue tra eritrei, etiopi ed italiani che siedono gli uni accanto agli altri. Zainesh, la proprietaria, detta La Za, è diventata oramai un’istituzione nel quartiere. Red Café Fan Page
Via Gargano, 15 (zona corso Lodi) Drag Queen molto folkloristiche ed etero estroversi: sono questi gli habituè del Plastic. Nonostante il cambio di location, ogni weekend da oltre 20 anni è meta di personaggi più o meno celebri provenienti da mondi diversi. Le serate di venerdì, sabato e domenica infatti sono aperte ad un pubblico variegato e non necessariamente LGBT.
Ultimamente è un po’ criticato per la rigidissima selezione all’entrata, ritenuta leggermente snob, senza avere motivo di esserlo. Plastic su Instagram
Via Gastone Pisoni (Quadrilatero)
Club alla moda firmato Armani, situato proprio sotto il famosissimo ristorante Nobu e frequentato da quella fetta di pubblico internazionale che ama gli ambienti esclusivi, il giovedì sera si trasforma in un must per la community LGBT. Il salotto dal look minimal e moderno offre anche una terrazza bellissima aperta durante i mesi caldi. Decisamente trendy e di classe. http://armanipriveclub.com/
#6. Vogue Ambition (Sabato sera)
Un tempo era appuntamento fisso all’Amnesia. Vogue Ambition è la serata LGBT dove la parola d’ordine è l’eccesso, che dal venerdì si è ricollocata il Sabato, dove il dancefloor si anima al ritmo di musica anni ’80, italiana, dance e pop. Free entrance garantita in un luogo dove musica e stravaganza si fondono in un clima di festa. Bello ma TRASH TRASH TRASH! Per seguire gli appuntamenti, consigliamo di seguire la pagina Facebook della serata.
Q21 – Via Padova, 21
Incredibile locale gay friendly che ai suoi albori ha fatto parte del circolo Arci. Nonostante la nuova location, l’aspetto più distintivo del posto è rimasto – dei bei water a mo’ di sedute. Uno dei punti di forza del locale, oltre alla selezione musicale variegata e adatta a tutti i gusti, è l’ingresso gratuito fino a mezzanotte, 10€ con drink fino alla chiusura. Consigliato per chi vuole ballare e divertirsi spendendo molto meno della media delle serate milanesi. Erik & Croce, propietari(e) del Toilet, tengono talmente tanto alla Clientela che per celebrare l’unione civile hanno anche organizzato una festa ad-hoc: “Toilet vergogna, Sceme da un Matrimonio”. Questo aneddoto basta per farcelo piacere direi, no? http://www.circolotoilet.it/
Via Larga, 8 (Centro)
Nelle vicinanze del Duomo c’è invece il G-lounge, uno dei primi locali gay aperti a Milano. Situato in pieno centro e comodamente raggiungibile con i mezzi pubblici, ogni sera accoglie una clientela folta. Vengono organizzate serate a tema e va fortissimo la serata hip-hop (meno gay e più etero, ma molto New Yorkese). G Lounge FB
Via Lecco, 5 (Porta Venezia)
Il detto dice “un nome, un programma“, e si potrebbe applicare benissimo a questo barettino di zona che offre colazioni gustose, aperitivi appetitosi e cocktail fantasiosi. Una vera hipsteria a tutto tondo, recentemente ampliata visto il grande successo ottenuto dall’accogliente-accoglienza dei gestori/propietari. Era un buco di bar, ora non più, ma l’atmosfera è sempre la stessa. www.leccomilano.it
Via Lecco, 6 (Porta Venezia)
Rimanendo nel quartiere più LGBT di Milano, all’angolo con via Panfilo Castaldi si può trovare uno dei locali più gettonati per un pre e post-aperitivo, immergendosi in un’atmosfera rigorosamente anni ’70. Da DJ set a mostre, il programma varia sempre, e la gente pure. Gay friendly e variegato. Mono su FB
Viale Umbria, 118 (Porta Vittoria)
Il Black Hole, detto BH per gli amici, è una discoteca oramai storica nell’ambiente LGBT. Dimenticatevi l’elettronica per danzare come matti a ritmo di musica pop, rock e revival. Tira moltissimo in estate, quando il locale sfoggia gli spazi all’aperto (segnatevelo per le belle stagioni). Black Hole su FB
Via Natale Battaglia, 12/14 (NoLo)
Spostiamoci a NoLo (nuovo slang per definire il quartiere a NOrd di LOreto), per un venerdì sera indimenticabile. La Balera Arizona 2000 si trasforma e da mezzanotte, ogni venerdì, tra coppiette anziane, giovanotti e drag queen si balla a ritmo di canzonette da cantare a squarciagola. Avete detto che volete una serata figa? Allora non mancate. La Boum su FB
Via Rosolino Pilo, 7 (Porta Vittoria)
Last but not least, non si può non menzionare una delle poche trattorie che oltre ad essere buone sono anche divertenti. Avete capito bene, divertenti. In pieno mood anni ’80/’90 non si riesce a resistere dall’intonare a squarciagola pezzi super revival. Ma mangiar cantando non è l’ultima caratteristica: dopo cena la gente inizia ad alzarsi per ballare tra i tavoli al ritmo della Carrà, Celentano, Cuccarini e chi più ne ha più ne metta. Pop & Top! Milleluci su FB
Milano rischia di rimanere a bocca asciutta con la Brexit. Un rapporto internazionale indica che nessuna fra le compagnie che lasceranno Londra ha scelto di trasferirsi nella nostra città.
