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I vantaggi per Roma a non essere più capitale. E quale mettere al suo posto

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Non è una novità. L’idea di spostare la Capitale d’Italia da Roma. C’è chi la vorrebbe a Milano, che è già capitale economica. Questo, a detta di alcuni, migliorerebbe le prestazioni dell’apparato politico e amministrativo del nostro Paese. Ma cosa succederebbe se Roma non fosse più Capitale d’Italia? Cosa accadrebbe a Roma? E quale sarebbe la migliore candidata per questo ruolo?

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I vantaggi per Roma a non essere più capitale. E quale mettere al suo posto

# I molti vantaggi per Roma libera dalla burocrazia della Capitale

Di Eric Gaba, Agamemnus, Flappiefh – Based on a Topographic map from Eric Gaba, & a map of ancient Roman roads from Agamemnus, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20049589 – Strade consolari

Se non fosse più la capitale, ci sarebbero diversi vantaggi per Roma:

  • Primo tra tutti, Roma sarebbe sollevata dal pesante e tipico viavai di politici, ministri e funzionari che, in un modo o nell’altro, la soffocano e, in parte, la rendono invivibile.
  • C’è poi da considerare che per il solo fatto che Roma è Capitale, essa attira su di sé moltissime aspettative che non sempre riesce a soddisfare, cosa che, la maggior parte delle volte, crea sfiducia e depressione nei cittadini.
  • Infine, essendo il centro politico e amministrativo del Paese, attira anche migliaia di interessi convergenti tra cui, ovviamente, anche quelli criminali. Interessi che in gran parte rinforzano quella sovrastruttura che toglie spazio e aria ad altre forme di intraprendenza.

Dunque è evidente che se non fosse più Capitale, Roma si toglierebbe moltissimi pesi dalle spalle. Ma è effettivamente realizzabile questa operazione? Se sì, come?

# Dove mettere la nuova Capitale? La migliore soluzione è crearne una nuova

Cattedrale di Brasilia, Credits: Jeferson R. Brito – Pexels

Spostare la Capitale di un Paese da una città a un’altra è una cosa che è già stata fatta in altre parti del mondo. L’esempio più intuitivo è forse quello di Brasilia, quando in Brasile fu costruita una città ex novo solo per piazzarci la Capitale. Cittadine che di fatto sono nate o vivono esclusivamente per svolgere i compiti da capitale sono numerose: Canberra in Australia, Ottawa in Canada, per non parlare dei numerosi stati degli USA che hanno come centro località marginali. E se si pensasse a qualcosa del genere anche in Italia? Creare una città che ospiti i palazzi del potere, e quindi Parlamento, Senato e Ministeri, magari un quartiere residenziale, qualche hotel per le visite di Stato, un palazzo sede del Presidente della Repubblica… perché no? Finalmente un luogo concepito esclusivamente per essere funzionale alla politica. Sicuramente andrebbe costruita in una zona centrale della penisola, così da non spostare l’equilibrio politico e sociale del nostro Paese. Probabilmente le zone migliori sarebbero:

  • o nell’entroterra tra Lazio e Abruzzo, tipici luoghi di pace in cui far rinfrescare la mente (cosa che decisamente servirebbe a molti dei nostri politici);
  • oppure sulle coste laziali, in prossimità del mare, anche se qua sarebbe difficile trovare un luogo spazioso e funzionale, considerando il grande assembramento di cittadine costiere.

Insomma, creare una città totalmente nuova sarebbe sicuramente un’idea migliore piuttosto che spostare nuovamente la Capitale, magari a Milano, Torino o Firenze, città che con i palazzi di potere rischierebbero una congestione simile se non peggiore a quella romana. Ma se riuscissimo a realizzare questo progetto, che ne sarebbe effettivamente di Roma? Come la prenderebbero i romani?

# Roma non più Capitale: città declassata o città libera di sviluppare al meglio le sue potenzialità?

Credits: Davi Pimentel – Pexels

Se un piano visionario come questo dovesse trovare una sua realizzazione, gli stravolgimenti sarebbero di enorme portata. I romani probabilmente si dividerebbero tra coloro a cui non interesserebbe un cambio simile, quelli che si sentirebbero sollevati e gli orgogliosi che, invece, non vorrebbero perdere tale status. Sicuramente Roma perderebbe gran parte del peso politico che adesso ricopre ma, come abbiamo visto in precedenza, potrebbe non essere un male. La città si ritroverebbe più agile, con la possibilità di elevare la qualità della vita dei cittadini. Non solo: una volta libera delle “catene” della politica e della relativa sovrastruttura, Roma sarebbe libera di rinascere puntando sui suoi indiscutibili punti di forza da valorizzare, in primis turismo, cultura, creatività e, con essi, la nostra più genuina identità. D’altra parte, Roma non potrebbe mai perdere il primato storico e culturale che le appartiene. Tuttavia sarebbe interessante vedere come reagirebbero realmente i romani e gli italiani tutti di fronte a una proposta simile. Che questo stravolgimento possa portare tra i cittadini una ventata di aria fresca e innescare un atteggiamento più aperto al cambiamento?

Continua la lettura con: Le due ombre sulla Linea D, la nuova metro all’orizzonte di Roma: come rimediare?

RAFFAELE PERGOLIZZI

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Milano, la nuova metropoli da 3,3 milioni di abitanti: arriva la prima proposta dalla politica

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assolombarda.it - Città Metropolitana di Milano

Milano inizia a star stretta anche alla politica. Qualcosa si muove per rendere Milano quello che dovrebbe essere: una cosa sola con l’area metropolitana, con poteri e risorse accentuati. Un passo importante verso la città stato. Questa la proposta lanciata al governo e quello che è stato fatto negli ultimi anni.

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Milano, la nuova metropoli da 3,3 milioni di abitanti: arriva la prima proposta dalla politica

# Anche il Partito Democratico si muove per una grande metropoli con un unico governo

centrostudipim – Città Metropolitana di Milano

Dopo anni di silenzio si ritorna a parlare di una maggiore autonomia e di un unico ente per tutta la Città Metropolitana di Milano. A farlo è Alessandro Capelli, segretario Pd Milano metropolitana, come riporta Milano Today«Il Pd Milano metropolitano, a tutti i suoi livelli di governo, sta facendo uno sforzo politico continuo perché la nostra città sia sempre più interpretata e governata come un’unica grande città di 3 milioni e 200 mila persone. Non 134 comuni soli, (133 ndr) ma un’unica area metropolitana integrata e connessa come la vita di chi già la abita, perché la separazione dei territori tra aree interne e aree urbane genera iniquità e disillusioni».

Capelli spiega come ci sia una forte diseguaglianza per quanto riguarda i servizi tra Milano e gli altri 132 comuni: «Noi, politicamente, stiamo provando a fare una parte: l’abbiamo visto sul Pgt, sulle vicende dei parchi metropolitani e ci stiamo lavorando anche sui temi della mobilità e dello sviluppo. Ma è ovvio che è necessaria ora un’immediata riforma istituzionale». Nello specifico si chiede «l’elezione diretta di un sindaco metropolitano, che non può più essere eletto solo dai residenti nel capoluogo» con una richiesta diretta al governo: «se volete rafforzare le autonomia locali, è il momento di innovare istituzionalmente le città metropolitane».

