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Si è di Milano quando Milano ti vive DENTRO

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musica milano
Su quest’argomento s’è scritto molto, bene ed anche su questa testata: Milano nelle canzoni. 
Dallo sguardo maligno di Dio del Lucio al tramonto dalle terrazze del Duomo di J-Ax, dal ragazzo della via Gluck dell’Adriano alle luci a San Siro del Roberto, ma anche l’Enzo, l’immancabile Ornellona (che quand’è in giro per Milano la vedi da un chilometro di distanza, la amo), il Nanni: addirittura l’Antonello una parolina alla Milano lontana dalla sua terra l’ha dedicata.
 
 
In linea di massima, se chi canta è di Milano, si stupisce che qui ci si possa innamorare, essere felici o godersi un tramonto. Se chi canta non è di Milano, non vede l’ora di togliersi dalle balle (prego).
Su tutte svetta, ovviamente, la Madunina del D’Anzi, con o senza l’aggiunta (un tempo insolente, ora affettuosa, ma sempre liberatoria) del “terùn”! a fine ritornello.
Tuttavia, nelle classifiche che ho trovato sfruculiando on line, qualcosa è stato sottovalutato: ad esempio “Milano e Vincenzo” di Alberto Fortis (bella, più che altro, perché parla male di Roma); o “Domenica bestiale” di Fabio Concato, con quel “sapessi amore mio come mi piace partire quando Milano dorme ancora, vederla sonnecchiare e accorgermi che è bella prima che cominci a correre e urlare”, che mi ricorda così tanto la partenza per il mare, all’alba di quei primi sabati di agosto di mille anni fa, con la Cinquecento blu cobalto sovraccarica.
 
 
Ma è risalendo nel tempo, che si trova l’anima profonda di questa città
Intendiamoci, è roba in dialetto, una lingua stretta tra il tedesco e il francese, ormai elitaria, che si può cantare soltanto dopo enne bicchierini e stando ben attenti ad evitare sfide con altre, e più agguerrite, tradizioni musicali.
Da quei pezzi emergono costantemente due caratteri tipici del Milanese: l’orgoglio di essere un F205 ed un senso profondo della sobrietà, che sconfina a volte nella timidezza. (Non è un caso che la Madonina inizi con una specie di disclaimer sulla musica napoletana, ed apostrofi con scetticismo la propensione tragica delle canzoni romane).
Una delle mie preferite è “Lassa pur ch’el mond el disa” (ma Milan l’è un gran Milan) del duo D’Anzi-Bracchi (1939). 
Il testo fa riferimento al progetto della metropolitana, che venne presentato per la prima volta nel 1913, fu approvato nel 1933 e realizzato solo nel 1964: quasi cinquant’anni, durante i quali Londra (Città autonoma) ha praticamente decuplicato le linee già esistenti dal 1850
 
 
Quella che amo di più, sempre del duo D’Anzi-Bracchi, è però “Nostalgia de Milan”.
Uscita nel 1940 è, che io sappia, l’unica canzone che parla di una Milano da cui s’è lontani, che si rimpiange ed a cui non si vede l’ora di far ritorno. (Onore solitamente riservato ad altre latitudini, salvo il fatto che ma pö végnen chi a Milan, omissis, punto esclamativo).
Musicalmente è un tango leggero, poco impegnativo, ma il testo è davvero struggente. Niente nebbia, niente traffico, niente sbattimenti: solo un’infinita tenerezza, strana per Milano.
Sarà perché era di moda quando tanti Italiani, e tra loro tanti Milanesi, furono internati nei campi di concentramento nazisti per aver rifiutato di aderire alla vergognosa Repubblichina di Salò; sarà perché il mio nonno fu uno di loro, e me la canticchiava quand’ero bambino, senza mai riuscire a finirla perché gli s’ingroppava la gola ripensando agli anni di prigionia a Königsberg; sarà perché adesso la gola s’ingroppa a me pensando al nonno che non c’è più; sarà perché mi rincorre ogni volta che sono distante, ma per quanto mi riguarda quel pezzo è CASA.
 
 
Mi capitò anni fa, per il Thanksgiving Day, di trovarmi a Seattle da amici che, prima d’essere costretti a far rientro negli Stati Uniti, avevano vissuto a lungo a Milano e se n’erano innamorati. Mancava anche a loro.
La mia amica Jacqueline aveva iniziato a prendere lezioni di fisarmonica, e m’aveva chiesto d’inviarle qualche spartito facile: le mandai proprio Nustalgia de Milan. E quella gelida sera di novembre, sotto il patio di casa sua, dall’altra parte del mondo, in una città costruita centocinquant’anni fa (lo schiaccianoci della mia bisnonna, che ancora uso, è più vecchio), lei alla fisarmonica ed io alla chitarra, ci mettemmo a sospirare in musica la lontananza di Milano. 
Solo la traduzione istantanea in inglese m’impedì di scoppiare a piangere come un vitello.
Perché non si è di Milano solo essendo un F205 o vivendo a Milano: si è di Milano quando Milano ti vive dentro.
 
 
ANDREA BULLO
 
 

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La Morte e gli scacchi: Il settimo sigillo

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Cosa succede quando un cavaliere di ritorno dalle Crociate incontra… la Morte?

Contestualizziamo: siamo all’epoca della Peste e questo guerriero si ritrova a tornare in fin di vita nel suo paese natio, colpito da questa terribile piaga.

Vedendolo moribondo, la Morte minaccia di abbracciare il soldato e il suo paese, in quanto l’ora è quasi scoccata per entrambi.

Essendo saggia, però, la Morte consente uno spiraglio di salvezza al crociato sopravvissuto: per offrirgli una seconda possibilità, un riscatto, lo sfida a una partita a scacchi, durante la quale il cavaliere potrà camminare ancora una volta nel mondo dei vivi, fare delle esperienze e incontrare persone nuove che gli consentiranno di riflettere a lungo.

Mentre la Morte e il soldato ragioneranno sulle rispettie mosse, nel gioco e nella seconda vita dell’uomo, quest’ultimo rifletterà su sè stesso, sulle sue scelte e sulla religione, per cercare di trarre quelle fatidiche conclusioni chelo redimerebbero completamente.

Questo è solo un accenno di “Il settimo sigillo”, il film che potrai vedere questo martedì alle 19.20 al Cinema Ariosto: per un film di tale spessore, i 10 euro del biglietto sono anche pochi, te lo assicuro.

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BOER arriva in città: “Milano mi ha capito e mi ha fatto sentire a casa”

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Il cibo, un fattore che caratterizza al contempo la storia e la tradizione d’Italia, così come ogni città internazionale che si rispetti. Abbiamo deciso di pubblicare una serie di interviste a grandi chef (e cuochi) che hanno scelto Milano e che ogni giorno contribuiscono a renderla grande.

EUGENIO BOER, Liguria – Olanda

Ristorante: [bu:r]

eugenio boer
Copyright © Ilaria Borin

Si scrive Boer ma si pronuncia [bu:r] come il ristorante da poco inaugurato a Milano a due passi da corso Italia dove nel menu sono scomparsi i piatti così come li conosciamo, sostituiti da concetti tra cui scegliere affidandosi completamente alle capacità della brigata di cucina. Un ristorante “sufficientemente vicino dal Duomo per andarci a piedi, abbastanza lontano per non essere in mezzo a troppe persone”.

Perché Eugenio Boer è abilissimo in cucina ma non ama gli spazi troppo affollati né peggio le auto, tanto da aver scelto di non avere – oggi a 40 anni – la patente. Gli piace muoversi a misura d’uomo, lui metà sangue ligure (nato a Rapallo) e metà olandese (è rimasto in Olanda da dopo la nascita ai 7 anni, per poi tornare a Sestri Levante). La passione per la bicicletta gliel’ha fatta venire quasi sicuramente questa sua co-origine nordica, ma gliel’ha fatta andare via proprio la nostra Milano.

Un giorno un’auto gli ha tagliato la strada e ha rischiato l’osso del collo. Da lì il suo mezzo preferito di locomozione sono diventati i piedi… E se di Milano è innamorato per tanti aspetti di cui parleremo più avanti – tanto da averla scelta come luogo dove inaugurare il suo primo ristorante – se una critica gliela può muovere è quella di una ancora insufficiente politica risolutiva sui problemi dei pedoni e dei ciclisti, dall’eccessivo smog a troppi navigli nascosti sotto l’asfalto. Ah, un’altra cosa che non gli piace per niente è se lo chiamate chef… Eugenio Boer è un cuoco, da quando aveva 3 anni…

eugenio boer
Copyright © Marco Varoli

Dall’Olanda alla Liguria (6 anni di apprendistato tra cui il Pescador e il Sant’Anna), poi la Sicilia (Osteria dei Vespri di Palermo), Berlino (Bacco e Vau), il ritorno in Sicilia da Alberto Rizzo, la Toscana (da Gaetano Trovato “il più francese degli italiani”… all’Arnolfo di Colle Val d’Elsa e poi La Leggenda dei Frati di Monteriggioni), il Trentino Alto Adige (St. Hubertus del pluristellato Norbert Niederkofler), infine Milano con Enocratia, Fishbar de Milan ed Essenza (tua prima stella Michelin).