In totale, ben 336 aziende di livello mondiale abbandoneranno o ridimensioneranno considerevolmente la loro sede inglese per migrare in uno dei paesi dell’eurozona, che garantiscono un accesso privilegiato e decisamente più snello a tutta l’Unione Europea.
L’ultimo rapporto dell’olandese KPMG, una delle quattro maggiori società di revisione aziendale dominanti sul mercato, non lascia scampo a Milano.
La City di Londra, il distretto finanziario che più soffrirà la Brexit
Tra le 85 compagnie prese in considerazione dominano quelle del settore finanziario (37), e nessuna di loro sceglierà la nostra città per traslocare il proprio quartier generale.
Fra queste sono comprese le agenzie europee dell’EMA, già protagonista di un caso ampiamente discusso che ha visto Amsterdam prevalere su Milano in seguito a sorteggio, dell’EBA (European Banking Authority, l’autorità europea che ha il compito di sorvegliare il mercato bancario dell’Unione), che andrà a Parigi, e del Galileo Satellite System, che gestisce il sistema di posizionamento e navigazione satellitare civile sviluppato in Europa in alternativa al GPS statunitense, promesso a Madrid.
Una delle sedi principali del Sistema Galileo, a Praga. Per Milano, niente
Medicina, finanza, tecnologia: campi nei quali l’Italia e Milano eccellono, eppure non siamo stati capaci di persuadere nessuna grande realtà a scegliere noi per il dopo-Londra.
Analizzando il report di KPMG, scopriamo che ben 32 tra le 85 compagnie elencate hanno individuato il Lussemburgo, già il primo paese dell’Unione Europea per RNL (Reddito Nazionale Lordo), come loro prossima sede, e di queste ben 17 sono realtà operanti nel settore finanziario al massimo livello.
Il Lussemburgo si è preso anche 5 delle 18 banche in gioco, al pari della Germania, e 8 tra le 24 compagnie assicurative in cerca di nuova dimora.
Lothbury Street a Londra, sede tra le altre della Shangai Pudong Bank, che andrà a Lussemburgo
Madrid, oltre a Galileo, si prenderà anche Admiral Group, un importante gruppo assicurativo. Parigi, insieme all’EBA, due banche (tra cui HSBC!), due gruppi finanziari e la Global Aerospace, la maggiore compagnia di consulenza e assicurazioni per le linee aeree degli Stati Uniti.
Non è finita: anche l’Irlanda e Dublino faranno il botto, con 3 banche, 7 compagnie assicurative e 6 gruppi finanziari, per un totale di 16 società tra le quali figurano Bank of America, Barclays e JP Morgan.
Uno scorcio dell’ International Financial Services Centre, la Zona Economica Speciale di Dublino
Da questa analisi possiamo cogliere sostanzialmente due aspetti: il primo riguarda la centralità che Londra riveste (rivestiva?) nello scenario europeo e quindi globale, dato che non c’è una big dei principali settori che non abbia sede lì, e infatti dell’opportunità nata dalla Brexit ne stanno beneficiando quelle che sono sì importanti città europee, ma che, in un certo senso, sono come avvoltoi su un animale ferito (il 60% dei londinesi votò per il remain al referendum sull’uscita dall’UE).
La Greater London gode di grande autonomia in seguito a un referendum del 1998, e ora il sindaco Sadiq Khan sta disperatamente studiando un metodo per rendere Londra una città-statode facto, per avere ancora più potere decisionale e ovviare ai problemi posti dalla Brexit.
L’area della Greater London
Il secondo aspetto riguarda noi e Milano, città che sempre di più avrebbe bisogno di poter decidere del proprio destino senza passare dalla pesantezza dell’apparato burocratico e dalla lentezza del sistema giuridico italiani, che allontanano le imprese e la voglia di costruirne.
Dopo il referendum inglese, le speranze per la nostra città di raccogliere almeno qualche briciola da Londra erano tante, ora sono sempre più fumose: di fatto, il comitato del Milano European Financial Hub, creato appositamente, non è servito a nulla.
Milano resta comunque una realtà che indipendentemente da tutto sta riuscendo ad innovarsi e a crescere verso il futuro. Speriamo sia capace di costruirselo in Europa, non solo in Italia.