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Campari, il bitter più famoso del mondo spegne 175 candeline

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Campari

Nasce 175 anni fa come “Bitter all’uso d’Hollanda”, in un locale dedicato alla distillazione di erbe preso in affitto a Novara. In poco tempo diventa uno dei simboli del divertimento milanese. La storia di chi l’ha inventato e del mito del bitter più famoso del mondo.

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Campari, il bitter più famoso del mondo spegne 175 candeline

# Uno dei protagonisti della Milano ricostruita dopo l’ultima guerra mondiale

Campari Spritz

Si può festeggiare il compleanno di tutti e di tutto, anche del Campari, il bitter più famoso del mondo. Questa ineguagliabile entità alcolica, che ha accompagnato prima l’Italia, poi il mondo, nella storia e nel costume dell’ultimo secolo, proprio in questo 2025 compie 175 anni. Il Campari è uno dei protagonisti della Milano ricostruita dopo l’ultima guerra mondiale, della Milano che, grazie alle fabbriche, cresceva come un gigante indomito, grazie al terziario diventava il riferimento della finanza, dei soldi sempre più liquidi, della cultura e del divertimento frivolo e spiccio. Il Campari è legato ad una città che, negli anni ottanta, veniva chiamata la “Milano da bere”. E cosa importa se questo slogan era stato creato per un’altra marca di alcolici. 

# 175 anni di storia del “Bitter all’uso d’Hollanda” inventato da Gaspare Campari

Gaspare Campari

Il Campari ha sempre regnato sovrano nei bar, nei ristoranti, nelle birrerie, nei salotti e nelle discoteche di una metropoli incerta tra il voltarsi indietro, guardando alla nostalgia del ragazzo della via Gluck, e il tirare dritto, per divertirsi in quel luccicante mondo tra i Navigli e Isola, tra Brera e le Colonne di San Lorenzo. Alla fine ha scelto questa seconda strada.

Dicevamo dei 175 anni del Campari: è il 1850 quando Gaspare Campari, di famiglia contadina e lomellina, in un locale di Novara preso in affitto, si ingegna nella distillazione di erbe che trasforma in elisir alcolici che faranno l’antologia dell’aperitivo e del digestivo. Uno di questi intrugli lo chiama “Bitter all’uso d’Hollanda”, prendendo spunto dall’amaro creato nel 1777 dal liquorista olandese Petrus Boonekamp. Ma Novara è una città di provincia e quel nome così raffinato e complicato lo volle semplificare in “Bitter del signor Campari”. Da qui a “Bitter Campari” la strada è breve, ma duratura, 175 anni, appunto. E non è certo finita qui.

# Ma perchè il marchio “Campari” è poi diventato uno dei simboli del divertimento (e del rilassamento) milanese?

credits: IG @camparinoingalleria

Perchè nel 1862, all’età di 34 anni, Gaspare Campari si trasferisce nella città meneghina e apre un Caffè, con distilleria, in quello che era “Il coperto dei Figini”, ovvero il palazzo rinascimentale in Piazza Duomo, poi abbattuto per lasciare spazio alla Galleria Vittorio Emanuele II. Dopo la realizzazione di quest’opera, Gaspare nell’interno insedia un ristorante bottiglieria, per poi lasciare il testimone al figlio Davide che, nel 1867, fu il primo in assoluto a nascere nella Galleria, perchè la famiglia aveva preso casa sopra al Caffè.

Poi la storia della Campari proseguirà nei decenni, con Davide che aprirà lo stabilimento di Sesto San Giovanni, con la produzione del Bitter e del Cordiale, superalcolico diventato il simbolo del “riscaldarsi” nelle gite invernali in montagna piuttosto che montando di guardia durante la  “Naja” nelle nottate al freddo e al gelo.

Opposto al Caffè Campari, Davide apre il Camparino, sempre nella Galleria, simbolo della cultura, del costume e della politica, di una Milano sempre all’avanguardia. Anche se tra mille contraddizioni.

# Ma, tornando al bitter inventato da Gaspare, la domanda che ci poniamo da sempre è: ma quale sarà la ricetta? Quali saranno gli ingredienti?

Campari

Ora il gruppo Campari vanta quattro stabilimenti in Italia, uno in Francia, uno in Grecia, uno in Scozia, uno in Ucraina, uno in Argentina, due in Brasile e uno in Messico. In quello di Novi Ligure si spergiura che nessuno è a conoscenza della “pozione magica”, anche al Centro Piante Officinali, dove si occupano delle selezione delle erbe per la produzione dei brand del Gruppo, le bocche sono cucite.

A grandi linee possiamo dire che il Campari è il prodotto dell’infusione di erbe amaricanti, piante aromatiche e frutta, in una miscela di alcool e acqua. Ma nessuno può, e deve, sapere di più.

FABIO BUFFA

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Il primo volo diretto Milano – Mongolia: cosa può fare un milanese nella steppa?

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L’accordo bilaterale firmato tra Italia e Mongolia ha aperto la strada a un volo diretto tra l’aeroporto di Milano Bergamo e Ulan Bator. Questo nuovo collegamento, che sarà operato da Mongolian Airlines, rappresenta un’opportunità unica per i viaggiatori italiani. La Mongolia, terra di paesaggi sconfinati e tradizioni millenarie, sarà più vicina che mai. Ma cosa può fare un milanese nella steppa?

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Il primo volo diretto Milano – Mongolia: cosa può fare un milanese nella steppa?

# Un viaggio nell’anima della Mongolia: la capitale Ulan Bator

Il primo impatto con la Mongolia è Ulan Bator, la capitale, cuore del del Paese asiatico, una città che mescola influenze sovietiche, cinesi e occidentali, offrendo un affascinante contrasto tra modernità e tradizione. Tra le principali attrazioni ci sono il Monastero di Gandan, con la sua maestosa statua dorata del Buddha alta 26 metri, e il Palazzo d’Inverno del Bogd Khan, un museo che racconta la storia della monarchia teocratica mongola.

Da non perdere la Piazza Sukhbaatar, centro politico e storico, e il Memoriale Zaisan, da cui si gode una vista mozzafiato sulla città e le montagne circostanti. Ulan Bator è anche un punto di partenza ideale per scoprire la Mongolia rurale, ma prima di lasciare la città, vale la pena esplorare la sua scena culturale e culinaria. Tra i mercati più vivaci c’è il Narantuul Market, dove acquistare artigianato locale, abbigliamento tradizionale e persino strumenti musicali. Ma a questo punto si parte per la vera avventura.

# Alla scoperta della steppa: sulle spalle di Gengis Kahn

La Mongolia è famosa per i suoi paesaggi sconfinati e selvaggi. A poca distanza da Ulan Bator si trova il Parco Nazionale Gorkhi-Terelj, un luogo ideale per immergersi nella natura. Qui si possono fare escursioni, arrampicate e persino passeggiate a cavallo, circondati da montagne imponenti e formazioni rocciose dalle forme spettacolari.

Un’attrazione imperdibile è la statua equestre di Gengis Khan, alta 40 metri, simbolo dell’orgoglio nazionale. Salire sulla sua sommità permette di godere di un panorama incredibile sulla vallata. Gli amanti della fotografia troveranno nella steppa un paradiso, con cieli infiniti e colori che cambiano a ogni ora del giorno. Non lontano è possibile visitare il Parco Nazionale di Hustai, famoso per essere l’habitat dei cavalli selvaggi Takhi, conosciuti anche come cavalli di Przewalski.

# Vivere come un nomade: immersione nella cultura tradizionale

Per chi desidera un’esperienza autentica, la Mongolia offre la possibilità di fare esperienza della vita nomade. Molti tour organizzano soggiorni presso famiglie locali, dove è possibile dormire nelle tradizionali gher (le tipiche tende mongole), gustare piatti a base di carne e latticini e partecipare ad attività quotidiane come la mungitura degli animali e la preparazione del formaggio.

Questi momenti rappresentano un’opportunità unica per conoscere da vicino le tradizioni millenarie del popolo mongolo, che vive ancora oggi in armonia con la natura. Le serate si concludono spesso sotto un cielo stellato, con canti e danze tradizionali che raccontano storie di un passato epico. Tra i piatti da provare ci sono il “buuz” (ravioli al vapore ripieni di carne) e lo “airag”, una bevanda fermentata a base di latte di cavallo.

# Un ponte tra passato e futuro: la Mongolia moderna

La Mongolia non è solo tradizione, ma anche un Paese in rapido sviluppo. Ulan Bator è una città giovane e dinamica, dove convivono grattacieli moderni e mercati tradizionali. Il Museo Nazionale della Mongolia offre una panoramica completa sulla storia del Paese, dall’impero di Gengis Khan fino ai giorni nostri, mentre il teatro cittadino propone spettacoli di musica e danza che celebrano l’identità culturale locale.

La scena gastronomica è altrettanto sorprendente, con ristoranti che spaziano dalla cucina mongola tradizionale a quella internazionale. E per chi ama la vita notturna, Ulan Bator offre locali alla moda, bar e karaoke, un passatempo molto popolare tra i giovani mongoli.

Non mancano poi le occasioni per esplorare i lati più contemporanei del Paese, come le gallerie d’arte e i festival culturali, tra cui il celebre Naadam Festival, che celebra il wrestling, l’equitazione e il tiro con l’arco, i tre sport tradizionali mongoli.

Continua la lettura con: Il viaggio in treno più lungo partendo da Milano

MATTEO RESPINTI

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La Giornata della Memoria: questi gli eventi e le mostre a Milano

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gabrielemoschin IG - Memoriale della Shoah

Come ogni anno, lunedì 27 gennaio, si celebra la Giornata della Memoria, per ricordare le vittime della Shoah. Il 27 gennaio è stato scelto perché, nel 2005 a 60 anni dai fatti, le Nazioni Unite hanno voluto commemorare il giorno in cui vennero abbattuti i cancelli di Auschwitz-Birkenau da parte delle truppe dell’Armata Rossa che liberarono i prigionieri ebrei. Ma quali sono gli eventi pensati a Milano per onorare questa ricorrenza?

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La Giornata della Memoria: questi gli eventi e le mostre a Milano

# Eventi, mostre e incontri al Memoriale della Shoah

Credits: memoranea.it – Memoriale Shoah

La Fondazione Memoriale della Shoah, Binario 21, in Stazione Centrale, entrata Piazzale Safra – Ferrante Aporti, propone una giornata open day di visite guidate gratuite, su prenotazione, dalle ore 9,30 alle 19,30. Le guide del Memoriale accompagneranno i visitatori e con loro ci saranno gli studenti del liceo Frisi di Monza più un gruppo di detenuti della Cooperativa Sociale Articolo 3 del carcere di Bollate.

