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La tipica fobia che ti assale quando vai a fare pipì in autogrill

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Ci pensiamo tutti, non è vero?

Qui il video: La tipica fobia che ti assale quando vai a fare pipì in autogrill

Continua con: Quando ti chiedono come fai a vivere a Milano dopo aver pagato l’affitto

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Trent’anni dall’Odio: l’atmosfera di rivalsa delle banlieue parigina è arrivata a Milano?

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cinetecadibologna.it - L'odio

Il trentennale di La Haine, “L’odio”, capolavoro cinematografico del 1995 diretto con occhio tagliente e cuore pulsante da Mathieu Kassovitz, non rappresenta una mera ricorrenza nostalgica per gli amanti del cinema. Al contrario, la sua forza profetica e la sua disarmante attualità risuonano con un’eco cupa e persistente nelle cronache recenti che scuotono la vibrante metropoli di Milano. Quel pugno nello stomaco in bianco e nero, che radiografava con lucidità spietata le ferite purulente delle banlieue parigine, il senso di alienazione, la rabbia sorda e la frustrazione strisciante di una generazione relegata ai margini, sembra trovare inquietanti parallelismi nelle dinamiche sociali che serpeggiano anche nel tessuto urbano milanese.

Trent’anni dall’Odio: l’atmosfera di rivalsa delle banlieue parigina è arrivata a Milano?

# Una storia ancora attuale

mymovies.it – Locandina de L’odio

Il film, con la sua estetica cruda e claustrofobica, amplificata dall’assenza di colore che accentuava il senso di oppressione e di intrappolamento, e con la sua narrazione tesa e inesorabile che culminava in un finale amaro e beffardo, ci consegnava un ritratto vivido e potente di un cocktail esplosivo di risentimento e di un profondo senso di esclusione sociale. Seguivamo le ventiquattro ore incandescenti di Vinz, Hubert e Saïd, tre giovani di diversa origine etnica uniti da un destino comune di marginalità e dalla rabbia incontenibile scaturita da un episodio di violenza poliziesca. La loro erranza senza meta, punteggiata da atti di microcriminalità, provocazioni e un latente desiderio di rivalsa, diventava metafora di una frattura insanabile tra le periferie dimenticate e un centro percepito come distante e indifferente.

Trent’anni dopo quella folgorante rappresentazione cinematografica, le dinamiche di marginalizzazione, il precario e spesso conflittuale rapporto tra alcune realtà urbane e le istituzioni, e la miccia innescata da episodi di violenza, reali o percepiti come tali, o da un diffuso sentimento di ingiustizia, sembrano riproporsi con una ciclicità allarmante, pur manifestandosi in contesti specifici e con sfumature proprie della realtà milanese. Le notizie che hanno popolato le pagine dei giornali e i notiziari televisivi nelle ultime settimane e negli ultimi mesi a Milano, che siano legate a episodi di criminalità giovanile che destano preoccupazione per la loro recrudescenza e per la loro efferata violenza, a tensioni sociali latenti che talvolta sfociano in scontri e proteste, o alle persistenti difficoltà di integrazione che incontrano alcune comunità, richiamano alla mente, con una forza inquietante, quella polveriera di risentimento e di disillusione che il film di Kassovitz metteva impietosamente in scena.

# Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio

Certo, Milano non è la banlieue parigina, e sarebbe un errore grossolano e semplicistico sovrapporre pedissequamente due realtà così distanti geograficamente, culturalmente e storicamente. Il tessuto sociale milanese presenta una complessità e una stratificazione diverse, con le sue eccellenze economiche e culturali che la rendono un polo attrattivo a livello internazionale. Tuttavia, negare l’esistenza di sacche di marginalità, di quartieri percepiti come “altri”, di un disagio sociale che serpeggia tra le giovani generazioni e di un senso di distanza tra alcune fasce della popolazione e le istituzioni, sarebbe un atto di cecità colpevole.

Le cronache recenti di Milano, pur nella loro specificità, sembrano riflettere alcune delle dinamiche universali che L’odio aveva colto con lucidità profetica. La frustrazione di sentirsi invisibili, la mancanza di opportunità concrete per il futuro, la percezione di un’ingiustizia sistemica che penalizza alcuni gruppi sociali, il senso di abbandono da parte di uno Stato percepito come lontano e sordo alle esigenze delle periferie, sono sentimenti che, pur declinandosi in forme diverse, possono alimentare un terreno fertile per la rabbia e la violenza.

Il film di Kassovitz non offriva soluzioni semplici o consolatorie. Al contrario, ci poneva di fronte a un vicolo cieco, a un sistema che sembrava riprodurre incessantemente le condizioni del suo stesso fallimento. La celebre frase che ricorre nel film, “Un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Ad ogni piano, mentre precipita, non smette di ripetersi: ‘Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene’. Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio”, diventava una metafora potente di una situazione sociale apparentemente sotto controllo, ma in realtà sull’orlo del precipizio.

Non vi ricorda qualcosa di tremendamente e spaventosamente attuale?

# La violenza non è mai la risposta

cinetecadibologna.it – L’odio

La violenza, in tutte le sue forme, non è mai una risposta, ma spesso è il sintomo di un disagio più profondo, di un grido di aiuto inascoltato, di un senso di frustrazione che non trova altri canali di espressione. Ignorare questi segnali, minimizzare la portata di certi episodi o liquidarli come semplice “devianza” o “criminalità” senza interrogarsi sulle radici sociali e culturali che li alimentano, significa condannarsi a ripetere gli stessi errori, a ignorare quella polveriera sociale che L’odio ci aveva mostrato con tanta lucidità.

Milano, con la sua ricchezza e le sue opportunità, ha il dovere di interrogarsi sulle sue zone d’ombra, sulle sacche di marginalità che possono esistere anche in un contesto di prosperità. Ha il dovere di ascoltare le voci di chi si sente escluso, di comprendere le ragioni del loro malcontento e di agire con determinazione per costruire una società più equa e inclusiva, dove le opportunità non siano un privilegio di pochi, ma un diritto di tutti.

Il ricordo di L’odio, a trent’anni dalla sua uscita, non deve essere un mero esercizio di memoria cinematografica, ma un monito potente e attuale. Ci ricorda che le ferite sociali, se ignorate e trascurate, possono infettarsi e generare conseguenze drammatiche. Ci spinge a guardare oltre la superficie patinata delle nostre città, a esplorare le pieghe nascoste dove il disagio e la frustrazione possono covare silenziose, pronte a esplodere.

La sfida per Milano, come per molte altre metropoli contemporanee, è quella di trasformare la rabbia in energia costruttiva, l’esclusione in inclusione, la frustrazione in speranza. È una sfida complessa e che richiede un impegno collettivo, un cambio di prospettiva che metta al centro la dignità di ogni individuo e la costruzione di una comunità realmente coesa e solidale. Perché, in fondo, la domanda che L’odio ci poneva ieri, con la sua forza brutale e la sua disperata lucidità, è la stessa che ci pongono, con accenti forse meno urlati ma non meno urgenti, le cronache di oggi: quanto siamo disposti ad ascoltare e a comprendere la rabbia che cova ai margini delle nostre città, prima che diventi una forza distruttiva inarrestabile? La risposta a questa domanda determinerà non solo il futuro delle nostre comunità, ma anche la qualità della nostra convivenza civile.

Continua la lettura con: Le zone rosse di Milano salgono a otto: succederà come con il Covid?

MICHELE LAROTONDA

I 10 rifugi più belli della Lombardia per un’escursione in montagna

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alpecorte IG

Diciamocelo: in montagna si va per il panorama, certo, ma anche per quel preciso momento in cui ti togli gli scarponi, ti siedi su una panca di legno e senti il profumo di brasato salire dalle cucine del rifugio. In Lombardia, i rifugi non sono solo punti di sosta, sono vere e proprie piccole oasi di gusto, panorami da cartolina e legno che scricchiola sotto le stoviglie. Ecco una selezione con 10 rifugi spettacolari nelle province di Bergamo, Lecco e Sondrio, tratto dal video di appuntinvaligia IG

I 10 rifugi più belli della Lombardia per un’escursione in montagna

# Rifugio Parafulmine – Monte Farno, Gandino (BG)

rifugioparafulmine IG

Questo luogo si trova a 1.536m di altitudine ed è caratterizzato da un ambiente con un’anima allegra. Gli interni in legno scuro, la stufa sempre accesa e un panorama che ti fa dimenticare il cellulare (anche perché il segnale va e viene) rendono questo un posto accogliente e rilassante,  perfetto per staccare la spina.

Nell’offerta gastronomica troviamo una polenta super cremosa, uova al tegamino, salame nostrano, stracchino fuso e dolci da manuale della nonna. Per quanto riguarda il prezzo, per un pranzo completo siamo sui 20-25 euro a testa.

