Il simbolo di Milano è un drago dalla forma di serpente che tiene in bocca un bambino. Forse il simbolo più horror del mondo, roba da film di Dario Argento. Ma da dove si origina?
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Perché il simbolo di Milano è un mostro?
Il simbolo deriva dallo stemma della famiglia dei Visconti. Ma per scoprire la sua origine dobbiamo fare qualche passo più indietro.
Il simbolo era già noto agli albori del Cristianesimo, come ipostasi del profeta Giona che visse nella balena.
Dal punto di vista araldico, il biscione risale al Sacro Romano Impero: in quel periodo è diventato lo stemma della famiglia Visconti. Anche gli Sforza, che succedettero ai Visconti ai quali erano imparentati, mantennero il biscione, che vollero simile a un drago, sui loro stemmi. Il simbolo rimase a rappresentare Milano durante la dominazione spagnola e ancora, all’epoca di Napoleone in Italia ed al successivo periodo del Regno Italico, come pure durante il periodo del Lombardo-Veneto.
Il biscione resta il simbolo (araldico) distintivo di Milano per circa mille anni, dal X al XIX secolo. Lo stesso Dante lo cita nella Divina Commedia, nel Canto VIII del Purgatorio, definendolo “la vipera che il Melanese accampa”, indicandolo come insegna del potere (anche militare) di Milano. Ma qual era questo mostro? E perchè un bambino tra le fauci?
# Il mostro e il bambino
Il biscione simboleggerebbe un rettile fantastico: il drago detto Taranto o Tarantasio, nato, come vuole una leggenda, dal corpo moribondo del malvagio signorotto Ezzelino da Romano e che sarebbe vissuto nel Lago Gerundo, uno specchio d’acqua ora scomparso che si trovava nel lodigiano, a Sud Est di Milano. Il drago del Gerundo sarebbe stato provvisto di un soffio pestilenziale ed avrebbe trovato la morte all’arma bianca per mano di un cavaliere appartenente al casato dei Visconti che salvò così il bambino, almeno secondo quanto la famiglia ha tramandato. Nel museo del chiostro della basilica di San Marco si trova un affresco del 1300 che raffigura l’uccisione di Tarantasio.
Le raffigurazioni artistiche del biscione a Milano sono molteplici. Particolarmente pregevoli sono quella che si trova come fregio in Stazione Centrale e quella che si trova su di un capitello della Basilica di Sant’Ambrogio.
# Il biscione, simbolo diffuso a Milano
Il binomio tra la Croce di San Giorgio e il biscione si ritrova nello stemma dell’Alfa Romeo. Il biscione è anche il simbolo di Canale 5, anche se l’umano in bocca al biscione stilizzato è sostituito da un fiore.
L’Inter, che aveva deciso di assumere il biscione tra i suoi simboli fin dalla sua fondazione, lo ha sottoposto a varie operazioni di restyling, sino ad eliminarlo dal suo logo alla fine degli anni ’90.
Dopo le 15 città del mondo che si trovano a Milano insieme a Duilio Forte abbiamo provato a rintracciare dove sono nascoste a Milano le strade e le piazze più famose del mondo. Ne abbiamo trovate 10.
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Le strade più famose del mondo sono a Milano: ecco dove si trovano
I milanesi amano raccontare storie, soprattutto quando i protagonisti di queste storie sono loro e la loro città. I milanesi soffrono di narcisismo metropolitano.
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«La cosa che mi manca più di Milano è il Burghy di San Babila»
L’altro giorno stavo tornando a Milano in treno, così ho attaccato bottone con il passeggero accanto a me. Un uomo sulla cinquantina milanesissimo. Abbiamo parlato un po’, a un certo punto gli ho chiesto cosa mi sono perso di Milano.
Lui ha risposto che la cosa che gli manca di più è il Burghy di Piazza San Babila.
# A Milano manca il colore
Certo non parlava dei panini, né del locale. Quello che più gli manca è quella botta di colore che improvvisamente aveva decretato la fine degli anni 70. Il Burghy era disimpegno, disinteresse per la politica, era anche un modo per protrarre l’adolescenza.
Colore è la parola chiave. Milano è una città un po’ grigia che si colora come può, lo fa con i cocktail, con le luci delle discoteche, con la moda e con i mille eventi che organizza. Basta pensare ai mille colori dell’EXPO.
# Chi frequentava il Burghy pensava di essere originale
Credits bircide_il_paninaro IG – Burghy in San Babila
Burghy era una catena italiana, italianissima perché apparteneva ai supermercati GS (che facevano capo alla finanziaria pubblica SME). Strizzava l’occhio all’America ma chi lo frequentava non pensava di imitare nessuno, era qualcosa di originale.