Questi gli altri appuntamenti:

  • Fino al 16 marzo, in collaborazione con il Pac, Padiglione di Arte Contemporanea, la mostra di Marcello Maloberti a titolo “Tu sei la memoria della mia morte” che riprende l’opera dello stesso artista collocata sulla facciata del Memoriale, con nuove creazioni all’interno che si rifanno alla storia della Sen. Liliana Segre, per far riflettere e ricordare.
  • Un ciclo di incontri dal titolo “Perché non sia una riga nei libri di storia”, frase della stessa Segre, per timore che oblio del tempo sovrasti la vicenda della Shoah.
  • Il 27 gennaio alle ore 11, collegamento online con la stessa Liliana Segre sugli account della Fondazione Memoriale.
  • Mercoledì 29 gennaio, alle 18,30, in presenza, l‘introduzione al libro su diritti e tutele, “Le radici del male. Antisemitismo e Costituzione”, interviene anche la Presidente del Consiglio Comunale di Milano, Elena Buscemi.
  • Giovedì 30 gennaio, ore 18,30, con Laura Brazzo, Liliana Picciotto e David Bidussa una riflessione sulla testimonianza dei sopravvissuti. In particolare, di David Bidussa, da segnalare il libro “Dopo l’ultimo testimone”, sulla progressiva scomparsa, per motivi di età, dei sopravvissuti e quindi della memoria, cosa cui appunto si riferisce la frase di Liliana Segre, “Perché non sia una riga nei libri di storia”.
  • Dal 22 gennaio al 23 febbraio la mostra di documenti ufficiali: “L’Università di Milano e le leggi ebraiche” dalla loro ideazione, applicazione, al  censimento della popolazione ebrea milanese, alle espulsioni e il coesistere con quella nuova realtà e le sue conseguenze.

# Mostre, concerti e appuntamenti negli altri luoghi della città

La storia dietro le immagini guerra e propaganda
  • Al di fuori del Memoriale, dal 14 gennaio sono visitabili le mostre, a Palazzo Moriggia, via Borgonuovo 23, “Testimonianze dalla deportazione” e alla Casa della Memoria (Via Confalonieri 14) “La storia dietro le immagini. Foto del campo di Mathausen”.
  • Il 24 gennaio, venerdì, presso l’Aeroporto di Milano Linate viene svelata la mostra fotografica “Contro l’oblio” frutto del connubio tra Sea e l’associazione Figli della Shoah, mentre, sempre il 24, presso le officine Atm, in via Teodosio, viene inaugurata una targa ai tranvieri martiri della Resistenza. La sera un gruppo online di Casa della Memoria, su Teams, alle ore 20,30, legge e discute del libro “Necropoli” di Boris Pahor, scrittore triestino deportato nel lager francese di Natzweiler-Struthof e morto nel 2022 all’età di 108 anni.
  • Sabato 25, ore 15,30 visita guidata di Miguidi a “Villa Triste”, in San Siro, luogo di tortura dei partigiani.
  • Da domenica 26 gennaio, presso l’Ambrosianeum, Fondazione Culturale voluta dal Card. Schuster, cardinale durante la Seconda Guerra Mondiale, tre iniziative:
    • Il concerto “Il tempo dell’anima” propone l’opera “Quator pour la fin du temps” di Messiaen con un reading di Enzo Bianchi.
    • Il 27 gennaio, conferenza alle 18,30 “Per amore ribelli” storie di uomini che si impegnarono a salvare gli ebrei.
    • Mercoledì 29 gennaio, conferenza sulla pubblicazione “Oscar. Storie di resistenza disarmata 1943/45”, nome di una organizzazione di salvataggio clandestina cattolica portata avanti da tre sacerdoti. Al Giardino dei Giusti di Milano inizierà il progetto “Comunità di Memoria 2025”, viaggi educativi per studenti.
  • Lunedì 27 gennaio, il Comune di Milano prevede alle 9,30, posa di una corona d’alloro all’ex albergo Regina, già noto come hotel Gestapo, quartiere generale delle SS e luogo di tortura. Alle 11 commemorazione al Parco Nord presso il Monumento del Deportato.
  • Contemporaneamente in Sala Alessi a Palazzo Marino, ci sarà un incontro con gli studenti a cura delle sigle Aned famigliari dei deportati, Anpi associazione nazionale partigiani e Ucei Unione Comunità Ebraiche. Nel pomeriggio alle ore 16, il Prefetto Claudio Sgaraglia consegnerà le Medaglie d’Onore alla Memoria
  • Il 27 alla Bicocca, dalle ore 9,30, il convegno “Le forme del ‘Lavoro della Memoria’ ” Aula Magna. Edificio U6, Piazza dell’ateneo Nuovo 1. Alle 20, al Conservatorio, il concerto “Milano ricorda la Shoah” organizzato dai Figli della Shoah: la Verdi Jazz Orchestra suona “Lo Swing di Ezio e Renato Levi”
  • Sempre Lunedì 27 gennaio, all‘Accademia delle Belle Arti, ore 18,30 inaugurazione della mostra Guerra e Pace al Passante ferroviario Staz. Garibaldi, Piazza Sigmund Freud 1.
  • Il 28 gennaio, proiezione del nuovo film-documentario Liliana di Ruggero Gabbai. Il film è anche distribuito contemporaneamente in molti cinema di Milano. Al Politecnico, dalle 14,30, celebrazione della figura di Saul Steinberg, disegnatore e illustratore, laureatosi presso il Politecnico, collaboratore per The New Yorker, con visita guidata ai luoghi e mostra di suoi libri illustrati.
  • Ancora il 28 gennaio, alle ore 17.30, la Fondazione Memoria della Deportazione presenta il volume “Antifascisti oltre il lager, l’impegno dei testimoni” in Fondazione Feltrinelli – Viale Pasubio 5.
  • Il 29, alle 18,30, alla Casa della Memoria, si parlerà di propaganda e guerra in una conferenza dal titolo “La storia dietro le immagini: guerra e propaganda”.
  • Ultimo appuntamento a chiusura delle celebrazioni, lunedì 3 febbraio, presso il Teatro Menotti, ore 10, lo spettacolo “Memoriosi. Nuovi archivisti del bene” monologo sulle storie dei Giusti, un progetto di Fondazione Gariwo, la Foresta dei Giusti, Gardens of the Righteous Worlwide, persone comuni che hanno salvato esseri umani andando contro le ingiustizie del tempo. Ingresso gratuito. Online dal 26 gennaio sarà disponibile la quarta stagione del podcast “Storie di Giusti” sempre di Gariwo.
  • Infine 12 pietre pietre d’inciampo, piccoli quadrati di ottone con nomi e date dei deportati davanti a quelle che furono le loro dimore, verranno posate il 13 marzo anniversario dei grandi scioperi antifascisti del 1944, dopo le 14 posate il 23 gennaio. Il Comune di Milano inoltre pubblicherà online la geomappa delle abitazioni degli ebrei, al momento del 1938, dati raccolti in previsione dell’emanazione delle leggi razziali, fonte Fondo Israeliti.

Continua la lettura con: Il «Foro di Milano»: la piazza più ricca di storia della città

ELEONORA PRINA

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Se le linee della metro fossero dei locali di Milano, sarebbero questi

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La metro di Milano non è un mezzo di trasporto ma un modo di essere. O uno state of mind, come amano dire i più radical. E Lorenzo Nuti, in arte @benve.nuti, ha immaginato, in un reel su Instagram, per ognuna delle 5 linee della metropolitana quale locale di Milano sarebbero. Queste le sue 5 impressioni trascritte, rielaborate… e potenziate.

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Se le linee della metro fossero dei locali di Milano, sarebbero questi

Ma se le linee della metro milanese si trasformassero in locali, quali sarebbero? L’invito di Nuti è a immaginare ogni metro come un bar o ristorante, con un’atmosfera e una clientela unica. Ecco come potrebbero essere le linee della metro milanese, ciascuna con un carattere che rispecchi la sua personalità e quella delle zone che attraversa.

# Metro Blu (M4): «Il bar hipster dei vini naturali»

«La metro blu, ancora giovane e raffinata, incarna lo spirito di un piccolo bar che si distingue per l’offerta di vini naturali. Come quel locale alla moda che attira un pubblico selezionato, la M4 è una linea che piace per la sua modernità e il suo fascino esclusivo. L’atmosfera, pur essendo raffinata, ha un sapore mediorientale, con un menu di piatti speziati e originali che attirano i veri intenditori.

Essere accolti con un sorriso non è semplice. Bisogna essere perfettamente allineati con lo stile del posto, tanto che il personale ti scruta per capire se meriti davvero di entrare nel loro mondo. I posti a sedere sono limitati, solo dieci, e se non soddisfi il “test del cool”, potresti anche non ottenere il tuo bicchiere di vino da 10 euro. Una combinazione di fascino e una leggera sensazione di esclusione ti lascia con un ricordo ambiguo, ma affascinante.»

# Metro Rossa (M1): «La pizzeria napoletana sovrastimolante»

«La metro rossa rappresenta il caos organizzato, proprio come una pizzeria napoletana che trovi in ogni angolo di Milano. La vivacità e il rumore sono i protagonisti di questo viaggio, in cui la folla e le urla dei camerieri creano un’atmosfera frenetica e coinvolgente.

Il personale, prevalentemente di origine napoletana, comunica in un miscuglio di entusiasmo e urla, rendendo l’esperienza ancora più caotica. L’ambiente è una mescolanza di neon brillanti, tavoli affollati e il costante chiacchiericcio che ti mette a dura prova. La pizza, purtroppo, non è mai davvero soddisfacente, ma nonostante le promesse di non tornarci, ti ritrovi regolarmente a varcare la porta di quel locale caotico.»

# Metro Gialla (M3): «Il McDonald’s di Porta Venezia e Piazza Duomo»

«La metro gialla, quella sempre affollata e un po’ inquietante, è come il MacDonald di uno dei fast food delle zone più turistiche di Milano, come Porta Venezia o Piazza Duomo. Non è mai una scelta che fai con entusiasmo, ma più una necessità. È l’opzione che scegli quando non hai alternative, quando il tempo è stretto e la voglia di cercare qualcosa di migliore è praticamente nulla.

L’ambiente è caotico, sovraffollato e un po’ pericoloso, con persone di ogni tipo che si affacciano sulla scena. Il senso di disagio è palpabile, ma alla fine è difficile rinunciare alla sua “comodità”, nonostante il disappunto che ti lascia.»

# Metro Verde (M2): «Il cocktail bar di Corso Como»

«Elegante e alla moda, la metro verde è il cocktail bar più esclusivo di Corso Como, uno dei luoghi più celebri di Milano per lo shopping e la vita mondana. Qui, ogni dettaglio è curato: dai drink impeccabili agli aperitivi che si fanno notare. Il design del locale è pensato per impressionare, e la clientela non è da meno: belli, perfetti per Instagram, e sicuramente in cerca di attenzioni. Ma c’è un problema.

Nonostante l’apparenza perfetta, Corso Como ha un’energia che può risultare opprimente: una folla costante e un rumore che sembra non fermarsi mai. La metro verde è quella linea che ammiri da lontano, ma alla quale non sempre vuoi avvicinarti. Il fascino è evidente, ma l’idea di entrare in quel mondo ti fa sentire un po’ fuori posto.»

# Metro Lilla (M5): «Il bar tabacchi cinese»

«La metro lilla è come un bar tabacchi gestito da cinesi, un luogo pratico e senza fronzoli. Non lo scegli per il piacere di passare del tempo lì, ma per una necessità: un caffè veloce, una ricarica telefonica, o un pacchetto di gomme.

Discreto, essenziale e sempre pronto a soddisfare la tua necessità, questo è il tipo di posto che ti aspetti trovare in una zona non particolarmente turistica o mondana. La metro lilla è un’ancora di salvezza, ma non è certo il posto dove ti fermeresti volentieri a chiacchierare o a sorseggiare qualcosa.»