# Rifugio Cassinelli – Sotto la Presolana (BG)

crimorganti IG – Rifugio Baita Cassinelli

Il rifugio si trova a 1.560m di quota e si tratta di un luogo raccolto, con uno stile da baita autentica, con tavoli di legno vissuto, panche da compagnia e la Presolana che incombe maestosa fuori dalla finestra. Qui puoi trovare minestra d’orzo, polenta taragna, brasato e la mitica torta rustica con mele e noci. Il prezzo per un antipasto, un piatto caldo e un dolce è di 20 euro totali a persona.

# Rifugio Laghi Gemelli – Carona (BG)

rifugiolaghigemelli IG

Questo si trova ad una quota di 1.968m ed è caratterizzato da un ambiente ampio e luminoso, con ampie vetrate sui laghi alpini. Il rifugio ha un’atmosfera accogliente ma funzionale, ideale per chi arriva stanco e affamato dopo ore di cammino. Qui si mangia pasta al ragù di selvaggina, spezzatino, formaggi locali e soprattutto le loro immancabili crostate alla marmellata. Il prezzo è intorno ai 25 euro per un pranzo completo.

# Rifugio Alpe Corte – Valcanale (BG)

alpecorte IG

Il rifugio si trova a 1.410m ed è accessibile e adatto a tutti, anche alle famiglie. Dentro è semplice, curato e con una stufa centrale che raduna tutti come un falò in baita. Per quanto riguarda l’offerta gastronomica troviamo varie zuppe calde, gli immancabili pizzoccheri bergamaschi, affettati e polenta fumante. Si tratta di un locale economico, in cui per un pranzo si spende intorno ai 18-20 euro. È il luogo perfetto per i principianti del trekking che vogliono mangiare come sherpa senza scalare l’Himalaya.

# Rifugio Santa Rita – Val Biandino (LC)

rif_s.rita IG

Si tratta di un rifugio moderno e molto curato che si trova a 1.980m, con elementi in legno chiaro e una terrazza panoramica dove respirare aria buona e sbuffare per la salita. Nel menù puoi trovare i loro spettacolari ravioli fatti a mano, polenta con taleggio e dolci soffici serviti con un sorriso. Il menù è fisso e il prezzo varia tra i 20-25 euro. Il rifugio si trova in una posizione fantastica e una curiosità è che è raggiungibile anche con una jeep navetta per chi preferisce più la forchetta che la fatica.

# Rifugio Rosalba – Grignetta (LC)

rifugio_rosalba IG

Si trova ad una quota di 1.730m ed è un locale caratterizzato da una terrazza a picco sul Lago di Como. Si tratta di un rifugio spartano ma carico di fascino, amato da escursionisti e arrampicatori. Dentro si trova legno, foto di scalatori e odore di zaino e spezzatino. Qui puoi trovare numerosi panini rustici, torte salate, piatti unici e crostate fatte in casa, non ci sono i classici piatti caserecci e questo lo rende un rifugio economico, con un prezzo che varia dai 12 ai 18 euro.

# Rifugio Tavecchia – Val Biandino (LC)

Abbiamo davanti un rifugio storico, ampio e ben gestito a 1.500m di altitudine. L’atmosfera è accogliente con una grande sala da pranzo, tavoli lunghi per famiglie e gruppi e un caminetto delizioso che scalda l’ambiente in inverno. Il locale offre risotti, polenta con funghi, salame nostrano, formaggi d’alpeggio e dolci casalinghi, tra cui vi segnalo la crostata che è da standing ovation. Si tratta di un posto ideale per i pranzi domenicali all’insegna della convivialità. Per un pranzo completo il prezzo rimane tra i 20-25 euro a persona.

# Rifugio Cesare Ponti – Val Masino (SO)

fabiosala19 IG – Rifugio Cesare Ponti

Questo è un vero e proprio rifugio d’alta quota ai piedi del Monte Disgrazia, infatti si trova ad un’altezza di 2.559m. L’ambiente è spartano ma pulito, caratterizzato da legno scuro, tavoli lunghi da compagnia e lo spirito vero della montagna. Qui si mangiano pizzoccheri, zuppe energetiche, formaggi locali e l’immancabile strudel fatto in casa.

Il prezzo varia tra i 20 e 25 euro per un pasto completo e bisogna sottolineare il fatto che questo è il posto ideale per escursionisti esperti: qui si mangia guardando l’alta montagna vera.

# Rifugio Luna Nascente – Val di Mello (SO)

vezzago IG – Rifugio Luna Nascente

L’ambiente a 1.100m d’altezza è caratterizzato da un’atmosfera quasi hippy: è immerso nella splendida Val di Mello, con esterni in pietra e legno, interni caldi e boho-chic. Non manca mai la chitarra appoggiata a una parete. Qua la cucina è naturale, biologica e creativa contraddistinta da zuppe, piatti vegetariani, polenta con tofu o ragù veg e torte integrali. Il prezzo è di 18-22 euro per un pranzo completo. Si tratta del rifugio più zen della Valtellina, ideale per chi ama natura, silenzio e cucina alternativa.

# Rifugio Palù – Alpe Palù, Valmalenco (SO)

rifugiopalu IG

Il rifugio si trova ad una quota di 1.964m ed è caratterizzato da un ambiente ampio, ordinato e molto frequentato anche in inverno. Il rifugio ha uno stile classico da baita con ampi spazi, bar fornito e sala da pranzo con finestre che danno sul lago Palù. L’offerta varia tra i famosi Sciatt, i pizzoccheri che sono tra i migliori della zona, polenta e selvaggina, vino valtellinese e dolci rustici, con delle porzioni da campione e un prezzo un po’ più alto che spazia dai 20 ai 30 euro. Una curiosità è che è accessibile anche in seggiovia, quindi è perfetto per famiglie e sciatori.

In Lombardia, ogni rifugio è un mondo a sé perché c’è quello elegante, quello wild, quello per vegetariani zen e quello per carnivori da battaglia, ma in tutti una cosa è certa: si mangia bene, si sta bene e si torna a casa con un sorriso e forse un bottone in meno.

Zaino pronto, scarponi ai piedi e stomaco in allerta: la montagna chiama.

# Il video di appuntinvaligia

 

Continua la lettura con: Tre rifugi con cucina lombarda e una vista spettacolare…a un’ora da Milano

MARTA BERARDI

25 maggio. Si festeggia una delle giornate più gloriose della storia di Milano

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Quando si dice l’unione fa la forza. 25 maggio 1176. Le città lombarde si uniscono per affrontare l’esercito più potente dell’epoca, quello del Sacro Romano Impero guidato dal Barbarossa.

I pronostici sono tutti contro Milano & C. eppure succede l’incredibile. A Legnano l’esercito imperiale viene sbaragliato dalle città lombarde. Con questo risultato, dopo aver patito miseria e distruzione, Milano prende respiro dal giogo imperiale guadagnandosi un’autonomia ai limiti dell’indipendenza.

Non solo: prende coscienza anche della propria potenza. Un momento storico e glorioso per la storia di Milano che fino al Cinquecento sarà uno dei centri più fiorenti del mondo. 

Continua la lettura con: 24 maggio. Milano conquista il Polo Nord

MILANO CITTA’ STATO

La M6 sarà circolare? 18 fermate e interscambi con tutte le linee: la proposta

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Credits Matteo Podestà - Nuova mappa ATM con ipotesi M6

Londra ce l’ha. Parigi ce l’ha. Mosca ne ha addirittura tre. E poi Berlino, Pechino, Tokyo. In tutte queste città esiste una linea metropolitana che fa da anello, collegando in modo diretto i quartieri periferici e i nodi strategici senza passare sempre per il centro. A Milano no. Mattia Podestà propone di realizzare la M6 come vera metropolitana circolare. Questo il tracciato ipotizzato.

La M6 sarà circolare? 18 fermate e interscambi con tutte le linee: la proposta

# Milano, metropoli a metà: cinque linee radiali e nessuna circolare che le unisca

Atm – Mappa Metro e linee S 2024

Oggi la rete metropolitana milanese si compone di cinque linee che si diramano come raggi di una ruota, ma senza ruota. Nessuna linea le collega in modo circolare. La M1 disegna una “U”, la M2 e la M3 vanno nord-sud, la M4 e la M5 si muovono est-ovest. Ma l’anello non c’è. Persino la futura M6 è pensata come linea radiale, al massimo potrebbe chiudere il tracciato mancante dell’anello ferroviario ad ovest, ma con una rottura di carico: si dovrebbe passare dalla metro al treno. E così ogni spostamento trasversale impone un cambio, spesso più di uno. Il risultato? Una rete che non è mai diventata tale.

Leggi anche: Tre percorsi per il lato nord della M6: il più centrale, il più esterno, il più ambizioso

# Una circle line è prevista, ma senza un lato ovest e con un servizio ferroviario

Di Arbalete – openstreetmap.org, CC BY-SA 2.0, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid – Tracciato Circle Line

L’unico tentativo concreto è la cosiddetta Circle Line ferroviaria, un progetto iniziato da anni ma ancora da completare. L’anello manca proprio nella parte ovest, dove l’infrastruttura non esiste. Dove invece esiste, c’è una fermata realizzata (Tibaldi), una in riqualificazione (Porta Romana FS), altre in attesa di essere costruite (Stephenson e MIND Merlata) o solo ipotizzate (come Istria o Dergano). Ma il vero limite è che non si tratta di una linea dedicata, bensì di una sovrapposizione di servizi ferroviari regionali: S9, S19, treni Mortara-Milano. Il passaggio previsto? Ogni 10 minuti, forse. Non esattamente una frequenza da metropolitana.