Perché restare a Milano per il tuo primo vero ristorante?

“Ho puntato su Milano perché mi sono sentito accolto, mi ha capito, ha capito che la mia cucina non è facile anche se credo sia piacevole, ha tanti risvolti e rimandi a me stesso. Un me che non spiego neanche più di tanto, ma passa direttamente e molto dai piatti. Sono uno che parla poco, almeno che non venga stimolato. Altrimenti mi esprimo attraverso quello che so fare meglio appunto, cucinare.

Milano, dicevo, mi ha capito e mi ha fatto sentire a casa e così ho deciso di rimanere. È una città bellissima, soprattutto di notte, il sabato o la domenica mattina… Quando sono arrivato la prima volta non si mangiava benissimo, ma stava nascendo la rivoluzione del cibo. Oggi si mangia ad altissimo livello. Certo non è ancora New York, non è ancora Londra, ma è un attimo, ci arriviamo…

C’è da dire anche che le istituzioni sono presenti, c’è forse troppa burocrazia e in altri Paesi c’è più tecnologia, ma stiamo recuperando il ritardo velocemente.

Sul perché non sia tornato in Liguria o andato in Olanda, posso dire che la mia casa è dove appoggio la mia toque. A una persona che è terribilmente ancorata alle tradizioni questa cosa qua viene più difficile, ma bisogna avere una mente aperta, non avere il bisogno di tornare a casa per forza. Questa mentalità consente di prendere il meglio delle tue tradizioni ed esaltarle con e nel luogo dove si vive. Io ho viaggiato in tutto il mondo e continuerò a farlo perché per me è fondamentale. Quanto ti muovi vedi, tocchi, mangi, conosci. Può essere anche la semplice cucina di un hotel di Hong Kong dove magari devi preparare solo una cena e ripartire e hai modo di vedere solo l’aeroporto, un taxi e un ristorante… Ma se vuoi veramente conoscere quel  luogo, lo fai: ad esempio, non entri col paraocchi nella cucina a fare solo il tuo. Mentre fai il tuo vedi anche come stanno facendo l’anatra laccata, posi un attimo il coltello e ti perdi nel sogno di qualcun altro… Poi certo non devi ricucinarla subito, ma ti resta dentro un’esperienza, un’emozione, un ingrediente che poi ti servirà in un certo momento per un nuovo piatto…”.

eugenio boer
Copyright © Ilaria Borin

Perché sei diventato chef?

Io sono un cuoco, non uno chef che significa ‘capo’. Io non comando, nella mia brigata lavoriamo tutti insieme per un solo obiettivo. Divertirci, essere felici e far felici i nostri clienti. Dopo aver lavorato in diversi posti, ho aperto un ristorante non per diventare ricco o famoso, ma perché mi piace, mi diverto. Da piccolo avevo scoperto dove mia nonna nascondeva il pane secco, io lo rubavo e andavo a dar da mangiare alle papere in un laghetto… già allora c’era questa propensione di far contenti gli altri attraverso il cibo. Certo oggi so fare i conti, mio padre era un commerciante olandese e mi ha fatto diventare anche ragioniere. Ma poi è tutto quello che ruota intorno ai conti che fa la differenza.

Il mio amore per la cucina è nato dai gesti del cucinare che vedevo fare da mia nonna verso mio padre. Ho iniziato a lavorare a 12 anni perché era un desiderio mio, in un ristorante di amici. Ma tutto è nato tanto tempo prima, addirittura quando ho cucinato qualcosa per la prima volta avevo 3 anni, era pasta fresca. In Olanda tutte le volte che scendevo dalla camera da letto dal piano superiore la porta che trovavo era quella della cucina. Stavo lì a guardare mia nonna per ore, poi una volta mi ha dato un pezzo di pasta fresca e ha fatto di me – nel limite di un bambino piccolo – la sua spalla. Riempivo le tasche da pasticcere, impastavo, facevo i ravioli. Quando sono cresciuto mio padre mi ha detto: “fai quello che vuoi se fai quello che voglio io… Io vorrei che ti diplomassi: se ce la fai, vai anche al ristorante. Io sono solo che contento…” Mi sono diplomato ragioniere e gli ho portato il diploma. Lui lo ha strappato e mi ha detto: “corri al ristorante che sei in ritardo…”. Aveva capito che quella era la mia strada e mi ha sostenuto”.

Una strada fatta di passione e, oggi, sottolinei anche di responsabilità.

“Non vedo un’altra via oltre a quella di far le cose bene. Qualunque cosa tu faccia. Anche se fai un panino e un toast, è la stessa cosa di fare un piatto di alta ristorazione, ci deve essere sempre la stessa impostazione. È un concetto giapponese: altrimenti non hai rispetto di te, degli altri, della materia prima. Fare da mangiare è una grossa responsabilità, un’enorme responsabilità. Ricordiamoci che la prima persona che ti dà da mangiare è tua madre. Ho voluto riassumere questo concetto nel cucchiaino bianco – perché è il primo strumento che usiamo da bambini –  e l’ho voluto bianco per l’innocenza che ognuno porta dentro di sé”.

Milano può crescere ancora molto? Ha dei limiti?

“Può e deve crescere. Purtroppo è troppo piccola rispetto alle altri grandi città e capitali europee e questo fa tanta differenza. Io sono un cuoco, non so parlare di tanti altri argomenti, ma per come la vedo io ha poco peso quantitativo. E non so se è una fortuna, vedremo nei prossimi anni, sperando che diventi più grande e necessariamente con un decentramento di poteri come accade a Londra, Parigi, Berlino e tante altre città importanti con cui dobbiamo confrontarci.

In questo molti milanesi devo anche ancora aprire la propria mentalità: capita di sentire che uno non ha voglia di andare da Aimo e Nadia perché via Montecuccoli è lontana dal centro. Ovviamente è sempre da tutto esaurito, non è quello il punto, sto enfantizzando il discorso perché a Londra una frase o un modo di ragionare così non si sentirebbe mai”.

eugenio boer
Copyright © Marco Varoli

Aspettando la Milano di domani costruendola da oggi, la cucina di [bu:r] è il frutto di tantissime influenze con solide basi. L’aggettivo che questo cuoco ama è sicuramente “concettuale”. Nel suo menu, infatti, Eugenio Boer ha voluto eliminare i piatti per proporre dei “concetti di degustazione”, presentati in maniera circolare, a ricordare la forma del piatto e la ciclicità della vita, caratterizzata da un insieme di accadimenti concentrici. Ogni “concetto” racchiude una serie di piatti che l’ospite potrà decidere di scoprire.

In totale i “concetti” sono otto – Nino Bergese, Waste don’t Waste, Think Green, Il Mare, I Miei Classici, Il Viaggio, La Cuisine du Marché, Taverna Santo Palato – ed esprimono la cucina personale di Boer che scaturisce dalle emozioni nell’approcciarsi con il mondo e con le persone che lo circondano. Un menu che propone un rimando al passato in funzione del futuro, un omaggio ai cuochi che hanno contribuito alla sua formazione che cambia a seconda delle stagioni e delle emozioni appunto.

eugenio boer
Copyright © Marco Varoli

Emozionante è anche l’attenzione rivolta ai materiali che compongono l’immagine coordinata del ristorante. Dal menu degustazione ai biglietti da visita, dalle couvette per la piccola pasticceria alla carta dei vini, tutto è stampato su carta riciclata da alimenti come il mais, l’uva, la ciliegia e la mandorla, per sottolineare l’attenzione all’ecosostenibilità e al ridare dignità attraverso un uso innovativo.

eugenio boer
Copyright © Ilaria Borin

OMAGGIO A MILANO

A pranzo da [bo:r] è possibile degustare un’indimenticabile e originalissima “Schiscetta”. Non vi anticipiamo nulla, tutta da scoprire…

 

FLAVIO INCARBONE

 

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Milano clean city: 5 iniziative per rendere la città più PULITA

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zero waste

Forse ci siamo, il conto alla rovescia per la lotta ai rifiuti è cominciato. Proprio in queste settimane l’UE sta deliberando alcune misure definitive per liberare il pianeta dalle plastiche più inquinanti, e anche l’Italia sembra voler recepire questa istanza promuovendo tutta una serie di iniziative per affrontare l’era del plastic free challenge. Delle 530mila tonnellate di Pet immesse sul mercato nel nostro paese infatti, solo 235mila vengono rigenerate. Il resto va ancora in discarica, all’inceneritore, o disperso nell’ambiente, nonostante il Pet delle bottiglie sia uno dei polimeri plastici più facili da riciclare e con una quotazione sul mercato di nuovo in aumento dal 2016.

zero waste

Le iniziative di San Francisco, Hong Kong e Parigi

Le pratiche virtuose sono note, si tratta solo di metterle in pratica. 1. riduzione della produzione di rifiuti, ad esempio evitando materiali e confezioni monouso. 2. riciclo: promozione di uno smaltimento consapevole dei rifiuti in modo che possano essere trasformati in materiali con un nuovo ciclo di vita e di utilizzo. 3. riuso: adozione di contenitori o oggetti che possano essere impiegati più volte e per più scopi.

