Nel manuale diagnostico psichiatrico, da anni i disturbi legati alle dipendenze stanno crescendo a ritmo esponenziale. Durante il processo evolutivo si è registrato un cambiamento: alle dipendenze da sostanze si sono aggiunte le dipendenze da comportamenti.
Soprattutto a Milano.
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Le dipendenze tipiche di chi vive a Milano
#1 La dipendenza dai “saldi”
Correre e stare in fila per ore per accaparrarsi un abito a prezzo scontato per poi sventolarlo al momento giusto e dire..“questo è di….” quest’altro è di…” “e questo l’ho pagato un terzo del prezzo che era sul cartellino” con tono da sfida da ingenua vittoria sulla legge del marketing.
#2 La corsa/dipendenza a dire “sono stato a….”
Ideogram AI – Sono stato a..
Ogni giorno una galleria d’arte nuova, un ristorante “in cui si mangia con le dita dispari”, l’apertura di un cocktail lounge “gestito da eschimesi”, che vedono la corsa a strappare per primo la bandiera del “ci sono stato” e metterla sul tavolo del Risiko con tronfio orgoglio.
#3 La dipendenza dall’organizzazione “del tempo libero”
crisnzeta5-pixabay – Gestione agenda
Che diventa tempo organizzato, quindi…un lavoro.
#4 La dipendenza dai “corsi” da far fare ai bambini
Vladvictoria-pixabay – Corsi bambini
Ma esiste anche la versione auto-somministrata fatta dagli adulti.
#5 La dipendenza a essere sempre al top
Credits: architetturaecosostenibile.it
Palestra, gym, corsa al parco, docce gelate.
#6 La dipendenza a prenotare
Credits: @bookingcom Avalon
Week end, settimana bianche, ponti dei più disparati, vacanze estive.
#7 La dipendenza a pensare al futuro
pixabay-fredrikwandem- Concerto
Tutti gli eventi possibili e impossibili… (lo diventano spesso senza prenotazione)
In questo grande sistema di ricompensa psicologica cittadina, i neurotrasmettitori del piacere indotto fanno trottare i milanesi e i turisti che diventano milanesi anche per pochi giorni in uno stato di ebbrezza in cui non sai di non essere padrone di te stesso, come del resto per ogni dipendenza. Se la libertà non ha prezzo, il milanese è davvero ricco?
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Vi scrivo per documentare, con le foto allegate, la passeggiata serale nella zona in cui vivo, fatta lunedì 31 marzo intorno alle 19.
Ingegnoli – Porpora
Il bidone (nuovo) in via Ingegnoli angolo Porpora, pieno di sacchi vicini, ha persino una tavola del wc, giusto a testimoniare l’uso delle vie cittadine; i sacchetti sparsi tra le auto sono presenti dallo scorso venerdì, a testimoniare che la strada non è stata pulita.
Ingegnoli – Porpora
La stazione delle biciclette del BikeMi in via Teodosio-Porpora è sempre un deposito di bottiglie lasciate dai frequentatori della zona, che utilizzano altresì gli alberi per espletare i loro bisogni fisiologici dopo aver bevuto.
Teodosio BikeMi
Inoltre i sacchetti delle deiezioni canine si trovano nel punto in cui era presente un bidone dei rifiuti che è stato tolto, evidentemente servirebbe riposizionarne uno.
Porpora
Cordialmente,
GABRIELE SIMONELLI
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Recapito subito tutto a sindaco e assessori.
IL POSTINO
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Il più grande centro termale urbano d’Italia ha aperto i battenti il primo di aprile. Scopriamo numeri e curiosità di questo nuovo polo del benessere milanese.
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Inaugurano le terme di Montel: i numeri, le curiosità e i prezzi
# I numeri del più grande centro termale urbano d’Italia
sporteimpianti – Pianta progetto ex scuderie de Montel
Ha inaugurato il centro termale da record, il più grande d’Italia in una città. Si trova in zona San Siro tra via Achille e via Fetonte, dove un tempo c’era il complesso Liberty delle ex scuderie De Montel che è stato riqualificato e adatto al nuovo utilizzo. Questi numeri del nuovo polo del benessere di Milano:
16.000 mq complessivi
Spazi interni: 5.450 mq
Spazi esterni: 10.000 mq, con 8.000 mq di parco e 800 metri cubi di acqua
10 vasche termali, tra cui la piscina della Sorgente e dell’Eclisse, la vasca della pioggia e quella della sospensione
16 sale massaggi
9 aree relax
4 saune, tra cui la Banja Russa e la Sauna del Respiro, e 1 bagno di vapore
1 hammam
3 punti ristoro (ristorante bistrot, caffetteria, garden bar da 700 posti)
3500 nuovi alberi piantati
230 nuovi alberi piantati all’anno per 10 anni nelle zone circostanti
57 milioni di euro per l’acquisto e la riqualificazione del sito da parte del Fondo Infrastrutture per la Crescita – ESG (Fondo IPC) del Gruppo Azimut
oltre 3 anni di lavori
# L’acqua arriva dall’unica sorgente termale di Milano, posta a quasi 400 metri di profondità
Ph. Andrea Cherchi
Le prime vere terme di Milano. A differenza delle terme di Porta Romana, qui l’acqua proviene dall’unica sorgente termale della città, situata a 396 metri di profondità, oligominerale e riconosciuta per le sue proprietà terapeutiche. La fonte è stata ripristinata nel 2007 e ha ispirato la riqualificazione del complessorealizzato nel 1921 su progetto di Vietti Violi.
# Il materiale degli abbaini è lo stesso utilizzato per quelli della Galleria Vittorio Emanuele
De Montel abbaini
Le cuspidi, i pennacchi, la trabeazione, le modanature e gli abbaini sono stati restaurati, collaborando con la Soprintendenza Archeologica delle Arti e Paesaggio. Quelli andati distrutti sono stati integralmente ricostruiti usando il materiale originale compreso un legante d’impasto recuperato a Grenoble, lo stesso degli abbaini della Galleria Vittorio Emanuele di Milano.
Le prenotazioni sono aperte, direttamente sul sito ufficiale,per aprile, maggio e giugno 2025. I prezzi, a partire da 60 euro, variano in base alla durata e al giorno della settimana.
Gli orari:
Da lunedì a giovedì dalle 8:30 alle 23:00
Venerdì e Sabato dalle 8:30 alle 24:00
Domenica dalle 8:00 alle 23:00
Ponti festivi dalle 8:00 alle 24:00
Da lunedì a venerdì
SPA Time Relax 3 ore – Valido per ingressi compresi tra le 12:00 e le 13:00
60 euro
SPA Time Relax 5 ore a 79 euro
79€
SPA Time Relax 8 ore a 89 euro
Sono poi disponibili trattamenti per corpo e viso che vanno dai 70 ai 210 euro.