Leggi anche: La «metropolitana olimpica»: la grande prova della Circle Line a Milano

# La proposta: una vera M6, la linea che chiude il cerchio, con 18 fermate e interscambi con tutte le linee

Credits Matteo Podestà – Nuova mappa ATM con ipotesi M6

Qui entra in gioco la proposta di Mattia Podestà: realizzare la futura linea M6 sull’attuale tracciato della cintura ferroviaria fino a Villapizzone e da lì completare l’anello verso San Cristoforo con una nuova galleria sotterranea. Una Circle Line vera, con 18 fermate e intersezioni con tutte le altre linee della rete milanese, oltre che con molte linee di superficie, tra cui i tram 3 e 15.

Tra le fermate ipotizzate:

  • Brunelleschi (tra San Cristoforo e Romolo)

  • Toscana (tra Tibaldi e Porta Romana)

  • Ortomercato

  • Viale Monza, con interscambio a Loreto e Turro

  • Istria per la M5

  • Dergano per la M3

  • Gallaratese, Lampugnano (M1)

  • San Carlo, tra San Siro e Bisceglie

Il tracciato, se realizzato, avrebbe un potenziale rivoluzionario. Non solo connetterebbe periferie e nodi strategici con tempi più rapidi, ma permetterebbe di alleggerire il traffico sul nodo centrale della rete, trasformando davvero Milano in una metropoli connessa e moderna.

Leggi anche: La prima circle line italiana sarà a Napoli: il punto sui lavori

Continua la lettura con: La «MetroTangenziale» che unirà metro, ferrovie e periferie: richiesti fondi per completarla

FABIO MARCOMIN

2 anni per 1,5 km: tempi da bradipo anche in Buenos Aires. Perché a Milano i lavori pubblici durano così tanto?

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Arianna Censi - Corso Buenos Aires

Non solo la preferenziale in zona Lotto. Anche i cantieri per la riqualificazione della via commerciale per eccellenza di Milano hanno tempi da bradipo. La situazione e il confronto con l’estero.

2 anni per 1,5 km: tempi da bradipo anche in Buenos Aires. Perché a Milano i lavori pubblici durano così tanto?

# Il cantiere interminabile di corso Buenos Aires 

Arianna Censi – Corso Buenos Aires

Tutto è iniziato quando ancora si era in piena pandemia, con il disegno delle strisce per realizzare una pista ciclabile, una corsia pedonale e parcheggi in strada. Poi sono stati messi dei cordoli provvisori e allargato lo spazio pedonale. Infine è stato avviato il progetto per la trasformazione definitiva di corso Buenos Aires, in cui si prevede una doppia pista ciclabile in sede protetta con cordoli in cemento, marciapiedi ampliati in pietra, panchine e aiuole con cespugli e arbusti. Un intervento in teoria non troppo impegnativo, su un tratto di un chilometro e mezzo di strada, ma dopo oltre due anni (come lamentano alcuni cittadini nel gruppo Cantiere Urbanfile ndr) ancora non è stato completato. Un tempo che sembra un’eternità, specie se confrontato con le realizzazioni urbane di altre città europee o asiatiche, e molti milanesi sono delusi dall’elemento green: le piante sembrano infatti decisamente più basse e le aiuole meno colme di verde del previsto. Il nuovo volto del corso dovrebbe essere pronto, se tutto va bene, entro la primavera del 2026

Ma non è l’unico cantiere a passo di lumaca.

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# La preferenziale della 90/91 in zona Lotto: tre anni di lavori per meno di 1 km

Cartello lavori piazza Stuparich

Un altro caso emblematico è quello della preferenziale 90/91, il progetto avviato dopo oltre dieci anni di attesa, poi bloccato da scandali e tangenti e ripreso solo pochi mesi fa. Il tracciato, di poco meno di un chilometro, interessa un’area strategica tra piazza Stuparich e piazzale Zavattari, con lavori che prevedono rotonde, piste ciclabili, verde urbano e nuovi sistemi fognari. Nonostante l’esigua portata dell’intervento, i lavori iniziati nel settembre 2024 hanno una durata prevista di tre anni, un tempo che appare eccessivo. Nel frattempo, i costi sono schizzati da 6 a oltre 23 milioni di euro, e i disagi per residenti e traffico sono enormi. E pensare che la Milano-Laghi negli anni ’20 del ‘900, il tratto di più di 20 km dell’odierna A8 tra Lainate a Gallarate, è stata costruita in appena 15 mesi. O ancora l’autostrada del Sole, completata in soli 8 anni negli anni ’60.

Leggi anche: L’insostenibile lentezza di Stuparich, la piazza dove il tempo non passa mai

# All’estero si corre: in Cina il tunnel sottomarino più grande del mondo è stato realizzato in poco più di 3 mesi

newatlas – Interno tunnel

Se il confronto con la realtà italiana lascia amarezza, quello con alcune opere estere lascia stupefatti per la rapidità e l’efficienza. La Cina è diventata un esempio eclatante: il tunnel sottomarino più grande del mondo, lungo 3,3 km e con un diametro record di 17,5 metri, è stato realizzato in soli 110 giorni, grazie a tecnologie avanzate e a una logistica impeccabile. Questo tunnel, sotto il Fiume Giallo, ospiterà un’autostrada a sei corsie, collegando aree strategiche con velocità fino a 60 km/h e dando una spinta decisiva all’economia regionale. Nel 2015, la ricostruzione dello Sanyuan Bridge ha richiesto appena 43 ore, una stazione ferroviaria in meno di 9 ore, un risultato che sembra fantascienza. In Norvegia, il tunnel sottomarino di Ryfylke, lungo 14,4 km e attualmente il più profondo del mondo, è stato completato in 6 anni: tempi tutto sommato contenuti anche rimanendo in Europa. Perché a Milano i lavori pubblici durano così tanto (e costano così caro)?

Leggi anche: Il tunnel sottomarino più grande del mondo: ci correrà un’autostrada a sei corsie

Continua la lettura con: Treno italiano vs. treno svizzero: queste le differenze

FABIO MARCOMIN

Stress e smog? Milano tra le città dove si vive… di più!

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Credits Andrea Cherchi - Milano, via Appennini

La ricetta della lunga vita? Smog, stress e frenesia quotidiana. Questo almeno potrebbe sembrare scoprendo la posizione di Milano nell’ultima classifica delle città italiane dove si vive più a lungo. Vediamo chi le fa compagnia e quali sono le realtà dove l’aspettativa di vita si riduce.

Stress e smog? Milano tra le città dove si vive… di più!

# Una longevità che divide l’Italia

Credits _laetitia_89_ IG – Ponte Vecchio Firenze

Secondo i dati aggiornati dell’Istat, nel 2024 la speranza di vita media in Italia ha raggiunto quota 83,4 anni. Ma dietro questo numero si nasconde una realtà molto più articolata: il paese è diviso in due, anche per questo statistica. Le città del Centro-Nord trainano verso l’alto la media nazionale, mentre nel Sud la longevità resta stagnante o, in alcuni casi, addirittura in calo. È un’Italia spaccata, dove la geografia influisce direttamente sulle probabilità di vivere più a lungo. Questa la top five delle città dove si vive più a lungo:

  • Firenze con 86,7 anni,
  • Trento, Rimini, Prato e Monza-Brianza con 84,6. 

# Milano? Al sesto posto tra le città dove si vive più a lungo

thegap_media IG – Top 10 città italiane aspettativa di vita

E Milano? Pur alle prese con smog, ritmi intensi e costi della vita elevati, si posiziona stabilmente tra le province italiane con l’aspettativa di vita più alta. Una “contraddizione” solo apparente: la città offre un’eccellente rete ospedaliera, un’elevata qualità della prevenzione, mobilità capillare e uno stile di vita sempre più attento alla salute e al benessere, compresa la cultura alimentare. L’aspettativa di vita dei milanesi è di 84,4 anni, come di chi vive a Treviso e Lecco, appena più alta di Vicenza e Siena che chiudono la top ten. 

# Sud in sofferenza: Enna, Napoli e Caserta in coda alla classifica

thegap_media IG – Flop 10 città italiane aspettativa di vita

All’estremo opposto troviamo le province del Sud come Napoli, Caserta, Crotone, Catania e Messina, dove l’aspettativa di vita si ferma tra gli 81 e gli 81,8 anni. Un dato che non dipende solo da fattori ambientali, ma anche e soprattutto da quelli strutturali: minore qualità e quantità dei servizi sanitari, disoccupazione endemica, scarsa istruzione, fragilità economiche e accesso limitato alla prevenzione. In queste aree, vivere meno non è una questione di destino ma di condizioni sistemiche. Un divario che, oltre a essere sanitario, è sempre più sociale e politico.