Si tratterebbe quindi di completare la riforma delle città metropolitane che aveva, tra le ipotesi più discusse, appunto quella dell’introduzione dell’elezione diretta del sindaco metropolitano e lo scioglimento dei municipi del comune capoluogo, trasformando Milano in un insieme di comuni autonomi all’interno della città metropolitana. 

Ma cosa è stato fatto di concreto fino ad oggi?

# L’ordine del giorno della Lega votato nel 2017 in Consiglio Comunale

Sono passati ormai 8 anni da quando, il 13 marzo 2017, il consiglio comunale ha approvato il primo atto che avrebbe dovuto portare la città a una maggiore autonomia. La proposta del consigliere Alessandro Morelli, in quota Lega, era sta approvata con 36 voti a favore e un solo astenuto. Questo il testo: “il consiglio comunale invita il sindaco e la giunta ad individuare ed attuare in ogni sede iniziative politiche e amministrative tendenti ad ottenere maggiore autonomia finanziaria e normativa a tutela degli interessi dei milanesi“.

Leggi anche: Primo passo del Consiglio Comunale verso Milano Città Stato

# Il dietrofront di Sala, mentre per Roma tutti sono al lavoro per darle maggiori poteri

Lettera Beppe Sala a Milano Citta Stato

Il Sindaco Sala rimane ancora fermo, nonostante le promesse fatte durante la prima campagna elettorale e alcune dichiarazioni negli ultimi anni, mentre per Roma si stanno muovendo mari e monti. Il 20 aprile 2022 la Commissione Affari costituzionali della Camera ha votato all’unanimità l’adozione del testo base della riforma costituzionale, predisposto dai relatori Annagrazia Calabria (Fi) e Stefano Ceccanti (Pd) sulla base di quattro proposte di legge, per trasformare Roma in Città Stato o meglio in Città Regione come ammesso dalla Costituzione Italiana. Il 18 gennaio 2024 l’Assemblea Capitolina si è riunita in seduta straordinaria per chiedere all’unanimità che vengano conferiti a Roma funzioni e fondi adeguati al suo status di capitale. Il governo vorrebbe portare a compimento la riforma entro il termine della legislature. 

La proposta del Partito Democratico è da considerare quindi una buona notizia, come un primo passo per trasformare Milano in una città stato. Ma nella pratica, che cosa significherebbe?

Leggi anche: ROMA ACCELERA per la “CITTÀ STATO”. MILANO ancora al PALO

# Milano Città Stato: dalla nascita del progetto alla raccolta firme per il referendum per dare a Milano i poteri da regione

@globalsystem – Città Metropolitana Milano

Milano Città Stato nasce come progetto nel 2015, nel 2016 debutta il magazine online. Nel corso di questi quasi 10 anni esponenti di diversi parte politiche e dell’imprenditoria si sono espressi in modo favorevole a fare ottenere alla città di Milano un maggior grado di autonomia. Tra questi anche i candidati sindaci alle elezioni comunali del 2016, compreso l’attuale Sindaco Beppe Sala che come detto non ha poi fatto alcun passo concreto. 

Un primo sondaggio sul sito di Milano Città Stato a maggio del 2019 aveva visto la maggioranza dei milanesi votanti scegliere per dare più poteri a Milano:

  • il 93% è a favore di un referendum sull’autonomia della città 
  • il 94% è per dare più autonomia a Milano (in maggioranza, 61%, sono per una “città regione” sul modello di Berlino, Madrid o Amburgo, segue l’ipotesi di “legge speciale”, votata dal 33%).

Il passo successivo avrebbe dovuto prevedere una prima raccolta di 1.000 firme per indire il referendum consultivo per far scegliere ai milanesi se dare autonomia a Milano, secondo quanto previsto dalla Costituzione Italiana e trasformarla in una Città-Regione, ma l’avvento della pandemia da Sars-Cov-2 ha bloccato l’iniziativa. 

Un altro sondaggio effettuato da Ipsos a maggio del 2021, su richiesta di Librandi promotore di una lista a sostegno della rielezione di Beppe Sala, ha confermato la volontà dei milanesi nel voler dare più autonomia alla città. Alla domanda: “Sarebbe opportuno che alla città di Milano venissero attribuiti poteri o competenze speciali come se Milano fosse una regione o una provincia autonoma?2 milanesi su 3 hanno votato per dare a Milano il tipo di autonomia più spinto previsto dalla nostra Costituzione. Ma come può Milano ottenere più poteri e risorse?

# Lo prevede la Costituzione Italiana

Lo prevede l’art. 132 (parte II titolo V) della Costituzione italiana: Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni
esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d’abitanti, quando
ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle
popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza
delle popolazioni stesse 
[cfr. XI]“. A quanto pare proprio gli stessi politici non sembrano a conoscenza della possibilità, come emerso in un botta e risposta tra Sala e Fontana durante il convegno promosso da Assolombarda ‘Your Next Milano’ sul futuro di Milano nell’ottobre 2023.

Questo meccanismo attiverebbe una nuova regione, la regione “Milano”, attraverso una
richiesta dal basso fatta dai rappresentanti politici dei cittadini che dovrebbe essere
poi suggellata dalla volontà popolare. Vanno sentite le regioni, con parere obbligatorio ma
non vincolante, e deve prendere la forma di legge costituzionale. Quindi occorre che vi sia
intesa politica tra il governo locale della città e il parlamento nazionale.

Continua la lettura con: A Milano l’autonomia delle province dell’Alto Adige? Le 10 cose che si potrebbero fare

FABIO MARCOMIN

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Quando a Milano c’era la «febbre del sabato pomeriggio»

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Ph. @ritornoaglianni80 IG

La Milano della “febbre del sabato pomeriggio” rivissuta attraverso i ricordi di chi l’ha vissuta.

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Quando a Milano c’era la «febbre del sabato pomeriggio»

# Riavvolgiamo il nastro, torniamo indietro nel tempo a quando la febbre era del sabato pomeriggio

Ph. @bircide_il_paninaro IG

Per la lettura di questo articolo si consiglia di scegliere un sottofondo musicale da qualche playlist anni ’80. Come Run to Me di Tracy Spencer, Enola Gay degli OMD o State ot the Nation degli Industry.

Nel corso degli ultimi decenni i ragazzi, anche i minori di 18 anni molto spesso, si sono abituati ad andare in discoteca di notte, trovandosi improvvisamente in un mondo (che dovrebbe essere) riservato agli adulti. Ma Milano non è sempre stata solo “by night”, infatti sin dagli anni ’70 le discoteche restavano aperte il sabato e la domenica pomeriggio, riempiendosi di festaioli adolescenti. Nonostante questa apertura “speciale” fosse già diffusa, il vero boom delle discoteche pomeridiane è avvenuto negli anni ’80. Erano i tempi dei paninari vs metallari e dei lenti alla chiusura per approcciare con le ragazze.