Fonte: @benve.nuti

Continua la lettura con: Questi sono i 10 ristoranti più belli di Milano?

MATTEO RESPINTI

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Le cose di Milano che fanno più ridere i milanesi

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Ph. @calciatoribrutti IG

Milano sa essere molto divertente. Ci sono ricordi, situazioni, personaggi che fanno ridere molto i milanesi. Come questi. 

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Le cose di Milano che fanno più ridere i milanesi

# Sentir (tentare di parlare) con accento milanese chi non lo è

Ph. @thanatpagliani IG
Ph. @thanatpagliani IG

“In particolare, sentire di pronunciare la U milanese/francese. Frase tipo: ma va’ a da’ via el chiù!” (Massimo G.) “Già. Sto facendo un corso online di francese e mi fa ridere il professore che dice che per noi italiani è impossibile pronunciare la U francese, mentre io la pronuncio dalla nascita, essendo nata a Milano” (Patrizia A.)

# I fenomeni in fuga verso il paesello all’inizio del lockdown (Massimo T.)

Anche se “Io amo Milano, ma in pandemia hanno fatto bene a scendere: al sud abbiamo terrazzi che guardano il mare. Noi eravamo ingabbiati dentro casa” (Barbara C.)

# La ciclabile di Buenos Aires (Grazia D.)

Credits Roberto Lorenzetti FB – Cordoli ciclabile Corso Buenos Aires

# I look di quelli che il sabato sera arrivano da fuori Milano (Davide L.)

# Il prezzo dei pezzi di cocco venduti nei carretti intorno al Duomo (Arelys D.)

# Le palme in piazza Duomo (Roberta C.)

Credits: ilportaledeitreni.it – Palme in Piazza del Duomo

# I prezzi degli affitti per buchi che in altre regioni italiane sarebbero considerati dei ripostigli (Giuseppe S.)

“Ed anche le terrazze/giardini microscopici descritti negli annunci” (Giuseppe S.)

# Area B. Uno spasso (Simona B.)

# Che sia denominata “la città della moda e del design” (Marco Z.)

# Torino

Ph. Travelato_eu (pixabay)

“Torino… dove si trova esattamente?” (Angelo P.)

# 2 pizze + 2 birre = 50 euro (Francesco L.)

# I meridionali che si realizzano a Milano e poi ne parlano male (Francesca C.)

“Sono gli stessi che quando tornano a casa parlano male del loro paese facendo i milanesi” (Sabrina R.)

# …quelli che pensano che 3 piante in vaso ai bordi della strada siano “il verde” (Stefania S.)

# Quando il sindaco dice che Milano è sicura (Valeria V.)

Disordini a Corvetto

# Il Milan contro la Nocerina (Pier H.)

Oppure “il 5 maggio”. O ancora “Blissett”. 

# L’idea dei 30Km all’ora in tutta Milano proposta in consiglio comunale (Roberto A.)

“Le ciclabili, l’area b, le strisce blu, il limite a 30km… In realtà non so se ridere o piangere” (Katia P.)

# I cinesi parlare in milanese… Fantastici! (Fernanda M.)

parrucchieri cinesi

“A me è successo all’Esselunga. Un tipo girato di schiena ordina deciso un etto di Bologna. Si gira ed era cinese. L’ho adorato!” (Alessandra G.)

Continua la lettura con: SoPra, il nuovo quartiere glam-chic di Milano

MILANO CITTA’ STATO

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Milano – St. Moritz senza macchina? Questo il «viaggio spettacolo»: costo e durata

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Ph. @manueljoaolago IG

Buone notizie: St. Moritz si può raggiungere con i mezzi pubblici. Il tragitto è più semplice e spettacolare di quanto si possa pensare. Ecco una guida pratica e dettagliata per partire da Milano e arrivare nel cuore delle Alpi svizzere, senza usare l’auto seguendo i consigli di @Tommaso.Ruzzi (Foto cover: Ph. @manueljoaolago IG)

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Milano – St. Moritz senza macchina? Questo il «viaggio spettacolo»: costo e durata

# La Partenza da Milano Centrale

Credits: Italo Blog

Il viaggio inizia dalla stazione di Milano Centrale. Il consiglio è di prendere il treno delle 8:20 per Colico, direzione Tirano, questo è l’orario ideale per garantire coincidenze perfette lungo tutto il tragitto. Salendo sul treno, il suggerimento è di cercare un posto vicino al finestrino: il panorama è davvero unico.

Durante il viaggio verso Colico, che dura circa 1 ora e 40 minuti, si possono ammirare le incantevoli viste sul Lago di Como, con le sue acque scintillanti incorniciate dalle montagne. E questo è solo un assaggio delle meraviglie paesaggistiche.

# Perché scegliere i mezzi pubblici?

Oltre a essere una scelta pratica, il viaggio in treno e autobus è un’esperienza unica che permette di goderci ogni angolo del panorama senza lo stress della guida. In più, per chi è sensibile al tema, c’è da dire che è la soluzione decisamente più sostenibile per visitare una delle mete più belle d’Europa.

Non importa se si viaggia da soli, con amici o in famiglia: questa avventura è perfetta per chiunque voglia unire il piacere del viaggio alla scoperta di paesaggi spettacolari.

# Il Cambio a Colico: destinazione Chiavenna

Chiavenna

Arrivati a Colico, si deve cambiare treno. Ma è tutto molto semplice. Basta dirigersi al binario “1 tronco”, ben segnalato e facile da trovare. Da qui si prende il treno per Chiavenna. La durata di questa seconda tratta è di circa 50 minuti, il percorso attraversa paesaggi sempre più montuosi, con piccole stazioni pittoresche che sembrano dipinte su una cartolina.

# L’arrivo a Chiavenna e il bus per Sankt Moritz

Una volta giunto a Chiavenna, si esce dalla stazione e bisogna cercare il bus giallo PostAuto, l’azienda di trasporti svizzera. Si può acquistare il biglietto direttamente a bordo oppure presso la biglietteria. I prezzi sono disponibili sia in euro sia in franchi svizzeri, quindi non ci dobbiamo preoccupare di convertire valuta in anticipo.

Il viaggio in autobus dura circa 1 ora e 40 minuti ed è già una straordinaria vacanza: la strada si snoda tra paesaggi alpini mozzafiato, con le cime imponenti che sembrano sfiorare il cielo. Durante il tragitto, si passa per borghi montani incantevoli e vallate verdi e incontaminate.

# Consigli pratici per il viaggio

#1 Biglietti: acquista in anticipo i biglietti del treno per evitare code. Puoi farlo online o direttamente in stazione. Come dicevamo, per il bus PostAuto, invece, è possibile pagare a bordo.

#2 Abbigliamento: porta con te abiti comodi e adatti al clima montano, soprattutto se viaggi nei mesi più freddi.

#3 Cibo e acqua: sebbene lungo il tragitto ci siano bar e punti ristoro, è sempre una buona idea avere con sé una bottiglia d’acqua e qualche snack.

#4 Orari: verifica sempre gli orari aggiornati di treni e autobus per evitare contrattempi.

# L’arrivo a Sankt Moritz

Dopo circa 4 ore totali di viaggio, eccoci finalmente a Saint Moritz, circondati dalla maestosa bellezza delle Alpi svizzere. Qui il tempo sembra fermarsi: l’aria è cristallina, i laghi alpini sono di un blu intenso, e le montagne innevate creano un contrasto spettacolare.

Sankt Moritz è famosa per il lusso, ma anche per la sua natura incontaminata e le numerose attività all’aria aperta. Si può scegliere di passeggiare lungo il lago, visitare le boutique eleganti, o semplicemente rilassarsi in uno dei tanti caffè con vista sulle montagne. Senza considerare il motivo per cui è nota nel mondo: i sentieri escursionistici e gli impianti sciistici.

# Il costo del viaggio

Credits: Moveo by Telepass

Viaggiare da Milano a St. Moritz è anche una scelta sorprendentemente economica per quello che offre. Il costo complessivo del viaggio si aggira intorno ai 37,60 euro a tratta, considerando i trasporti pubblici. Il treno da Milano Centrale a Colico costa 8 euro, mentre da Colico a Chiavenna il biglietto è di soli 3,60 euro. Infine, il bus PostAuto che ti porta da Chiavenna a St. Moritz ha un costo di 26 euro.

Questo rende l’intero tragitto non solo accessibile, ma anche estremamente competitivo rispetto all’uso dell’auto, senza contare il vantaggio di poter ammirare i panorami senza preoccuparsi della guida o del traffico. Un’esperienza straordinaria che unisce praticità, convenienza e bellezza.

Fonte: @Tommaso.Ruzzi

Continua la lettura con: Il 2025 sarà ancora l’anno delle periferie? Le 7 zone di Milano su cui scommettere per acquistare casa

MATTEO RESPINTI

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Non c’è due senza tre: partono i treni del terzo operatore che sfida Trenitalia e Italo

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Treno Arenaways

25 gennaio 2025: dopo una dura e lunga battaglia legale debutta il terzo operatore ferroviario nazionale. L’obiettivo è estendere il servizio in tutta Italia e spingersi anche oltre confine. Queste le tratte servite e quelle autorizzate. 

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Non c’è due senza tre: partono i treni del terzo operatore che sfida Trenitalia e Italo

# La vicenda a lieto fine dopo la battaglia legale

bznews24 IG – i primi treni Arenaways

I treni del terzo operatore ferroviario nazionale debuttano finalmente sui binari a dopo una dura e lunga battaglia legale. Ripercorriamo brevemente la vicenda. Arenaways, fondata nel 2006 dall’ex dirigente Trenitalia Giuseppe Arena, esordì nel 2010 con un collegamento ferroviario tra Milano e Torino, con fermate a Vercelli e Novara. La sua sfida a Trenitalia e il progetto di diventare un terzo operatore nel mercato italiano, insieme a NTV, furono però bloccati dall’Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari, che temeva ripercussioni sull’equilibrio economico di Trenitalia. Costretta a ridimensionare il servizio, Arenaways non ottenne i risultati sperati e dichiarò fallimento nel 2011.

Longitude srl

Nel 2023, però, la Corte di Cassazione ha riconosciuto un abuso di posizione dominante da parte di Trenitalia, imponendo una multa da 300.000 euro. Forte di questa sentenza, la famiglia Arena, attraverso Longitude Holding Srl, ha deciso di rilanciare il progetto. L’European Railway Agency ha concesso il certificato di sicurezza unico, indispensabile per operare in Italia. Nel settembre 2024 è arrivata la registrazione ufficiale  nel sistema di qualificazione per i concessionari del trasporto pubblico locale, in collaborazione con Impresa Ausiliaria Renfe Proyecto Internacionales, la costola estera della compagnia ferroviaria spagnola.

# Viaggio inaugurale il 25 gennaio sulla Cuneo-Saluzzo-Savigliano, servizio regolare due giorni dopo

Orari Arenaways

La società si era già mossa nel frattempo per accaparrarsi le prime due linee: la Cuneo – Saluzzo – Savigliano, di 49 chilometri e 7 fermate, e la Ceva – Ormea, di 32 chilometri e 9 fermate. Entrambe erano state sospese come servizio passeggeri, la prima dal 2020, usata ora solo per il traffico merci, e la seconda dal 2012, usata saltuariamente da treni turistici/storici. Il viaggio inaugurale è sabato 25 gennaio alle 14.30 sulla prima delle due linee piemontesi da riattivare, con momenti di festa nelle principali fermate (Busca, Costigliole Saluzzo, Verzuolo, Manta e Saluzzo). Il servizio regolare è dal 27 gennaio, con biglietti sul sito di Arenaways al prezzo di 4,60 euro per una corsa singola da Cuneo a Saluzzo e di 5,60 euro fino a Savigliano, con possibilità di acquistare abbonamenti. Sono previste 24 corse giornaliere dal lunedì al venerdì, dalle 6 alle 21, il servizio è ridotto nei weekend. 