Fonte: thegap_media IG

Continua la lettura con: Costo della vita e stipendi: Milano e Dubai, un confronto a sorpresa

FABIO MARCOMIN

Questa è la «Barcellona d’Italia»

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Ph. @marcosdejuliaphotography IG

Barcellona più che una città è un simbolo. Di qualità della vita, dove lavoro e divertimento danzano come in un flamenco. Ma esiste qualcosa di simile in Italia? Pubblichiamo quanto emerso da un sondaggio di Chiara Priscilla nel gruppo fb “Viaggiare in solitaria”: «In Italia, che località marittima potrebbe assomigliare a una Barcellona come vita, attività da fare e quindi anche sul mare?». Si è scatenata una gara per candidare il luogo che più evoca l’atmosfera della capitale catalana. Tra tutte sono emerse cinque candidate. E tra queste vince alla grande quella che può essere nominata ufficialmente come la «Barcellona d’Italia». Foto cover: @marcosdejuliaphotography IG

Questa è la «Barcellona d’Italia»

#5 Rimini 

marcocorbelli26 IG – Porto Rimini

Tra le cinque località italiane che più possono ricordare Barcellona c’è la “capitale” della Riviera Romagnola. Certo, il mare non è quello della Costa Brava, ma Rimini non sfigura per la vita notturna, la densità di eventi e la capacità di rinnovarsi con un nuovo lungomare e un forte legame con l’entroterra culturale. È una città che vive di turismo e movida, un po’ come la Barcellona più turistica.

#4 Salerno

@wikipedia

Qualche somiglianza in più sembra esserci per Salerno. Anche geograficamente: rispetto a Rimini distesa su una prateria orizzontale, Salerno presenta una morfologia più vicina alla capitale catalana. Non solo: la Costa Amalfitana ricorda la Costa Brava. Anzi, sarebbe più corretto dire il contrario. E c’è anche un lungomare animato, una vita serale ricca e accessibile, e un certo fermento culturale che la rende ogni anno sempre più interessante. C’è chi la descrive come “una città migliorata negli anni, quasi onirica”.

#3 Catania

Credits notiziecatania-pixabay – Catania e Etna

Le somiglianze con Barcellona iniziano a farsi molto intense arrivando al terzo posto dove troviamo la città dell’elefante. Ricca di contrasti e bellezza, con il mare a portata di mano, una vivace scena notturna e un centro storico vibrante. Per molti, Catania è la vera Barcellona d’Italia: giovane, movimentata, piena di locali e con una cultura forte e visibile in ogni angolo. Un mix tra tradizione e fermento contemporaneo. Tra l’altro è definita anche come il capoluogo morale della Sicilia che, per certi aspetti, la accomuna anche a Milano. 

#2 Napoli

Fresco fresco è arrivato anche lo scudetto: un altro elemento che la accoppia a Barcellona. E, in effetti, le somiglianze tra Napoli e la cugina catalana sono parecchie. Grandi città sul Mediterraneo che vivono molto la spiaggia. Molto influenzate dalla cultura spagnola, ma anche vicine nel carattere: entrambe energiche, con una vivacità unica e una scena urbana caotica e magnetica. Per qualcuno, è addirittura Barcellona a somigliare a Napoli. Sembrano gemelle. Ma c’è chi la supera. 

#1 Cagliari

Ph. @marcosdejuliaphotography IG

E invece lo scudetto e le dimensioni non bastano. Per la maggioranza la località più simili per energia e atmosfere è Cagliari. Il quartiere Marina, la spiaggia del Poetto, l’atmosfera accogliente ma anche cosmopolita, il cibo, il sole, la qualità della vita. E poi ci sono i trascorsi, con le influenze catalane ancora evidenti su tutta l’isola. È la città che secondo il web meglio rappresenta una “Barcellona italiana”, anche se in scala più contenuta. La città sarda è percepita come un luogo dove si può vivere bene, studiare, uscire la sera e avere il mare a due passi. 

Continua la lettura con: Le 5+1 caratteristiche provinciali di Milano che frenano la città

MILANO CITTA’ STATO

La classifica dei quartieri dove i milanesi vorrebbero trascorrere la loro vita

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Screenshot

Se dovessi trascorrere tutta la vita in un solo quartiere di Milano, quale sarebbe? Questa la classifica dei primi 10 tratta da un sondaggio con oltre 1000 risposte tra commenti, like e post. 

La classifica dei quartieri dove i milanesi vorrebbero trascorrere la loro vita

#10 Martesana (3,6%)

Credits: @matthewgoesto
Martesana

#9 Baggio (3,7%)

piazza d'armi
Piazza d’Armi – FAI

#8 Navigli (4,3%)

#7 Magenta – Sant’Ambrogio (4,5%)

Credits conpassigiapponesi IG – Corso Magenta

#6 Porta Venezia (4,7%)

Credits Andrea Cherchi – Porta Venezia

#5 Arco della Pace/Sempione (5,6%)

Credits dimitrisvetsikas1969-pixabay – Arco della Pace

#4 Brera (6,4%)

Credits: @sardiniamood
Brera

#3 Città Studi (9,3%)

città studi banlieu

#2 Wagner – Vercelli – Buonarroti (12,7%)

Credits: @griff_fra
Milano Buonarroti/Wagner

#1 Porta Romana (15,2%)

porta romana
Gli hotspots di Porta Romana evidenziati nell’articolo

# Note curiose

Duomo – San Babila è stata scelta appena dal 2,8%. CityLife dal 2,3%. Isola dall’1,7%. Tra le zone periferiche, dopo Baggio e Martesana c’è San Siro con il 3,3%. 

Continua la lettura con: 21 fatti su Porta Romana che non conoscevi

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Bus e passante: quello che il Senegal può insegnare a Milano

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Sunu BRT

Nella capitale Dakar il trasporto pubblico sta vivendo una piccola rivoluzione. La città africana ha implementato un sistema di mobilità urbana con alcune soluzioni che nemmeno a Milano sono riusciti a mettere a terra. Queste le linee e le caratteristiche della rete.

Bus e passante: quello che il Senegal può insegnare a Milano

# TER: treni suburbani ogni 10 minuti e velocità fino a 160 km/h. Un modello per il passante di Milano

By Seydina Aba Gueye (VOA) – https://www.voaafrique.com/a/le-premier-ter-mis-en-place-sur-les-lignes-ferroviaires-s%C3%A9n%C3%A9galaises/4743842.html, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=79654042 – TER

Partiamo dal Train Express Régional (TER) di Dakar: un sistema ferroviario suburbano moderno che collega la città con Diamniadio. Il tracciato si estende per 33 chilometri e 13 stazioni. In costruzione l’estensione per portare la lunghezza totale a 55 chilometri e 14 stazioni, fino all’aeroporto internazionale Blaise Diagne (AIBD). Il TER offre un servizio rapido ed efficiente, con treni che raggiungono una velocità massima di 160 km/h. La frequenza è di un convoglio ogni 10 minuti dal lunedì al sabato e ogni 20 minuti la domenica e nei giorni festivi.

Il viaggio completo da Dakar a Diamniadio dura circa 46 minuti, rendendo il TER una valida alternativa al traffico congestionato della città. Il sistema è gestito da SETER, una società con partecipazione statale, e offre tariffe accessibili, con sconti per bambini e abbonamenti settimanali e mensili. I treni sono dotati di comfort moderni:

  • aree per bagagli a mano,
  • finestre doppie per l’isolamento acustico,
  • servizi per passeggeri con mobilità ridotta,
  • wifi,
  • prese per ricaricare i dispositivi elettronici
  • aria condizionata. 

# Opera finanziata da donatori internazionali

By PBrieux – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=101014299 – Tracciato TER Dakar

Per realizzare questa prima parte dell’infrastruttura è stato necessario circa un miliardo di euro. Le risorse sono state messe a disposizione da donatori internazionali a vari livelli, dato che il Senegal è uno dei 25 paesi più poveri del mondo, secondo i dati della Banca Mondiale. Tra i contributori troviamo: Banca africana di sviluppo, Banca islamica di sviluppo, Agenzia francese per lo sviluppo e Tesoro francese e lo Stato del Senegal.