Riavvolgiamo il nastro, torniamo indietro nel tempo a quando la febbre era del sabato pomeriggio anziché del sabato sera, e riviviamo (per i più giovani scopriamo) i protagonisti di questi pomeriggi danzanti milanesi prendendo spunto dalla vivida descrizione fatta dalla pagina Milano Scomparsa e dai commenti più interessanti degli utenti.

# La discoteca che rifletteva la personalità: e tu quale locale sei?

credit: FB @Milanoscomparsa – Central park

Al centro di tutto c’era la musica: ognuno sceglieva i propri locali preferiti in base alla musica che veniva passata. Sotto al post ha commentato Giovanna ricordando il Mandala, “la prima disco che faceva reggae a Milano. Prima di diventare l’Hollywood che tutti conosciamo ovviamente. Per i più fighetti invece c’era il Vogue in Corso Buenos Aires, e un frequentatore malinconico ha riaperto la scatola dei ricordi citando la “mitica chiave d’oro numerata che era necessaria per poter entrare.

Tra gli altri nomi celebri della “febbre del sabato pomeriggio” c’è il Central Park: si trovava in fondo a Via Padova e l’atmosfera era piuttosto surreale, ma il divertimento assicurato. Il DJ era chiuso dentro ad un finto elicottero in mezzo alla pista da ballo e sui muri era stata ricostruita la sagoma di Manhattan, rigorosamente con i neon.  Concentrandoci sulla figura che la faceva da padrone, il DJ, non si può non parlare della paninaro-mania: la maggior parte dei gestori, indubbiamente per marketing, obbligarono i dj del momento ad assecondare i gusti del pubblico che era principalmente composto da paninari. E quindi via di Duran Duran, Gazebo, Den Harrow, A-ha, Moon Ray, Thompson Twins, Novecento, Via Verdi, P-Lion, Culture Club…

# La storica sfida (o rissa): PANINARI vs METALLARI

credit: pinterest

Detta così, il paninaro sembra quasi l’unico protagonista dei pomeriggi in discoteca. Ma non è assolutamente così. I paninari rappresentavano la maggioranza nel cuore degli anni ottanta ma avevano dei rivali e ancora oggi le risse dei paninari contro i metallari fuori dalle discoteche sono famose come quelle fuori da San Siro per il derby. I primi erano disinteressati alla politica e vestivano griffati, ammaliati dalla musica pop e dal mito americano. I secondi si distinguevano invece per le borchie, immancabili, il giubbotto di pelle nera e i capelli lunghi, che ovviamente si aggiungevano ad una sfrenata passione per il rock, il punk e il metal.

Alcuni locali erano conosciuti per essere un ritrovo degli amanti del rock e del punk, come ad esempio l’Odissea 2001, in Via delle Forze Armate, che ospitò non a caso anche il concerto dei Ramones. La vera apoteosi, ricorda Gabriella, si verificava quando “si sentivano gli elicotteri dei Pink Floyd con The Wall“, la pista si riempiva improvvisamente di gente da ogni dove. Il proprietario, dopo il successo del primo locale, ne aprì un secondo, anche quello indimenticabile e dedicato alla musica rock: il Rolling Stones.

# Il vero protagonista, l’alcool, e la figura quasi mitologica del PR

credit: FB @MilanoScomparsa

Un altro elemento immancabile in questi pomeriggi danzanti era l’alcool. Così come i dj venivano obbligati a mettere sempre la stessa musica, anche i baristi facevano gli stessi drink a ripetizione: la moda del momento prevedeva Cointreau con ghiaccio. I più temerari, visto che già di per sé il distillato è piuttosto dolciastro, lo mescolavano con altre bibite e ad esempio Fabiana ha commentato citando un’accoppiata perfetta: “con la Coca Cola”. I drink e gli ingressi gratuiti destinati ai PR erano il più potente magnete per attrarre universitari e liceali; erano loro a svolgere quella sottospecie di professione che ancora oggi continua ad essere in voga tra i giovani. Il PR era una figura mitologica e quasi divinizzata: conosceva i proprietari del locale e procurava i biglietti d’ingresso. Conoscerne uno era quasi come conoscere un Super Eroe.

La chiusura era il momento dei lenti: “The Power of Love” dei Frankie Goes to Hollywood, “Careless Whisper” di George Michael, “Time after time” di Cindy Lauper, “True” degli Spandau Ballet e “Save a Prayer”. Questo era l’espediente perfetto per avvicinarsi a una ragazza con la scusa del ballo e tentare di rubarle un bacio, e quante coppie possono dire di essersi formate proprio così.

Se come consigliato nella primissima riga avete messo play ad una playlist anni ’80 e avete vissuto la vostra adolescenza proprio in quel periodo, probabilmente ora siete molto malinconici. Ma la cosa più divertente è che chi, come me, questi divertenti episodi li ha vissuti solo tramite racconti e narrazioni altrui, ma vorrebbe davvero tornare indietro nel tempo per vedere con i propri occhi la “febbre del sabato pomeriggio”.

Fonte: Milano Scomparsa

Leggi anche: Una TIPICA SERATA MILANESE negli anni ’90

ROSITA GIULIANO

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Le città più internazionali e aperte al mondo sono delle città stato come #Amburgo #Madrid #Berlino #Ginevra #Basilea #SanPietroburgo #Bruxelles #Budapest #Amsterdam #Praga #Londra #Mosca #Vienna #Tokyo #Seoul  #Manila #KualaLumpur #Washington #NuovaDelhi #HongKong   #CittàDelMessico #BuenosAires #Singapore

 

«Salviamo la Certosa di Milano»

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Ph. (sfondo): dcucci65 IG

Buongiorno

Abito da 60 anni nel quartiere Certosa a ridosso dell’omonima Chiesa monumentale, scrivo questa mia per lamentare la totale latitanza delle istituzioni x quanto riguarda il monumento stesso, in quanto dopo che x il Giubileo del 2000 erano state rifatte completamente le pavimentazioni e la piazzetta adiacente, allo stato attuale le stesse si stanno degradando vistosamente a causa del transito selvaggio irrispettoso x il luogo.
 
Inoltre anche le piante che fanno da contorno alla via oramai entrano con i rami dentro le case dei cittadini poiché oramai da anni immemori non vengono potate….
Non basta fare le piste ciclabili solo x pubblicità politica…caro Sindaco.
 
ENZO
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La Certosa di Garegnano è un autentico tesoro. I milanesi di un tempo le hanno dedicato un lungo viale e un intero quartiere. Oggi quando chiedo informazioni molti non sanno neppure dove sia. Non lo merita. 
 
 
 
IL POSTINO
 
Vuoi segnalare qualcosa, fare una domanda, sfogare la tua creatività o la tua disperazione? Manda una mail a info@milanocittastato.it (Oggetto: I fatti nostri). 

Continua la lettura con: «Sono una cittadina che abita in zona Certosa-Merlata e non capiamo questa cosa…»

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«Trovo giusto che uno abbia come spinta anche quella di fare tanti soldi»

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«Non posso neanche essere invidioso se non ci provo». Secondo estratto dalla terza puntata de Il Lato Chiaro, il nuovo videopodcast di Milano Città Stato. La puntata intera con il lato chiaro di Alessandro Fracassi (founder di MutuiOnLine/ Moltiply Spa) in onda da lunedì 3 marzo sul canale di youtube di Milano Città Stato. 