San Francisco e Hong Kong hanno già vietato la vendita di acqua e bevande contenute in bottiglie di plastica in tutti i distributori automatici presenti negli spazi e negli uffici pubblici, nelle strutture sportive, negli uffici e nei parchi comunali. Da anni a Parigi esistono fontanelle che erogano gratuitamente anche acqua gasata, dotate di un distributore automatico di borracce firmate nientemeno che da Philippe Starck. Recentemente anche da noi il Ministero dell’Ambiente si è attivato sotto la pressione UE con l’obiettivo di liberare i Ministeri e le istituzioni, le Regioni, le Provincie, le Città Metropolitane, i Comuni e tutti gli enti pubblici dall’utilizzo tutti gli articoli in plastica monouso. E molti comuni della penisola hanno già risposto all’appello.

zero waste

Milano in pole position

E Milano non è certo da meno. Con l’obiettivo di incoraggiare l’uso dell’acqua potabile fornita dall’acquedotto riducendo così l’utilizzo di bottiglie in plastica, a partire dal 2013 il Comune ha installato 20 case dell’Acqua, che erogano gratuitamente con la tessera sanitaria 6 litri al giorno procapite di acqua fresca, liscia o gasata. A breve la plastica usa e getta dovrebbe iniziare a scomparire anche dai distributori automatici e dalle mense  a favore di packaging biodegradabili, proprio a partire dagli uffici dell’amministrazione comunale e delle sue partecipate.

zero waste

Nel campo della raccolta differenziata poi non ci possiamo proprio lamentare, dato che con una percentuale del 55,6% siamo secondi solo a Vienna. Il modello lombardo di raccolta dell’umido è stato addirittura esportato a New York, portando in soli due mesi ad un incremento del 400% . Anche per la raccolta dei RAEE non ci facciamo mancare niente: da quest’anno e fino a luglio 2019 si sperimentano quattro Ecolsole fisse per la raccolta dei rifiuti elettronici di piccole dimensioni  – lampadine,  ferri da stiro, phon, radioline, smartphone, ecc. – riciclabili fino a oltre il 90% del loro peso, e che fino ad ora dovevano essere portati in discarica. A breve sul sito del Comune sarà possibile conoscere esattamente quali e quanti vantaggi genera il corretto trattamento dei rifiuti grazie al Contatore Ambientale – frutto della collaborazione tra Palazzo Marino, Conai, Amsa, A2A Ambiente e Amat – che permetterà di conoscere precisamente quanta acqua o emissioni di anidride non verranno prodotte grazie al riciclo, così come le materie prime vergini che saranno risparmiate.

Ma la strada è ancora lunga, e che qualcosa non funziona ce lo dicono chiaramente anche i recenti roghi di Novate e di via Chiasserini. Spiando le iniziative messe in campo qua e là in giro per il mondo, abbiamo stilato un piccolo campionario semiserio di come potrebbe essere incrementata ulteriormente la raccolta differenziata a Milano, prendendo spunto dalle iniziative già messe in campo.

#1 Cash for trash, ovvero il metodo del rinforzo positivo

Premi e sconti in cambio di immondizia. Funziona in questo modo. Si dislocano in alcuni punti strategici dei cassonetti mangia-rifiuti, detti ecocompattatori incentivanti, che in cambio di lattine, bottiglie e altri contenitori di plastica possono dare accesso a una vasta possibilità di benefit. Si fanno esperimenti in questo senso in ogni dove: si va dai buoni sconto per fare la spesa a un giro gratis sul metro, come fanno da tempo a Pechino e più recentemente anche a Istanbul. A Noord, non a caso  il quartiere più creativo e innovativo di Amsterdam, chi ricicla plastica o fa una differenziata spinta viene premiato con strane monete verdi da spendere negli esercizi commerciali della zona – un caffè, una lezione di yoga, una sistematina alla bici –  mentre alcune delle attrazioni turistiche più famose del Regno Unito stanno offrendo un ingresso a metà prezzo in cambio di bottiglie di plastica usate.

zero waste

Ora, io non ce li vedo proprio i milanesi che si caricano valigiate di bottiglie in macchina quando vanno al supermercato per qualche punto fragola in più, ma se esistesse una tessera che permetta di usufruire di sconti su alcuni servizi comunali (i biglietti del tram, piuttosto che un’ora di parcheggio gratis, un giro con il BikeMe o uno sconto al museo), mi vien da dire “ma perché no”? Se poi questi ecocompattatori, o come li vuoi chiamare, li piazzi in zone strategiche come quelle di movida, fuori dallo stadio e così via, risolvi tre problemi in uno: togli i rifiuti dalla strada senza far fare gli straordinari all’Amsa, aumenti la differenziata e offri un giro verso casa a chi ha alzato tropo il gomito a guidare quella sera proprio non ce la fa.

#2 La cauzione, ovvero il vuoto a rendere

zero waste

E’ ormai un grande classico nei paesi del Nord Europa e nella vicina Germania. CLa Germaniaha raggiunto il 98% del riciclo di lattine e bottiglie di plastica, Ora, non è che i nordici abbiano inventato nulla, il sistema dei vuoti a rendere per il vetro noi ce l’avevamo già negli anni Ottanta. Se tornassimo ad applicarlo, per obbligo o a incentivi, almeno a tutti le attività di somministrazione di bevande di Milano, sarebbe già un bel passo avanti.

#3 Il bastone e la carota

Questo è un metodo più talebano ma che nei piccoli comuni in cui viene già applicato sembra dare ottimi risultati. Non ricicli e fingi di non capire che non puoi mettere la carta dentro i sacchetti di plastica? Anziché scaricare il costo su tutto il condominio, dando magari la colpa al vicino che fa Airbnb, ti viene recapitata la multa  direttamente a casa. Produci poco pattume e ti sei studiato bene il libretto di istruzioni? Non pacche sulla spalla ma un bello sconto sulla quota variabile della TARI. Si può fare applicando un microchip da apporre sulle buste della spazzatura che finiscono poi nei bidoni condominiali, o con un badge che identifica il cittadino al momento in cui getta nel cassonetto delle isola ecologiche. Se vi sembra una soluzione da grande fratello non avete tutti i torti; ma se non ci scandalizziamo del fatto che già ci sbirciano nel conto corrente, perché farlo per un sacchetto della monnezza? Comunque tranquilli, la TARI per ora non si abbasserà, tutt’altro, almeno fino a quando la Lombardia dovrà continuare a prendersi il pattume del resto di Italia.

#4 The tourist factor

Da non sottovalutare assolutamente soprattutto ora che siamo diventati una delle più ambite mete turistiche europee. E il turismo si sa, è uno dei fattori più critici nell’ambito della produzione di rifiuti. Ma perché non trasformarlo in una opportunità? Ad Amsterdam l’hanno studiata davvero scaltra: a bordo della Plastic Whale i turisti visitano la città e intanto, retino alla mano, ripuliscono le acque dei canali da bottiglie, tappi e sacchetti che diventano poi mobili da ufficio, pagando persino: due ore al costo di 25 euro, incluso bevande e snack, skipper e guida inclusi.

zero waste

Ora che stiamo per riaprire i Navigli è una possibilità da tenere in considerazione, a meno di non voler delegare alle nutrie le ordinarie pulizie di primavera. Se la soluzione proprio non convince, in alternativa si può utilizzare il badge del punto #1, opportunamente distribuito nelle strutture ricettive, per consentire ai turisti di guadagnare punti che diano accesso a sconti, pass speciali o gadget griffati Milano, ad esempio delle shopping bag rigorosamente eco.

#5 Plastic Trend per i Fashion/Design Addicted

zero waste

Siamo la capitale della moda e del design, non dite che non lo sapevate. Il 2018 è stato l’anno della plastica, in passerella hanno spopolato il vinile, il pvc ed il nylon nello loro molteplici varianti di colori, ma anche borse, scarpe, occhiali e gioielli con inserti trasparenti. Sempre più mobili vengono realizzati con la plastica riciclata, e forse non tutti sanno che le ante della cucina KUNGSBACKA di Ikea sono opera di un’azienda italiana. Ora, se noi cittadini siamo fra i principali “produttori” di rifiuti, ovvero di materia prima per le aziende, perché non premiare direttamente anche i consumatori più virtuosi mettendo in palio un pass per la sfilata o per l’evento vip della fashion/design week? Non so voi ma io non ci sputerei proprio sopra.

#6 Last but not least, chiudiamo il Plastic! 

No dai, scherzavo.

 

ROBERTA CACCIALUPI

 

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Che cosa succederebbe se l’Italia finisse A TESTA IN GIU’

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Opera di Luciano Fabro
Opera di Luciano Fabro

Italia sottosopra, stivale colato a picco. Tante metafore per descrivere il disastro che potrebbe accadere per l’Italia. Ci siamo chiesti: che cosa potrebbe accadere se l’Italia finisse a testa in giù, fuori di metafora.