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Tra un tiro di canna e una battuta, Fedez ha espresso una posizione netta e, per certi versi, inedita per lui: i maranza sono «ragazzini annoiati». Un’affermazione che, pur nella sua apparente semplicità, ha aperto il dibattito sulle radici del problema.
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«Solo dei ragazzini annoiati»: Fedez all’attacco dei Maranza
Nell’ultima puntata di Pulp Podcast, Fedez e Mr. Marra hanno affrontato un tema che negli ultimi mesi sta infiammando il dibattito pubblico soprattutto a Milano: il fenomeno dei maranza. Ospiti della puntata erano il rapper Chicoria e l’influencer culturale Edoardo Prati, due figure agli antipodi per formazione e linguaggio, ma accomunate dall’interesse per le dinamiche sociali e giovanili.
# Un passato di periferia
Credits: videoclip di Faccio Brutto – Fedez
Federico Lucia, in arte Fedez, non è estraneo alle difficoltà delle periferie. Cresciuto a Rozzano, ha sempre raccontato il degrado e la mancanza di opportunità che affliggono chi nasce ai margini delle grandi città. Anche se, nel corso della sua carriera, ha anche ammesso di non essere mai stato realmente coinvolto nella violenza di strada, pur conoscendola da vicino.
Negli anni, il rapper ha mostrato una crescente sensibilità verso le tematiche sociali, fino ad arrivare a una svolta, potremmo quasi dire “legalitaria”, che oggi lo porta a condannare anche quei reati commessi per necessità di sopravvivere. Nonostante tenga a chiarire che i maranza non rientrano in questa categoria: perchè loro non rubano per sopravvivere, ma per noia.
«La risposta è sempre e solo la mancanza dello Stato», ha dichiarato, a più riprese, nel corso del podcast, sottolineando come l’assenza di presidi istituzionali sia per lui alla base della microcriminalità.
La riflessione di Fedez si inserisce in un dibattito più ampio sulla funzione della scuola e della cultura nel prevenire fenomeni di devianza giovanile. «Probabilmente nella tua testa, se rubi una collana, stai anche facendo qualcosa di giusto, perché quello a cui rubi è ricco», ha osservato, spiegando il meccanismo psicologico alla base di certe azioni.
Chicoria, dal canto suo, ha raccontato la propria esperienza personale: «Quando io andavo da ragazzino, per me a 8 anni, esisteva soltanto il campetto da pallone e giocare a calcio. Quello che si interessava a fare un corso di pianoforte, a fare una qualsiasi cosa di cultura o a fare anche solo uno sport fuori dal discorso del calcio, era considerato un coglione».
Se negli anni ’80 la mancanza di alternative portava molti ragazzi alla delinquenza, oggi il fenomeno si è evoluto, mantenendo però la stessa matrice: l’assenza di prospettive. «Il maranza rapina perché non ha niente da fare, è il futuro di quello che vivevo io», ha concluso il rapper.
# Il mea culpa di Fedez: social, fama e ricchezza a ogni costo
Il dibattito si è poi spostato sulle possibili soluzioni. Se da un lato si chiede un intervento immediato per garantire la sicurezza dei cittadini, dall’altro si sottolinea la necessità di un presidio culturale e sociale nelle periferie. «Se lo Stato interviene solo nel momento dell’arresto e non su tutto quello che porta a quella criminalità, vuol dire che sta risolvendo il sintomo, ma non sta curando la malattia», ha osservato Edoardo Prati.
Fedez, pur condividendo questa analisi, ha evidenziato come il problema sia più complesso: «Chi ruba la collanina nel centro di Milano, le baby gang e i maranza non rubano per necessità». Un’affermazione che smentisce la narrazione della povertà come unica causa della criminalità giovanile e che punta il dito contro un vuoto esistenziale più che economico.
Il rapper milanese ha poi allargato il discorso all’influenza dei social network sui giovani. Secondo lui, la narrazione dominante oggi è quella del successo immediato e del denaro facile: «Le giovani generazioni sono cresciute con l’idea del denaro facile, il denaro ti regala felicità, il denaro ti risolve tutti i problemi. È quello che hanno visto e, in parte, posso dire di aver contribuito anche io a creare questa narrazione».
Un’ammissione sincera, che evidenzia come il problema vada ben oltre la microcriminalità di strada e tocchi le fondamenta della società contemporanea. «Se tu dai come unica opzione per farcela a un ragazzo quella di diventare celebre, famoso, esporsi mediaticamente… è il motivo per cui non puoi fare impresa in questo paese, non riesci a fare startup», ha aggiunto, sottolineando come l’assenza di alternative concrete alimenti il senso di frustrazione e la deriva violenta di molti giovani.
# La soluzione al fenomeno Maranza, tra repressione e cultura
Credits houss.lasquale IG – Maranza
Fedez, Mr. Marra e i loro ospiti, Edoardo Prati e Chicoria, neanche troppo inconsapevolmente, hanno delineato un modello chiaro per le amministrazioni locali e per tutte le istituzioni che vogliano affrontare il fenomeno maranza in modo efficace.
Se la prima risposta, imprescindibile, è la difesa immediata dei cittadini attraverso un maggiore presidio delle zone più a rischio, l’azione repressiva da sola non è sufficiente a risolvere il problema alla radice. La riflessione si sposta quindi su un livello più radicale: non il presidio sociale, culturale e scolastico delle periferie, ovvero quei luoghi in cui la mancanza di opportunità e stimoli trasforma la noia in un detonatore di devianza.
Se i ragazzi crescono senza alternative, senza spazi di aggregazione sani, senza percorsi formativi e culturali che li coinvolgano, il richiamo della violenza e dell’illegalità diventa quasi inevitabile.
Il problema, come sottolineato nel dibattito, non sarebbe la povertà economica in sé, ma il vuoto esistenziale che caratterizza molte periferie. Le istituzioni, quindi secondo questo approccio, non dovrebbero limitarsi a reprimere, ma dovrebbero investire in politiche educative e culturali che offrano ai giovani delle vere alternative.
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L’Agenzia delle Entrate ha stimato circa 200 milioni di euro dall’eventuale vendita del Meazza e dei terreni circostanti inclusi nel comparto San Siro. Il sindaco Sala in una recente intervista ha dichiarato che queste risorse saranno destinate alla rigenerazione del quartiere: ma come si potrebbero impiegare?
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I soldi di San Siro per riqualificare il quartiere: che cosa si potrebbe fare con questi 200 milioni?