# Sunu BRT: il bus elettrico ed espresso con corsie dedicate, porte di banchine e preferenziazione semaforica. Un modello per i mezzi di superficie di Milano

Sunu BRT

Il sistema Bus Rapid Transit (BRT), noto come “Sunu BRT”, è un progetto ambizioso che mira a trasformare il trasporto urbano. Inaugurato nel gennaio 2024, copre una distanza di 18,3 km con 23 stazioni e opera con 144 autobus articolati elettrici. Si compone di un solo tracciato con 4 linee: linee B1 e B2 collegano il centro città con Guédiawaye, due linee di servizio espresso, B3, che serve 6 delle 13 stazioni (saltando Grand Médine) e un secondo servizio espresso, B4, limitato a Grand Médine.

transitscapes IG – Brt e TER Dakar

Il BRT opera sette giorni su sette, dalle 7:00 alle 18:00, con una frequenza di passaggio ogni 21 minuti. Il sistema è progettato per trasportare fino a 320.000 passeggeri al giorno, riducendo significativamente i tempi di viaggio e migliorando l’accesso a servizi essenziali per la popolazione. Le corsie dedicate, le stazioni sicure con porte di banchine e la preferenziazione semaforica garantiscono un’esperienza di viaggio fluida e sicura. Tutte cose che mancano ai sistemi di superficie di Milano, in particolare per filobus e tram. 

Continua la lettura con: La circonvallazione diventerà un hub di navette a guida autonoma per il trasporto pubblico in tutta Milano

FABIO MARCOMIN

Quando ti chiedono come fai a vivere a Milano dopo aver pagato l’affitto

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Fare di necessità virtù.

Qui il video: Quando ti chiedono come fai a vivere a Milano dopo aver pagato l’affitto

Continua con: Come ti sembrano le strade di Milano quando torni da un aperitivo All you can drink

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Le tre colazioni più famose di Milano

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Signor Lievito - ph. @foodgurus.mlt IG

A Milano la colazione non è più solo un caffè al volo e una brioche al banco. È diventata un rito sacro, quasi una dichiarazione d’identità: c’è chi la vuole elegante, chi abbondante, chi rigorosamente francese. Scopriamo tre stili diversi, tre atmosfere uniche, ma un’unica certezza: vi alzerete dal tavolo felici, pieni e con la memoria del burro ancora sul palato. Questa la selezione delle tre colazioni top di virginiavasari.

Le tre colazioni più famose di Milano

#1 Pasticceria Sissi 

mymilanofood IG – Sissi

Se la Regina Elisabetta avesse mai fatto colazione a Milano, probabilmente l’avrebbero trovata seduta nel giardinetto di Pasticceria Sissi, con un cappuccino impeccabile tra le mani e una sfoglia alla crema ancora calda sul piattino. Questo angolo di dolcezza vintage è una vera istituzione. Arredamento in stile liberty, specchi antichi, piastrelle color cipria e tovagliolini floreali fanno subito atmosfera da fiaba un po’ retrò, ma con il profumo del burro che ti riporta bruscamente alla realtà.

Qui la colazione è classica, abbondante e lussuriosa con immancabili croissant fragranti, tra cui il celebre con crema chantilly o marmellata di albicocche, pasticcini mignon, bignè colmi di crema pasticcera e pain au chocolat da lacrima facile. Il caffè è buono, il cappuccino pure, ma il vero protagonista è indubbiamente il banco delle brioche. La media dei prezzi varia tra i 2 e i 3.50 euro per brioche, 1.50 euro per il caffè, mentre per il cappuccino siamo intorno ai 2 euro. Si tratta di prezzi onesti per la zona e l’esperienza regale. Il punto di forza del locale è l’atmosfera: è come fare un salto nel tempo, tra profumo di burro e giornali spiegazzati. È il posto ideale per chi ama iniziare la giornata con un tocco d’eleganza decadente.

Indirizzo: Piazza Risorgimento (zona Porta Venezia)

#2 Egalitè Milano 

egalite_milano IG

Spostiamoci di qualche civico e voilà! Siamo nella Rive Gauche, senza neanche dover prendere l’Eurostar. Égalité Milano è un panificio-boulangerie che sembra uscito da un film di Godard, con baguette impilate come colonne doriche e profumo di croissant che invade tutto l’isolato. Lo stile è industrial-chic, con pareti in cemento grezzo e scaffali pieni di farine bio.

In questa atmosfera cosmopolita ma rilassata si può assaporare una colazione in perfetto stile parigino: croissant al burro AOC (certificato e garantito), pain aux raisins, tarte tatin, madeleine, pain au chocolat e il famoso “kouign-amann”, un dolce bretone che è una bomba burrosa meravigliosa. Da bere, caffè, cappuccino ma anche ottime tisane e spremute fresche.

I prezzi sono leggermente più alti, ma senza esagerare perché per i croissant siamo tra i 2 e i 3 euro, per il cappuccino sui 2.20 euro e per una spremuta sui 3.50 euro. Ma la qualità delle materie prime, tutte francesi o quasi, giustifica il conto. Infatti, il punto di forza del locale è proprio la fedeltà alla tradizione francese. Niente rivisitazioni, qui si mangia come in un forno parigino vero e chiudere gli occhi per sentirsi sugli Champs-Élysées non è affatto difficile.

Indirizzo: Via Melzo 22 (zona Porta Venezia)

#3 Signor Lievito 

signor_lievito IG

Ultima tappa del nostro tour, ma solo in ordine cronologico: Signor Lievito, il bar-bakery che ha trasformato il lievito in una filosofia di vita. Entrare qui è come entrare nel laboratorio di un alchimista del pane: profumo inebriante, bancone in legno massello, luci calde e clientela che fotografa ogni brioche come fosse la Gioconda.

Lo stile è un mix tra una bottega moderna e un rifugio hipster con parquet, lavagne con il menù scritto a mano, baristi che sorridono e raccontano cosa c’è dentro ogni croissant come fossero sommelier del burro. Qui si mangiano brioche esagerate, letteralmente, ripiene di pistacchio, crema al mascarpone, gianduia colante e perfino confettura ai frutti esotici. Ma puoi scegliere anche colazioni italiane ma con un piglio da brunch, come pane integrale con burro e miele, yogurt con granola artigianale, focaccine dolci e pancakes con sciroppo d’acero. I prezzi sono più alti della media, ma porzioni generose: brioche farcite anche a 4 euro, caffè 1.50 euro, cappuccino 2.20 euro e per la combo colazione/brunch siamo tra gli 8 e i 12 euro. Il punto di forza del locale è la creatività, perché qui ogni colazione è un esperimento riuscito. È il posto ideale per chi non si accontenta di “una brioche e via”, ma vuole farsi coccolare.

Che voi siate amanti della colazione chic con sottofondo di valzer, nostalgici dei caffè parigini o irriducibili dei lievitati extralarge, Milano ha la tazza e la brioche giusta per ogni tipo di risveglio. Non si tratta solo di mangiare: è un piccolo lusso quotidiano, una coccola prima del caos, una scusa meravigliosa per uscire di casa anche con i capelli arruffati.

Il difficile, ora, è solo scegliere da dove iniziare, ma tranquilli perché a colazione, il bis non è solo concesso è incoraggiato.

Indirizzo: Via Maestri Campionesi (zona Porta Romana)

# Il video dei Virginia Vasari

 

Continua la lettura con: Il forno di Milano dove fare colazione a 1 euro

 MARTA BERARDI

Roberti Cenci, il musicista diventato uno dei più celebrati registi della TV

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Roberto Cenci

Pensava di intraprendere la via della musica, per farla diventare un mestiere. A distanza di quarantasei anni lo ritroviamo nel ruolo di uno registri più famosi della televisione italiana.

Roberti Cenci, il musicista diventato uno dei più celebrati registi della TV

# Il debutto come percussionista in un’opera di Shakespeare messa in scena da Strehler

Credits: teatroecritica.net – Giorgio Strehler

“La prima immagine che si presenta allo spettatore è una sequenza di forte suggestione, che subito strappa l’applauso. La sagoma del veliero, con a bordo il re di Napoli e il suo seguito, che appare e scompare tra i lampi e il rumoreggiare del tuono, squassata dal ribollire dei flutti (decine di teneri veli azzurri agitati da mimi e allievi della Civica Scuola), è un grande e geniale momento di teatro barocco. Ma subito, crollata la vela, spezzato l’albero maestro, il clima si fa più poetico, più astratto. Dopo il disordine, la calma”.

Parliamo de “La tempesta”, l’opera di Shakespeare proposta da Giorgio Strehler nel 1979 al Piccolo Teatro. Il percussionista dell’orchestra, che suonava dietro le quinte, era un giovanissimo Roberto Cenci, allora sedicenne, che pensava di intraprendere con forza, fino a farla diventare mestiere, la via della musica. Invece, a distanza di quarantasei anni, lo ritroviamo nel ruolo di uno dei più celebrati registi della TV: in queste settimane sta dirigendo “L’isola dei famosi”.

# Da Gigliola Cinquetti a Dame Shirley Veronica Bassey

Cenci, è nato a Milano il 12 dicembre 1963, cresciuto nella metropoli politicamente accesa degli anni settanta, che si divideva tra l’anima “nera” sanbabilina di Rodolfo Crovace, e quella “rossa” del Casoretto di Andrea Bellini. Cenci stava a metà strada, non in una posizione passivo-democristiana, bensì attenta e osservatrice. Di cose attorno a lui ne accadevano, però era capace a crearne di proprie. Con un papà musicista, Cenci alle elementari viene ingaggiato per suonare il triangolo in una registrazione di Gigliola Cinquetti, ma questo è nulla, se si considera che già in tenera età aveva conosciuto Celentano, Mina e Dame Shirley Veronica Bassey.