Che cosa succederebbe se l’Italia finisse A TESTA IN GIU’

#1 Matera al confine con l’Austria

Sui sassi piste da sci spettacolari per lo freestyle.

sciatori a matera

#2 La Sardegna in mezzo all’Adriatico

Farebbe concorrenza alla Croazia.

#3 Piemonte invaso dagli albanesi

Aosta sarebbe una pittoresca località marittima.

aosta

#4 Milano all’altezza della Basilicata

Si andrebbe al mare a Como.

#5 Tutti i risparmi finirebbero a Malta

Malta sarebbe la nazione più ricca del mondo, al posto della Svizzera.

#6 La Svizzera invece del cioccolato avrebbe i cannoli

E passerebbero il tempo a litigare con i calabresi.

cannoli svizzeri
cannoli svizzeri

#7 Il Veneto bagnato dal Tirreno

Invece di andare nelle Eolie si andrebbe nella laguna veneta.

#8 Portofino in pieno mediterraneo

Approdo di ricchi armatori greci.

#9 Il Salento confina con la Costa Azzurra

A Lecce ci sarebbe pieno di immigrati che vogliono andare in Francia.

#10 I barconi troverebbero un limite invalicabile nelle Alpi

Al sud avremmo coste altissime, inaccessibili, sorvegliate da sudtirolesi.

lungomare dolomiti
lungomare dolomiti

# La Tav sarebbe al posto della Tap

 

MILANO CITTA’ STATO

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La donna dello scrittore

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Questa è la storia di un uomo che prese l’identità di uno scrittore suicida e di un amore travagliato, quanto imprevedibile.

Il racconto è ambientato durante l’anno in cui le truppe tedesche hanno raggiunto Parigi e stanno avanzando verso il sud della Francia.

Il rifugiato tedesco Georg è riuscito a raggiungere Marsiglia e ha con sé due documenti: un visto per l’ambasciata messicana e il manoscritto di un romanzo di Weidel, uno scrittore suicidatosi temendo di essere catturato.

Per riuscire a scappare, Georg ha assunto l’identità dello scrittore e ora è alla ricerca di un passaggio su una nave americana.

Prima di poter scappare, però, incontra Marie, una giovane donna che è in cerca del marito scomparso, il famoso scrittore che si è tolto la vita. Questo incontro furtuito muterà radicalmente i progetti di Georg.

Questo è solo un accenno di quello che potrai vedere durante la proiezione di “La donna dello scrittore”, che si svolgerà alle 21.30 di questo sabato al Cinema Mexico.

Il biglietto cosa stolo 7.50 euro e se fossi in te non mi perderei una storia del genere.

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10 città dove i MILANESI potrebbero essere utili

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nuova genova
nuova genova

Come diceva Alessandro Manzoni, la milanesità è un’attitudine innata o acquisita di distinguere l’utile dall’inutile. Essere ambrosiano non è derivato dalla nascita ma è una filosofia che si identifica nel culto dell’efficienza e del decoro.
Si può condividere la mentalità milanesi anche se non si è di Milano. Così come la milanesità è qualcosa che si potrebbe esportare in altre città.

10 città dove i MILANESI potrebbero essere più utili

#Roma

Potrebbero insegnare a chiudere le buche in una settimana, invece che in tre mesi. Moltiplicherebbero il business dei souvenir, completerebbero la metro e farebbero funzionare i mezzi e gli uffici pubblici. Prenderebbero in gestione il litorale da Ostia a Ladispoli per trasformarlo in una nuova costa Smeralda. Toglierebbero il governo italiano, ormai inutile.

#Torino

Potrebbero crearvi il polo mondiale dell’auto a guida autonoma. Farebbero diventare Caselle un aeroporto internazionale. Candiderebbero Torino alle Olimpiadi insieme a Milano-Cortina e farebbero vincere la champions alla Juventus.

#Genova

La farebbero diventare radiocentrica, costruendo metà città sul mare. Facendo questo intervento si creerebbero generatori di elettricità sfruttando le correnti marine così da rendere la città energicamente autonoma. L’attuale autostrada diventerebbe la tangenziale sud e aprirebbero una fabbrica di parafulmini per ponti.

#Napoli

Farebbero diventare Napoli la città della pizza, trasformandola in un business colossale, non solo alimentare. Costruirebbero una Pompei 2, finta, a 10 chilometri da quella vera, la versione disneyland di Pompei dove i turisti potrebbe dormire e rivivere in una città dell’antica Roma. Farebbe fatturati incredibili.

#Venezia

Risolverebbero il problema della viabilità con tunnel e metropolitane. Distruggerebbero il ponte di Mussolini costruendone uno più a nord. Costruirebbero un ponte che collega il lido con la città. Mestre non avrebbe più ragione di esistere.

#Firenze

Farebbero diventare gli Uffizi il primo museo del mondo, decuplicando il fatturato. Importerebbero da Siena il palio e curerebbero il giardino di Pinocchio che è più famoso nei parchi Disney che in Italia.
Farebbero sapere a tutto il mondo che il calcio è nato a Firenze e si aprirebbe un grande parco per il pallone.

#Brindisi

DIventerebbe la capitale degli aperitivi

#Bologna

Chiuderebbero Fico e al suo posto ci farebbero una nuova Expo. La rilancerebbero come città dei giovani, trasformando i locali in attrazioni internazionali e aumenterebbero a mille i collegamenti con la Romagna.

#Casalpusterlengo

Cambierebbero il nome in Milano 4.

#Monza
La renderebbero il centro del mondo.

MILANO CITTA’ STATO

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Paul Klee – Alle origini dell’Arte

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Nel corso della sua vita, Paul Klee ha cercato di esprimere la sua vena artistica in diversi modi.

E’ partito dalla musica, ha testato la poesia e approdando, infine, è approdato alla pittura, modalità espressiva che alla fine ha prediletto su tutte.

Due cose colpiscono dei dipinti di Paul Klee: le sue figure geometriche, tagliate con il coltello, dai contorni dritti e ben definiti da linee nette e i suoi colori intensi, decisi, sgargianti, da bravo astrattista che è.

Una delle fasi più significative della sua produzione artistica è sicuramente quella primitivista, che nel caso di Klee tocca epoche preclassiche dell’arte occidentale, come l’Egitto faraonico, l’arte tardo-antica, paleocristiana e copta dell’Alto Medioevo, e, naturalmente, l’arte africana, oceanica e amerindiana, il tutto rivisto sia in ottica celebrativa sia caricaturale, altro tratto tipico di Klee.

Se anche tu sei interessato a questa particolare fase della produzione artistica di Klee, sono lieta di dirti che, a partire dalle 9.30 di questo mercoledì, al Mudec potrai visitare la mostra “Paul Klee – Alle Origini dell’Arte“, che racoglierà proprio le opere dell’artista rientranti in questo suo periodo figurativo.

Se ami l’arte contemporanea, non puoi lasciartela scappare, anche perchè l’ingresso costa solo 13 euro: hai tempo fino al 3 marzo!

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10 progetti usa e getta per aggiudicarsi i bandi CARIPLO

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Lo scopo di ogni associazione o impresa culturale di Milano e’ di accedere ai fondi della Cariplo, la più generosa Fondazione italiana. Molti ci riescono anche perché i bandi sono praticamente infiniti. Ecco qualche proposta per chi fosse a corto di idee.

Le 10 passioni segrete di Guzzetti per aggiudicarsi i bandi Cariplo

#1 Festival vegano

Sociale, interazione paritaria con ogni forma di vita, partecipato, con molte azioni per impegnare il tempo della comunità.

#2 Allevamento di zanzare autoctone

Per la zanzara autoctona, quella buona, milanese, contro l’immigrazione clandestina della zanzara tigre, importata, senza permesso di soggiorno. Con patrocinio del WWF e del governo francese.

#3 Allevamento camaleonti

In caso di sconfitta nel punto precedente si può rilanciare con l’allevamento di camaleonti condominiale per sconfiggere le zanzare.

#4 Cimici aromatiche

Processo chimico per eliminare l’odore cattivo dalle cimici e renderle animali commestibili.

#5 Il centro in periferia o periferie al centro

Creazione di aree C, a traffico limitato, costosissime, nelle periferie per rivalutarle e per tenere lontani quelli del centro.

#6 Mobilità sostenibile

Creare piste per pattini a rotelle e scuole di pattinaggio diffuso, condiviso, partecipato e sostenibile.

#7 Boschi orizzontali

Progetto di gemellaggio dei terrazzi dello stesso piano, con tutti la stessa essenza. Si possono realizzare anche dei condomini orizzontali per organizzare riunioni condominiali tra condomini diversi e favorire una cultura del bosco orizzontale con essenze compatibili e sostenibili.

#8 La camera degli amministratori di condominio

Dove si trovano gli amminstratori di condomini per inventarsi nuovi regolamenti e leggi obbligatorie da osservare, introdurre nuovi albi, figure professionali e corsi di aggiornamento continuo e condivisi per aumentare le spese e quindi il Pil di Milano.