# Dalla vendita dei terreni dovrebbero arrivare circa 200 milioni di euro
Docfap – Gli elementi del progetto stadio
Un nuovo stadio a San Siro, con l’acquisto dell’attuale impianto e dei terreni circostanti, significa anche tante risorse da investire sul quartiere. Lo ha dichiarato il Sindaco Beppe Sala a margine della presentazione del tram dedicato agli 80 anni della Liberazione: «Se ci sarà la vendita dello stadio la cosa importante sarà definire, e lo lascio al Consiglio comunale, decidere cosa si farà di quei fondi. Suggerisco che siano concentrati su chi vive nel quartiere, perché stiamo parlando di 7/8 anni di lavori». Sala ha proseguito spiegando che «I fondi era già previsto che fossero focalizzati lì, io ribadisco che devono essere a beneficio degli abitanti del quartiere». Ma di che cifra si sta parlando? L’Agenzia delle Entrate ha previsto una cifra di 197 milioni di euro stimati dall’Agenzia delle Entrate, anche se dal totale dovranno essere tolte le spese di bonifiche. Comunque si tratterà di molti quattrini per il quartiere. Ma come si potrebbero impiegare?
# Il «Piano Mosaico»: collegare e rilanciare le «cinque città» di San Siro
Piano Mosaico Area interventi
Per prima cosa si potrebbe dare attuazione al piano d’area del «Mosaico San Siro». Un quadrante interessato da grandi progetti di rigenerazione che oltre allo stadio include l’area dell’Ippodromo, a Piazza D’Armi e il quartiere Selinunte con il bando Pinqua. Uno studio nel quale emergono cinque città diverse mal collegate (la città dei Recinti e delle barriere, lo stadio, il sistema degli Ippodromi, il San Carlo, Piazza d’Armi, le caserme), e da riconnettere, utile a suggerire come investire gli oneri di urbanizzazione di tutti gli interventi in corso e futuri.
# I 12 progetti del «Piano Mosaico»
Si prevede la riconnessione dei grandi parchi a Ovest della città, il collegamento tra i quartieri, il recupero di edifici dismessi e nuove centralità del tessuto urbano. Sono 12 i progetti pensati per l’area e tra questi troviamo:
l’apertura di un percorso ciclo-pedonale pubblico all’interno dell’Ippodromo e dell’area dello stadio per favorire il collegamento da Monte Stella a San Siro;
la riduzione delle carreggiate delle strade e la loro depavimentazione;
la trasformazione di via Harar e via Rospigliosi da strade di grande scorrimento in una sequenza di piazze con esercizi di vicinato nei piani terra;
la trasformazione di via Novara in una strada urbana di collegamento tra i grandi parchi a vocazione ciclabile;
la riqualificazione, assieme ai fondi del Pnnr, degli edifici popolari più problematici;
la realizzazione di palestre a basso costo, con gli oneri di costruzione del nuovo stadio, convenzionate con il Comune e magari sponsorizzate da Milan e Inter per invogliare i ragazzi a praticare sport.
# Trasformare piazza Axum, l’intervento al centro del piano d’area di San Siro
Corriere della Sera – Intervento Piazzale Axum
Al centro di questa trasformazione urbanistica c’è Piazza Axum. Da finanziare tramite gli oneri urbanistici a scomputo del progetto di Ax, di quello di Syre e di Hines che sta realizzando un nuovo micro quartiere al posto del vecchio trotto, e altri da recupare. Nell’intervento è contemplato:
lo spostamento del capolinea del tram 16 in piazzale Segesta;
la creazione di aree gioco e palestre nelle aree verdi;
una playstreet in via Val Poschiavina per collegare piazza Axum e il giardino Marangoni;
nuovi attraversamenti nord-sud, pedonalizzando l’area davanti alle scuole e mantenendo il passaggio del bus.
Oltre a queste azioni urge poi un intervento radicale per l’area a Sud di Selinunte, il «buco nero» di Milano.
Si potrebbe infine dare seguito alla proposta elaborata dall’architetto Massimo Roj, fondatore e CEO di Progetto CMR, insieme all’ingegner Gianni Verga, di rigenerazione del “Quadrilatero dell’illegalità”. Il nucleo abitativo di 330mila mq di case popolari tristemente noto alle cronache, che ruota attorno a piazza Selinunte. L’idea è quella di realizzare un mix tra edilizia libera e popolare, che tramite demolizioni e costruzioni può dare luogo alla stessa quantità di edilizia popolare da destinare gradualmente agli attuali esistenti.
Ufficio stampa Gruppo Progetto CMR – Proposta Metodologica quartiere San Siro-Piazza Selinunte
Al posto degli attuali edifici verrebbero costruite delle torri nella parte centrale, tra Piazzale Selinunte, Viale Aretusa, Viale Mar Jonio e una propaggine in Piazza Segesta mentre nelle porzioni rimanenti, comprese tra le vie Paravia, Civitali, Ricciarelli e Dolci, edifici con le altezze di quelli attuali. Il nuovo quartiere sarebbe completamente pedonale, con accesso garantito ai mezzi di servizio e di soccorso, e con 1/3 dello spazio destinato a verde pubblico.
Sarebbero previsti inoltre servizi ai piani terreni, sostenibilità e autonomia degli edifici, insediamento delle così dette “funzioni rare” come università, spazi museali e laboratori per artisti e artigiani e la presenza di residenze temporanee, studentati, residenze per la terza età.
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1 aprile 1925. Molti automobilisti speravano fosse un pesce d’aprile, invece non lo era.
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1 aprile 1925. Sembra un pesce d’aprile. I milanesi insorgono
# 1° aprile 1925: il divieto di sorpasso a destra fa infuriare gli automobilisti
Il sorpasso
Sembrava uno scherzo, ma non lo era. Il 1° aprile 1925 entrava in vigore una nuova norma del codice della strada: il divieto di sorpasso sulla destra. Quella che oggi appare una regola di buon senso, all’epoca scatenò un’ondata di proteste tra gli automobilisti, abituati a una guida senza troppe restrizioni.
A dare voce al malcontento fu anche il Corriere della Sera, che il 29 marzo – due giorni prima dell’entrata in vigore della legge – pubblicò un articolo dal tono polemico: “Si vuole sopprimere la circolazione delle automobili nelle vie di Milano?“
Il quotidiano sottolineava le difficoltà pratiche della norma: “Se un’automobile vuol sopravanzare un carro, deve passare sulla sinistra; se questo non è possibile perché la strada è stretta, l’automobile deve mettersi in coda al carro e attendere che si presenti l’eventualità favorevole di passare avanti”.
Il commento finale era lapidario: “Se per regolare il traffico si vuol ridurre al comun denominatore della velocità del più lento veicolo tutti gli altri, i vantaggi che questi presentano sono praticamente soppressi”.
Un dibattito acceso per una regola che oggi nessuno metterebbe in discussione.
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Negli ultimi mesi, una serie di nuove normative ha portato a una riduzione drastica delle offerte disponibili in città. Un cambiamento di scenario rispetto al 2024 che solleva interrogativi sul futuro del settore e sulle implicazioni per proprietari e turisti.