La Linea Ceva – Ormea dovrebbe tornare in funzione dal 2026, con l’obiettivo di arrivare nel 2028 a mettere sui binari 10 treni al giorno. Si attende il completamento dei lavori di ripristino e potenziamento dell’infrastruttura ad opera di Rete Ferroviaria Italiana RFI.

# Le caratteristiche dei nuovi treni

Treno Arenaways

I nuovi treni sono dotati di motori diesel di nuova generazione con 155 posti a sedere e servizi a bordo integrati, tra cui wifi e infotainment gratuiti. Design e livrea sono stati curati dallo studio olandese Railcolor. Il convoglio si presenta con uno smile bianco su fondo blu, collocato sulla parte frontale della motrice. Massima attenzione è stata data all’identificabilità degli accessi per le persone con mobilità ridotta e le biciclette, al fine di renderne più facile l’individuazione anche su banchine affollate. 

# Nel mirino la Cuneo-Nizza, la “Ferrovia delle Meraviglie”

Credits lilikikilai IG – Nizza

Arenaways potrebbe espandere ulteriormente le sue attività nella provincia di Cuneo. Secondo quanto riportato da ferrovie.info alcuni mesi fa, il prossimo obiettivo potrebbe essere la “Ferrovia delle Meraviglie”, in attesa di valorizzazione.

Un’indiscrezione interessante arriva dalla pagina Facebook “Ecomusée du Train des Merveilles”, dove si parla di un possibile interesse per la linea Cuneo – Ventimiglia – Nizza. Si menziona, infatti, che “la società ha espresso interesse per un servizio turistico sulla linea del Colle di Tenda”. Una prospettiva che potrebbe ridare lustro a uno dei tracciati ferroviari più affascinanti d’Europa.

Leggi anche: Riparte il «Treno del Foliage»: le date dell’unico treno in funzione solo un mese all’anno

# La sfida italo-spagnola a Trenitalia sulla Milano-Torino, con possibili nuove tratte dal 2026, inclusa la Milano-Monaco di Baviera

 
Credits quotidianopiemontese – Tratte Arenaways

Questo potrebbe rappresentare solo un’anteprima delle tratte che Arenaways mira a servire in futuro. La nuova compagnia ferroviaria ha infatti ottenuto la concessione delle seguenti linee:

  • Roma-Reggio Calabria,
  • Torino-Lecce,
  • Torino-Venezia,
  • Milano-Innsbruck-Monaco,
  • Roma-Genova;
  • Roma-Reggio Calabria.

I collegamenti potrebbero partire all’inizio del 2026, offrendo un servizio Intercity, senza alta velocità. Renfe si fa quindi strada in Piemonte, creando un quarto polo che si affianca a Trenitalia, Italo e Sncf, quest’ultima con i suoi TGV che arricchiranno l’offerta con nuove tratte oltre a quelle già attive. Ci sono poi altre 36 linee in Italia inutilizzate, ma idonee al servizio, su alcun di queste Arenaways vorrebbe far viaggiare i suoi treni, e in futuro provare a scardinare il dominio di Trenord in Lombardia.  

Leggi anche: In Italia arrivano i treni veloci francesi: il TGV sfida Italo e Frecciarossa. Queste le tratte nel mirino

Continua la lettura con: Il nuovo «Treno delle terme» è in partenza da Milano

FABIO MARCOMIN

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Il «Colosseo di Milano»: il terzo anfiteatro più grande del mondo

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Credits milanoarcheologia.beniculturali.it - Ricostruzione Anfiteatro di Milano

Più grande anche dell’Arena di Verona. Quanto misurava e cosa rimane del monumentale edificio.

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Il «Colosseo di Milano»: il terzo anfiteatro più grande del mondo

# La principale attrazione di Milano quando era capitale dell’Impero Romano d’Occidente

Credits milanoarcheologia.beniculturali.it – Ricostruzione Anfiteatro di Milano

Costruito nel I secolo d.C., il Colosseo di Milano, era la principale attrazione nonchè vetrina per lo stesso Imperatore quando la città era capitale dell‘Impero Romano d’Occidente. Una struttura imponente realizzata in un’area extraurbana della città romana, al di fuori delle mura cittadine che corrispondono all’attuale zona di Porta Ticinese, che poteva ospitare inizialmente fino a 20.000 poi saliti a circa 35.000 in seguito ai successivi ampliamenti. L’edificio veniva utilizzato per i giochi gladiatori e per le venationes, scontri tra gladiatori e animali, ma anche per spettacoli di battaglie navali utilizzando l’acqua del vicino corso della Vetra o Vettabbia. 

# Quanto misurava

Credits Urbanfile – Planimetria Anfiteatro

Il “colosseo” milanese è stato realizzato con una pianta elittica lunga 155 metri e larga di 135 che ne faceva il terzo anfiteatro per grandezza di tutto l’Impero romano. Di poco più grande dell’Arena di Verona e dietro al Colosseo di Roma che misura 188 x 156 metri e l’Anfiteatro di Capua che misura 170 x 140 metri. Alcune fonti mettono al terzo posto nel mondo quello tunisino di El Jem, costruito dai romani sotto il proconsole Gordiano I, ma le informazioni sulle sue reali dimensioni sono discordanti. 

# La sua distruzione e cosa ne rimane oggi

Credits Urbanfile – Resti anfiteatro

Abbandonato nei primi secoli del Cristianesimo perché gli anfiteatri erano malvisti dalle autorità religiose del nuovo culto, per via della violenza perpetrata al loro interno, venne poi distrutto dalle invasioni barbariche nel V secolo. In rovina e in disuso, venne utilizzato come cava di pietre per gli edifici circostanti tra cui la basilica di San Lorenzo, dove ancora oggi si possono ammirare diversi frammenti di particolare rilevanza.

Oggi rimangono pochi resti delle sue fondazioni, scoperte durante scavi archeologici iniziati nel 1931 e completati negli anni ‘70, all’interno del parco archeologico dell’Anfiteatro tra vie De Amicis, Conca del Naviglio e Arena. Qui è presente anche il Museo Antiquarium “Ada Levi” che illustra la storia del monumento sulla base delle ultime indagini archeologiche condotte nel quartiere. L’accesso è da via de Amicis 17 anche se gli orari sono alquanto ridotti.

Leggi anche: Nel cuore di Milano il PARCO più INACCESSIBILE del MONDO (e il MISTERO del COLOSSEO VERDE)

# L’attesa per il Colosseo Verde

Colosseo verde

Per quanto riguarda lo stato attuale si attende la realizzazione di un nuovo parco di circa 22.300 mila mq, dal nome di PAN (Parco Amphitheatrum Naturaecon) con i resti antichi lasciati a vista e la ricostruzione dell’impronta del “Colosseo Milanese” con siepi di bossi e cipressi. I lavori per il progetto a firma dell’architetto Attilio Stocchi, che prevede la sistemazione dell’intera area, raddoppiata dopo l’acquisizione da parte del Comune di quasi tre terzi del terreno di proprietà private fino a qualche anno fa, sono iniziati nel 2018 ma l’ultimazione prevista entro la fine del 2022 non è stata rispettata. Bisognerà attendere quindi ancora altro tempo per avere un’idea più verosimile possibile dell’imponenza che questo monumentale edificio aveva nel passato.

 

Continua la lettura con: Nel cuore di Milano il PARCO più INACCESSIBILE del MONDO (e il MISTERO del COLOSSEO VERDE)

FABIO MARCOMIN

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La prima targa con una lettera è stata a Milano: segno di un risultato storico

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Le targhe automobilistiche italiane hanno più di 125 anni di storia, durante i quali hanno cambiato forme, dimensioni e modalità di numerazione. Andiamo a ripercorrerne i cambiamenti più importanti con una particolarità che riguarda la città di Milano.

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La prima targa con una lettera è stata a Milano: segno di un risultato storico

# 1897 – 1904: le prime targhe della storia

Targhe Genova Padova
credits: Oltreimuri Blog

L’esigenza di dotare dei veicoli a motore di una targa nacque nel lontano 1897, quando entrò in vigore l’obbligo comunale di dotare i velocipedi e le automobili con una targa univoca che riportasse nome del proprietario e il numero di licenza comunale.

Con la progressiva diffusione delle automobili, questo metodo di riconoscimento risultava poco efficiente e così si passò ad un formato legato alla città di appartenenza, riportando il nome della provincia e il numero di licenza rilasciata dalla prefettura. Di questo periodo si sono conservate solo 5 targhe, tra cui “Padova 2”, conservata al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.

Leggi anche: Il MONTE di MILANO: una storia di guerra e di amore

# 1905 – 1926: le targhe con un codice per ogni provincia

credits: Spacc67, CC BY-SA 4.0

Con l’aumento delle vetture circolanti si rese necessario semplificare le targhe che dovevano essere prodotte in numero sempre maggiore. Per questo venne introdotto un nuovo formato che prevedeva un codice di 2 cifre ad identificare la provincia di appartenenza ed una numerazione progressiva. Ad esempio, Milano era identificata dal numero 38, Roma dal 55, Napoli dal 40 e Torino dal 63.

# 1927 – 1994: le targhe con le iniziali di ogni provincia

Dal 1927 le targhe cambiarono sostanzialmente, introducendo la sigla della provincia rappresentata da 2 lettere, seguita da un numero progressivo di 6 cifre, a partire da 000000 fino a 999999 per creare un formato che potesse durare nel tempo.

Leggi anche: Il primo SEMAFORO italiano comparve a Milano il 1° aprile 1925: con quattro colori. UrbanFile: trasformiamolo in MONUMENTO

# A Milano il primo milione di automobili: appare la prima lettera

Alfa Romeo Giulia MI A00000

Nel 1965 la città di Milano raggiunse quota 1 Milione di autovetture immatricolate da quel lontano 1927 in cui era entrato in vigore il formato con le 2 lettere per provincia e le 6 cifre progressive che avrebbero coperto i primi 999.999 veicoli.

Per Milano si trattava di un primato, essendo la prima città italiana a raggiungere un tale traguardo che si combinò con una curiosa configurazione grafica: infatti alle due lettere della provincia “MI” si aggiunse la lettera “A” seguita da “00000”, andando a formare, a prima vista, la parola MIA00000, rendendo ancor più iconica quella prima targa milanese.

Chissà quanti bambini sul finire degli anni ’60 si sono lasciati andare a sonore risate vedendo circolare quella famosa Alfa Romeo Giulia che faceva il verso di un gatto…

Continua la lettura: L’auto più costosa al mondo ha origini milanesi

ALESSANDRO VIDALI

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Quando a Milano il grand Hotel Plaza osò sfidare Palazzo Reale

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Plaza dettaglio
Plaza dettaglio

Pieno centro di Milano. Dove via Rastrelli corre, un po’ defilata, a ridosso di piazza Diaz, quest’ultima aperta tra il 1928 e il dopoguerra, in seguito agli sventramenti che cancellarono il quartiere del Bottonuto.
Mentre il lato dei numeri dispari è da sempre occupato dal vasto e complesso edificio del Palazzo Reale, il lato dei numeri pari nasconde diverse curiosità.