#9 Parco diffuso

Il parco più grande del mondo in cui ogni cittadino di Milano destina 20 cm quadrati del proprio terrazzo in modo da avere un prato gigantesco, inaccessibile, che si può vedere sul web per vedere come cresce questo enorme parco fatto di milioni di zolle.

#10 Ciambelle incatenate

La grande passione segreta di Guzzetti. La più lunga catena di ciambelle del mondo, partecipata perché ogni cittadino è invitato a creare un anello e questo simboleggia la socialità e il legame dei cittadini all’insegna della tolleranza e della sostenibilità.

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Edgar Allan Poe e la notte di Halloween

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Edgar Allan Poe è un autore capace di suscitare grande terrore insinuandosi nella mente del lettore.

Il mio racconto preferito è “Il Cuore Rivelatore”: mentre leggevo questo capolavoro di Poe, mi sembrava di essere lì, in quella stanza, assieme al maggiordomo che sentiva il peso straziante del senso di colpa per aver ucciso il suo anziano padrone.

Per chi non conoscesse la vicenda, la storia narra di questo maggiordomo estremamente devoto al suo anziano padrone… se non fosse per un dettaglio: l’occhio gelido dell’anziano, che l’uomo di servizio non riesce proprio a tollerare. Arrivato al culmine della sopportazione, in un’escalation di sempre maggiore follia irrazionale, una notte decide di uccidere l’anziano, di farlo a pezzi e di nasconderlo sotto al pavimento della camera da letto.

Tutto sembra andare esattamente secondo i piani, ma la mattina dopo due poliziotti bussano alla porta della casa chiedendo spiegazioni per i rumori notturni sentiti dai vicini. Il maggiordomo, sicuro di essere inattaccabile, invita gli agenti in casa e fa ispezionare loro tutta l’abitazione, persino la camera da letto… la stessa sotto alle quali assi di legno è sepolto il cadavere.

D’un tratto, il maggiordomo inizia a sentire come un ticchettio sommesso, che però i poliziotti non sembrano avvertire. Presto, l’uomo capisce che si tratta del battito del cuore del suo padrone ormai defunto, che rintocca nella sua testa in modo sempre più insistente… fino a farlo impazzire del tutto: “Basta! Smettetela di beffarvi di me! E’ là, sotto quelle assi del pavimento. E’ lì che giace il suo orrendo cuore!”.

Questa esclamazione finale valeva tutto: dopo turbinii di pensieri, inquietudine, angoscia e paranoia, il maggiordomo confessa un crimine del quale nessuno sapeva nulla e del quale non era minimamente sospettato.

Se questo racconto ti ha fatto venire i brividi, sappi che questo Halloween potrai entrare nel mondo del maestro della letteratura di Poe a grazie alla “Passeggiata notturna a lume di candela” ai giardini pubblici Indro Montanelli, alla quale seguirà la visione del film “La caduta di Casa Usher” presso lo Spazio Cinema Oberdan, con tanto di accompagnamento musicale dal vivo.

Dalle 20.30, durante la passeggiata, potrai conoscere vita e opere di Edgar Allan Poe in un viaggio attraverso la storia e la letteratura del XIX secolo, con approfondimento scientifico sul fenomeno della catalessi e sugli affascinanti episodi legati al Mesmerismo legato alla produzione di Poe, dopodichè potrai assistere alla proiezione del film ispirato a uno dei più famosi racconti di Poe.

Ricorda, però, che se vuoi partecipare a questa serata in tributo a Poe, devi prenotarti scrivendo a ilcircolodelgotico@hotmail.com o chiamando il 391. 74 87 663. Puoi scegliere di fare sia la passeggiata sia di vedere il film, pagando €15, oppure di partecipare solo alla passeggiata con €10 e di vedere solo il film (dalle 23 circa) a €7,50.

Preparati a un Halloween… da brivido.

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Halloween Milano

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La notte più paurosa e tetra dell’anno è alle porte. Una festa importata dagli Stati Uniti diventata negli ultimi anni molto di moda anche in Italia. Vampiri e zucche diventano i protagonisti della notte, e ogni locale di veste a tema.
Ma come festeggiare al meglio questa serata? Dove andare? Cosa fare? Molteplici sono le proposte che offre il palinsesto milanese, ma come essere sicuri di scegliere un programma in linea con i propri gusti e le proprie esigenze? Milano è da sempre attento a offrire party esclusivi e alla moda e per la notte di Halloween organizza feste indimenticabili.
Grazie al sito: Halloween Milano potrete scoprire tutti i party proposti nei migliori locali della città, i più seri, affidabili e alla moda.
Il portale è una vera e propria guida on line, dove il qualificato Staff ha selezionato solo le più belle location della città.
Il sito è suddiviso in diverse tipologie di strutture, per ogni locale è dedicata un’intera pagina, con la descrizione, le fotografie, il programma della serata, gli eventuali menù e i prezzi ben chiari e precisi.
Potrete anche prenotare direttamente on line il vostro tavolo, in tutta comodità e sicurezza.

I migliori Ristoranti di Milano

Non c’è nulla di meglio, che festeggiare la notte di Halloween degustando un’ottima cena in compagnia degli amici più cari.
Nella categoria dedicata ai Ristoranti Milano, potrete scegliere tra molteplici strutture con cucine e atmosfere tutte diverse tra loro.
Molte le cucine tra cui scegliere; dalla classica Italiana alle più ricercate Regionali. Passando poi per le cucine di terre lontane come le etniche e le orientali che regalano momenti magici di profumi e terre lontane. Spesso gli Chef delle diverse cucine propongono dei menù creati apposta per omaggiare l’evento, con piatti coreografici senza rinunciare al gusto.
I ristoranti per l’occasione vengono addobbati a tema, quindi via libera ai colori scuri e alle infinite possibilità per creare luoghi tenebrosi.

Le Discoteche di Milano più alla moda

Gli amanti della notte potranno scegliere la programmazione ideale nella categoria dedicata alle Discoteche Milano. Le migliori strutture della città che per l’occasione organizzano speciali party tematici.
Feste indimenticabili che inizieranno con gustosi e coreografici buffet di aperitivo, per poi proseguire nel dopo cena con balli scatenati e tanto divertimento grazie alla migliore musica dei più bravi Dj Set del momento.

Atmosfere uniche nelle Ville e Castelli di Milano

Chi ricerca un party esclusivo, in un’atmosfere indimenticabile, potrà scegliere nella categoria dedicata alle Ville e Castelli Milano la soluzione ideale.
Atmosfere particolari, dove tutto è curato nei dettagli e ogni particolare riporta alla notte più tenebrosa dell’anno.
Party indimenticabili, che iniziano con ricchi e prelibati Cenoni con menù guidati e serviti, per proseguire poi nel dopo cena con intrattenimenti e sorprese esclusive. Candele, luci soffuse e particolari allestimenti rendono l’atmosfera unica, come in una favola.
Per qualsiasi dubbio o domanda basta contattare lo staff di Halloween Milano, sia online sia telefonicamente, 24H su 24H (call center informazioni & prenotazioni: 02 84571125 ).

REDAZIONE

Quando la golosità prende piede, nasce Golosaria

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“La golosità ha sull’amore mille vantaggi.
Ma il più importante è che,
mentre bisogna essere in due
per abbandonarsi all’amore,
si può praticare la golosità da soli,
anche se l’abate Morellet ha detto:
bisogna essere in due:
il tacchino e se stessi>>”
.

Questo è quello che disse Guy de Maupassant sulla golosità… e a ragion veduta!

D’altronde, qui in Italia siamo rinomati per la nostra cucina colorata, saporita e creativa: come si fa a non lasciarsi andare alla golosità, nel nostro Bel Paese?

Se anche pecchi spesso di gola, o semplicemente sei una buona forchetta curiosa di provare nuovi sapori, nuovi abbinamenti e nuove esperienze gastronomiche, non posso che consigliarti di fare un salto alla tredicesima edizione di Golosaria, che quest’anno sarà in collaborazione con FormaggItalia.

Sarà una manifestazione dedicata alle prelibatezze made in Italy con particolare attenzione alla produzione di formaggio, durante la quale potrai conoscere, assaporare e magari anche acquistare ottimi prodotti che sapranno soddisfare la tua golosità.

Ancora per questo lunedì, a partire dalle 10, al MiCo di zona Amendola ti aspettano duecento produttori, cento cantine e più di ottanta eventi, tra conferenze, degustazioni e cooking show, per un’edizione che non ti lascerà certo a bocca asciutta: per consocere tutti gli eventi di quest’edizione, potrai trovare informazioni sul sito ufficiale della manifestazione.

Se vieni, mi trovi allo stand degustazioni, in preda alla golosità: tanto, l’ingresso costa solo 8 euro per tutto il giorno. Pancia mia, fatti capanna.

How many people are living in Milan?

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Just how big is our city … how many people are living here?

Well, that all depends.