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Il crollo degli affitti brevi a Milano
# Una diminuzione significativa delle offerte: -29% in poco più di tre mesi
Insidearbnb – Withub – Differenza numero affitti brevi 2024-2025
Negli ultimi mesi, Milano ha registrato una contrazione notevole nel mercato degli affitti brevi. Secondo i dati raccolti da Insideairbnb, da dicembre 2024 al 13 marzo 2025, il numero di case in affitto breve è sceso da 22.627 a 16.114, con un crollo del 29%. Questo significa che oltre 6.500 alloggi sono spariti dal mercato in poco più di tre mesi. Il principale motivo di questa contrazione è l’introduzione di nuove normative che impongono adempimenti burocratici più stringenti ai proprietari.
# Le cause del crollo: più vincoli e meno incentivi
Appartamento affitto Milano Airbnb
Il drastico calo degli affitti brevi a Milano è dovuto a una serie di fattori che hanno reso meno conveniente questa attività per i proprietari:
Obbligo del Codice Identificativo Nazionale (CIN). Dal primo gennaio 2025, tutti gli immobili destinati alla locazione turistica devono essere registrati in una banca dati nazionale e dotarsi di un CIN, da esporre negli annunci e all’esterno della struttura. Questo obbligo ha scoraggiato molti host occasionali.
Nuove regole sulla sicurezza. I proprietari sono stati obbligati a installare dispositivi di sicurezza come estintori e rilevatori di monossido di carbonio, con un aumento dei costi di gestione.
Restrizioni sulle modalità di check-in. Le lock box per l’auto-check-in sono state vietate, costringendo i proprietari a garantire la consegna delle chiavi di persona, con un impatto significativo sulla flessibilità degli host.
Aumento della tassazione. Le nuove normative fiscali hanno reso meno conveniente la locazione turistica rispetto all’affitto tradizionale.
# Le zone più colpite: il centro e le aree turistiche
Insidearbnb – Withub – Differenza 2024-2025
L’effetto delle nuove normative non è stato uniforme in tutta la città. Secondo i dati raccolti dal sito InsideAirbnb,le aree più colpite dalla diminuzione degli annunci sono quelle a maggiore vocazione turistica, dove l’offerta di affitti brevi era più elevata. In particolare:
Buenos Aires – Porta Venezia. In soli tre mesi, gli alloggi disponibili sono scesi di 636 unità, arrivando a quota 1.149.
Duomo – Brera. Il cuore turistico di Milano ha visto una contrazione importante, con rispettivamente 526 e 384 case in meno.
Zona Sarpi – Loreto. La prima ha perso circa 612 sistemazioni, mentre la seconda si è attestata su un calo di 562 alloggi.
Ticinese – Navigli. Queste due zone adiacenti tra di loro hanno registrato rispettivamente 278 e 266 appartamenti in meno sul mercato.
Questa riduzione non solo impatta i proprietari e gli host, ma potrebbe anche ridisegnare la mappa dell’ospitalità turistica a Milano, rendendo più complesso trovare soluzioni a breve termine nelle zone più centrali.
# Calato anche il prezzo medio da 174 a 144 euro a notte
Insidearibnb – Prezzo per notte
Oltre alla riduzione delle offerte, si è osservato infatti una discesa del prezzo medio per notte, passato 174 euro a 144 euro dopo che tra il 2023 era salito di 10 euro. La conseguenza è stata un calo del guadagno medio annuo, sceso da 9.172 a 8.517 euro. Per il futuro, resta da vedere se queste nuove regolamentazioni porteranno a una maggiore professionalizzazione del settore o se, al contrario, disincentiveranno ulteriormente i piccoli proprietari, modificando l’equilibrio del mercato degli affitti brevi a Milano.
Sembra di essere al centro della Terra, in una location creata completamente dalla natura.
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Cenare in una grotta sotterranea in una città d’Italia: sembra di essere al centro della Terra
# A Putia dell’Ostello, il ristorante dentro la grotta creata dall’Etna
credits Putia Ostello
Questo è forse il luogo più cosmopolita per mangiare, bere e incontrare persone a Catania. A Putia dell’Ostello è un ristorante incastonato tra il Mercato Storico del pesce e il Castello Ursino. La sua peculiarità è che il ristorante si trova in una grotta lavica nata in seguito all’eruzione dell’Etna del 1669. Proprio qui, da secoli, scorre silenzioso il fiume Amenano, arginato dalle mura di Carlo V, che un tempo proteggevano la città. Come dice l’insegna luminosa, il fiume procede “in senso contrario al mare dirigendosi verso il Castello Ursino”.
Ma perchè si chiama così? Molto semplice. Perchè il ristorante si trova al piano terra di un palazzetto storico ai cui piani superiori si trova, appunto, un ostello, facente parte della stessa proprietà.
# Il locale diviso in più parti
credits OpenTable
Il locale presenta:
• Una parte interna distinta in più piani, caratterizzati da un ambiente rustico e accogliente, con pareti in pietra vulcanica e tavoli in legno che creano un’atmosfera intima e autentica.
È presente, inoltre, un piccolo piano bar dove è possibile ordinare direttamente il tuo cocktail preferito. Qui potrai immergerti in uno spazio con luci soffuse di colore rosso;
• Una parte esterna dove sono presenti molteplici tavoli in cui poter trascorrere tranquillamente la propria serata.
# Un menù variegato
credits Putia Ostello
La taverna offre un menù completo, caratterizzato da pesce, carne e vegano, oltre ad una selezionata lista di pizze di alta qualità. La cantina dei vini è invece specializzata in vini del territorio siciliano. Da citare anche la vasta selezione di birre artigianali e piatti tradizionali preparati con ingredienti freschi e genuini.
Roma custodisce un patrimonio culturale immenso, eppure tra le sue strade spesso si nascondono vecchi luoghi di grande valore che versano in stato di abbandono o degrado. Questo è un problema non solo da un punto di vista economico e turistico ma anche sociale: riuscire a mantenere viva l’identità socio-culturale di questi luoghi è fondamentale per preservare la storia e l’identità di Roma. Palazzo Nardini rappresenta un ottimo esempio di come andrebbe sostenuto questo processo.
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Palazzo Nardini, quando il futuro si trova nel passato
# La sorte che molti dei luoghi di cultura romani rischiano di fare
Ph: palazzoripettarome – Instagram
Nei tempi più recenti, le logiche del guadagno e del consumo hanno prevalso su tutti gli altri approcci tradizionali alle cose e alle persone. Questa tendenza, soprattutto nelle grandi città globalizzate, ha investito ogni campo e si è spesso appropriata di spazi e luoghi di interesse artistico o culturale, riconvertendoli in occasioni di profitto. A Roma gli esempi sono moltissimi, tra gli altri:
Palazzo Ripetta, antico convento del XVII secolo oggi grande hotel di lusso;
Palazzo Brancaccio, tra gli ultimi esempi di residenze nobiliari romane, risalente alla fine dell’800, oggi è usato come location per eventi esclusivi;
Palazzo Dama, vecchia residenza della famiglia Anguillara risalente al XIX secolo, anch’esso oggi riconvertito in hotel di lusso.