Conduce: Andrea Zoppolato. Regia: Francesco Leitner. Prodotto da: Fabio Novarino. Location: Fucine Vulcano APS – Via Fabio Massimo 15/12 (IG: @fucinevulcano).

Qui la prima puntata: Il Lato Chiaro di Candida Morvillo

Qui la seconda puntata: Il Lato Chiaro di Stefano Zecchi

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La foto del giorno: dove siamo?

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Ph. @liliana_ciotto IG

La foto del giorno: oggi siamo al Parco Segantini (Zona Naviglio Grande – Municipio 6)

Ph. @liliana_ciotto

Ph. @liliana_ciotto IG

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Continua la lettura con: La foto del Giorno (26 febbraio)

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Il tipico scarico di responsabilità tra Comune, Regione e Governo quando qualcosa non va a Milano

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Colpa dei cittadini: state a casa!

Qui il video: Il tipico scarico di responsabilità tra Comune, Regione e Governo quando qualcosa non va a Milano

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Continua con: Se vivi a Milano questo è il tuo livello standard di stress

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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I 7 panifici più buoni di Milano

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modalitademode IG - Forno Collettivo

Milano è una città ricca di panifici artigianali che offrono prodotti di alta qualità, combinando tradizione e innovazione. Ecco una selezione di sette panifici tra i più amati dai milanesi.

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I 7 panifici più buoni di Milano

#7 Forno Collettivo

modalitademode IG – Forno Collettivo

Nato dall’iniziativa dei fondatori del Botanical Club, Forno Collettivo è più di un semplice panificio. Oltre a offrire pane a lievitazione naturale, come il celebre “sourdough bread”, il locale propone pranzi leggeri, aperitivi con sapori mediterranei e una selezione di vini naturali. L’ambiente accogliente e la possibilità di partecipare a eventi dedicati alla panificazione rendono questo luogo un punto di ritrovo per gli amanti del buon cibo e del buon pane.

Indirizzo: Via Lecco, 15

#6 Le Polveri

lepolveri IG

Un micropanificio nel cuore di Milano, “Le Polveri” è il regno di Aurora, una giovane chimica con la passione per il lievito madre. In questo spazio raccolto, si sfornano quotidianamente pagnotte fragranti, biscotti salati e dolci artigianali. La particolarità di questo panificio risiede nell’attenzione alle materie prime, con l’uso di farine selezionate e processi di lavorazione che rispettano i tempi naturali di lievitazione. Un luogo dove la scienza incontra l’arte bianca.

Indirizzo: Via Ausonio, 7

#5 Panificio Buoni Dentro

Panificio Buoni Dentro

Questo panificio sociale unisce l’arte della panificazione all’inclusione lavorativa. Buoni Dentro offre una varietà di prodotti da forno, tra cui pane integrale, focacce e dolci, tutti realizzati con ingredienti biologici e lievito madre. Il progetto mira a reintegrare giovani in situazioni di difficoltà, offrendo loro formazione professionale nel settore della panificazione. Un luogo dove il buon pane si unisce a una buona causa. Recensioni Google: 4.5/5

Indirizzo: Piazza Lionello Bettini 5 (MM Bande Nere)

#4 Il Forno di Lambrate

ilfornodilambrate IG

Il forno prende il nome dal quartiere, è noto per la produzione di pane a lievitazione naturale e l’uso di farine macinate a pietra. Le specialità includono il pane di segale, la ciabatta e una varietà di focacce farcite. Il Forno di Lambrate è anche apprezzato per la sua selezione di dolci artigianali, come crostate e biscotti, ideali per una pausa golosa. Un punto di riferimento per chi cerca prodotti da forno di alta qualità. Recensioni Google: 4.6/5

Indirizzo: Via Teodosio, 2

#3 Panificio Sanna dal 1976

Panificio Sanna

Fondato nel 1976 da Ovidio e Antonia Sanna, il Forno Sanna è una delle istituzioni milanesi in fatto di panificazione. Oggi gestito dai figli Ivan e William, il panificio offre una vasta gamma di prodotti da forno, tra cui il celebre “squaletto”, una specie di francesino croccante. La qualità delle materie prime e la tradizione familiare lo rendono un punto di riferimento per gli amanti del pane artigianale. Recensioni Google: 4.6/5

Indirizzo: Via Marghera, 37

#2 La Pucceria di Mary e Vito a Baggio

la_pucceria_dimaryevito IG

Situata nel cuore di Baggio, “La Pucceria di Mary e Vito” porta a Milano i sapori autentici del Salento. Specializzata nella preparazione della “puccia”, un pane tradizionale pugliese cotto nel forno a legna e farcito al momento con ingredienti freschi e genuini. Le farciture spaziano dai classici salumi e formaggi a opzioni vegetariane con verdure grigliate e sott’oli. Un angolo di Puglia a Milano, dove la tradizione incontra la qualità. Recensioni Google: 4.7/5

Indirizzo: Via Giuseppe Gianella, 1

#1 Panificio Davide Longoni

Credits: @panificiodavidelongoni IG

Pioniere della panificazione artigianale a Milano, Davide Longoni ha rivoluzionato il concetto di pane in città. Utilizzando grani antichi e lievito madre, produce pagnotte a lunga fermentazione, caratterizzate da una crosta croccante e una mollica profumata. Oltre al pane, offre una selezione di dolci tradizionali, come il panettone disponibile tutto l’anno. La filosofia di Longoni si basa sulla valorizzazione dei grani regionali e su metodi di lavorazione lenti, che esaltano il sapore autentico del pane. Al primo locale in zona Porta Romana, sono seguite diverse aperture nel corso degli ultimi anni. Recensioni Google: 4.7/5 (via Cagnola)

Indirizzi: via Cagnola 6, via Tiraboschi 19, Mercato del Suffragio in Piazza Santa Maria del Suffragio 2, via Fratelli Bronzetti 9, Mercato Centrale Milano, via San Michele del Carso 10, Piazza Piemonte 10.

Continua la lettura con: Il PANE, la SUPERSTAR di MILANO: 5 luoghi dove lo si fa “STRANO”

FABIO MARCOMIN

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Sull’Adda si può navigare sul traghetto di Leonardo Da Vinci

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credits ph Viaggia con Alice

Una delle tante invenzioni del genio di Da Vinci si può utilizzare ancora oggi a poca distanza da Milano.

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Sull’Adda si può navigare sul traghetto di Leonardo Da Vinci

Non tutti sanno che Leonardo Da Vinci è stato autore dell’invenzione di un particolare traghetto. Tra il 1506 e il 1507, Leonardo Da Vinci ideò il traghetto fluviale mosso dalla corrente. Il progetto venne completato mentre Leonardo era ospite di Girolamo Melzi, padre di Francesco, che sarebbe poi diventato pupillo dello stesso Da Vinci.