# Lo studio al Conservatorio e le prime opportunità in regia

Sempre a Milano frequenta il Conservatorio, poi arrivano le prime timide opportunità: lo chiamano a suonare nelle trasmissioni della Rai. Lui è interessato (anche) all’organizzazione scenica, a quella che mette in piedi un programma, una diretta. Suona, in “Il bello della diretta” del 1986 con Loretta Goggi, ma sbircia anche ciò che gli accade attorno.

Nel 1980 collabora con due mostri sacri della direzione dei varietà del piccolo schermo, Beppe Recchia e Davide Rampello, mentre nel 1985 è aiuto regista già nella prima edizione di “Buona Domenica” su Canale 5, per poi diventarne regista nel 1995, nel 2004, nel 2005 e nel 2008.

# Le trasmissioni televisivi di successo

Roberto Cenci

La carriera di Roberto Cenci è caratterizzata da continui successi delle trasmissioni che lo vedono alla direzione: “Saranno Famosi”, ovvero il primo talent della De Filippi, “Amici”, “Ciao Darwin”, “Sarabanda”, “Ti lascio una canzone”, “Scherzi a parte”, “Summer Festival”, “The winner is”, e tanti altri spettacoli, che lo stanno posizionando nell’olimpo dei registi televisivi, accanto a Beppe Recchia, Enzo Trapani, Antonello Falqui e Giorgio Nicotra. E’ legatissimo a Renato Zero, a Lorella Cuccarini e a Claudio Baglioni ed è stato legatissimo a Maurizio Costanzo e a Gigi Proietti.   

Nel 2024, dalla sala regia, diresse la sigla e i primi istanti di una puntata di “Ciao Darwin”, completamente bendato, staccando e indicando le inquadrature a memoria, dando una visione concreta ed esaustiva delle dinamiche di lavoro di un regista della TV.

Nel 2022, per il concerto al Circo Massimo di Renato Zero, andato in onda successivamente in televisione, vediamo un Cenci che dirige immagini e suoni con la gestualità di un direttore d’orchestra, la fisicità scenica di un Pippo Inzaghi a bordo campo in una finale di Champions e l’umanità di un padre, severo ma giusto.

FABIO BUFFA

Continua la lettura con altri milanesi d’autore

Le prime 7 parole e le regole di comportamento che devi conoscere per sembrare di Milano se vieni a Milano

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Milanesi in provincia

Cari forestieri, quante volte vi è capitato, passando da queste parti, di inciampare in espressioni che pensavate fossero solo gag da film di Pozzetto? E invece queste parole esistono, sono vive e vegete, si ramificano come edera nel tessuto di qualunque conversazione milanese. Ma quel che è peggio è che avete iniziato a utilizzarle anche voi.

Lo sappiamo, in principio faceva lo stesso effetto dell’unghia su una lavagna, ma poi vi ci siete abituati, dai… Anche se fino a ieri eravate convinti che l’iperinflazionato “pirla” fosse un faro solitario nella nebbia. Tralasciando la ricchezza del dialetto e sorvolando su mostri sacri come “sbatti” o sul pantagruelico “piuttosto che”, sul cui significato milanese lavorano scienziati e letterati del mondo intero, vediamo quali sono i termini più camaleontici per un non-milanese a Milano.

Le prime 7 parole e le regole di comportamento che devi conoscere per sembrare di Milano se vieni a Milano

#1 Uè, un passepartout

Semplice come bere un bicchier d’acqua. Il nostro “uè” rappresenta la naturale evoluzione del romano “ahò”. Da utilizzare in qualunque zona o quartiere, rigorosamente con “e” aperta. Ma non troppo, sennò vi sgamano.

#2 Sgamàre, consigliato l’uso in orario aperitivo/cena

Appunto. Universalmente noto in ambito liceale/studentesco, il termine “sgamàre” da qualche anno si è fatto strada a colpi di machete anche in ambito professionale. Nonostante non sia del tutto inelegante, ne consigliamo un utilizzo moderato, preferibilmente a orario aperitivo/cena.

#3 Minchia, da usare in contesti di strada

Lemma non registrato del ceto medio-basso, il “minchia” milanese è eredità neanche troppo celata della folta immigrazione dal Meridione a Milano. A braccetto con “sciallo”, va usato tassativamente in contesti di strada, tipo le crew di skaters del Parco Lambro, per intenderci. Gergo volgarotto, ma c’è di peggio, non temete.

#4 Gradisci?

Rispetto al più popolare vuoi?, “gradisci?” è il miglior compromesso fra classe e fermezza. Nella sua stessa pronuncia sono compresi il benessere, l’alta società, il Sancarlismo allo stato puro. Milanesi di ogni età che troverete in Brera o in Sempione, per capirci. Utilizzando il “gradisci?” al posto del “ti va?” uscirete a testa alta dal proletariato, per entrare di diritto con un fast-track nel bauscia-style dei giorni nostri.

#5 Esatto!, per mettere di buonumore

State sorridendo, vero? “Esatto!” detto ad alta voce, e possibilmente con la A trascinata a oltranza, mette di buonumore, oltre a risolvervi qualunque discussione stiate portando avanti col vostro interlocutore. Se scritto, ci vuole il punto esclamativo, ricordatelo, come reso celebre da Francesco Salvi. Da evitare durante i pasti insieme a tutte le parole che dilatano la “a”.

#6 Esageriamo, uno dei verbi più milanesi che esista

Uno dei verbi più milanesi che esista. Detto al plurale fa molto maiestatis, inoltre, come per “esatto!” vale il trascinamento molesto. Esageriamo è un verbo che può durare 5 secondi buoni, anche se una leggenda narra che laggiù oltre i Bastioni, un vecchio sciuro di Porta Nuova lo abbia pronunciato in 12 secondi netti. Ragion per cui potete utilizzarlo a piacimento ma, considerando l’alto numero di vocali, occhio a come le aprite per non farvi scoprire come al punto 1.

#7 Figa, da usare a piacimento in ogni contesto

Non poteva mancare, e non c’è molto da aggiungere, rispetto a quanto già abbondantemente si sa della regina del gergo meneghino. Si può usare a piacimento in qualunque contesto, se detto con un sorriso e a denti stretti non risulterà quasi mai volgare. Per un milanese del ceto medio è praticamente impossibile non pronunciare un figa entro venti o trenta parole al massimo. Non vi chiediamo certo di raggiungere questi livelli, ma iniziando con due o tre al giorno sarete sulla strada giusta.

# Le regole universali di Milano

Scale mobili a Milano

Per il resto, cari forestieri a Milano, le regole per mimetizzarsi sono sempre le stesse:

#1 Lamentarsi del parcheggio anche se lo trovate subito
#2 Rimpicciolire quasi ogni termine maschile aperitivino/giochino/progettino/sushino
#3 Salutare sempre con buongiorno/buonasera e MAI con il salve
#4 Non dare del Voi invece del Lei
#5 Infarcire i discorsi con qualche inglesismo
e soprattutto… Soprattutto…
#6 Quando parlate di una ragazza, mettere SEMPRE l’articolo determinativo davanti al suo nome. Diversamente, per la GIULIA, la CAMI o la SABRI sarete sempre e irrimediabilmente dei “terùn” ;-).

Continua la lettura con: 10 parole milanesi intraducibili in italiano

CARLO CHIODO

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Padova, città per giovani: mezzi pubblici gratis per gli universitari. Milano seguirà l’esempio?

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padova_buses IG

A Padova sta per concretizzarsi un cambiamento epocale: oltre 75.000 studenti universitari potrebbero presto viaggiare gratuitamente su bus e tram. Un progetto ambizioso che mira a rivoluzionare la mobilità cittadina, con implicazioni che vanno ben oltre il semplice risparmio economico. Questa iniziativa potrebbe rappresentare un modello anche per Milano?

Padova, città per giovani: mezzi pubblici gratis per gli universitari. Milano seguirà l’esempio?

# Anche tratte extraurbane

Credits Leonhard_Niederwimmer-pixabay – Padova

Padova si appresta a diventare la prima città del Veneto a offrire trasporti pubblici gratuiti agli studenti universitari. Il progetto, frutto della collaborazione tra Regione Veneto, Comune, Università di Padova e BusItalia, prevede un investimento di circa 6 milioni di euro, finanziati attraverso fondi statali destinati alla riduzione dell’inquinamento atmosferico. L’iniziativa risponde a una richiesta portata avanti da anni dall’Unione degli Universitari (UDU), che ha promosso l’idea di un biglietto unico regionale e della gratuità dei trasporti per i giovani. La misura, in fase avanzata, potrebbe diventare operativa già dal prossimo anno accademico, e riguarda anche le tratte extraurbane verso i comuni collegati, come Rubano e Vigonza. La decisione finale è ora nelle mani dell’Assessore regionale all’istruzione Valeria Maniero, che potrebbe annunciare il via libera definitivo già entro giugno.