Se da una parte tutto ciò testimonia la capacità di adattarsi alle esigenze contemporanee, soprattutto di tipo economico, sotto il punto di vista culturale, storico e artistico la riconversione di questi luoghi può rappresentare una grave perdita. Quanto giova tutto questo all’identità della città? Quale potrebbe essere un buon modo per salvare luoghi di tale importanza, senza doversi fermare alla semplice conservazione?
# L’esempio di recupero e valorizzazione di Palazzo Nardini
Ph: palazzonardini – Instagram
Al centro di un’accesa contesa tra istituzioni e privati, Palazzo Nardini oggi rappresenta il modo più efficace per recuperare e valorizzare un luogo di interesse storico. Nell’edificio situato in via del Governo Vecchio, si sono succeduti eventi e storie tutte diverse tra loro ma tutte dalla forte attrattiva. Nato tra il 1473 e il 1479 come residenza del cardinale Stefano Nardini, il palazzo ha cambiato spesso padrone e destinazione d’uso, fino ad arrivare ai tempi più recenti quando tra il 1976 e il 1984 fu occupato dal Movimento per la Liberazione della Donna che lo rese punto di riferimento per il più importante esperimento femminista dell’epoca. Dall’ ‘86 in poi ha vissuto un inesorabile declino finché, agli inizi degli anni 2000, non fu comprato dalla Regione Lazio che vi realizzò una serie di interventi conservativi tutelato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma.
Salvato dal tentativo di costruirci anche qui un hotel, il futuro del palazzo è stato affidato a un’iniziativa privata che ha avviato un progetto di restauro conservativo il cui obiettivo è di restituirlo alla città valorizzandone l’originale bellezza e l’impronta lasciata dagli eventi storici che l’hanno riguardato.
# Valorizzare il passato: una sfida per il futuro
Ph: palazzonardini – Instagram
Conservare le particolarità di un luogo storico e proiettarle nel futuro non è una facile impresa. È più facile pensare a qualcosa di totalmente nuovo, piuttosto che recuperare il vecchio in chiave moderna, soprattutto se l’obiettivo vuole essere quello di valorizzarne gli aspetti culturali. Tuttavia, soprattutto in una città come Roma, è fondamentale tentare di fare questo, altrimenti si rischia di abbattere l’identità di una città che, al contrario di quello che si pensi, preserva la sua originalità non tanto nei monumenti più inflazionati, ma proprio negli ambienti caratteristici in cui i suoi cittadini svolgono le proprie attività quotidiane.
Fondatore di Jobrapido e ora, dopo una exit milionaria, di FiscoZen. Innovatore e imprenditore visionario: Vito Lomele è il primo ospite della seconda stagione di Il Lato Chiaro. In questa puntata, dal titolo «La gioia del business», racconta cosa significa costruire un’azienda di successo, tra aneddoti, motivazione e passione per il cambiamento.
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Un tributo alla Milano d’acqua, tra chiatte, barcaioli e racconti da assaporare. Un’atmosfera calda, un menù che celebra la tradizione con brio e un design che intreccia memoria e modernità con eleganza. Ogni piatto è pensato per essere condiviso, perché la vera gioia sta nel mangiare insieme, nel sedersi attorno a un tavolo con le persone che amiamo.
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L’Aperipesce a Milano in un locale ispirato alle antiche imbarcazioni milanesi
# Il locale ispirato alle antiche imbarcazioni che trasportavano merci tra Milano e il Ticino
lachiattaofficial IG – Sali a bordo
Sui Navigli è approdato “La Chiatta”, un ristorante che è riuscito a riportare a galla il fascino dei vecchi Navigli e una cucina di mare che profuma di tradizione e convivialità. Dove una volta scorrevano le grandi chiatte cariche di marmo e merci, oggi si riscopre l’anima più autentica della città. Il locale è un tuffo nella storia milanese, un luogo in cui il passato si intreccia con il presente attraverso il cibo e l’accoglienza, e si ispira alle antiche imbarcazioniche trasportavano merci tra Milano e il Ticino, evocando un senso di viaggio, scoperta e un legame profondo con la storia tradizionale Lombarda e Milanese e la costruzione della stessa città grazie ai Navigli.
# Un tuffo nel passato, con il sapore del mare: l’ambientazione
lachiattaofficial IG – Interni
Costa Group firma un ambiente che è un tributo alla Milano di un tempo: la Sala Motori richiama le vecchie imbarcazioni con elementi in ferro e marmo, mentre la zona più elegante, con velluti e legni pregiati, ricorda le sale delle contrattazioni. Il dehors, con fioriere che omaggiano le mangiatoie dei cavalli da tiro, è un invito a sedersi e lasciarsi trasportare dall’atmosfera dei Navigli. Le decorazioni dei piatti in ceramica, le pareti in mattoni gli oggetti d’epoca, le foto in bianco e nero e le luci soffuse creano un’atmosfera di convivialità autentica.
La cucina della Chiatta è un omaggio ai sapori genuini della tradizione marinara, reinterpretati con creatività. Antipasti da condividere, fritture croccanti e tartare battute al momento: ogni piatto racconta una storia, ogni boccone è un viaggio tra i sapori del mare. I loro chef, navigando tra i vari ingredienti, portano in tavola piatti semplici, tradizionali ma ricchi di sapore e che raccontano una storia.
lachiattaofficial IG – Panino
Il menu è interamente dedicato al pesce con taglieri crudi e fritti, piatti caldi e freddi, panini di mare, stuzzicheria e perfino opzioni vegetariane. Si tratta anche di un viaggio linguistico tra la storia e la cultura dei Navigli: dai panini gourmet come il Moro e il Guintellino, che omaggiano personaggi chiave della Milano medievale, alle insalatone dedicate ai venti, fino ai piatti “Abbocchi” e “Piatte” che strizzano l’occhio al gergo della navigazione.
lachiattaofficial IG
“Licenza di Navigazione” è una proposta che porta in tavola la tradizione più semplice e popolare, il fritto, con due scelte:
La Chiatta Regina, frittura di pesce e verdure con polpo alla plancia, gamberoni alla griglia, spiedino, cozze e capesante gratinate, patatine e polenta fritta, il tutto accompagnato da bruschette e salse;
La Chiatta, meno corposa della precedente, ruota sempre intorno alla frittura abbinata a mazzancolla tropicale, cozze gratinate, bruschette, salse e verdure di contorno. Entrambe sono servite su grandi taglieri di legno. Altrimenti si può optare per la selezione di salumi di mare gourmet: ventresca di tonno, ventresca di pesce spada, n’duja di spigola, girello di pesce spada e pesce re alle vinacce.
# Indirizzo e orari di apertura
Con 150 coperti tra interno ed esterno, La Chiatta è pronta ad accogliere milanesi e turisti in cerca di un’esperienza autentica. Il ristorante è aperto tutti i giorni dalle 12:00 alle 00:30, perché la buona cucina non conosce orari e non preclude a nessuno l’accessibilità, con prezzi medi che oscillano tra 25 e 35 euro.