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Quando a Milano il grand Hotel Plaza osò sfidare Palazzo Reale

In via Rastrelli ebbero innanzitutto sede, proprio di fronte al palazzo reale, le Regie Poste, ospitate in un bel palazzo neoclassico disegnato appositamente da Leopoldo Pollack (1751-1806).

rastrelli palazzo poste pollack
rastrelli palazzo poste pollack

Finché nel 1908, senza tanti rimpianti, questo imponente edificio venne demolito per far posto a un palazzo molto, molto ambizioso: l’Hotel Plaza.

# Il grande sogno dell’Hotel Plaza

rastrelli palazzo poste pollack ottocento
rastrelli palazzo poste pollack ottocento

La moderna e lussuosa struttura alberghiera venne pensata come costruzione angolare, per avere una fronte affacciata anche sulla via Paolo da Cannobio. Tuttavia, per varie ragioni non ultime quelle economiche, fu edificato solo il lato su Rastrelli, anche se l’Hotel Plaza sulle proprie cartoline pubblicitarie mostrava orgogliosamente la facciata come avrebbe dovuto essere secondo il progetto mai completato.

Plaza dettaglio
Plaza dettaglio

Nell’edificio era stata costruita, per volere del proprietario di alcuni lotti di case abbattute, l’avvocato Pietro Volpi Bassani, una galleria pedonale commerciale, che univa la via Rastrelli con la via Visconti, in pieno Bottonuto.

Demolito poi il Bottonuto, l’hotel Plaza fece erigere nel 1938 un vasto e più moderno edificio sulla nuova piazza Diaz, in modo da avere un ingresso prestigioso e ben visibile (diventando il “grand hotel Plaza”).
Il vecchio edificio sulla via Rastrelli fu declassato a retro dell’albergo, con gli ingressi di servizio.

# Quel che resta del grand hotel Plaza

Cosa resta oggi di tutte queste curiosità storiche? Chi percorre la via Rastrelli può ancora notare la parte realizzata del Plaza, nella cui facciata si nota un ingresso contornato da due colonne e chiuso da una vetrata, quello che un tempo era la galleria Volpi Bassani.
Del nuovo grand hotel Plaza di piazza Diaz, si può solo dire che ormai risulta chiuso per cessata attività.

Continua la lettura con: La storia del Bottonuto, il quartiere malfamato nel centro di Milano

MAURO COLOMBO

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Il compleanno di Giorgio Gaber, l’inventore del teatro canzone, sempre vivo nel cuore dei milanesi

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Gaber

25 gennaio. Uno dei simboli di Milano, il portavoce di tutte le vittime delle contraddizioni della nostra società, compie 86 anni. Sì, perché per noi è ancora vivo. 

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Il compleanno di Giorgio Gaber, l’inventore del teatro canzone, sempre vivo nel cuore dei milanesi

# Iniziamo dalla fine: 22 anni dalla scomparsa del Signor G

Credits wikipedia.org – Giorgio Gaber

Nel 2023 si è ricordato il ventesimo anniversario della scomparsa di Giorgio Gaber: era infatti il primo gennaio 2003 quando, nella propria casa di Montemagno di Camaiore, uno dei più grandi testimoni dell’arte italiana ci lasciava. Gaber non era solo un interprete delle canzoni, ma della vita, quella che scorre inesorabile e coinvolge tutti noi, comuni mortali. Era il portavoce di uomini e donne, vittime delle contraddizioni della nostra società. Ma ciò che ha reso grande il “Signor G.”, è stata la capacità di saper fare musica e canzoni anche attraverso le lenti dell’ironia, riuscendo addirittura ad oltrepassare il confine della goliardia, con una leggerezza che neppure distinguevi.

# Ogni suo spettacolo si trasformava in un’opera teatrale

Credits wikipedia.org – Gaber e Iannacci

Era nato a Milano, il 25 gennaio 1939, il suo vero cognome era Gabershik e il suo quartiere era il Sempione. Visse fino al 1963 in via Londonio 28, col padre Guido, la madre Carla e il fratello Marcello, di sei anni più grande. Sulla facciata del palazzo in cui trascorse i primi anni della vita, una lapide cita, “qui nacque Giorgio Gaber, inventore del Teatro Canzone (…)“. La sensibilità, l’intelligenza, la gestualità ed il carisma, hanno consentito a questo artista di portare la canzone a dei tali livelli di espressività scenica, da farla sconfinare nel teatro.

Ma non solo: Gaber amava parlare col pubblico, con una generosità ed un’eleganza uniche, al punto che ogni suo spettacolo, per tanto musicale che fosse, si trasformava in un’opera teatrale. Pensate che Gaber, a 15 anni, inizia a suonare la chitarra per curare il braccio colpito dalle conseguenze di una poliomelite. E da lì è nata tutta una leggenda, anzi una storia, che ci ha regalato una filosofia di vita.

# Le prime canzoni di successo

Gaber

Le sue prime canzoni di successo sono leggere, parlano d’amore, come, “ciao ti dirò”, “non arrossire”, “le nostre serate” e “Torpedo blu”. Il suo stile era sempre garbato ed ironico, che si abbinava bene con altri brani, più scanzonati, quasi comici, come “il Riccardo” e “la ballata del Cerutti”. Nel 1970 esce “Il signor G”, l’album nato dalla registrazione dal vivo di uno spettacolo in cui Gaber alterna brani cantati a monologhi. E anche questo è teatro.

“Il signor G” è un po’ la storia di un artista che riesce a farla diventare anche nostra, dalla nascita alla morte. In mezzo ci sono le disuguaglianze sociali che conosciamo già da piccini (“Giuoco dei bambini: io mi chiamo G”), l’amore e la crisi matrimoniale con i tradimenti piccolo-borghesi (“Una storia normale”), la rabbia contro tutti e tutto (“G accusa”), i vizi (“L’orgia”), le riflessioni di una vita e il tentativo di andare oltre la divisione tra buoni e cattivi (“Preghiera”). Poi le contraddizioni del mondo consumistico, la voglia di rivoluzione, da un lato, e di una vita dentro le convenzioni, dall’altro. Da lì parte una diversa carriera di Giorgio Gaber, capace di interpretare in modo tanto reale quanto musicalmente impeccabile la nostra società.

L’opinione (personalissima) di chi vi scrive è che la sublimazione degli ultimi trent’anni di vita di questo testimone del nostro tempo sia avvenuta con “La libertà”, una parabola (passatemi questo temine), che sembra indicarci la prospettiva dalla quale guardare la nostra esistenza, se davvero vogliamo viverla in modo attivo e vivo.

FABIO BUFFA

Continua la lettura con: 

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GIANLUIGI BONELLI, il creatore di TEX WILLER, sempre in lotta contro il POTERE

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TINO SCOTTI, il milanese del “Ghe pensi mi”

ORNELLA VANONI, Milano e Settembre

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COCHI e RENATO: una coppia diventata il MARCHIO del CABARET

Giorgio AMBROSOLI: il RIVOLUZIONARIO in GIACCA e CRAVATTA che sfidò anche lo Stato

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FRANCO CERRI: quel genio che partì suonando nei cortili

I KRISMA: la coppia più PUNK della storia di Milano

LILIANA SEGRE, la testimonianza milanese dell’Olocausto

MARIA CALLAS, la Scala e BIKI, quel legame che ha fatto la storia dell’arte

WALTER VALDI, cintura nera di dialetto milanese

LORENZO BANDINI, lo sfortunato campione adottato da Milano

ALEX BARONI, il “chimico” prodigio della musica

MICHELE ALBORETO, il “pilota gentiluomo”

BEPPE VIOLA: il geniale raccontatore del calcio

Storia di una GRANDE DONNA di Milano: ALDA MERINI

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La proposta: la nuova Federazione Lombarda

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Sorgerà mai la Federazione Lombarda? Ispirata al sistema americano, questa struttura politica potrebbe ridefinire il concetto di Lombardia: non più una semplice regione amministrativa, ma un insieme di territori autonomi, uniti da una visione condivisa di crescita e innovazione, che si estendono su un territorio uniforme: la parte centro-occidentale della pianura padana. Milano, naturalmente, ne sarebbe la capitale. Scopriamo come potrebbe essere la Federazione Lombarda rilanciando lo spunto pubblicato da @allygorhy

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La proposta: la nuova Federazione Lombarda

# L’eredità della Lega (Padania e macroregioni) e una nuova visione

Qualsiasi discussione su una Lombardia federata non può prescindere dall’eredità politica della Lega Nord di Umberto Bossi, in particolare di quella forgiata da Gianfranco Miglio, considerato l’ideologo del movimento che aveva teorizzato un modello federale basato su tre macroregioni. 

Questa nuova Federazione Lombarda, però, si differenzierebbe nettamente nella motivazione fondante: non si tratterebbe di una rivalsa contro Roma, ma di una scelta strategica per valorizzare il potenziale economico, sociale e culturale di un territorio omogeneo. Mentre la Lega storica invocava una separazione basata su sentimenti di insoddisfazione, questa proposta punterebbe a costruire un modello inclusivo, che unisca i territori della pianura padana sotto un unico progetto di sviluppo.

Il sistema federale proposto non avrebbe dunque il risentimento come motore, ma la capacità di attrarre talenti, investimenti e innovazione, facendo della pianura padana una macroregione all’avanguardia in Europa.

# Un sistema di governo stabile e partecipativo

Seguendo l’esempio americano, il Presidente verrebbe eletto dai rappresentanti dei territori federati, evitando derive populiste e assicurando che ogni area geografica abbia un peso nel processo decisionale.

Il Parlamento federale sarebbe composto da due camere: una basata sulla popolazione (Camera dei Rappresentanti) e l’altra sui territori (Senato), assicurando un equilibrio tra gli interessi delle aree più popolate e di quelle meno densamente abitate. Questo sistema garantirebbe che tutte le istanze, dalle metropoli come Milano alle aree rurali come Pavia, siano equamente rappresentate.

A livello locale, ogni territorio federato avrebbe un proprio governo, responsabile per le materie di competenza esclusiva. Questi governi locali sarebbero autonomi ma coordinati con il governo federale per assicurare coerenza nelle politiche regionali.

# Milano: la capitale federale

Nel cuore della Federazione Lombarda vi sarebbe Milano, capitale indiscussa e simbolo internazionale.

La capitale non si limiterebbe a essere un centro amministrativo, ma fungerebbe da coordinatrice delle politiche regionali. Sede del governo federale, ospiterebbe le istituzioni principali, tra cui il Parlamento della Lombardia Federata e la residenza del Presidente.

Milano giocherebbe anche un ruolo chiave nel sistema elettorale: se ogni territorio federato eleggerebbe un numero di rappresentanti calcolato proporzionalmente sulla base degli abitanti, alla capitale ne potrebbero essere garantiti un numero extra, a prescindere dalla popolazione, per assicurarne il primato. Questo modello, ispirato al sistema americano, garantirebbe stabilità politica e rappresentanza equilibrata, evitando eccessive concentrazioni di potere.