# Potrebbe cambiare anche la geografia abitativa, alleggerendo la pressione sul mercato immobiliare cittadino

padova_buses IG

L’effetto più immediato dell’abbonamento gratuito sarà una forte spinta alla mobilità sostenibile: meno auto private, meno traffico, e un miglioramento diretto sulla qualità dell’aria cittadina. Ma le ricadute sociali sono altrettanto significative. Per molti studenti fuorisede, il vincolo di cercare casa vicino al centro o alle facoltà sarà molto meno pressante: vivere in periferia o nei comuni ben serviti dai mezzi non comporterà più grandi sacrifici. Questo potrebbe alleggerire la pressione sul mercato immobiliare cittadino, contenendo l’impennata dei prezzi degli affitti nel centro storico. Il modello padovano guarda quindi alla mobilità come strumento per riequilibrare le dinamiche urbane, migliorando accessibilità, inclusione e qualità della vita. Un approccio sistemico che considera il trasporto come diritto allo studio, e non solo come servizio accessorio.

# Libera circolazione per gli studenti: un modello anche per Milano?

Padova non è del tutto sola: Trento, per esempio, ha già introdotto un abbonamento per la libera circolazione degli universitari. Ma l’iniziativa padovana si distingue per la sua ampiezza e per il forte coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali. È un modello che potrebbe far scuola, magari in città più grandi come Milano, dove il numero di studenti e la complessità urbana rendono però più difficile una trasposizione diretta. ATM prevede al momento solo uno sconto sull’abbonamento, la gratuità si ferma ai residenti fino a 14 anni di età compresa. Se la città veneta dovesse dimostrare che l’investimento paga in termini ambientali, sociali ed economici, è possibile che anche altrove si apra il dibattito.

Fonte: worldy.it

Continua la lettura con: L’annuncio: ci sarà un biglietto unico per tutti i trasporti pubblici della Lombardia

FABIO MARCOMIN

I quattro tipi di milanesi che regnano nella Milano di oggi

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ChatGPT - Milanesi

I milanesi che parlano il milanese sono in estinzione e il dialetto anche con il suo ricco repertorio musicale a breve dovrà essere a conservato in una teca museale come i semi di certe piante che non ci sono più. In questo perenne ed incessante movimento evolutivo milanese, tutto si trasforma così velocemente che in poco tempo ci si ritrova in un mondo nuovo, come al risveglio da un sogno.

Zone aperte che vengono chiuse, piazze chiuse che vengono aperte, edifici antichi che si concedono alla modernizzazione. Ma il gap più evidente lo trovi passeggiando, andando al supermercato, sul pianerottolo del tuo appartamento: una nuova costellazione antropologica fatta di nuovi universi di esseri umani.

I quattro tipi di milanesi che regnano nella Milano di oggi

# I milanesi milionari

Ricchi a Milano

Tanti e sempre di più, attratti dalle agevolazioni fiscali accompagnate dalla nostra calorosa e ricca italianità che sicuramente è il vero plus valore! Con redditi sensibilmente inferiori ci sono i milanesi melting pot, sempre più numerosi e in aumento: meteore di passaggio o passaggi che seminano radici di una futura nuova milanesità.

Leggi anche: Altro che Dubai o New York: è Milano la terra promessa dei ricchi del mondo 

# I milanesi singles

Tantissimi/e per scelta, o per scelta subita sia dal punto di vista affettivo che da quello professionale. I milanesi con il trolley, sempre roboante e pronto ad uscire ed entrare dagli aeroporti: strani esseri che appaiono e scompaiono in un batter d’occhi e nelle assemblee condominiali esistono solo perché danno “la delega”.

# I milanesi che non sono milanesi perché Milano la vengono solo a visitare

Anche questi moltissimi. Si aggirano e si localizzano teleguidati da mappe a loro volta teleguidate da chi ha non ha molta fantasia.

# I cani

Credits- lucioliu-pixabay – Cane

Ma i veri protagonisti della nostra città, gli esseri che dominano in numero e in rumore (perché si fanno molto sentire) non hanno sembianze umane, hanno pelo ricco o rasato, in tinta unita o a chiazze, muso lungo o schiacciato, il tutto in svariate taglie.
Eh sì…sono i cani a rappresentare una punta importante della nostra costellazione milanese e l’ultimo censimento lo dimostra (forse sono più numerosi dei bambini).
Esseri che assolvono a svariate necessità tipiche dei “milanesi”: status symbol, bisogno affettivo, contrasto alla solitudine, sostituzione proiettiva di mancate filiazioni per scelta o scelta subita (vedi sopra).

Questa costellazione si adatta a vivere in spazi pubblici e privati, ordinamenti comunali e regole edilizie frutto degli anni ’60, praticamente ormai preistoria per una città veloce come Milano.

Continua la lettura con: Questi sono i sette peccati capitali di Milano…secondo i milanesi

CRISTINA FILIPPO

Radical Flows: Milano divisa in 7 hub di sperimentazione con le università al centro

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Una nuova alleanza sta nascendo nelle viscere di Milano. Non sembra trattarsi di semplice lobbysmo o di una strategia elettorale, ma di un vero e proprio patto urbanistico impegnato ridisegnare il volto della città. Scopriamo c’è Radical Flows.

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Radical Flows: Milano divisa in 7 hub di sperimentazione con le università al centro

# Ricucire i quartieri, partendo dai campus

Le città non si progettano più con righelli e mattoni, ma con flussi. Flussi di studenti, biciclette, dati e idee. E proprio su questi flussi si basa Radical Flows, il nuovo progetto lanciato da architetti come Mario Cucinella e Carlo Ratti, in collaborazione con l’assessorato alla Rigenerazione Urbana e dieci atenei pubblici e privati di Milano.

L’idea non è calare progetti dall’alto, ma partire da chi la città la vive ogni giorno, a partire da 210.000 studenti universitari, di cui il 40% fuorisede, che rappresentano un capitale umano ed energetico inespresso.

I primi interventi riguarderanno sette aree “bersaglio”, tutte in prossimità di campus universitari. L’obiettivo è aprire fisicamente le università alla città, eliminando barriere architettoniche e psicologiche, e trasformando gli atenei in “snodi urbani”.

Si va dall’asse Guastalla-Porta Vittoria, che collega la Statale alla futura BEIC, alla zona Sant’Ambrogio-Solari, con la Cattolica come polo di attrazione. Ogni area, questa è la promessa, dovrà diventare un laboratorio a cielo aperto, in cui studenti, cittadini e progettisti collaboreranno per immaginare una nuova vita urbana.

Leggi anche: La trasformazione di piazza San Babila: meglio ora o quella del Novecento?

# Strade da reinventare, piazze da restituire

In un momento in cui molti cantieri sono bloccati da inchieste e ritardi, Radical Flows propone un cambio di paradigma. Non grandi opere, ma micro-interventi ad alto impatto.

Un esempio è la zona compresa tra il Villaggio Olimpico e i Navigli, che ospiterà il più grande studentato d’Italia dopo i Giochi del 2026. Tra la Bocconi, la NABA, la IULM e diversi parchi (Segantini, Ravizza, Baden Powell), si immagina un asse Tabacchi-Sarfatti-Bellezza-Giulio Romano-Crema completamente ripensato: oggi congestionato dal traffico, domani spazio pedonale e sociale, in stile “piazza aperta”.

Secondo i progettisti, molte strade milanesi sono sovradimensionate, concepite per una mobilità privata ormai superata. E, anche se bisogna ricordare che non tutti i milanesi la pensano così, la sfida che gli architetti lanciano è restituire questi spazi ai pedoni, agli studenti e ai cittadini.

Leggi anche: Il milanese che ha mollato la carriera da architetto per vendere biscotti artigianali

# Ispirazioni europee, ambizione milanese

L’idea di una Milano che “cambia pelle” non nasce nel vuoto, ha spiegato Sara Banti, fondatrice di Radical Flows, l’ispirazione viene dalle trasformazioni urbane di città come Parigi, Barcellona e Rotterdam, che negli ultimi anni hanno saputo riconvertire interi quartieri grazie a politiche coraggiose.

A Milano, secondo gli animatori di questo progetto di trasformazione, non manca il talento, ma la volontà politica di agire ogni giorno, e non solo nei momenti straordinari.

Secondo Nicola Russi, docente e architetto del Laboratorio Permanente, Milano ha già tutte le risorse per diventare un caso europeo. Serve solo organizzare il sapere, metterlo a sistema. Andrea Boschetti, di Metrogramma, nel “manifesto” di Radical Flows insiste sull’uso temporaneo degli spazi e sulla coprogettazione con gli studenti, mentre Ruben Baiocco, professore di urbanistica alla Statale, sottolinea la necessità di ricostruire una conoscenza puntuale dei luoghi, partendo dall’esperienza quotidiana degli abitanti.