Questa perla del mare sul Naviglio Grande si trova in via Casale 8 e per raggiungerla potete scendere alla fermata di Porta Genova della linea 2 della metropolitana di Milano, ossia la linea verde.
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È ripartito il servizio tanto amato da milanesi e lombardi, con nuove corse e tratte ampliate. Scopriamo le novità 2025.
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I treni del mare sono tornati: le novità 2025
# Ripartiti i viaggi in treno per le spiagge liguri
Regione Liguria FB
Il 29 marzo 2025 sono ripartire le corse dei tanto attesi Treni del Mare, il servizio ferroviario che ogni sabato e nei giorni festivi collega la Lombardia alle splendide spiagge della Liguria. Attivo fino al 28 settembre, questo servizio è un’alternativa ideale per chi vuole godersi una giornata al mare senza lo stress del traffico autostradale o la ricerca disperata di un parcheggio. Un vera e propria “metro delle vacanze”, finanziato e programmato da Regione Lombardia e Regione Liguria, in collaborazione con Trenord e Trenitalia, che si arricchisce quest’anno di 10 treni in più rispetto al 2024.
# Fermate e zone servite: dal cuore della Lombardia fino alla costa
Ph. credits: turismocomunefinaleligure.it
Le nuove tratte garantiscono collegamenti ancora più capillari tra le principali città lombarde e le destinazioni marittime più gettonate della Riviera di Levante e di Ponente. Le partenze avvengono da Milano, Bergamo, Treviglio, Como, Monza, Seregno, Gallarate, Busto Arsizio, Legnano, Pavia e Voghera, offrendo così un’ampia copertura del territorio lombardo. Si può raggiungere raggiungere ad esempio:
Arenzano, Cogoleto, Varazze, Spotorno, Noli, Finale Ligure, Borgio Verezzi, Loano e Ventimiglia sulla Riviera di Ponente;
Genova Nervi, Recco, Camogli, Santa Margherita, Rapallo e Lavagna sulla Riviera di Levante.
# Gli orari delle corse aggiuntive
Credit nongio70 IG – Treno trenord Porta Garibaldi
I Treni del Mare viaggeranno con orari ben distribuiti durante la giornata, facilitando sia le partenze mattutine per chi vuole sfruttare tutta la giornata al mare, sia i ritorni in serata per un rientro comodo. La novità di quest’anno è il collegamento tra Saronno e Arma di Taggia, attivo a partire dal 5 aprile. Questa nuova tratta amplia ulteriormente l’accessibilità al mare per chi parte dal nord della Lombardia. Queste le nuove corse aggiunte:
Milano Porta Garibaldi (8:23) – La Spezia Centrale (12:50) nei giorni festivi.
Il sabato e nei giorni festivi:
La Spezia Centrale (16:50) – Milano Porta Garibaldi (21:05).
Saronno (5:34) – Taggia Arma (10:08), Taggia Arma (18:32) – Saronno (23:09);
Como S. Giovanni (7:05) – La Spezia Centrale (12:56), La Spezia Centrale (18:10) – Como S. Giovanni (22:49);
Dal 21 luglio al 29 agosto 2025, a causa di lavori infrastrutturali per la chiusura del ponte di Bressana, il servizio subirà alcune modifiche di orario.
# Dove acquistare i biglietti
App trenord
I biglietti per i Treni del Mare si possono acquistare comodamente presso le biglietterie Trenord nelle principali stazioni lombarde (tra cui Milano Porta Garibaldi, Bergamo, Treviglio, Como San Giovanni, Monza, Saronno, Seregno, Gallarate, Busto Arsizio FS, Legnano, Pavia e Voghera), sulle piattaforme online di Trenord e Trenitalia e presso le emettitrici automatiche.
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L’università più bella al mondo si trova in Italia. Ecco dov’è.
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L’università più bella del mondo è in Italia: si studia direttamente in spiaggia
# A Bacoli l’università “più bella del mondo”
credits Mario Laurino fb
L’università di Napoli Federico II è una delle università più antiche del mondo. Fu fondata il 5 giugno 1224 dall’imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia Federico II di Svevia e diventò, col tempo, l’ateneo più rilevante del capoluogo campano. Ed è proprio una delle sedi dell’Università statale di Napoli a essere stata definita l’”università più bella del mondo”. Non solo per la sua posizione ma anche per la sua trasformazione.
# La villa della mafia trasformata in sede universitaria da sogno
credits Fondalicampania
«È già uno spettacolo» così parlava, quasi tre anni fa, Josi Gerardo della Ragione, sindaco di Bacoli, per annunciare l’istituzione di un nuovo polo universitario a Villa Ferretti, bene confiscato alla camorra che affaccia sul mare.
Grazie alla collaborazione con l’Università di Napoli Federico II, infatti, si è permesso l’insediamento di un polo culturale nella villa, che ha in assoluto un panorama invidiabile: una vista privilegiata sul Golfo che ha pochi eguali nel mondo.
Villa Ferretti ha una storia molto particolare. Venne costruita alla fine dell’Ottocento da una ricchissima famiglia di armatori genovesi che scelse la cittadina di Bacoli per erigere la propria residenza estiva. Da cosa furono attratti? Dalla bellezza straordinaria del luogo, ovviamente. Il panorama che offre la villa spazia da una spiaggetta privata ad un parco molto ampio. Nel 1977 la signora Luisa Ferretti vendette la villa a tale Antonio Barbato e, da quel momento, la struttura cadde in un lungo periodo di degrado e abbandono.
Purtroppo, in tempi più recenti, la villa è finita nelle mani del crimine organizzato locale. Divenne infatti il luogo da dove il boss della camorra Giuseppe Costigliola impartiva gli ordini ai propri affiliati. Nel 1995 Villa Ferretti venne sequestrata alla malavita e nel 1997 divenne patrimonio architettonico. Le fu poi assegnato un vincolo di utilizzo per fini sociali.
Grazie ai fondi europei sono stati riqualificati sia il parco che la struttura.
# Panorama mozzafiato e spiaggetta privata nel “paradiso terrestre”
credits Napoli da Vivere
È certamente il panorama mozzafiato di cui si può godere dal balcone e dalle finestre di Villa Ferretti che rendono la dimora storica, ormai polo universitario, l’Università più bella del mondo. La villa è disposta su due piani, collegati oggi da una doppia rampa di scale e da ascensori per i diversamente abili. La struttura presenta poi una doppia porta di ingresso sul cortile in cui al centro c’è una fioriera-panchina realizzata in calcestruzzo, mattoni in tufo e rifinitura con mosaici e intonaco.