The city itself is mapped out like a piece of lacework: there is the Municipality of Milan itself, being its historical center honoring the patron Saint Ambrogio; then the greater metropolitan city area, as represented by its antique district; and finally the so-called Grande Milano, consisting of smaller cities on its outskirts, extending into other provinces, into regions even – all remaining territories upon which Milan exercises an ever-determinant social-economic influence.

The Municipality of Milan

The Municipality of Milan currently has a population of 1,347,000 inhabitants, including those non-Italian (both Europeans and non-Europeans with residency permits). As far as Italy goes, Milano is the most populated of all after Rome. There are many European cities with a greater number of inhabitants, even if the comparisons, in this case, should be made including those metropolitan territories which represent a more appropriate level of government for large cities.

Nevertheless, the Municipality of Milan alone has a greater population than other members of the European Union. Yes, you have understood well: Milano has more inhabitants than two well-known islands (Cyprus and Malta), and two other North European countries (Estonia and Luxembourg).

The Metropolitan City

Let’s take a look at the numbers of the Metropolitan area of Milan. Here they zoom: the inhabitants reach 3,211,000. In this case also, our metropolitan areas are the most densely populated after those of Rome. We are in sixth place in the European Union.

Grouped together, the four member- states of the UE we spoke about before, comparing them with the Municipality of Milan – Cyprus, Malta, Estonia and Luxembourg – contain less inhabitants than the total number found in the greater Metropolitan Milanese area. In fact, it has a greater population than another three states of the European Union, considered singularly: the other two Baltic Republics (Lithuania and Latvia) and that ‘Switzerland of the Balkans’ (Slovenia).

Great Milan

Let’s dwell a bit on Great Milan. In this case, we are face to face with a true ‘metropolitan region’, comprising of entire portions of the Lombardy, Piedmont and Emilia Regions. The Great Milan urban area is the fourth greatest of the European Union, coming after London, Paris, and the conglomerate Rhine-Ruhr area (Cologne and other German cities). The population there, according to diverse estimates, oscillates from 7.5 to 8 plus million inhabitants. Rome has only half of this. Continuing instead with our comparison of European Union States, the urban Milan Region surpasses Finland, Denmark, Croatia, Slovakia and Bulgaria.

In conclusion: the development of the demographic components is not in itself a competition, but rather the representation of the due acknowledgment of one’s role in Italy, and hence, in the world.

 

ALEX STORTI

Translated by Vincent Lombardo

Qui l’articolo in Italiano: Quanti abitanti ha Milano?

 

     

Sei mai stato a cena IN GALERA?

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in galera

Silvia Polleri è una donna dall’aspetto forte, non più giovanissima e con piccoli ma intensi occhi chiari che ti scrutano con curiosità. Impegnata da una vita nel lavoro con i carcerati, presidentessa di una cooperativa che si occupa di catering con l’ausilio di detenuti, elabora un progetto al limite del visionario e sicuramente di non facile realizzazione: aprire all’interno della Casa di Reclusione di Bollate un ristorante per portare la città dentro a uno di quei luoghi blindati di cui poco o niente si conosce. E’ l’ottobre del 2015 quando per la prima volta i riflettori si accendono su una prigione non per documentare un’oscura notizia di cronaca ma per celebrare l’inaugurazione di un locale dal nome emblematico: InGalera.

in galera

Lo spazio è in comodato d’uso da parte dell’Amministrazione Penitenziaria, il personale è stato selezionato tra i detenuti con precedenti esperienze nella ristorazione e la buona volontà di tutti oltre agli aiuti economici di alcuni sponsor hanno fatto il resto.

in galera“Milano è una città intelligente” racconta la Polleri, milanese di adozione ma genovese d’origine “e quando capisce l’obiettivo … c’è”. Così InGalera diventa un “caso”, un’eccellenza tutta meneghina che in breve fa il giro del mondo. E’ l’unico esempio esistente di ristorante all’interno di un carcere e questa realtà ha un effetto domino. Da luoghi lontani (Colombia, Giappone, Stati Uniti per citarne alcuni) arrivano per capire come funziona e replicare il format. Il valore sociale di InGalera non lascia dubbi. Il carcere si trasforma in uno spazio che rivede il senso stesso di “pena detentiva”, non limitandosi al semplice medievale scopo di punire ma di ridare consapevolezza e dignità alle persone e in questo la missione è compiuta. Se nelle altre carceri la recidiva degli ex detenuti è del 70%, a Bollate scende al 17.

in galeraMa un ristorante resta pur sempre un luogo conviviale, dove le persone scelgono di passare la serata in un ambiente piacevole e con una buona cucina. Il comune di Bollate, soprattutto la zona del carcere, non è certo un’amena località e soltanto mossi dalla curiosità si può decidere di oltrepassare mura di cinta, cancelli e controlli per cenare. Almeno la prima volta, perché l’innegabile senso di disagio svanisce nei locali di InGalera che, a suo modo, riesce anche a essere autoironico. Le pareti sono punteggiate da manifesti di film che ricordano il tema e poi foto in bianco e nero scattate all’interno del carcere dai detenuti stessi. I camerieri sono professionali come non ci si aspetterebbe tra queste mura e la cucina “onesta” come il conto.

in galeraAttenzione però, non è consentito fare domande personali per non violare la privacy di chi lì ci lavora. Ma d’altra parte anche in un ristorante qualunque non sarebbe educato ficcanasare negli affari di camerieri e chef. E proprio sugli chef fa dell’umorismo la signora Polleri. Esaurita la loro pena escono dal carcere lasciando sguarnita una posizione importante in cucina, quindi lei, scherzando con la polizia penitenziaria esorta “arrestate un cuoco per favore che mi serve!”. Riflettendo, nel panorama della ristorazione milanese, potrebbe non essere un problema: alcuni usano materie prime che si tufferebbero volentieri da sole nel bidone dell’umido, facendo la felicità dei NAS, altri presentando il conto dovrebbero essere denunciati per estorsione.

 

PAOLA DRERA

 

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La Torre DIAMANTE è l’edificio in acciaio più alto d’Italia

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torre diamante
Foto di Andrea Cherchi (c)

La Torre Diamante, inaugurata il 14 settembre 2012, è detta anche Diamantone o Diamond Tower.

Ha una struttura dalla forma sfaccettata, simile a quella di un diamante, dall’altezza complessiva di 140 metri che la rende il quarto grattacielo più alto di Milano e l‘edificio in acciaio più alto d’Italia.

Ad aprile 2015 Samsung ha preso possesso di un intero Diamantino, dando origine al Samsung District.

La punta può cambiare colore diventando così una suggestiva fonte di scenografie. 

La torre è stata la sede principale della seconda stagione del programma televisivo The Apprentice e la scena finale del film Italiano Medio di Maccio Capatonda è stata girata in esterni e in interni nella torre.

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La classifica degli STATUS SYMBOL di Milano

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Uno nella vita sopporta di tutto: una moglie di nome Nives, il Milan in B, la figlia che sposa un deficiente! Ma i pupazzetti sulla torta no.
Una citazione del Dogui, massima espressione del milanese che domina il resto del mondo attraverso i suoi status symbol.

La classifica degli status symbol di Milano

#10 Prendere uber invece del taxi

uber
Un po’ in calo, rischia di uscire dalla classifica. Un paio di anni fa era il grande must, ma con il boom del car sharing molti hanno ripiegato su questo mezzo più di massa ma che piace anche alle elite.

#9 Il dogsitter/catsitter

dogsitter
Ancora non hanno inventato i cani e i gatti che se la cavano da soli quando il padrone è in vacanza. E pulire la pupù dal marciapiede è un’umiliazione.

#8 Il personal trainer sudamericano

sudamerica
Con il viaggio on the road di Di Battista schizzano alle stelle le quotazioni di tutto ciò che è Sudamerica. Il massimo dello status symbol lo raggiunge il personal trainer. Top se è argentino.

#7 Il maggiordomo in vacanza

maggiordomo
Un evergreen che era un po’ decaduto ma che sta tornando in auge. Forse per Briatore, forse per Fedez, tutti ne vogliono uno.

#6 Le bottiglie d’acqua che costano 200 euro

acqua
Dopo l’epoca del vino snob si è passati a quella dell’acqua minerale, pare importata dal Giappone. Se non servite ai vostri ospiti una Ogo-Oxigen o una Bling da 40 euro significa che siete dei pezzenti. Se poi volete fare bella figura puntate sulla Fillico da 200 euro o la Kona Nigari dei fondali delle Hawaii (un litro 400 euro). Poi c’è la Supernariwa da 9000 euro, ma forse è un po’ troppo.

#5 L’impianto ionizzatore dell’acqua

ionizzatore
Una nuova tendenza che si sta impennando è quella delle iniziative salutistiche a casa propria. Il mercato sta esplodendo. Macchine per fare estratti da capogiro, vernici antismog, depuratori o la grande moda coreana dello ionizzatore dell’acqua, antiossidante e alcalinizzante.