Continua la lettura con: 5 creazioni delle archistar attese nei prossimi anni a Milano

MATTEO RESPINTI

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Queste sono le «7 meraviglie moderne» di Milano

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Credits: @ fondazioneprada IG

Nel Medio Evo si parlava delle quattro meraviglie di Milano. Ma quali si possono considerare come meraviglie dell’era moderna?

Leggi anche: Le quattro meraviglie di Milano per il Medio Evo

Queste sono le «7 meraviglie moderne» di Milano

#1 Bosco Verticale, il “grattacielo più bello e più innovativo del mondo”

Credits: @elenagalysan IG

Il Bosco Verticale posto ai margini del quartiere Isola, progettato dall’architetto Stefano Boeri, è costituito da due grattacieli residenziali che ospitano un migliaio di specie diverse di alberi che contribuiscono a “mangiare” lo smog cittadino.

Inaugurato nel 2014, all’interno della più ampia cornice di riqualificazione di Porta Nuova, ha vinto l’International Highrise Award 2014, il premio nel 2015 come «grattacielo più bello e innovativo del mondo» dal Council on Tall Buildings and Urban Habitat e quest’anno è stato il grattacielo più instagrammato al mondo.

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#2 CityLife, una delle riqualificazioni più spettacolari d’Europa

credit: Instagram – @citylifemilano

Il quartiere di Citylife ha preso il posto dell’area occupata dagli edifici del polo fieristico cittadino, trasferito da anni a Rho, dando vita a una delle riqualificazioni più spettacolari di Milano. Oltre a i tre iconici grattacieli progettati da archistar internazionali, il Dritto, lo Storto e il Curvo, e allo Sdraiato in arrivo, Citylife è uno dei quartieri pedonali più grandi d’Europa, con uno dei parchi cittadini più estesi, ospita un museo di arte moderna a cielo aperto e residenze di lusso di design.

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#3 Gae Aulenti, la piazza più futuristica 

credit: Instagram – @scatto_milano

Piazza Gae Aulenti è la piazza più futuristica della città, realizzata all’interno di uno dei più grandi progetti di riqualificazione d’Europa, ospita il più alto grattacielo d’Italia, la Torre Unicredit, che arriva a 231 con la sua guglia e che con gli altri due palazzi più bassi forma un semicerchio. Al centro della piazza è possibile camminare attraverso la fontana a sfioro con zampilli d’acqua che si colorano. Attorno altri edifici di architettura moderna come il padiglione oggi sede espositiva IBM e il futuro Nido Verticale fanno da quinta alla Biblioteca degli Alberi, l’unico grande parco milanese senza recinzioni.

#4 Fondazione Prada, il centro culturale e di creatività della maison di moda milanese

Fondazione Prada è l’istituzione culturale fondata nel 1993 e dedicata alla realizzazione di progetti di arte contemporanea, cinema, fotografia, filosofia, danza e architettura. La nuova sede è stata inaugurata nell’anno di Expo nei pressi dello Scalo di Porta Romana, al posto di una vecchia distilleria. Progettata dallo studio di architettura OMA, guidato da Rem Koolhaas, è un complesso di edifici museali, con una galleria d’arte contemporanea permanente con opere di vari artisti.

Tra questi edifici spiccano “The Haunted House” ricoperta da 200.000 foglie d’oro e la Torre con vista panoramica sullo scalo e con all’interno il bar ideato dal registra Wes Anderson.

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#5 Nuovo Campus Bocconi, il polo universitario di design

Credits: eventimilano.it
nuovo campus bocconi

Il nuovo campus dell’Università Bocconi è andato a riqualificare l’area della ex Centrale del Latte: 35.000 mq di Campus con 17.000 mq di verde. L’ambizioso progetto è stato disegnato dai due architetti dello studio SANAA, vincitori del concorso internazionale indetto nel 2012. Il campus si caratterizza per la leggerezza e trasparenza dei 4 edifici realizzati, con linee curve e sinuose, che si chiudono in sé stessi creando dei cortili al centro e dando continuità tra interno e esterno. Nel dettaglio ci sono una residenza per studenti da 300 posti, la nuova sede della SDA Bocconi, un centro sportivo aperto anche ai residenti da 2.000 mq, con un anello per il running, palestre e una piscina olimpionica e un centro ricreativo.

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#6 Fondazione Feltrinelli, la “Piramide” in cemento e vetro progettata dallo studio Herzog & de Meuron 

credit: Instagram @umb.o

La sede della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli è stata inaugurata nel 2016 tra Viale Pasubio e Viale Crispi a Milano. Progettata dallo studio di architettura Herzog & de Meuron si estende per 2.700 mq, su 5 piani, affiancata dalla sede italiana di Microsoft. Soprannominata la “Piramide” per la sua forma, si caratterizzata per una struttura in cemento e vetro e ospita al suo interno una sala polifunzionale attrezzata per proiezioni e momenti di vario genere, uffici e aule per incontri e seminari, la sala lettura della biblioteca e postazioni di lettura multimediali. Ha poi aperto il suggestivo boulevard verde sul retro che conclude i lavori di riqualificazione dell’area.

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#7 Piazza “Città di Lombardia”, la più grande piazza coperta d’Europa

Credits: wikipedia.org – Piazza Città di Lombardia

Realizzata sotto la sede di Regione Lombardia, Piazza Città di Lombardia è la piazza coperta più grande d’Europa, circa 4.000 mq, e ospita tra le diverse attività un ufficio postale, una scuola materna, un auditorium, diversi ristoranti e caffetterie. Realizzata con una forma ogivale, tra due degli edifici più bassi della sede regionale, la piazza ha una copertura posta a 32 metri di altezza costruita con un materiale plastico trasparente che consente di vedere il cielo e i grattacieli sovrastanti. Oltre ai vari eventi e manifestazioni sportive organizzate, durante le festività natalizie c’è anche la pista di pattinaggio coperta più grande d’Europa.

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FABIO MARCOMIN

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Come ti sembrano le strade di Milano quando torni da un aperitivo All you can drink

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Che strano pavé.

Qui il video: Come ti sembrano le strade di Milano quando torni da un aperitivo All you can drink

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A Linate nasce il Parco della Musica: Smashing Pumpkins e gli altri concerti

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Uno spazio fuori dai circuiti tradizionali promette di diventare il nuovo luogo sacro per i concerti estivi. Scopriamo la novità per l’estate 2025.

A Linate nasce il parco della musica: Smashing Pumpkins e gli altri concerti

# 70mila mq e due palchi modulabili per dar vita a un polo musicale permanente e “alternativo”

Parco della Musica Milano

Non è solo un altro festival. Parco della Musica di Milano (PMM) è il nuovo progetto targato Unipol Arena che promette di diventare un punto di riferimento nell’estate musicale milanese. A pochi minuti dall’aeroporto di Linate, in via Enzo Jannacci (Segrate), è stata attrezzata un’area di 70mila metri quadrati immersi nel verde, pensata per ospitare eventi dal vivo, food truck, aree relax, attività culturali e due palchi modulabili. La novità è evidente fin da subito: non si tratta di replicare i soliti format, ma di creare un polo musicale permanente e “alternativo”, in grado di attrarre un pubblico trasversale, curioso, disposto a uscire dal centro per vivere una nuova esperienza d’ascolto.

# Una line-up internazionale per l’estate 2025: da Nine Inch Nails a The Who, fino agli Smashing Pumpkins

Artisti Parco della Musica

Si parte il 18 giugno con i Massive Attack, si continua il 20 con Ozuna, il 24 arrivano i Nine Inch Nails con Boys Noize, e il 30 giugno tocca ai Blonde Redhead. Luglio è il mese più denso: De La Soul (2 luglio), Willie Peyote (10 luglio), The Who (22 luglio) e il gran finale con gli Smashing Pumpkins il 30 luglio. Nel mezzo, Kool & The Gang e altri nomi in arrivo. Ogni concerto viene allestito su uno dei due palchi principali, con ampio spazio attorno per vivere l’evento anche senza biglietto, grazie a un’area gratuita e cashless pensata per socialità, street food e performance culturali. L’accesso alla “zona libera” è strategico: tra i due palchi, c’è il cuore del PMM per chi vuole esserci, anche senza entrare “nel pit”.

# Un progetto sostenibile: il parco è plastic free, digitale e accessibile

Il progetto non si limita alla musica. PMM punta a diventare un modello di evento urbano sostenibile: biglietti esclusivamente digitali, pagamenti solo elettronici, niente plastica, uso di energie rinnovabili e incentivi alla mobilità dolce. Gli organizzatori dichiarano di voler abbattere le emissioni di CO₂ e promuovere l’uso di bici e trasporto pubblico per raggiungere il parco. L’idea è costruire una nuova cultura dell’intrattenimento: consapevole, accessibile e a basso impatto. Se funzionerà, potrebbe diventare un benchmark per tutti i grandi eventi musicali italiani. Sarà una delle location stabili per gli eventi milanesi nel prossimo futuro?

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FABIO MARCOMIN


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