Con il suo colore rosso pompeiano, la villa è ben visibile da Punta dell’Epitaffio e oltre ad avere un lato esposto sul Golfo, è immersa nel verde del parco pubblico inaugurato il 25 Aprile 2016. Un’area verde di circa 15.000 metri quadrati, con una arena in cui è possibile ospitare eventi, completa di palco in legno e gradinate ricavate con materiali naturali, per una capienza di circa 500 persone.
Attraverso la scala, inoltre, è possibile accedere alla già citata spiaggetta per la libera balneazione, in comune con un altro accesso privato.
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Milano è sempre stata una città ostica per gli affitti, soprattutto negli ultimi anni. Ma quanto costa realmente affittare una casa a Milano? Scopriamolo.
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La dura realtà di Milano: quasi metà del reddito è destinato alla casa
# In Italia quasi 8 su 10 vivono in una casa di proprietà
credits Andrea Cherchi
Secondo uno studio di Confedelizia, il 77% delle famiglie italiane vive in case di proprietà. Delle 32 milioni di abitazioni di proprietà di persone fisiche in Italia, risultanti in catasto, 19 milioni sono abitazioni principali, 5 milioni sono a disposizione (in gran parte seconde case), 3 milioni sono abitazioni locate, e 775 mila sono ad uso gratuito.
# Ma quanto costa vivere da soli?
credits Andrea Cherchi
È una domanda che si pongono in molti. Secondo Eurostat, l’Italia rientra tra le nazioni dove l’indipendenza economica si raggiunge più tardi. In media, i giovani europei escono di casa a poco di più di 26 anni, mentre gli italiani si affrancano dalla famiglia di origine dopo i 30 anni.
Osservando gli ultimi dati Istat, poi, constatiamo che la spesa media mensile per una famiglia di una sola persona è pari a 1.972 euro, cioè il 70% circa di quella delle famiglie di due componenti e il 60% circa di quella delle famiglie di tre componenti. Il costo di andare a vivere da soli in affitto ammonta quindi ad una media di 420 euro, ma raggiunge picchi molto alti nelle grandi città, come ad esempio Milano, dove un affitto può costare anche più di 1500 euro.
# Affitti folli a Milano
credits Andrea Cherchi
Situazione complicata è anche quella degli affitti. Negli ultimi mesi del 2024, il costo medio di affitto per un trilocale in Italia è stato di 893 euro al mese, superando di 45 euro la soglia ritenuta sostenibile. A Milano, solo il 15% degli appartamenti è ritenuto sostenibile. Proprio il capoluogo lombardo registra il canone sostenibile più alto del Paese, pari a 1.380 euro mensili per un trilocale. Questo comporta che le famiglie milanesi devono destinare in media il 40% del loro reddito all’affitto.
# L’identikit delle famiglie italiane in affitto
credits Andrea Cherchi
Le persone che vivono maggiormente in affitto sono quelle più povere. Le famiglie di questa fascia, infatti, sono il 31,8%. Questo valore scende al 24,5% per le famiglie con una classe di reddito più alta. La percentuale invece si riduce all’11,3% tra le famiglie più benestanti. Valori alti si trovano però anche tra le persone single di 35-64 anni ( 33,2% in affitto) e tra le famiglie monogenitore con figli minori (30,8%). Inoltre, le famiglie mono-genitoriali con almeno tre minor che pagano ogni mese l’affitto sono il 33,7%. Infine, la quota maggiore di affittuari è quella delle famiglie straniere, il 68,5% ha un contratto di locazione.
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«Milano da quel giorno rimarrà una città senza porto». Ma qual è la storia del porto di Milano?
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31 marzo 1979. In Darsena arriva l’ultimo barcone con il suo carico di sabbia
31 marzo 1979. In Darsena al Ticinese arriva l’ultimo barcone con il suo carico di sabbia. «Milano da quel giorno rimarrà una città senza porto». Ma qual è stata storia del “porto di Milano”?
# Il “porto fluviale romano di Milano”
Tra via del Bottonuto e via San Clemente davanti alla mura romane si estendeva una banchina portuale affacciata ad un laghetto: consentiva l’attracco di piccole imbarcazioni in corrispondenza dell’attuale via Larga, lungo la quale scorreva il Seveso. Il laghetto era conosciuto come “porto fluviale romano di Milano”. Venne in seguito prosciugato: al suo posto fu realizzata una fossa di scolo delle acque di scarico e dei rifiuti, chiamata butinucum, che diede poi il nome al quartiere Bottonuto.
La Darsena nasce nella zona dove prima esisteva il laghetto di Sant’Eustorgio, bacino artificiale realizzato nel Medio Evo: la Darsena venne realizzata come ampliamento del laghetto. Come la Darsena, il laghetto di Sant’Eustorgio riceveva le acque del Naviglio Grande e come emissario aveva il Cavo Ticinello, che ancora oggi è lo scolmatore della Darsena.
Nel corso dei lavori di riqualificazione della Darsena, eseguiti per Expo, sono venuti alla luce i resti del ponte medievale in corrispondenza del quale il Cavo Ticinello usciva dal laghetto di Sant’Eustorgio: i resti del ponte sono al livello del piano stradale e sono visibili da piazza XXIV Maggio.
Una curiosità? Un tempo Milano aveva altre due “darsene”: il laghetto di San Marco e il laghetto di Santo Stefano.
# La costruzione della Darsena
La Darsena fu realizzata nel 1603 dagli spagnoli che governavano Milano, per trasformare il laghetto di Sant’Eustorgio in un vero e proprio porto. La Darsena oltre a ricevere le acque del Naviglio Grande, riceveva anche quelle dell’Olona: l’Olona si immetteva nella Darsena con l’obiettivo di mantenere costante il livello dell’acqua. Prima di sfociare in Darsena l’Olona scaricava le sue acque nel fossato delle mura medievali con lo scopo di rifornirlo d’acqua
L’Olona fu deviato dagli antichi Romani verso Milano anche per un altro motivo: avere un corso d’acqua che costeggiasse interamente l’antica strada romana che congiungeva Mediolanum con il Lago Maggiore per apportare un incremento ai commerci lungo questa strada sui barconi fluviali.
La Darsena diventò fin dalla sua costruzione uno dei punti di riferimento dei milanesi: attorno ad essa si svilupparono diverse attività commerciali ed era anche un bacino per la pesca grazie al costante apporto di pesci provenienti dai Navigli milanesi. In questo contesto si insediò nella futura piazza XXIV Maggio, uno dei mercati più importanti di Milano, tant’è che quest’ultima, un tempo, si chiamava “piazza del Mercato”.
# L’ultimo barcone della Darsena
Il successo della Darsena crebbe nel corso dei secoli fino al declino arrivato con la diffusione del trasporto su strada nella seconda metà del Novecento. L’ultimo barcone che trasportava 120 tonnellate di sabbia entrò in Darsena sabato 31 marzo 1979 alle ore 14: era lungo 38 metri ed era partito alle 6 del mattino da Castelletto di Cuggiono ed era approdato in Darsena dopo aver percorso il Naviglio Grande. Con la fine del traffico fluviale scomparve anche l’ambiente portuale che caratterizzò per secoli questa zona di Milano.