Nel 1995 fu venduto a McDonald’s e nel 2015 è stato chiuso per sempre.
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C’è un posto a Milano dove il rumore del traffico si dissolve, le luci della città si attenuano
e il tempo sembra rallentare. Un locale nascosto in centro, che sembra uscito da un film francese d’autore. Inaugurato nel dicembre 2024, questo bistrot è molto più di un semplice ristorante: è un’esperienza sensoriale, un rifugio verde incastonato tra i palazzi storici della città, suggerita da aperitivi_urbani
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L’«Oasi Urbana», il locale con giardino segreto in centro a Milano
# L’oasi urbana tra design e natura
Ph. @oasy_milano IG
Di nome e di fatto. Si chiama Oasy Milano e si presenta come un “giardino segreto” dove l’eleganza incontra la natura. L’ambiente offre un’atmosfera rilassante e accogliente, ideale per una pausa pranzo, un caffè pomeridiano o un aperitivo serale.
Entrare da Oasy è come attraversare uno specchio: si lascia il cemento alle spalle e ci si ritrova in un ambiente ovattato, intimo e rarefatto. Il locale si trova nell’ex spazio Tommy Hilfiger trasformato in un vero e proprio ‘green retreat’ con un tocco bohémien: piante rampicanti, luci calde e diffuse, tavolini in legno grezzo e dettagli vintage. Le ampie vetrate danno su un giardino interno rigoglioso, rendendo l’ambiente luminoso di giorno e romantico di sera. Cerca di essere per i milanesi un piccolo Eden nascosto. Il locale si trova in Viale Luigi Majno, 44 ed è aperto dalle 11:00 alle 24:00. Ma cosa si gusta al suo interno?
# Il menù dell’oasi
Ph. @oasy_milano IG
La cucina propone piatti creativi e ricercati, con prezzi che variano tra i 12 e i 26 euro. Il menù cambia spesso, seguendo la stagionalità e lasciando spazio alla sperimentazione. Tra le proposte più intriganti troviamo la verza alla brace con taleggio, zucca e cioccolato, l’uovo poché con topinambur e champignon e gli gnocchi di barbabietola con caprino e salsa di agrumi. Ma il pezzo forte sono i dolci home-made come il tiramisù scomposto al caramello salato o la cheesecake al rosmarino. Il tutto accompagnato da una carta dei vini con etichette naturali e biodinamiche e da cocktail d’autore preparati con erbe aromatiche raccolte proprio dal giardino.
# Le erbe a metro zero e musica con vinili
Ph. @oasy_milano IG
Il giardino non è solo un fattore ambientale: molte delle erbe aromatiche usate in cucina e nei drink vengono coltivate proprio lì, in un piccolo orto urbano che si può vedere e annusare passeggiando tra i tavolini. Caratteristici anche gli arredi: tutti interamente sostenibili, in quanto sono stati recuperati dai mercatini e poi rigenerati in stile shabby chic.
Un aspetto molto interessante è che la musica che viene messa nel locale è solo vinile: non c’è traccia delle solite playlist scontate, al contrario ogni sera ci sono selezioni musicali curate da DJ o collezionisti locali. Infine, ogni mese, Oasy ospita cene a tema, proiezioni intime o serate a lume di candela che si scoprono solo tramite passaparola o newsletter.
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Milano è una città d’acqua. Si trova lungo la “linea dei fontanili”, quel tratto di terra in cui nel sottosuolo si incontrano strati geologici di differente permeabilità che permettono alle acque più profonde di raggiungere la superficie. Non a caso, sono ben 5 i grandi corsi d’acqua che raggiungono o sfiorano la città: l’Olona, il Lambro, il Seveso, oltre a Ticino e Adda. A questi si aggiungono anche torrenti minori. Tranne il Lambro, tutti i fiumi naturali che attraversano Milano sono stati interrati e passano sotto il livello stradale.
Vediamo quali sono e qualche loro curiosità (Nota: i Navigli sono canali artificiali costruiti solo intorno al Quattrocento)
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La curiosa storia dei 5 fiumi interrati di Milano
#1 Olona
Come Parigi ha la Senna e Londra il Tamigi, così Milano ha l’Olona. È il principale fiume della città che per molti secoli vi ha portato acqua e benessere, ma oggi scorre sotterraneo e alquanto ignorato nella zona ovest di Milano.