# Il traghetto mosso dal fiume

credits ph eccolecco

Il traghetto ha un funzionamento particolare. Tra le due sponde del fiume si tende un cavo d’acciaio, a cui viene affrancato il traghetto. Il mezzo trae quindi il movimento dalla corrente del fiume, rendendo inutile l’uso di un motore. L’esemplare permette di portare fino a 100 persone e 5 automobili su una superficie di 60 mq e viene fatto funzionare da una sola persona. Il manovratore agisce su un timone per orientare il traghetto mentre opera sul cavo d’acciaio, dando la spinta iniziale. 

# I due traghetti di Leonardo ancora funzionanti: sull’Adda e sul Tevere

credits ph GibArt

L’opera di Leonardo si ritrova oggi in due esemplari: il primo unisce i moli di Imbersago (Lecco) e Villa d’Adda (Bergamo), all’interno dell’Ecomuseo Adda di Leonardo da Vinci. L’altro, invece, collega i moli sulle due sponde opposte del fiume Tevere, all’interno della Riserva Naturale di Nazzano (Roma).

Leggi anche: Le meraviglie del fiume Adda

# Una traversata da 90 centesimi

credits orobie.it

Il costo dell’attraversamento è di soli 90 centesimi di euro, fattore che, unito alla quiete del paesaggio del Parco Adda Nord, rende il luogo una meta turistica della Brianza.

La sponda imberseghese permette anche una passeggiata lungo l’argine, sia nella direzione nord verso Brivio e Lecco, sia in direzione sud verso Paderno d’Adda e Milano, lungo il percorso dell’Ecomuseo Adda di Leonardo da Vinci. Anche la fauna del luogo riserva molte sorprese: vi sono diverse colonie di animali, come per esempio cigni, germani reali e folaghe.

Tra i personaggi celebri che hanno fatto uso di questo mezzo, ci fu anche Papa Giovanni XXIII che, durante i suoi molteplici pellegrinaggi per raggiungere il Santuario della Madonna del Bosco, era solito transitare sul mezzo. L’amministrazione locale di Imbersago ha fatto collocare una lapide in marmo per ricordarne i passaggi.

Continua la lettura con: Curiosità che non sapevi sulla vecchia Milano

ANDREA PARRINO

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27 febbraio 1958. La «grande stangata» di Milano

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Osoppo

I giornali escono in edizione straordinaria, Indro Montanelli, sul Corriere, scrive: “è una stupefacente organizzazione in un paese disorganizzato“.

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27 febbraio 1958. La «grande stangata» di Milano

# Il furto di 600 milioni di lire senza sparare un colpo

Osoppo

Entrando nel mese di febbraio, i milanesi che hanno i capelli bianchi e che hanno conosciuto la Milano precedente a quella da bere, hanno un riflesso condizionato, una sorta di sussulto emotivo, un misto di paura e fascino. Perché il colpo di via Osoppo è la rapina delle rapine, senza sparare un colpo. Paura, perché il ricordo di una rapina mette sempre un po’ di inquietudine, e fascino, perché riuscire a rubare tanti soldi con astuzia, organizzazione, senza usare le armi, un certo fascino lo crea, alla faccia del politicamente corretto.

Via Osoppo

Era il 27 febbraio 1958, il furgone della Banca Popolare di Milano, poco dopo le 9 del mattino, arriva in via Osoppo, proveniente da Piazzale Brescia. Alla guida del mezzo c’è un dipendente della banca, mentre sul sedile posteriore si trova una guardia armata. Poco prima dell’incrocio con via Caccialepori il mezzo viene bloccato dall’organizzazione di rapinatori, che con un dinamismo preciso rubano circa 600 milioni di lire, 114 in contanti.

# L’azione della banda dei 7 rapinatori

La banda di rapinatori è composta da, Ferdinando Russo, detto Nando il Terrone, Arnaldo Gesmundo, detto Jess il bandito, Arnaldo Bolognini, ex partigiano, Eros Castiglioni, che faceva il pugile, Enrico Cesaroni, Luciano De Maria e Ugo Ciappina.

Uno dei rapinatori è a bordo di un camion, sperona il furgone portavalori che si blocca. Nel frattempo un altro bandito spacca il finestrino dal lato della guardia e gli sfila via l’arma, a quel punto altri dei sette banditi caricano i sacchi e le valige con i contanti e i documenti sul camion OM Leoncino. Una Giulietta è pronta a sgommare per portare via coloro che non erano sul furgone riempito di quel “tesoro”.

Qualcuno cercò di intervenire – raccontò alcuni anni fa Arnaldo Gesmundo, originario di via Padova, mancato recentemente – da un balcone ci lanciarono dei vasi di fiori e noi, per dimostrare quanto eravamo tranquilli e sereni, nell’allontanarci abbiamo simulato gli spari del mitra con la bocca…tarattatà tarattatà“.

I giornali escono in edizione straordinaria, Indro Montanelli, sul Corriere, scrive: “è una stupefacente organizzazione in un paese disorganizzato“.

# La mobilitazione di Polizia scientifica e Interpoll e i primi arresti

Credits varesenews – Mostra Malamilano

Polizia scientifica e Interpoll si mobilitano: vengono setacciati Lorenteggio e il Giambellino, perché si pensa che i ladri si siano rifugiati in quelle zone, visto che alcune valigie del portavalori erano state trovate, svuotate, in quell’area. 4 mila uomini, tra poliziotti e carabinieri, cercano i banditi, senza esito. Ma il 31 marzo, poco dopo un mese dall’agguato, cinque dei malviventi vengono arrestati. Pare che a “tradirli” siano i “toni”, ovvero le tute da operaio che utilizzò la banda per il colpo e ritrovati nell’Olona, con tanto di targhetta di chi li aveva venduti: era un negozio di Modena e il titolare evidentemente mise gli inquirenti sulla giusta strada.

Un già anziano Luciano De Maria raccontò che: “eravamo due bande e ci siamo messi insieme per il colpo di via Osoppo, scegliamo il 27 perchè è giorno di stipendi. Eravamo in sette, il mio compito era quello di guidare il camioncino che fece l’incidente con il portavalori“.

Volevo fare qualcosa di eclatante, ma senza spargimento di sangue – confidò ancora De Maria – quando mi hanno messo in carcere mi scrissero centinaia di donne e, per pudore e rispetto verso di loro, non dico cosa scrivevano e cosa mettevano nelle lettere…“.

# Il colpo di via Osoppo è stato fonte d’ispirazione per film e libri

Credits wikipedia.org – Audace colpo dei soliti ignoti

Una parte del denaro viene recuperata, altro invece era stato già speso, e un po’ fu “imboscato”. De Maria e Gesmundo, raccontarono quella rapina con enfasi aulica, sottolineando l’attenzione ad evitare spargimenti di sangue: “allora la vita umana veniva rispettata, anche se eri nel pieno di un’operazione da centinaia di milioni di lire. Oggi per 50 euro sono pronti ad uccidere“.

Il colpo di via Osoppo è stato fonte d’ispirazione per film e libri, nell’immaginario collettivo rappresenta uno degli esempi più chiari del gettare il cuore oltre l’ostacolo, e ben oltre la legge, per raggiungere un obiettivo di grande guadagno economico e di sfida con se stessi e con il destino.

