Il LATO OSCURO di un “VU’ CUMPRA’”

L'identikit del venditore abusivo tipo

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Rientrano tra gli invisibili delle nostre città, passano le giornate nelle piazze, nelle vie affollate dai turisti e dalla movida ma nessuno ci fa veramente caso. Quando si interagisce con loro le risposte vanno dal “no grazie” allo “sparisci” per i meno gentili. Ma chi sono i cosiddetti “vù cumprà” e cosa c’è dietro queste persone che abbiamo imparato ad ignorare?

Il LATO OSCURO di un “VU’ CUMPRA’”

Il termine dispregiativo “vù cumprà” è entrato ormai nel dizionario italiano per indicare commercianti irregolari o abusivi immigrati. Sono spesso ambulanti e vendono di tutto: infradito, occhiali, bracciali, cinture, collane, giocattoli, accendini, anelli, borse, capi d’abbigliamento, articoli con finte griffe e altro ancora. Sono persone che sono entrate a far parte della nostra quotidianità ma spesso non ci facciamo nemmeno caso.

# L’identikit del venditore abusivo tipo

Per comprendere meglio il fenomeno è stata svolta un’indagine dell’Unicri (l’istituto delle Nazioni Unite per la ricerca sul crimine e la giustizia) effettuata a Torino. Secondo il documento, pubblicato nel 2017, l’identikit tipo dell’ambulante abusivo è: nazionalità bengalese, età media di 29 anni, la maggioranza ha famiglia (il 69% è sposato, il 61% con figli). Il documento riporta che il 47% degli intervistati dichiara di non avere i documenti in regola, il 10% ha chiesto l’asilo politico ed è in attesa di una risposta. Solo il 17% ha detto di avere un permesso di soggiorno, ma «nella maggioranza dei casi non è stato in grado di spiegare quale. Gran parte degli intervistati non ha nemmeno le idee troppo chiare su come si possa ottenere» affermano i ricercatori.

# I guadagni giornalieri e l’ombra del racket

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I venditori abusivi intervistati parlano di intere giornate di lavoro per pochi euro, guadagni giornalieri che vanno dai 5 ai 20 circa, ma ci possono essere anche giornate in cui non si riesce a vendere niente.

È un sistema difficile da indagare essendo che tratta di transazioni illecite e spesso di immigrati irregolari, alcuni di loro affermano di svolgere questo tipo di attività per conto proprio, ma gli investigatori delle forze di polizia hanno portato alla luce alle loro spalle l’esistenza di racket organizzati da organizzazioni di stampo mafioso.

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Esiste un business malavitoso dietro molti dei venditori ambulanti abusivi. Le organizzazioni mafiose forniscono le merci e controllano direttamente i venditori tramite i “caporali”, persone il cui compito è quello di fare la “spunta”. In pratica il caporale controlla la merce rimasta nella borsa del venditore e la confronta con quella che è stata consegnata in mattinata. Ciò che è stato venduto deve ovviamente poi corrispondere con l’incasso della giornata. Solo se tutto è in regola allora il venditore abusivo riceve la paga quotidiana, altrimenti sono guai.

Molti venditori abusivi sono quindi l’ultimo anello della catena di un sistema che approfitta delle loro difficoltà economiche e della totale mancanza di tutele nei loro confronti.
Dietro ai prodotti venduti ci sono spesso le mafie o rifornitori che aggirano il fisco vendendo all’ingrosso merce scadente a prezzi stracciati. Le merci vendute percorrono infatti un circuito che è, nella maggior parte dei casi, illegale. Le mercanzie sono contraffatte, senza autorizzazioni né certificazioni e ovviamente sono assenti le registrazioni. Questo tipo di attività rientrano interamente nel giro dell’economia sommersa, alimentando una concorrenza sleale e sottraendo risorse allo Stato e alimentando la criminalità organizzata.

# 4.250 euro per poter vendere rose in Italia

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I venditori abusivi intervistati, parlando del proprio viaggio per arrivare in Italia, raccontano delle loro aspettative lavorative e speranze. Secondo l’indagine infatti i venditori di rose per lasciare il Bangladesh spendono in media 4250 euro, una cifra impressionante considerando il tenore di vita medio del paese e le condizioni economico-sociali di chi emigra (si tratta soprattutto di operai, negozianti e contadini).

L’osservazione di queste forme di microcriminalità e povertà ci portano necessariamente a riflettere sulle mancanze e sulle debolezze strutturali del nostro paese. Tutto ciò infatti si inserisce nel tradizionale e più ampio sistema di espansione delle mafie, queste infatti hanno saputo sostituirsi in molti casi allo Stato anche nei settori della sicurezza dei cittadini, nel campo dei servizi pubblici locali, nelle politiche del lavoro e nell’economia legale.

# La soluzione? Fermare la produzione dei tarocchi

Mamadou Ndou, ex commerciante abusivo, si esprime così sulla questione: “In primo luogo – scrive – se veramente volete fermare i miei vecchi e nuovi compagni di sventura, fermate la produzione dei “tarocchi” e le loro fabbriche. E le mafie che di quelle fabbriche sono i veri titolari e padroni. Fabbriche e laboratori che senza mafia e senza protezioni politiche non potrebbero esistere”.

Mamadou parla di “compagni di sventura”, di persone che hanno deciso di cambiare radicalmente la propria vita e quella della propria famiglia per costruirsi un futuro, di speranze e progetti che troppe volte non trovano riscontro in una realtà come quella italiana.

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JACOPO CESARETTI

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Jacopo Cesaretti
Nato nel 2000 a Milano, sono uno studente laureando alla facoltà di Sociologia. Attraverso la mia passione per la sociologia urbana mi dedico allo studio delle città, con un’attenzione particolare ai conflitti sociali e alle politiche pubbliche urbane.