Famoso per le sue cascate, l’Olona lungo 71 km scorre interamente in Lombardia e nasce a 548 metri nell’area naturale protetta del Parco Regionale Campo dei Fiori, in provincia di Varese. Attraversa poi tutta l’alta pianura milanese e raggiunge Rho prima e Pero poi. Arrivato in Piazzale Lorenzo Lotto* (refuso corretto), prosegue il suo percorso fino in Piazza De Angeli, una volta detta La Maddalena. Da qui, sin dall’antichità, fu deviato verso la città. Si diramava poi per formare la cosiddetta Isola di Brera, tra le attuali via di Giorgio Washington e Vincenzo Foppa, per riunirsi prima di sfociare nella Darsena con il famoso canale chiamato “ramo darsena”.
Olona_in_via_Carlo_Troya
Solo nel 1919 fu costruita nell’attuale Piazza Tripoli la deviazione verso il fiume Lambro Meridionale delle acque dell’Olona, che sarebbero dovute normalmente entrare nel “ramo darsena”. Questa nuova strada era utilizzata soprattutto nelle annate di secca per dare acqua al fiume Lambro, che al tempo era un collettore di fogna della città e per questo era anche chiamato “Lambro Merdario”.
olona milano celtica
La prima opera di copertura dell’Olona avvenne nel 1935 su una parte del “ramo darsena”, tra le attuali via Valparaiso e viale Coni Zugna, dove poi fu costruito l’attuale Parco Solari. Poi con l’espandersi e l’industrializzarsi della città, le acque del fiume diventano tra le più inquinate e si inizia l’opera di tombinatura per tutti gli anni 50 e 70, fino a che l’Olona scomparse sotto le strade di Milano dove ancora oggi scorre tranquillo.
Piccola nota: per evitare inondazioni dell’Olona nel suolo cittadino, è stato costruito un canale artificiale detto “deviatore Olona” che sposta le acque in eccesso verso Corsico e le immette nel Lambro.
#2 Seveso
E’ uno dei più noti fiumi cittadini, soprattutto per le sue ricorrenti esondazioni. Il Seveso è lungo 52 km e nasce a Cavallasca, in provincia di Como, sul monte Sasso a 490 metri. Da qui poi passa da Bresso e raggiunge Milano in Zona Niguarda. Ai tempi dei romani, il fiume proseguiva fino al centro storico cittadino penetrando da Piazza San Babila per alimentare le terme Erculee. Le sue acque arrivavano fino a sud est di Milano e si immettevano nel fiume Lambro dopo aver percorso il moderno canale Cavo Redefossi all’altezza delle successive mura spagnole.
Questo percorso fu modificato nel 1471, quando vennero terminati i lavori del Naviglio della Martesana. I due corsi d’acqua si incrociarono precisamente all’altezza di via Giacomo Carissimi e il Naviglio della Martesana diventa foce del Seveso.
Anche in questo caso il fiume venne gradualmente interrato nel corso del 1900, proseguendo nella copertura dal centro verso la periferia, prima fino a Niguarda poi fino al confine comunale con Bresso. Oggi ci sono 9 km di fiume coperto.
Piccola nota: Il Seveso ha richiamato l’interesse di tutta Europa con un incidente avvenuto il 10 luglio 1976, passato alla storia come “disastro di Seveso“. Un incidente avvenuto nell’azienda ICMESA di Meda causò la dispersione di una nube di una sostanza chimica fra le più tossiche, la diossina TCDD. Questo veleno colpì tutti territori lungo il fiume Seveso, in particolare il comune omonimo.
Attraversa la città metropolitana e poi il Parco delle Groane. È l’ultimo affluente dell’Olona, in cui si immette precisamente all’altezza di piazza Carlo Stuparich, in zona San Siro. Scorre ancora oggi nel sottosuolo di via Espinasse, via Accursio e sotto la circonvallazione filoviaria.
Il suo percorso è stato totalmente interrato con i lavori avvenuti tra il 1955 e il 1967.
#4 Torrente Merlata
Nasce a Baranzate dall’unione di altri due torrenti Nirone e Guisa. Attraversa poi i quartieri di Gallaratese e Lampugnano, arriva nella zona a sud del Montestella e qui si unisce al Pudiga e, dunque, poi all’Olona. Così come il Pudiga, anche il Merlata è uno dei tanti corsi d’acqua che rimangono nel sottosuolo di Milano perché coperti negli anni 50 del secolo scorso.
Piccola nota: il torrente dà il nome alla celebre Cascina Merlata.
#5 Torrente Bozzente
Un torrente che a tratti è ancora visibile. Prende avvio nel territorio tra Varese e Como, per poi procedere in direzione di Lainate. Sottopassa l’Autostrada dei Laghi e il Canale Villoresi. Entrato in territorio di Rho, scorre quasi interamente sotto il livello stradale per poi riapparire nei pressi della stazione di Rho. Confluisce infine nel fiume Olona. Anche il Bozzente è stato in parte vittima dell’opera di copertura delle acque avvenuta nel secolo scorso.