FABIO BUFFA

Continua la lettura con: 26 febbraio 1776: un incendio distrugge il primo teatro di Milano

GIORGIO GABER, l’inventore del TEATRO CANZONE

ADRIANA ASTI, l’artista ribelle amata dai grandi del cinema e del teatro

GIANLUIGI BONELLI, il creatore di TEX WILLER, sempre in lotta contro il POTERE

LUISA AMMAN: un’OPERA d’ARTE di Milano

LUCIANO LUTRING: il bandito più popolare di Milano

BRUNO ARENA, il fico di Milano

Sandra MONDAINI: uno dei punti fermi della televisione italiana

TINO SCOTTI, il milanese del “Ghe pensi mi”

ORNELLA VANONI, Milano e Settembre

MARIANGELA MELATO, da “ranocchietta” a mito del cinema

MARTA ABBA: la musa di Pirandello

Quelle DIABOLIKE sorelle GIUSSANI

GIANNI MAGNI: il re del cabaret milanese

COCHI e RENATO: una coppia diventata il MARCHIO del CABARET

Giorgio AMBROSOLI: il RIVOLUZIONARIO in GIACCA e CRAVATTA che sfidò anche lo Stato

Peppin MEAZZA: il più grande MITO MILANESE del calcio mondiale

FRANCO CERRI: quel genio che partì suonando nei cortili

I KRISMA: la coppia più PUNK della storia di Milano

LILIANA SEGRE, la testimonianza milanese dell’Olocausto

MARIA CALLAS, la Scala e BIKI, quel legame che ha fatto la storia dell’arte

WALTER VALDI, cintura nera di dialetto milanese

LORENZO BANDINI, lo sfortunato campione adottato da Milano

ALEX BARONI, il “chimico” prodigio della musica

MICHELE ALBORETO, il “pilota gentiluomo”

BEPPE VIOLA: il geniale raccontatore del calcio

Storia di una GRANDE DONNA di Milano: ALDA MERINI

copyright milanocittastato.it

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Le 7 strade di Milano con i palazzi più belli (secondo i milanesi)

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Ph. @carlopintacuda IG

Lo abbiamo chiesto ai milanesi: Qual è la strada di Milano con i palazzi più belli? E’ arrivato un uragano di risposte. Ma in classifica alla fine svettano queste sette. 

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Le 7 strade di Milano con i palazzi più belli (secondo i milanesi)

#7 Via De Togni

#6 Via Lincoln

#5 Via Mozart

#4 Viale Majno

#3 Via Vincenzo Monti

#2 Via XX Settembre/Tamburini

#1 Corso Venezia

Continua la lettura con: Chi è di Milano si fa riconoscere su tutte le metro del mondo

MILANO CITTA’ STATO

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Le due ombre sulla Linea D, la nuova metro all’orizzonte di Roma: come rimediare?

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ilmessaggero.it - Nuovo tracciato Metro D

L’amministrazione capitolina spinge sull’acceleratore con la Linea D. Il progetto è stato rilanciato tra vecchie proposte e va a sovrapporsi ad altri lavori non ancora terminati. Vediamo assieme i due aspetti più critici della nuova metro all’orizzonte di Roma e come si potrebbe rimediare. 

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Le due ombre sulla Linea D, la nuova metro all’orizzonte di Roma: come rimediare?

#1 Ma quale Linea D? Mancano ancora i lavori di C e B

Mappa lavori in corso – Roma Metropolitane

La notizia ha fatto capolino su tutti gli organi di informazione: si sbloccano i lavori per la Linea D. Si partirà da zero, anche se da tempo immemore non si sono ancora conclusi i lavori su altre linee, principalmente sulla C. La linea C, infatti, dovrebbe avere un prolungamento che, per ora, comprende alcuni cantieri aperti fino alla zona di Piazza Venezia. Senza contare il prolungamento della Linea B che, oltre la fermata di Rebibbia, dovrebbe raggiungere Torraccia/Casal Monastero passando per San Basilio. Il lancio del progetto della linea D, insomma, può sembrare un segno del consueto vizio: quello di aprire migliaia di nuove pratiche, appesantendo la burocrazia, senza mai portare a termine i cantieri già iniziati. Un’altra ombra riguarda invece il tracciato. 

Leggi anche: UFFICIALE: ROMA avrà la LINEA D della METRO. Questo il PERCORSO

#2 Il tracciato: copre in modo capillare una lunga fascia… ma ignora zone completamente sguarnite

Mappa solo metro – Roma Metropolitane

A Roma in molti già si chiedono: è utile il percorso battuto dalla nuova linea? La prima annotazione che salta all’occhio confrontando i percorsi della Linea B e della futura linea D, è che seguono un percorso quasi parallelo. Ciò renderebbe sicuramente questa ampia area capillarmente coperta e questo è certamente un bene. Ma se consideriamo che Roma ha ancora troppe zone scoperte dal servizio dei mezzi pubblici, siamo sicuri che coprire al massimo solo una specifica area debba essere la priorità? Portata a completamento la linea D infatti, molti punti di Roma Nord ma soprattutto di Roma Sud-Ovest, rimangono pressoché scoperti dal servizio della metro. Non sarebbe dunque più opportuno concentrarsi sulle zone che ancora si affidano ai soli autobus o ai treni regionali per doversi spostare?

# La vera urgenza: estendere le altre linee e ridefinire il tracciato della D con molta più attenzione

Piuttosto che sovrapporre linee le une sulle altre, si dovrebbe prolungare le linee esistenti per raggiungere zone totalmente scoperte e pensarne una nuova che copra il quadrante più problematico. Nello specifico, queste le due azioni congiunte che vanno intraprese al più presto:

  • Per risolvere il buco di Roma Nord basterebbe aprire finalmente i cantieri per il prolungamento della Metro A, che, dopo Battistini, possa raggiungere anche Primavalle e Monte Mario, che ancora si affidano al regionale.
  • Mentre una nuova linea va progettata per servire la grande zona coperta dal Municipio XII, che, oltretutto, è un’area particolarmente popolosa e ricca di elementi caratteristici della nostra città.

Bisogna dunque ripensare la programmazione delle nuove metro e trovare un metodo di realizzazione più veloce. Tra questi potrebbero esserci forse collaborazioni con imprese estere, sfruttando magari l’esperienza in campo delle compagnie giapponesi o l’intraprendenza di uomini come Elon Musk. Roma ha bisogno di osare di più: i troppi progetti proposti e mal realizzati sinora, richiedono un radicale cambio d’impostazione. Che, purtroppo, non sembra di vedere all’orizzonte della nuova linea D.

Continua la lettura con: Il Buco Nero del litorale romano: le tre soluzioni per riportare la luce

RAFFAELE PERGOLIZZI

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Le 7 cose della vita quotidiana di Milano che costano una fucilata

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Ph. Prettysleepy

Ormai per comprare una casa a Milano il mutuo non basta più. Ma ci sono altre spese per cui si può rivelare una necessità.

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Le 7 cose della vita quotidiana di Milano che costano una fucilata

# Eataly

Prosciutto di Bassiano, Pecorino di Tartufo, la crema spalmabile o il cioccolato da 110 euro al chilo? Tutto buonissimo, per carità. Ma vicino alle casse dovrebbero aprire un banco dei pegni. 