# I territori federati e le loro funzioni

Ogni territorio verrebbe valorizzato per le sue peculiarità storiche, culturali ed economiche, assumendo ruoli funzionali all’interno della Federazione. Di particolare rilievo è il fatto che la Federazione Lombarda includerebbe anche territori che oggi non appartengono alla Lombardia, come alcune aree dell’Emilia-Romagna, del Piemonte e della Liguria, ampliando così l’orizzonte geografico e garantendo due sbocchi sul mare. Ecco alcuni esempi di territori e funzioni:

#1 Bergamo e Brescia: le due città, già fulcro del tessuto produttivo lombardo, diverrebbero i poli principali per la ricerca e lo sviluppo industriale. Questi territori ospiterebbero distretti tecnologici avanzati e avrebbero il compito di guidare la transizione ecologica e digitale della regione.

#2 Monza e Mantova: con il loro straordinario patrimonio artistico e storico, diventerebbe il centro della cultura e del turismo. Grazie a investimenti mirati, si trasformerebbe in un laboratorio culturale capace di attrarre visitatori da tutto il mondo e promuovere la ricchezza storica lombarda.

#3 Pavia e Lodi: questi territori verrebbero incaricati di guidare la rivoluzione dell’agricoltura sostenibile, sfruttando le loro vaste aree rurali. Attraverso l’implementazione di tecnologie avanzate e pratiche agricole innovative, diventerebbero un modello di riferimento per l’Italia e l’Europa.

#4 Como e Lecco: grazie alla loro posizione strategica, Como e Lecco assumerebbero un ruolo cruciale nella logistica e nell’energia. Questi territori potrebbero gestire hub di trasporto efficienti e diventare leader nella produzione e distribuzione di energie rinnovabili.

#5 I porti di Sacca degli Scardovari e Marina di Carrara: Sacca degli Scardovari potrebbe diventare l’hub per la pesca e il turismo enogastronomico legato alla tradizione ittica, mentre Marina di Carrara verrebbe potenziata come porto commerciale e logistico, consentendo l’accesso ai mercati internazionali.

Spunto: @allygorhy

Continua la lettura con: La «lega delle seconde città»: con Milano per rigenerare la scena politica internazionale

MATTEO RESPINTI

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Le nuove linee della metro di Milano che si potrebbero creare utilizzando binari e stazioni esistenti

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Come si potrebbero ricombinare le linee metropolitane milanesi utilizzando i binari e le fermate esistenti per crearne di nuove? Alcune ipotesi.

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Le nuove linee della metro di Milano che si potrebbero creare utilizzando binari e stazioni esistenti

#1 La linea zero o “circle line interna”: da Lotto a Loreto

Google maps – Circle line interna

La prima linea che si potrebbe realizzare, ipotizzando di far correre i treni tra i binari delle linee esistenti, potrebbe essere una circle line interna a cui dare il nome di “linea zero”. Il percorso si snoderebbe all’interno del perimetro della circonvallazione, nella metà a nord: sfrutterebbe i percorsi della rossa da Lotto a Loreto, della verde da Loreto fino a Porta Garibaldi e, da quel punto, quello della lilla per chiudere l’anello a Lotto. In questo modo verrebbero agevolati gli spostamenti orizzontali in questo quadrante della città.

#2 La “gronda nord”: da Rho Fiera a Cologno Monzese/Gessate

Google maps – Linea nord

Sfruttando in via ipotetica sempre i binari della linea rossa, lilla e verde si potrebbe dar vita a una nuova linea 1 o gronda nord. Il capolinea a ovest sarebbe Rho Fiera, poi il tracciato proseguirebbe sulla “linea zero” da Lotto fino a Porta Garibaldi, nell’attuale percorso della linea lilla, e da lì arriverebbe fino ai capolinea di Cologno Monzese o Gessate alla fine dell’odierna linea verde.

#3 La “gronda est”: da San Donato a Sesto San Giovanni FS

Google maps – Linea est

La terza linea renderebbe più comoda per gli utenti una tra le direttrici più utilizzate. La “gronda est” partirebbe a sud est dal capolinea di San Donato M3 e arrivata alla stazione Duomo proseguirebbe sul ramo della linea rossa in direzione Sesto San Giovanni e fra qualche anno Monza Bettola.

#4 La “gronda sud”: da San Cristoforo a San Donato

Credits Atm – Gronda sud

La quarta linea metropolitana potrebbe essere la combinazione di due tracciati. La “gronda sud” avrebbe il capolinea ad ovest nella stazione di San Cristoforo, procederebbe lungo il percorso della linea M4 fino a Missori dove si innesterebbe sui binari della linea gialla fino al capolinea est di San Donato M3.

#5 La “linea centrale”: da Assago Forum a Bignami

Google maps – Linea centrale

La quinta linea metropolitana potrebbe tagliare Milano in mondo longitudinale. La “linea centrale” sarebbe la combinazione della linea verde con capolinea sud ad Assago Forum e la linea lilla da Porta Garibaldi con capolinea nord a Bingnami e in futuro al Polo Istituzionale di Monza.

#5+1 La “gronda ovest”: da Bisceglie fino a Comasina

Google maps – Linea ovest

Infine la “gronda ovest” che sfrutterebbe il tracciato di tutte le quattro linee in funzione oggi. Come capolinea a sud avrebbe la fermata di Bisceglie o quella futura di Baggio sulla linea rossa. I treni della metropolitana proseguirebbero fino a Cadorna per innestarsi sul tracciato della linea verde fino a Porta Garibaldi, poi su quello della lilla fino a Zara e infine terminare al capolinea dell’attuale linea gialla di Comasina.

Continua la lettura con: Le SORPRESE della METRO di Milano

FABIO MARCOMIN

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In costruzione la nuova stazione TAV: il sogno di Firenze rischia di trasformarsi in un incubo?

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infobuild - Firenze Belfiore Rendering

La fermata si inserisce nel tratto urbano della nuova linea AV/AC, pensato per velocizzare la linea e separare i flussi tra i treni regionali e quelli ad alta velocità. Accanto a questi vantaggi potrebbero però si intravvedono diversi problemi.

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In costruzione la nuova stazione TAV: il sogno di Firenze rischia di trasformarsi in un incubo?

# La nuova stazione AV di Firenze con la copertura a “vela” e profonda 25 metri

infobuild – Stazione Firenze Belfiore

A Firenze è in costruzione la nuova stazione passante dell’Alta Velocità: la Firenze Belfiore, progettata dallo studio di Architettura Foster e dalla società di ingegneria Ove Arup & Partners. Caratterizzata da una specie di “vela”, una grande copertura in vetro sorretta da strutture leggere in acciaio che porta luce naturale in tutti i 4 livelli della stazione che si spinge fino a meno 25 metri sotto il manto stradale.

infobuild – Stazione Firenze Belfiore rendering

Si inserisce nel tratto urbano della nuova linea AV/AC che si sviluppa per circa 7 km in sotterranea e sarà completata con due tratti terminali in superficie: a Nord tra le Stazioni di Firenze Castello e Firenze Rifredi, e a Sud nei pressi della stazione di Firenze Campo di Marte.

# L’obiettivo: separare i treni regionali da quelli di alta velocità

lanazione.it – Nuova linea Av Firenze

L’obiettivo della nuova linea e stazione passante è di separare i flussi tra i treni regionali e quelli ad alta velocità, aumentando la capacità della rete di superficie a beneficio del traffico locale, eliminando ogni interferenza. MA ci sono alcune contraddizioni che rischiano di provocare più danni che benefici. Vediamoli. 

#1 Una stazione fuori dal centro per risparmiare al massimo 10 minuti

fsnews.it – Nuova stazione Av Firenze

Sembra tutto bello, ma veniamo ai punti interrogativi. La nuova stazione dell’Alta Velocità di Firenze, che andrà a sostituire Santa Maria Novella per quasi tutti i viaggi veloci, si trova fuori da tutto. Per ovviare al problema è previsto un people mover automatizzato su un percorso di 1,3 km, attestato a Santa Maria Novella al binario 1-2, la linea 2 del sistema tramviario cittadino già in esercizio e i bus urbani per arrivare in città. 

Si tratta però sempre di un passaggio in più e si perde così il grande punto di forza di Santa Maria Novella: in pieno centro e comoda per chiunque voglia vedere la città. Il vantaggio sembra irrisorio: si risparmiano al massimo 10 minuti con l’Alta Velocità. Si stima infatti un’attesa dei treni che dovrebbe scendere da 14 a 6 minuti rispetto allo situazione attuale.

#2 Rischio caos per la linea tranviaria cittadina

Linea 2 tram Firenze

L’altro problema è la congestione del traffico passeggeri sulla linea tranviaria 2 dato che, nonostante la velocità del servizio grazie all’asservimento semaforico, non sembra in grado di sopportare un trasbordo di centinaia di passeggeri a ogni arrivo o partenza di treno. A questo va aggiunto il fatto che i people mover si rivelano spesso inaffidabili, vedi i casi di Pisa e Bologna.

Sarebbe opportuno inoltre che il traffico passeggeri ferroviario della linea Alta Velocità non si sovrapponesse al traffico urbano, cosa che invece in questo modo accadrebbe. La linea 2 attraversa infatti il popoloso quartiere di Nòvoli che raggiunge poli istituzionali (palazzo di Giustizia, uffici della Regione), campus universitario e soprattutto l’aeroporto. Il rischio concreto è che la rete cittadina vada in tilt. 

Continua la lettura con: “Va INTEGRATO il TRASPORTO PUBBLICO tra Milano e Hinterland”

MILANO CITTA’ STATO in collaborazione con MARCO FIGURA

copyright milanocittastato.it

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Sei a Milano e stai fumando con il finestrino abbassato

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Fumo

Ma se non aspiravo neanche!

Qui il video: Sei a Milano e stai fumando con il finestrino abbassato

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Continua con: L’asfalto di Milano quando scendono due gocce di pioggia

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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«Mi è bastato andare a Bangkok per capire che Milano è fuori strada»

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Young man traveler with backpack waiting for train, Asian backpacker with hat standing on railway platform at Bangkok train station. Holiday, journey, trip and summer Travel concept

Quella che era una delle città più inquinate del mondo ha abbattuto lo smog e migliorato l’attrattività internazionale e qualità della vita evitando ossessioni green e politiche di repressione della circolazione automobilistica. E se Milano stesse andando fuori strada? Le considerazioni di Francesco Bertolini su La Verità. 

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«Mi è bastato andare a Bangkok per capire che Milano è fuori strada»

Estratti da E’ bastato un viaggio a Bangkok per capire che Milano è fuori strada di Francesco Bertolini su La Verità

Credits: honeymoondreams.co.uk – Bangkok

# Per comprare prodotti di lusso italiani non si deve più venire in Italia

«Ieri, la business class del volo Bangkok-Doha era piena di donne velate e di arabi che tornavano nei paesi del Golfo dopo probabilmente aver passato qualche giorno in Thailandia: racconto questo episodio che può sembrare insignificante perché nel tratto successivo da Doha a Milano la business class era praticamente deserta, indicatore ovviamente non significativo ma che dava la sensazione di volare verso un paese poco interessante per i ricconi arabi, che ormai trovano prodotti di lusso italiani nelle principali città del mondo. Città che corrono, che crescono libere da una burocrazia che ha affossato e rischia di annientare le città italiane.»