#4 Il TRX

trx
E’ una corda elasticizzata che di prodotto costerà 5-10 euro al massimo, ma il prezzo di vendita è 195 euro. Va alla grandissima tra gli epigoni di Gianluca Vacchi. Un mercato immenso.

#3 La criosauna

criosauna
L’ultimo cult è un cilindro pieno di azoto liquido in cui ci si immerge da 1 a 3 minuti a una temperatura che può arrivare fino ai 170 gradi sotto zero. Se si sopravvive si può vivere in eterno.

#2 La Tesla

tesla
Molto più della Lamborghini. Oggetto di venerazione assoluta, insieme al suo ideatore Elon Musk.

#1 La bici

bici_belle_cover
Ormai vale più della macchina. Lo sanno anche i ladri.

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Il mare culturale urbano e le sue birrette elettroniche

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Il mare culturale urbano è quel posto in cui puoi rifugiarti quando hai voglia di birra artigianale, quella birra di qualità che ti illumina d’immenso.

Soprattutto quando torna il Festival delle Birrette, un evento a ingresso gratuito del mare culturale urbano, che si svolgerà da questo venerdì fino a domenica, dedicato alle birre artigianali, alla musica, al cibo e alla buona compagnia, che questa volta si presenta… in versione Electropark.

Eh sì, perchè per quest’edizione potrai anche goderti i dj set previsti per ciascuna serata, che fanno parte di un progetto di musica elettronica svolto in spazi non convenzionali, tra i quali è stato scelto, appunto, il nostro amato mare: l’Electropark Festival è una manifestazione di Genova, ma anche una rassegna di concerti a teatro a Milano.

Questo venerdì, al mare culturale si parte dalle 18.00 con le tantissime proposte degli stand dei birrifici presenti, che spilleranno per tutta la giornata e, per accompagnare questo scorrere di rigagnoli dorati, ci sarà anche la presenza di alcune postazioni street food per tutti i gusti e della musica dei gruppi che si esibiranno dal vivo.

In particolare, sempre dalle ore 18 potrai ballare sul sound dei dj che si alterneranno in consolle e assistere a spettacoli di visual art.

Insomma, al mare ci sarà davvero di tutto: cibo, birra, musica, birra, street food… birra. Quello che importa è la birra e qui ce ne sarà tanta e di quella buona, quindi non mancare.

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Nightlife in the City. La MOVIDA che vorrei

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Milano sempre più dinamica, più internazionale, più amata dai turisti che la preferiscono anche alla città eterna. Da Expo in poi è stata una continua escalation: più di un milione e mezzo di turisti solo l’estate scorsa, al punto che in piano luglio, in alcune zone semicentrali non era raro entrare nella gelateria di quartiere ed ritrovarsi gli unici a chiedere un cono in italiano. E’ una città in movimento, che sta cambiando volto, faccia, abitudini. I nuovi grattacieli saltano su come funghi e oramai siamo entrati  nella ‘top ten’ delle città più ricercate da chi vuole investire in immobili di lusso.

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Milano sempre più europea, sempre più notturna

I milanesi stessi stentano a riconoscerla. Oggi si ritrovano a vivere in una vera capitale europea, dove non ci si annoia mai tanto è l’offerta di eventi mondani e culturali, dove si sente sempre più parlare straniero, non solo grazie ai turisti ma anche ai tanti che qui decidono di fermarsi a vivere. Perfino il clima non si riconosce più: ve lo sareste immaginati solo vent’anni fa di trovarvi a mangiar fuori di sera quasi alla fine di ottobre?

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Ma Milano è diventata in qualche modo anche più “caciarona”. Inebriata da questa nuova euforia, la gente ha preso sempre più a viverla questa città, anche la sera, anche di notte, e questa abitudine non conosce stagione, seguendo nuovi percorsi tracciati un po’ dalla moda, dagli interessi, dalla pubblicità. Tra shopping, ristorazione, alberghi, tempo libero, sport, musica ed eventi, Milano è la prima provincia italiana per giro di affari (31 miliardi di euro) e numero di lavoratori occupati (oltre 274 mila) nel settore della movida, seguita da Roma (27 miliardi), Napoli (6 miliardi), Padova e Torino (circa 4 miliardi l’uno).

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E se da un lato è piacevole aggirarsi per quartieri un tempo un po’ spenti e trovarli invece brulicanti di vita, dall’altro questa incontenibile voglia di far baldoria spesso entra in conflitto la vecchia Milano, quella della gente che di giorno lavora e la notte gradirebbe riposare tranquilla anziché trovarsi sotto il balcone cori da stadio, auto appostate sul passo carraio e un marciapiede lastricato di lattine di birra, bottiglie di vetro e bicchieri di plastica.

La nuova geografia della movida

Da tempo ormai la movida è un fenomeno critico in grado di innestare dinamiche conflittuali derivanti dalla competizione per l’accesso e l’uso di un territorio. Mentre i residenti hanno interesse a utilizzare gli spazi con riguardo, cura e continuità, i frequentatori temporanei tendono a fruirne in modo strumentale e transitorio, senza molto attenzione per ciò che producono i termini di rumore, immondizia e comportamenti incivili. Senza contare i fenomeni più incresciosi legati soprattutto ai suoi più tipici eccessi, come il consumo di alcol e di droghe leggere.

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E così la gente scappa disperata dai Navigli e dalle altre zone del centro – in particolare Brera, Garibaldi, Sempione e Ticinese, – perché non ci si può più vivere.  No cari, non è la solita “tiritera da benpensanti”. Se la movida può essere un’opportunità per rilanciare il turismo, la produzione artistica e culturale, nuovi posti di lavoro, è altrettanto ovvio che la città non può essere ridotta ad un parco divertimenti o una semplice immagine da copertina, esteticamente gradevole ma ancora più triste e insipida di quanto non fosse la Milano di 50 anni fa.  Senza contare che un centro non più presidiato dai suoi abitanti diventa più facilmente preda dei fondi di investimento stranieri e, soprattutto, della criminalità organizzata.

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L’intervento dei Municipi

I Municipi tentano di mettere in campo soluzioni condivise tra istituzioni, cittadini e commercianti, che lungi da va avere intenti puntivi siano volte a favorire una vita notturna più responsabile. Il Municipio di zona 1 ad esempio – quello del centro appunto – ha recentemente approvato  un «Patto per la movida» che mette in campo alcune misure quali la chiusura dei locali alle due del mattino, il divieto di vendere superalcolici da asporto dopo mezzanotte o di servire drink a prezzi stracciati per attirare i giovanissimi, l’obbligo di utilizzare materiali fonoassorbenti per i dehors all’aperto, in cambio di agevolazioni fiscali o incentivi per ammodernare le attività commerciali. Ma sarà sufficiente?

Sempre più Comuni in Italia approdano alla soluzione di una riorganizzazione del territorio su pianificazione quinquennale o decennale, che preveda la creazione di distretti per la vita notturna più rumorosa fuori dalle zone a destinazione residenziale (distretti commerciali, distretti finanziari e destinati a uffici, ex aree artigianali e industriali, ex aree ferroviarie , ecc..). Una opzione che spesso viene avversata opponendo l’immagine di un centro blindato, morto, senza energie. Ma non deve necessariamente essere così.

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Una maturità da dimostrare

Milano in questo momento ha una grande opportunità. Già i ciclopici progetti di Porta Nuova e City Life ne hanno cambiato il volto in maniera irreversibile, immaginiamo cosa potrà succedere con il ben più vasto sviluppo degli ex Scali Ferroviari, che sono ormai prossimi al bando di gara. E’ anzi appena stato pubblicato il bando di gara per gli scali Farini e San Cristoforo, con l’obiettivo di far partire i cantieri entro il 2021. E allora perché non sfruttare questa enorme occasione?

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Non stiamo parlando di aree periferiche, molte di queste sono ben radicate nel tessuto cittadino e per la loro stessa natura ottimamente servite dai mezzi pubblici. In molti casi prevedono ampie aree verdi e la presenza di spazi che verranno fruiti soprattutto di giorno, lasciando di sera un vuoto che sarebbe facile, anzi auspicabile, che venisse colmato. Allo Scalo Farini, tanto per intenderci, verrà creato il nuovo campus dell’Accademia di Brera, mentre lo Scalo di Greco è adiacente ad un altro importante polo universitario, quello di Milano-Bicocca, e ad una zona a prevalentemente vocazione commerciale e di servizi. 

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Dal momento che si dovrà ricostruire tutto da zero, sarebbe utile progettare fin dall’inizio degli spazi polivalenti e multifunzione che possano essere fruiti in diversi orari e molteplici contesti. E che il Comune da parte sua ripensi la propria offerta ludica e culturale, soprattutto quella a più alto impatto “ambientale”, anche in relazione ai nuovi “centri” nevralgici della città. Se è vero infatti che le persone non si muovono in base a percorsi prestabiliti, è altrettanto innegabile che la definizione di un piano strategico di sviluppo dell’offerta che si basi fin da subito sul coinvolgimento e la collaborazione tra gli attori – attività commerciali, associazioni culturali, giovani, centri sociali e artistici – e sulla promozione di specifiche politiche per la qualità dell’offerta, non possono che accrescere l’attrattività di questi luoghi, consentendo di mantenere nell’intero contesto urbano gli equilibri ambientali, sociali ed economici secondo una prospettiva di sviluppo sostenibile.