# I taxi di notte

FILM TITLE: Taxi Driver. 

Vedere la velocità del tassametro mi mette più ansia che percorrere via Gola alle due di notte. 

# I parcheggi coperti

credits: milanoweekend.it

Per risparmiare parcheggio l’auto nella suite del Four Season.

# Ristoranti in Galleria

Credits Andrea Cherchi – Galleria dall’alto

Appena ti siedi ti portano il conto.

# Andare in auto in centro

Credits cheautocompro.it IG – Area C

Dover usare l’auto per andare al lavoro 5 giorni alla settimana ogni mese. Meglio il sussidio di disoccupazione. 

# L’aperitivo in un locale alla moda

zizania.milano IG – Aperitivo

Un tempo con un drink ci si pagava una cena. Ora con una cena ci si paga un gin tonic

# Multe del Comune

credits: insella.it

Durante il lockdown ho lasciato lo scooter parcheggiato sul marciapiede. Per la raffica di multe mi è convenuto rottamarlo (giuro). 

Continua la lettura con: Chi è di Milano si fa riconoscere in tutte le metro del mondo: i 7 segnali inconfondibili

ARTEMIO

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La strana trasformazione del milanese quando va al Sud

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Uno degli aspetti più apprezzabili di Milano è la vita regolare, ben scandita da scadenze tutte inserite in una giostra che gira vorticosamente ma ben funzionante. I milanesi sono composti, seri, gran lavoratori e col cuore grande, immensamente innamorati della propria città. Ma c’è un ma. Quando il milanese si reca al sud, tutto cambia. È maggiormente predisposto ad abbracciare stili di vita diversi con una tale compenetrazione, che sembra quasi si trasformi da dottor Jekyll a mister Hyde. O viceversa?
 

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La strana trasformazione del milanese quando va al Sud

# A tavola: da schizzinoso vegano a incredibile Hulk

pixabay-stupidning – Focaccia

Quando ci si siede a tavola a Milano si controlla l’apporto calorico di ogni piatto, si prende l’insalatina, si rifuggono i carboidrati come la peste. Ma quando il milanese si trova al sud esce l’incredibile Hulk che si nasconde in lui. Improvvisamente sparisce il senso di sazietà: dieta io non ti conosco. Provolette, pecorini, pizze imbottite, specialità locali, dolci. Si magna tutto come se il giorno dopo arrivasse il condono contro il grasso in eccesso. Vuoi mica fare un torto alla padrona di casa?

# La seconda vita nella seconda casa

pixabay-user32212- Taormina

Milano mia come ti amo, non ti cambierei con nessun altro posto al mondo. Molti milanesi hanno però una seconda casa al sud o vi si recano per ritrovare la famiglia di origine. 

E tutto cambia: si parla a voce alta, si mangia come se non ci fosse un domani, si fa tardi, ci si alza da tavola all’ora dell’ape, si perde qualunque cognizione spazio-temporale. A volte si parla persino il dialetto del luogo.

# La spesa

Credits vado_a_zonzo IG – Mercato Ballarò Palermo

E qui è un vero salto nel vuoto. Senza Esselunga come si fa? Lungi dallo strapparsi i capelli per la disperazione, si opta per i mercatini rionali, quelli dove la merce non viene proposta ma urlata. Pesce frescoooo, meloniiiii, pane appena sfornatooo. Per acquistare occorre urlare altrettanto forte, se no non ti sente nessuno e si rischia di tornare a casa a mani vuote.

# La famiglia 

Credits barlam.it – Il Padrino

Le frasi che chi va al sud si sente dire più spesso sono sempre le stesse: come sei sciupato, quando riparti e vuoi un caffè. Non si scappa. Poi si va a tavola, bando alla schiscetta hummus e zucchine e via di pasta al forno, salsicce, carni ripiene, verdure ripiene, dolci ripieni. Il milanese mica si tira indietro e non batte ciglio. Neppure se nessuno chiede del lavoro, della scuola, dei figli. Con una sola eccezione: se si è single, si scatena l’inferno, la tragedia che Sofocle in confronto nasconditi, le domande sul perché e sul come mai colpiscono come proiettili, sembra che essere single sia peggio di una malattia grave. E qui finalmente il milanese rientra nei propri panni ed elegantemente comunica che, per un urgente imprevisto di lavoro, ahimè, deve ripartire. Subito. 

Continua la lettura con: Le 5 «fissazioni tipiche» di Milano e dei milanesi

ALESSANDRA GURRIERI

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La gloriosa Centrale del Latte di Milano: com’era ieri e che cosa produce oggi

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Milano nel tempo - Centrale del latte

La Centrale del Latte di Milano. Un nome che evoca immagini di bottiglie di vetro, profumo di latte fresco e il suono inconfondibile dei camioncini che, all’alba, consegnavano il prezioso alimento nelle case dei milanesi. Un’istituzione che per decenni ha rappresentato un punto di riferimento per la città, un simbolo di efficienza, innovazione e legame con il territorio. Oggi, di quella Centrale del Latte, rimangono i ricordi, le fotografie ingiallite e, soprattutto, lo spazio fisico, radicalmente trasformato, ma ancora capace di raccontare storie di un passato industriale glorioso.

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La gloriosa Centrale del Latte di Milano: com’era ieri e che cosa produce oggi

# Dalle origini all’apice: un secolo di latte e storia

Milano nel tempo – Centrale del latte

La storia della Centrale del Latte di Milano affonda le radici all’inizio del XX secolo, in un’epoca in cui l’approvvigionamento alimentare delle grandi città rappresentava una sfida complessa. L’idea di creare una struttura centralizzata per la raccolta, la lavorazione e la distribuzione del latte nasce dalla necessità di garantire un prodotto di qualità, sicuro e accessibile a tutti. Dopo diversi progetti e sperimentazioni, nel 1932 viene inaugurata la prima Centrale del Latte di Milano, situata tra via Castelfidardo, Sarfatti e viale Toscana. Si tratta di un impianto all’avanguardia per l’epoca, dotato di macchinari moderni e di un sistema di controllo qualità rigoroso. La Centrale diventa rapidamente un modello per le altre città italiane, un esempio di come l’innovazione tecnologica possa migliorare la vita dei cittadini.

Negli anni successivi, la Centrale del Latte di Milano conosce un periodo di grande sviluppo, grazie all’aumento della domanda di latte e alla crescita della città. Vengono ampliate le strutture esistenti, introdotte nuove tecnologie e sviluppata una rete di distribuzione capillare. Il latte della Centrale diventa un elemento fondamentale della dieta dei milanesi, un simbolo di salute e benessere. Il periodo d’oro della Centrale del Latte di Milano coincide con il boom economico degli anni ’50 e ’60: la città cresce a ritmo vertiginoso, la popolazione aumenta e il consumo di latte raggiunge livelli record. La Centrale si adegua alle nuove esigenze, ampliando la propria gamma di prodotti e introducendo nuove confezioni, come il latte in cartone.