La Darsena misura, da un’estremità all’altra, dopo le modifiche apportate nei secoli, 750 metri di lunghezza e 25 metri di larghezza. Ha una profondità di un metro e mezzo.
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Negli ultimi anni, Milano sembra aver perso un po’ del suo smalto. Avrebbe bisogno di una scossa per ritrovare energia e attrattività. Ecco alcune proposte che potrebbero riportare il sorriso in città.
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Milano depressa? Ci vorrebbero queste 7 cose per riportare il sorriso
#1 Una politica nuova
Consiglio Comunale
Probabilmente la cosa più importante. Milano ha bisogno di una visione chiara e coraggiosa. La città è una locomotiva economica, ma spesso le decisioni amministrative sembrano frenare il suo slancio, più orientate a porre limiti e divieti che a dare slancio ai cittadini. Servirebbe una politica capace di pensare in grande, con meno burocrazia e più coraggio nell’attuare politiche che rendano la città più vivibile, libera e attrattiva. Più ascolto ai cittadini, meno vincoli inutili e un piano di rilancio vero, che non sia solo un elenco di buone intenzioni. Le decine di inchieste piombate sul settore delle costruzioni, che hanno coinvolto il settore dell’urbanistica di Palazzo Marino, sono l’ultimo segnale per indicare che serve un radicale cambio di rotta.
Piazza Duomo, i Navigli, le zone centrali e periferiche: in troppi punti della città regna il degrado. Marciapiedi sporchi, cestini pieni, graffiti ovunque. Servirebbe un piano serio per la pulizia della città, con più operatori in strada, sanzioni per chi sporca e un’educazione civica che parta dalle scuole. Milano non può permettersi di sembrare trascurata. Anche perché come si fa a sentirsi felici quando ovunque si guardi si vede il degrado?
Roberto Luigi Binaghi IG – Darsena imbrattata
Il decoro urbano è il primo biglietto da visita e la Darsena è l’esempio più lampante: i primi lavori di ripulitura della mura partiti solo partiti solo qualche settimana ma senza controlli rischiano di rivelarsi inutili. Nell’immagine in alto l’imbrattamento avvenuto in questi giorni dopo la notizia dell’istituzione di nuove zone rosse in città.
Sempre più cittadini denunciano episodi di microcriminalità, furti, aggressioni e situazioni di degrado nelle zone più frequentate. Per far sentire milanesi e turisti al sicuro sono state istituite delle zone rosse, prorogate fino a settembre e salite da cinque a otto, dove le persone ritenute pericolosedevono tenersi alla larga. Il problema andrebbe però affrontato alla radice, cercando di regolare l’immigrazione, migliorare le condizioni di vita delle persone in difficoltà economica, spesso dedita ad attività illegali, e rafforzare in generale le misure di prevenzione. Si deve insomma evitare di ghettizzare dei quartieri a scapito di altri, per poi non dovere finire a limitare le libertà di tutti i cittadini.
#4 Togliere restrizioni e vincoli che deprimono la libertà dei cittadini
Pagina FB – No ZTL – Milano Libera
Negli ultimi anni, Milano si è riempita di divieti e restrizioni che hanno limitato la libertà di movimento e di iniziativa. Dalla mobilità con l’inasprimento delle regole di Area C e Area B alle licenze sospese per i locali che somministrano un drink o un gelato dopo le 22, tutto sembra più complicato e burocratizzato. Una città viva ha bisogno di regole chiare, ma anche di flessibilità e incentivi per chi vuole investire, creare, portare innovazione, o semplicemente avere diritto di circolare liberamente.
#5 Cultura: più eventi e iniziative di livello mondiale
C’era un tempo in cui Milano era sinonimo nel mondo di creatività, mostre imperdibili, festival innovativi, come l’Elita Design Week Festival, un festival parallelo al Salone del Mobile che univa musica elettronica, arte e cultura underground con DJ e artisti di fama mondiale nei luoghi più insoliti della città. Oggi l’offerta culturale sembra essersi appiattita, senza quella spinta creativa che la rendeva unica. Servirebbe una programmazione più ambiziosa, eventi internazionali di richiamo e una gestione più dinamica degli spazi cittadini per trasformarli in veri hub culturali.
#6 Ridare luce alla città di notte: il festival delle luci con animazioni notturne dal centro alla periferia
LED Milano 2009
Tra i festival che non ci sono più si può ricordare il Light Exhibition Design. Durante le festività natalizie del 2009 e del 2010 trasformava la città in un vero e proprio museo a cielo aperto con installazioni luminose, giochi di luce e spettacoli visivi in punti strategici come Piazza Duomo, il Castello Sforzesco e i Navigli. Ripristinare un evento simile, sulla scia di quello che accade a Lione con la “Fête des Lumières”, potrebbe dare alla città una nuova dimensione estetica e turistica, rendendola ancora più affascinante e attrattiva. Milano di notte potrebbe essere uno spettacolo di luci, colori e atmosfere uniche, animazioni notturne luminose dal centro alla periferia. Invece, l’illuminazione pubblica è spesso triste e il panorama notturno non è all’altezza delle grandi metropoli internazionali.
#7 Un parco divertimenti allo Scalo Farini come il prater di Vienna
Credits: Urbanfile – Masterplan OMA Scalo Farini
Un tempo c’erano luoghi dove potersi sentire più spensierati. Uno su tutti: il luna park alle Varesine. Oggi ci sono solo iniziative temporanee. Serve anche in questo caso più coraggio e visione. Il progetto ufficiale per lo Scalo Farini prevede un grande parco lineare con un bosco in grado di raffreddare i venti caldi e depurare l’aria, oltre a una nuova griglia urbana con spazi pubblici strategici, uffici e case a basso costo. Una visione sostenibile e moderna, ma perché non pensare anche a un’area dedicata all’intrattenimento, assente a Milano? Uno spazio enorme, in una posizione strategica, che potrebbe diventare un polo di svago per tutte le età.
Ideogram AI – Parco divertimenti
Immaginiamo un parco divertimenti ispirato al Prater di Vienna o ai Giardini di Tivoli a Copenaghen, con attrazioni per grandi e piccoli: una grande ruota panoramica che offra una vista mozzafiato sulla città, montagne russe avveniristiche, un’area con giostre storiche e un’ampia sezione dedicata alla realtà virtuale. Non mancherebbero spettacoli tematici, un teatro all’aperto per concerti ed eventi, oltre a ristoranti e spazi immersivi dedicati alla cultura e al design, in perfetto stile milanese. Un’idea che potrebbe trasformare lo Scalo Farini in un luogo iconico, capace di attrarre turisti, generare posti di lavoro e dare a Milano quella ventata di freschezza che da troppo tempo le manca.
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