In una parola chiediamo più notti bianche e meno notti in bianco. Solo così avremo una città bella, inclusiva e che funziona veramente. Per tutti.

 

ROBERTA CACCIALUPI

 

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Il teatro a cena, con la Trattoria Teatrale

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E’ cosa tristemente nota che, ahimè, sempre meno gente, soprattutto se giovane, passi le serate o si appassioni al Teatro.

Anche se il grande Teatro, che sia in musica o in prosa, porta emozioni e coinvolge anima e corpo, la presenza sugli spalti è sempre minore: oggigiorno, la gente preferisce divertimenti più “luminosi e intermittenti”, come la televisione.

Col passare del tempo, tutto ciò che è più immediato e che non richiede eccessivo impegno mentale ha prevalso sul Teatro e su qualsiasi altra forma artistica che non preveda troppo ragionamento o attenzione.

Ma il Teatro non arrende e se la gente non arriva da lui, allora sarà lui ad andare dalla gente.

No, non sono impazzita: sto parlando della Trattoria Teatrale, una giovane compagnia che porta i suoi spettacoli in giro per i ristoranti di Milano.

Dopo una pausa di qualche mese, questo venerdì alle 20.45 l’allegra brigata torna con il quarto capitolo della sua sit-com musicale, “Due cuori in affitto“, studiata appositamente per questa occasione, alla Rovereto House & Lab.

E ti dirò di più: dopo aver assistito a uno spettacolo diverso dal solito, dinamico e interessante, potrai gustare la tua cena genuina e gustosa servita direttamente… dagli attori.

Ah, ricordati: se vuoi essere sicuro di goderti questa serata, non dimenticare di prenotare il tuo biglietto online.

Aspettati uno spettacolo diverso dagli altri, interpretato da ragazzi e ragazze che hanno ancora quel barlume luminoso negli occhi tipico di chi fa teatro… quello dell’anima.

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Milano non può trattare alla pari con Merdasio Di Sopra e Puzzate Di Sotto

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L’accoglienza del mio primo articolo per Milano Città Stato è stata elettrizzante. Vi sono grato. Certo, forse era un po’ sopra le righe, magari un tantino superficiale, ma che cazzo, dovevo pur farmi notare. E per un F205 -gente riservata per natura- uscire dall’understatement è uno sforzo devastante.

Ciò detto, qualche lettore ha sollevato il problema delle periferie: un tema che mi tocca da vicino, visto che in periferia ci sono nato, in periferia ci sono cresciuto ed in periferia vivo. Starting point: piazzale Udine a cavallo tra gli anni 70 e 80. Lì c’era l’ultima farmacia del mondo civile prima del Parco Lambro, l’ultima Thule di ogni tossicomane. Ho visto passar di mano più siringhe, cucchiai e limoni io di un Narcos, ed avevo solo l’età in cui si vedeva Goldrake alla tele. Ricordo una gita di classe, alle elementari. Per qualche motivo che ancora mi sfugge, finimmo ad aspettare un tram in viale Ungheria: ho ancora davanti l’immagine, e nelle orecchie il rumore, dei nostri piedi di bambini che calpestavano centinaia di siringhe abbandonate a terra. Centinaia.

Mi dicono che il Giambellino, la zona dove vivo ora, all’epoca non fosse meglio. E così il resto di Milano. All’imbrunire scattava il coprifuoco, ed il panorama che sfilava dai finestrini dell’auto, uscendo dalla città, era quello di una zona smilitarizzata.
In quello stesso periodo, ricordo Londra brutta, sporca, puzzolente, i negozi chiusi e le vetrine orbate dalla polvere.

Piuttosto che vivere in periferie squallide, molti decisero di andarsene a cercare la felicità fuori città, in villette-di-nuova-realizzazione nell’hinterland, col miraggio di un fazzoletto di verde tutto per sé. Per un po’ invidiai i fuggiaschi, rimpiansi gli amici persi. La popolazione residente di Milano praticamente si dimezzò, e le prime zone a pagarne il prezzo furono proprio le periferie: via la gente, via le attività, via tutto. Avvitate in una spirale deprimente di abbandono e di degrado che neanche la peste manzoniana.

Poi, a macchia di leopardo, lentamente, qualcosa iniziò a cambiare. Il Parco Lambro fu ripulito. Si ok, le grigliate dei peruviani, ma vuoi mettere coi fattoni che da bambini c’inseguivano con le siringhe spianate? La zona Solari/Savona, che alla chiusura della Riva Calzoni sembrava Detroit e dopo l’arrivo di Armani sembra Soho. O la zona tra via Conterosso / Ventura a Lambrate: ci passavo per andare a scuola, ora non la riconosco quasi più. Prossima in lista, la zona dell’ex Scalo Romana, benedetta dalla Fondazione Prada. Dove hanno prevalso creatività e innovazione è tornata la vita. Dove ha prevalso la pura speculazione (Santa Giulia, Porta Vittoria), no.

A trent’anni dal grande esodo, quelle amene villette-di-nuova-realizzazione sono rimaste strangolate a loro volta dall’asfalto, preda di amministrazioni comunali con la lungimiranza di una talpa: con la cementificazione, invece della comodità, è arrivata l’inenarrabile rottura di palle di vivere in un posto che non è né più campagna né ancora città, appesi ai capricci di Trenord o alle imprevedibili macumbe delle tangenziali. Valori immobiliari praticamente azzerati, famiglie rovinate, obiettivo dei millenials tornarsene a Milano.

La lotta tra il centro e le periferie è la vita stessa di una città. E’ inestinguibile, ma è un male necessario. Quanto più il centro è figo, tanto più la periferia si sente trascurata. Ma quanto più il centro è figo, si espande, e tanto più la periferia è un po’ meno lontana.
Tale Giorgio Scerbanenco descriveva in termini desolati piazza della Repubblica negli anni ’50: palazzoni senz’anima e tutti appartamenti, diceva. Compra lì, adesso. Negli anni ’30, tale Agatha Christie faceva descrivere in termini disgustati al suo Poirot certe zone di Londra in cui oggi trovi Rolls Royce mollate per strada manco fossero delle Punto usate, e dove un metro quadrato costa quanto un terrestre guadagna mediamente in una vita. E un certo Carlo Cattaneo, mentre si proponeva di allagare la città di Milano per impedire agli Austriaci di rientrare dopo il tradimento e la fuga ignominiosa di Carlo Alberto (e non sarà l’ultima volta di un Savoia), descriveva la zona oltre la Porta Orientale (l’attuale Baires e la zona circostante) come aperta campagna, infestata dai briganti. Correva il 1848, mica tanto tempo fa.

Il tema è solo uno, e riguarda quanto gli F205 hanno di più caro al mondo: il tempo. L’espansione urbana, l’attrattività dei suoi modelli culturali, il bisogno di infrastrutture multimodali è qualcosa di ineluttabile, con buona pace dei ragazzi della via Gluck.
Ma la periferia non può aspettare che il centro esploda: e per realizzare tutto questo, una città come Milano non può avere gli stessi strumenti normativi di un qualunque altro Comune italiano di medie dimensioni, trattare alla pari con Merdasio Di Sopra e Puzzate Di Sotto. Non esiste.

L’espansione di Milano ai Comuni circostanti è una necessità vitale: riduce i costi della politica, amplia e moltiplica la nozione di “centro”, dà respiro ad una città intorno alla quale gravita tutto il Nord Italia: nessuno deve potersi sentire dimenticato o troppo lontano. Ecco perché l’autonomia di Milano è una necessità vitale. Questa città è chiusa in una camicia troppo stretta. E le camicie stringono, sia quando metti la panza -parlo per esperienza- che quando metti i muscoli -vi odio-, e comunque ogni volta che si cresce.

Le grandi città del mondo sono cresciute perché hanno sempre potuto decidere per sé stesse: Milano, tanti o pochi che siano gli anni che ha avuto a sua disposizione, non ha mai avuto questo privilegio. Le ultime annessioni a Milano risalgono al 1924, tra queste il Lorenteggio. Da allora la camicia è diventata una gabbia.

Chiudo da dove sono partito, la mia zona. Nel 1873 il Comune di Milano aveva bisogno di un posto dove piazzare la spazzatura, ed inglobò i Corpi Santi, tra cui le Rottole. Quasi cent’anni dopo, in quella zona sono nato io. Dopo altri cinquant’anni, un trilocale con terrazzo in via Pordenone viene via a mezzo milione di Euro. Il bel miliardino di cui si favoleggiava giocando a biliardino all’oratorio.

Centocinquant’anni per arrivare al punto in cui una Città autonoma arriverebbe in dieci.

Leggi anche: Quando Milano non aveva paura di diventare più grande

ANDREA BULLO

Foto di Andrea Cherchi

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