# Inquinamento molto più basso di Milano grazie a trasparenza e mezzi pubblici innovativi invece che repressione delle automobili

«A fronte di questa libertà nell’intraprendere, uno si aspetterebbe un disastro ambientale e sociale non accettabile nemmeno a fronte di una crescita importante del Pil. Ma quando, nelle strade di Bangkok, alcuni cartelli luminosi comunicavano in tempo reale la concentrazione di pm2,5 pari a 34,6 anche questo collegamento naufraga.»

«Bangkok è una città di circa 11 milioni di abitanti, che diventano 15 con le periferie, percepita come caotica e super inquinata, mentre invece la realtà ci dice che il livello di polveri è infinitamente più basso di Milano, dove tra l’altro si parla tanto di inclusione e trasparenza ma dove non esistono cartelli che segnalino la concentrazione di polveri sottili ai cittadini. Ovviamente a Bangkok non c’è area B o area C, ma negli ultimi anni uno sky train e un sistema di treni metropolitani hanno alleggerito molto il traffico rispetto a qualche anno fa.»

# E se la lotta all’anidride carbonica fosse solo una follia ideologica?

Bertolini si chiede se abbia senso imitare le tendenze green in atto in alcune città europee o se invece non sia meglio «fare una riflessione non ideologica». Come questa:

«Il suicidio dell’Europa green è ormai un dato di fatto, continuare a parlare di CO2 come del male assoluto ha costruito una narrazione totalmente sbagliata dalle fondamenta (…)» Ci vuole coraggio, ci vogliono imprenditori che non si accodino a una narrazione senza senso (…), tenuto conto che la strada che stiamo ancora perseguendo non fa altro che provocare chiusure di aziende che rappresentavano il vanto del nostro paese. La produzione industriale continua a diminuire (…)»

E non è solo una questione economica. Ma anche ambientale: «A Bangkok il gennaio 2025 è stato finora il più freddo degli ultimi 40 anni con temperature minime intorno ai 15 gradi, inimmaginabili per la capitale più calda del mondo. (…) Ma l’Europa vuole diventare un continente a emissioni zero. Prossimo step» dei «fanatici green europei», si chiede Bertolini sarà «ridurre le emissioni di anidride carbonica delle persone»? 

Estratti da E’ bastato un viaggio a Bangkok per capire che Milano è fuori strada di Francesco Bertolini su La Verità

Credits jezzaaa.c IG – Bangkok

Continua la lettura con: SoPra, il nuovo quartiere glam-chic di Milano

MILANO CITTA’ STATO

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Il primo inverno nella più grande stazione di sci indoor del mondo

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E’ stato inaugurato il L*SNOW Indoor Skiing Theme Resort, la più grande stazione sciistica indoor al mondo. Scopriamo di che si tratta e quali servizi offe.

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Il primo inverno nella più grande stazione di sci indoor del mondo

# Un resort da record: ci sono anche biciclette da neve, una grotta di ghiaccio e un treno panoramico 

Shanghai ha stabilito un nuovo primato con l’apertura del L*SNOW Indoor Skiing Theme Resort, la più grande stazione sciistica indoor al mondo. Situato a Lingang, vicino all’aeroporto di Pudong, il resort è stato inaugurato nel settembre 2024 e copre una superficie totale di 350.000 metri quadrati. Grazie a una combinazione unica di sport, intrattenimento e lusso, questa struttura si propone come nuovo punto di riferimento globale per gli sport sulla neve in ambiente controllato.

Con un’area sciabile di ben 90.000 metri quadrati, lo L*SNOW offre piste adatte a ogni livello di abilità, dai principianti agli sciatori esperti. Oltre allo sci, la struttura propone più di 20 attrazioni diverse, tra cui slittini, biciclette sul ghiaccio, un treno panoramico e una grotta di ghiaccio visitabile. La capienza giornaliera permette a migliaia di visitatori di accedere contemporaneamente, garantendo un’esperienza senza interruzioni.

Ad arricchire l’offerta ci sono due hotel di lusso integrati nella struttura, il Shanghai Snow World Hotel e il Crown Plaza Shanghai Snow World, che permettono agli ospiti di accedere direttamente alle piste. In alcuni casi, gli sciatori possono addirittura sciare direttamente dalla propria camera. In più, il resort include un parco acquatico, suddiviso tra aree indoor e outdoor, rendendolo una meta perfetta per tutte le stagioni e non solo per l’inverno.

# Curiosità e primati del L*SNOW: costruito in appena tre anni

Lo L*SNOW non si limita a impressionare con le sue dimensioni. La struttura è stata certificata dal Guinness World Records come la più grande stazione sciistica indoor al mondo, superando il precedente primato detenuto da una struttura a Harbin.

Il progetto è stato realizzato in soli tre anni, dimostrando la capacità della Cina di sviluppare infrastrutture su larga scala in tempi record. I prezzi d’ingresso, a partire da 210 RMB per l’area gioco e 410 RMB per l’area sciistica, rendono l’esperienza accessibile a un pubblico internazionale, consolidando ulteriormente la reputazione di Shanghai come una delle città più dinamiche e innovative del pianeta.

# Un’esperienza unica per tutti

Il resort è progettato per offrire divertimento e avventura a visitatori di tutte le età e abilità, le tre piste principali coprono diversi livelli di difficoltà, offrendo percorsi personalizzati per sciatori principianti, intermedi ed esperti. Per chi cerca esperienze alternative, la zona dedicata al gioco sulla neve propone attrazioni come slittini ad alta velocità, biciclette sul ghiaccio e la spettacolare Clock Tower Drop, una torre panoramica che regala viste mozzafiato.

Lo L*SNOW mette a disposizione un servizio di noleggio gratuito di sci, snowboard e caschi, mentre gli accessori personali, come i guanti, devono essere portati da casa. In più, sono disponibili lezioni di sci e snowboard a tariffe che vanno dai 400 ai 1.000 RMB, offrendo opportunità sia per chi desidera imparare che per chi vuole perfezionarsi.

L’organizzazione non è priva di difetti. Alcuni visitatori hanno segnalato tempi di attesa lunghi per il noleggio delle attrezzature e spogliatoi spesso affollati, aspetti che potrebbero essere migliorati per garantire un’esperienza ancora più soddisfacente.

# Dietro le quinte: tecnologia e sostenibilità

Renderig di un parco Ski Indoor sostenibile, su modello dello L*SNOW

Oltre a essere un trionfo di design e ingegneria, lo L*SNOW rappresenta un modello di innovazione sostenibile. La neve artificiale viene prodotta e mantenuta con sistemi avanzati di raffreddamento, che assicurano una qualità costante e un’elevata sicurezza sulle piste. Parte dell’energia utilizzata per alimentare l’intera struttura proviene da fonti rinnovabili, contribuendo a ridurre l’impatto ambientale.

Questo livello di controllo è fondamentale per offrire agli sciatori una sensazione realistica di trovarsi in una vera stazione sciistica alpina, senza doversi spostare dal cuore di Shanghai. In un’epoca in cui i cambiamenti climatici stanno minacciando le stazioni sciistiche naturali, strutture come il L*SNOW offrono una soluzione alternativa e replicabile.

Spunto: @christophprodinger

Continua la lettura con: Arrivata la prima neve: perché non creare il «quartiere del ghiaccio», il distretto invernale di Milano?

MATTEO RESPINTI

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«Vado a vivere a Milano»: 10+1 cose utili da sapere prima di venire a vivere qui

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Ph. @milanographies IG

Abbiamo fatto un sondaggio tra chi si è trasferito a Milano. Abbiamo chiesto: quali sono le cose che bisogna sapere prima di trasferirsi a Milano? Foto Cover @milanographies IG

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«Vado a vivere a Milano»: 10+1 cose utili da sapere prima di venire a vivere qui

#1 C’è una grande vita notturna ma… la metro la notte si ferma 

Credit: @metro_milano

Milano, la città che non si ferma mai, una città il cui ritmo continua incessantemente anche di notte. I bar aperti fino all’alba, le strade piene di persone, le luci negli appartamenti. La notte Milano continua a vivere ma c’è qualcosa che si ferma: la metro. 

Per chi viene dall’estero questa può essere una grande sorpresa: a Berlino per esempio nel fine settimana la metropolitana funziona 24 ore, ogni 15 minuti durante la notte, così come a Londra. Per non parlare di New York e Copenaghen dove le metro vanno tutti i giorni 24 ore su 24.

Prima di ritrovarsi all’1 di notte senza sapere come tornare a casa…meglio controllare.

#2 Molti parchi sono recintati e chiusi la notte  

Credit: blog.urbanfile.org

Per noi italiani quella dei parchi che chiudono la notte è una cosa normale, anche se non si vede mai sappiamo che ogni parco ha un custode ma nel resto del mondo non è così, per esempio in Germania i parchi non chiudono mai.

Qualcosa sta cambiando, come alla Biblioteca degli Alberi. Onde evitare di rimanere chiusi dentro…meglio saperlo prima. 

#3 La raccolta differenziata è una religione 

Credit: metronews.it

Pochi sanno che Milano è la seconda migliore città d’Europa per raccolta differenziata, inferiore solo a Vienna.

I risultati di Milano sono così alti rispetto al resto dell’Italia che New York ha fatto anche delle ricerche su questo argomento. Un altro numero che stupisce è che a Milano viene riciclato il 66% dei rifiuti, un dato che dimostra la grande attenzione della nostra città per questo tema.

Ecco perchè chi si trasferisce a Milano dovrebbe essere informato e stare attento come i milanesi.

#4 Si può noleggiare tutto 

Credit: milanobiz.it

Per le persone che arrivano da altre grandi città estere può non essere una sorpresa ma per gli italiani che vengono da altre parti della penisola può essere esilarante.

A Milano si può noleggiare qualsiasi cosa: macchina, bici, motorini, monopattini ogni cosa è a disposizione. 

#5 Si può mangiare qualsiasi tipo di cucina 

Credit: eatintime.it

Per una persona amante come me della cucina questo è uno dei principali motivi di adorazione verso Milano: si possono assaporare gusti da tutto il mondo. 

Ormai la cucina straniera sta spopolando in tutta Italia, soprattutto la cucina cinese e giapponese ma ci sono altri sapori che non sono arrivati oltre Milano. 

La cucina africana, quella cingalese, quella indiana e molte altre. 

A Milano quando si va a cena la prima domanda non è in quale ristorante andare ma: quale cucina mangiamo? 

#6 Non c’è la nebbia 

Credit: youparti.com

“A Milano c’è solo la nebbia”, “Ero davanti al duomo ma non l’ho neanche visto”. Quante volte si sono sentite queste frasi? Non c’è dubbio che al nord Italia ci sia più nebbia e che Milano ne faccia parte ma ci sono due precisazioni da fare. 

La situazione nebbia a Milano è nettamente migliorata negli ultimi anni ma soprattutto, anche con la nebbia Milano rimane una delle città più affascinanti del mondo. 

#7 Bisogna stare sulla destra nelle scale mobili  

Credit: it.wikipedia.org

Questa è una regola che vale un po’ in tutta Italia e anche in altri paesi ma forse Milano è una delle poche città dove si esige che venga rispettata veramente. 

Stare sulla destra permette ai milanesi di corsa di salire le scale mobili più velocemente senza trovarsi diverse persone di intralcio. 

Comodo no? 