# Il declino e la trasformazione

granarolo.it – Centrale del Latte di Milano

A partire dagli anni ’80, la Centrale del Latte di Milano mostra segni di declino. La concorrenza delle grandi aziende lattiero-casearie, la globalizzazione dei mercati e i cambiamenti nelle abitudini alimentari dei consumatori mettono a dura prova la sua sopravvivenza. Vengono chiusi alcuni impianti, ridotti i posti di lavoro e cedute quote di mercato. Acquistata dalla Granarolo, lo stabilimento viene trasferito a Pasturago di Vernate e chiuderà definitivamente nell’agosto 2006. Un pezzo di storia della città scompare, lasciando un vuoto nel cuore dei milanesi.

# La rinascita: da fabbrica a polo culturale

Credits: @paolo.mongu IG

Ma la storia della Centrale del Latte di Milano non finisce con la sua chiusura. Lo spazio fisico che ospitava gli impianti viene riqualificato e trasformato in nuovo campus universitario Bocconi progettato dallo studio SANAA di Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa. Un nuovo polo culturale, dedicato all’arte, alla creatività e all’innovazione. Il campus diventa sede di uffici, musei, gallerie d’arte, laboratori creativi, spazi per eventi e attività culturali. Un luogo dove il passato industriale si fonde con il presente, la modernità, l’eccellenza e il futuro della città.

Foto redazione – Mappa Campus Bocconi

Oggi, camminando tra gli spazi dell’ex Centrale del Latte di Milano, è possibile percepire la forza della memoria e l’energia del cambiamento. Le storie degli operai, dei dirigenti e dei fornitori che hanno lavorato nella Centrale si intrecciano con le storie degli artisti, dei creativi e degli imprenditori che oggi animano questi spazi. La trasformazione della Centrale del Latte di Milano è un esempio di come si possa dare nuova vita a un luogo abbandonato, trasformandolo in un motore di sviluppo culturale ed economico. Un progetto che dimostra come il passato possa essere una risorsa preziosa per costruire il futuro.

# Un luogo che parla

Foto redazione – Giardino campus Bocconi

L’ex Centrale del Latte di Milano è un luogo che parla, che racconta storie di lavoro, di progresso, di innovazione e di trasformazione. Un luogo che invita a riflettere sul rapporto tra industria, società e cultura. Passeggiare sui marciapiedi dell’ex Centrale del Latte di Milano significa fare un viaggio nel tempo, scoprire un pezzo di storia della città e immergersi in un’atmosfera unica, dove il passato industriale si fonde con la creatività contemporanea. Un’esperienza che arricchisce e che ci fa sentire parte di una comunità che guarda al futuro senza dimenticare le proprie radici. Un promemoria costante che anche i luoghi che sembrano aver esaurito la loro funzione possono avere una seconda vita, diventando ancora più importanti e significativi per la comunità. Ed è, soprattutto, un monito a non dimenticare mai il passato, perché è proprio da lì che possiamo trarre ispirazione per costruire il futuro.

 

Continua la lettura con: In questo luogo di Milano si può ammirare quel che resta dell’antica Stazione Centrale, un capolavoro in stile rinascimentale francese 

MICHELE LAROTONDA

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«Ho il forte sospetto che non tutti voi siate di Milano, ma ci sia qualcuno del sud Italia…»

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Piazza Bolivar

Cara redazione, vi segnalo:

1) Un’altra eccezione alle statue, è il mezzo busto di Simon Bolivar in piazza Bolivar. Devo dire che ho trovato la cosa alquanto indisponente.

2) l’autobus non è femmina, è la numerazione che è femminile. L’autobus rimane maschile, mentre la filovia è, sì, femminile. 
 
Saluti 
Lucia
 
P. S. Ho il forte sospetto che non tutti voi siate di Milano, ma ci sia qualcuno del sud Italia. O sbaglio? 
________________________________
 
Siamo tutti molisani sotto mentite spoglie.
 
 
 
IL POSTINO
 
Vuoi segnalare qualcosa, fare una domanda, sfogare la tua creatività o la tua disperazione? Manda una mail a info@milanocittastato.it (Oggetto: I fatti nostri). 

Continua la lettura con: «Sono una cittadina che abita in zona Certosa-Merlata e non capiamo questa cosa…»

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«Non credo all’imprenditore supereroe»

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«Non è vero che sei un uomo solo». Primo estratto dalla terza puntata de Il Lato Chiaro, il nuovo videopodcast di Milano Città Stato. La puntata intera con il lato chiaro di Alessandro Fracassi (founder di MutuiOnLine/ Moltiply Spa) in onda da lunedì 3 marzo sul canale di youtube di Milano Città Stato. 

Conduce: Andrea Zoppolato. Regia: Francesco Leitner. Prodotto da: Fabio Novarino. Location: Fucine Vulcano APS – Via Fabio Massimo 15/12 (IG: @fucinevulcano).

Qui la prima puntata: Il Lato Chiaro di Candida Morvillo

Qui la seconda puntata: Il Lato Chiaro di Stefano Zecchi

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La foto del giorno: dove siamo?

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La foto del giorno: oggi siamo in via Cesariano 6 

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Se vivi a Milano questo è il tuo livello standard di stress

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Riflessi da top driver di Formula Uno.

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I 4 buoni motivi per dare alla fermata QT8 un nuovo nome: «Monte Stella»

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Tranne gli appassionati dei codici fiscali o dei robottini di Guerre Stellari, solo un pazzo può preferire l’enigmatica sigla QT8 all’unico monte di Milano. Questi i 7 buoni motivi per cambiare il nome alla fermata della rossa. 

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I 4 buoni motivi per dare alla fermata QT8 un nuovo nome: «Monte Stella»

#1 Chi va sulla vetta di Qt8 a guardare il tramonto?

tramonto monte stella
tramonto monte stella

Quanti scendono alla fermata perché vogliono visitare il quartiere e quanti invece vogliono farsi un giro sulla Montagnetta e, magari, godersi lo splendido tramonto sulla vetta? Non scherziamo: non c’è partita. 

#2 Smetterla di giocare agli indovinelli con i turisti

Beatrice Barazzetti – QT8 M1 interno

La verità è che scrivere QT8 è solo una mossa sadica per agitare i neuroni dei turisti che si devono sforzare per interpretare il suo significato enigmatico. 

#3 La città che si è costruita un monte (ma lo tiene nascosto)

Campionati italiani di sci al Monte Stella

Ovunque sarebbe celebrato come esempio di uomo prometeico, del genio che osa sfidare il divino: una città di pianura che costruisce una montagna artificiale. Dubai ne avrebbe fatto un’attrazione internazionale. Noi non gli dedichiamo neppure il nome della fermata alle sue pendici. 

#4 Sarebbe un inno all’amore

Credits: milanoalquadrato.com – Monte Stella in realizzazione

Che smacco per quelli che dicono che Milano è fredda e senza pietà. La fermata Monte Stella sarebbe un inno all’amore: pochi sanno che la montagnetta fu intitolata alla donna amata dal suo progettista. 

Leggi anche: Il monte di Milano nato da una storia d’amore

Continua la lettura con: Chi è di Milano si fa riconoscere su tutte le metro del mondo

ARTEMIO

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