 #8 Si può fare arrivare tutto a casa 

Credit: radiolombardia.it

Abbiamo già parlato del cibo, che può arrivare a casa, ma non è solo.

Si possono ordinare un paio di cappuccini, le sigarette, un massaggio, qualsiasi cosa.

Vivendo a Milano una persona potrebbe non lasciare mai il suo appartamento e avere tutto quello che gli serve. 

#9 La gran parte dei milanesi non sono di origine milanese

Credit: toodo.it

Questa cosa potrebbe stupire, un milanese che non è nato a Milano?

La verità è che i milanesi sono quelli che la città se la sono conquistata: milanese è chi sceglie Milano. Ed è quasi impossibile trovare un milanese Doc da più di una generazione. 

#10 Allunga il passo

Credit: beverfood.com

Forse uno stereotipo ma forse anche un po’ vero. A Milano è raro trovare qualcuno che passeggia per la strada con calma.

I milanesi sono famosi per essere indaffarati, pieni di appuntamenti (a cui arrivano puntuali) e mete da raggiungere quindi, a chi si sta per trasferire, consiglio di portare delle scarpe comode.

#10+1 Vietato fare l’imbruttito!

Credit: pintarest

Quello del milanese imbruttito è uno stereotipo così grande che difficilmente si distingue dalla realtà per chi non è di Milano.

Ma ecco una regola fondamentale per chi si trasferisce a Milano: i veri milanesi non sono imbruttiti e quindi chi si trasferisce non lo deve imitare per associarsi a chissà quale immagine errata. Il rischio è di fare la figura della macchietta. 

Il milanese imbruttito è persona che pensa solo al business, che non presta attenzione alle persone, un po’ scorbutico con uno slang tutto suo. In breve, qualcuno che viene giudicato dai milanesi un “provinciale”. 

La realtà è questa: è solo una caricatura del vero milanese che è tutta un’altra cosa.

Forse è proprio questo il consiglio più importante per chi si trasferisce a Milano: lasciatevi sorprendere da Milano e dai milanesi. 

Continua la lettura con: 5 cose che fanno RIDERE SOLO i MILANESI

ARIANNA BOTTINI  

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SoPra, sarà il nuovo quartiere glam-chic di Milano?

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Maps - Soupra, Milano

A dare il via al rebranding dei quartieri è stato NoLo, North of Loreto, a seguito di un’iniziativa di marketing territoriale che poi è sfociata in un vero cambio culturale e sociale della zona. Sono seguiti poi Nom, Noth of Milano, NoCe, North of Cenisio, e NaPa, Naviglio Pavese. Il più nuovo nasce da una rigenerazione di un intero quadrante della città: il suo nome ufficioso è SoPra o SouPra. Si candida per diventare il più glam-chic di tutti.

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SoPra, sarà il nuovo quartiere glam-chic di Milano?

# La grande protagonista della rigenerazione di questa ex-zona industriale: Fondazione Prada 

Credit: fondazioneprada.org

Un nuovo acronimo scende dal cielo su un quartiere di Milano. Per ora ufficioso: si tratta di SoPra, o SouPra, e indica i due elementi distintivi del quartiere. Che si trova a Sud e che è il risultato dell’azione di Fondazione Prada. 

L’abbreviazione del “neonato” quartiere sta per South of Prada, perchè tutto è iniziato a cambiare quando la maison milanese ha acquisito il complesso delle ex distillerie ricomprese tra largo Isarco, via Lorenzini e via Adamello, per trasformarle nel suo quartiere generale con museo, cinema, bar e ristorante con due torre iconiche, una dorata e un’altra con terrazza panoramica. 

# Lo sviluppo di tutto quello che c’è a sud: da Fastweb a Moncler

Maps – Soupra, Milano

L’area si può delimitare tra: via Quaranta a sud, via Ripamonti a ovest, via Lorenzini/via Brembo a nord e via Calabiana ad est, dove è presente il primo Talent Gardem, modello di coworking nato a Milano e diffuso in diversi paesi d’Europa. Il tutto all’interno del più grande quartiere del Vigentino.

Credits: ioarch.it – Masterplan Symbiosis

La rivoluzione a sud dell’ex Scalo Romana, dove si sta rifinendo il Villaggio Olimpico ed è in costruzione il primo grattacielo della città a queste latitudini insieme a un altro quartiere, è proseguita con lo sviluppo del progetto Symbios Business District al posto delle fabbriche dimesse, caratterizzato da nuovi edifici, zone pubbliche con pavimentazione in pietra, giardini, alberi e specchi d’acqua, con persino un canneto ad ospitare una coppia di germani reali che nel frattempo ha messo su famiglia.

Troviamo qui la nuova sede Fastweb e Cir separate da Fondazione Prada tramite piazza Olivetti, poi quelle di LVMH Beauty, Boehringer Ingelheim, in costruzione la futura sede Snam e, per rimanere nel settore della moda, quella di Moncler.

# I locali storici e di tendenza: dall’Osteria Tajoli al Bar Luce

Agli uffici si sono aggiunte e stanno sorgendo nuove torre residenziali e soprattutto nuovi locali alla moda accanto a quelli più storici. Tra i primi a debuttare il Bar Luce, nella cui progettazione è stato coinvolto il regista americano Wes Anderson, e il ristorante Torre con terrazza con vista sull’ex Scalo Romana e all’orizzonte lo skyline milanese, progettato da Rem Koolhaas nel 2018 e che ospita opere d’arte ed elementi di design. Entrambi nel perimetro di Fondazione Prada.

C’è poi la mitica Osteria Tajoli aperta dal 1975, con tipica cucina milanese, che ha da poco raddoppiato con un piccolo locale per aperitivi dal nome il Tajolino, e l’Hosteria Contemporanea 02, tutte su via Brembo. Troviamo inoltre per gli amanti della grigliata e della carne Taverna Calabiana, sull’omonima via, che propone piatti lombardi, piemontesi e liguri dal 1990, e il lounge bar Gecko23 con giardino interno per la primavera-estate.

# La new entry: un angolo di New York con cucina romagnola e galleria d’arte moderna

lubnamilano IG

Tra le new entry spicca il «listening restaurant bar Lubna», un angolo «da New York» ma in pieno stile italiano come racconta Vanity Fair. All’interno di uno spazio di circa 3000 mq dove un tempo sorgeva un grande deposito, insieme all’area eventi Magma e alla galleria d’arte moderna Scaramouche, sulla piazza trapezoidale si affaccia questo locale dalla forma architettonica semicircolare. Nel menu cucina italiana e «romagnola nella convivialità e ancestrale nelle cotture» come lo chef Enrico Croatti, che in città ha aperto nel 2019 un altro ristorante, il Moebius, in zona Stazione Centrale.

Continua la lettura con: NaPa, il primo «distretto a tema» di Milano

FABIO MARCOMIN

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Le 10 ragioni per cui i milanesi potrebbero andare a vivere… a Napoli!

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Ph. @caterina.aprile IG

Sondaggio: una ragione per cui ti trasferiresti a Napoli? Così hanno risposto i milanesi: queste le 10 motivazioni più convincenti. E quelle più birichine.

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Le 10 ragioni per cui i milanesi potrebbero andare a vivere… a Napoli!

#1 Perchè è una città meravigliosa

Credits: napolidavivere.it

«Perché è una città meravigliosa. Una delle più belle che abbia mai visitato. Certo viverci ogni giorno è cosa diversa» (Alessandro G.)

#2 Perché c’è il mare

Credit: @flying_fox_94

«Perché c’è il mare. La gita fuori porta sarebbe sulla costiera amalfitana oppure, senza prendere l’auto, a Capri, in meno di un’ora» (Silvia M.)

«Per il suo fantastico lungomare» (Roberto I.)

#3 Perché travolge di emozioni

Credits: IG @quasisemprescalza

«Per periodi alterni mi piacerebbe viverci, sono nata a Milano e amo la mia città, ma Napoli ha un fascino tutto suo, mi travolge ogni volta che ci vado. Ha un grande fermento culturale» (Mariangela S.)

#4 Per i dintorni straordinari

scrivi_folegani IG – Costiera Amalfitana

«Tolta la città, restano le isole (Capri, Ischia Procida Megaride, Nisida, Gaiola), vulcani (Vesuvio e Campi Flegrei), colline (Capodimonte col famoso bosco, Posillipo, Vomero), montagna (monte Somma), grotte (3 percorsi indipendenti e grandissimi di Napoli sotterranea), mare/golfo ed il panorama più bello del mondo, la bellissima Penisola Sorrentina e, vicinissima, l’esclusiva Costiera Amalfitana (che però è già provincia di Salerno)» (Blaze T.)

#5 Per il calore umano

«Perchè è bellissima e ricca di calore umano» (Rita C.)

«Le persone sono meravigliose, ospitali, sorridenti, stile di vita più calmo di Milano… e hanno il mare!» (Manuela R.)

#6 Per il cibo

Credit: @yuchara_6i4

«I pasticcini di scaturchio e il caffé ‘a nocciola» (Chiara A.)

«La pizza» (vari)

«Le sfogliatelle» (Lorena S.)

«Pasta, patate e provola» (Simone T.)

#7 Per il sole

Credits: napolidavivere.it
NH Napoli

«Vivo e sono residente a Milano da anni, e la adoro, ma posso fortunatamente muovermi come voglio. Milano perlopiù ottobre-aprile e Napoli con il suo golfo maggio-settembre praticamente tutti i weekend. Questa è vita» (Gianluigi S. C.)

#8 Per la forte identità e per l’inclusività

fast food milano

«Napoli è meravigliosa perché ha una propria identità! È talmente inclusiva e accogliente che chiunque ne rimane affascinato! Un esempio? Qualsiasi persona di cultura diversa, quando va a vivere a Napoli la prima cosa che fa parla napoletano. L’identità è il senso di appartenenza è talmente forte che chiunque ne rimane affascinato. A Napoli se sei ricco povero non frega a nessuno! È un popolo abituati a vivere e socializzare indipendentemente dal tuo status sociale. Con questo però vivo a Milano e anche qui come in tutte le città d’italiana c’è la bella d la brutta gente. Basta solo volerla vedere» (Mia G.)

«I napoletani, forse unica città al mondo, possono cantare con ben due lingue madri» (Sebastiano S.)

#9 Per il basso costo della vita

Napoli. Ph. Orna Wachman – pixabay

«Se guardo i prezzi degli affitti mi viene subito voglia di trasferirmi» (Davide T.)

#10 Per l’umorismo e la spensieratezza dei napoletani

Alessandro Siani e Bisio

«Napoli è la città più felice d’Italia, con la più bassa percentuale di patologie per depressione o di suicidi» (Domenico S.)

«Basta pensare a Napoli e ti scappa un sorriso. Scusa se è poco» (Francesco M.)

«La gioia di vivere dei suoi abitanti» (Antonio D.)

# Le risposte più birichine…

Ph. @caterina.aprile IG

«Per andare in moto senza casco» (Alessandro L.)

«Perché non ho Rolex» (Alessandro B.)

«Per smettere di lavorare» (Fabio B.)

«Festeggiare lo scudetto per due anni di fila» (Gabriele C.)

«Solo se costretto a subire il 41bis» (Flavio V.)

«Per abbandonare Milano, ovviamente» (Luigi D.)

Continua la lettura con: Lo studente giapponese che ripulisce le strade di Napoli

FABIO MARCOMIN

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