LETIZIA DEHO’ (Ultimo aggiornamento: 2 maggio 2025)
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2 maggio 1933. Viene riportato il primo avvistamento del Mostro di Loch Ness. Pochi sanno che qualcosa del genere esiste anche a pochi chilometri da Milano.
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Il mostro del lago di Como
# I primi avvistamenti nel dopoguerra
credit: siviaggia.it
2 maggio 1933. Il primo avvistamento di Nessie, il mostro di Loch Ness in Scozia. 1946. Il primo avvistamento di Larrie, il mostro del Lago di Como. Due cacciatori sulla riva del lago, a Colico, vedono muoversi tra le acque un essere mai visto lungo quasi 12 metri. Un gigante ricoperto di squame rosse: i due cacciatori prontamente spararono. L’animale si dileguò verso il centro del lago e scomparve, emettendo un suono stridulo e lasciando dietro di sé una scia di terrore.
# Poi, un’apparente quiete
credit: quicomo.it
In seguito a questo avvistamento si pensò che il misterioso animale fosse stato ucciso. Ma nel 1954 la calma venne interrotta: la creatura tornò a far parlare di sé. Venne avvistata da comuni cittadini ma anche da un gruppo di biologi che, incuriositi, organizzarono un’immersione con una batisfera. Poterono osservare uno strano animale con la testa allungata come quella di un coccodrillo, solo molto più grande. Gli avvistamenti continuarono e persino di recente, nel 2003, un gruppo di pescatori ha raccontato di aver visto una creatura grande almeno 10 metri che aveva le sembianze di una gigantesca anguilla. Ma di che animale si tratta?
# Ma chi è davvero Larrie?
credit: lierna.net
Le ipotesi sono molte ma la più accreditata è indubbiamente quella del Lariosaurus, un rettile acquatico preistorico che ha vissuto in quell’area circa 245 milioni di anni fa. I suoi resti sono stati ritrovati sulle sponde del lago nel 1830, e sono tutt’oggi conservati nei musei di Lecco e di Monaco di Baviera. Il suo nome deriva infatti dal luogo del ritrovamento, dal nome latino del lago di Como: Larius. Il soprannome Larrie gli venne attribuito successivamente da Carlo Lucarelli nel libro “Strane Storie“, in cui il mostro del comense venne paragonato a Nessie.
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Ripubblichiamo l’articolo di Andrea Cuomo, romano de Milano. Così spiega il suo grande amore per la città della Madonnina. E della metro dei tre minuti e mezzo. Foto cover: @2take1photo IG
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Milano vista da un romano: bastano 3 minuti e mezzo per apprezzarla
ph. STVIOD
Quando ho scoperto che il mio intervento (agli Stati Generali di Milano Città Stato, il 16 maggio 2017, Teatro Franco Parenti, Milano, ndr) sarebbe stato di tre minuti, mi sono chiesto subito se si trattasse di tre minuti milanesi o di tre minuti romani. La differenza c’è e non è di poco conto.
A Milano quando sei sulla banchina della metropolitana e il display dice “3 minuti e mezzo”, dapprima ti sorprendi per quella che ti sembra una minuzia cervellotica quasi da nerd (ma a Taipei le metropolitane segnalano addirittura i secondi!), poi puoi scommettere che entro due minuti e 40 secondi le porte del convoglio ti si apriranno scorrevolmente davanti. A Roma l’ipotesi di segnalarti il mezzo minuto non viene nemmeno presa in considerazione, se qualcuno lo facesse verrebbe denunciato per procurato allarme. E anche l’indicazione non va presa troppo sul serio: “3 minuti” significa abbastanza presto, spesso i minuti sono 4, 5. E io queste cose non le dico per dire, ho fatto prove cronometriche come all’autodromo di Monza. Sì, lo so, la cosa non depone a mio favore, ma tant’è. Il fatto è che io ero imbruttito prima ancora di essere milanese. Mi sono portato avanti con il lavoro. Sono l’ebreo che trova il suo Israele.
Ph. @2take1photo IG
Io sono romano, lo ammetto. Sono un romano che vive a Milano da venticinque mesi, che è troppo poco tempo per sentirsi milanese ma abbastanza per non sentirsi più romano. Al momento mi sento da qualche parte nella carrozza di un treno dell’alta velocità, diciamo nel tratto Firenze-Bologna, anzi subito dopo Bologna, almeno prende il wifi. E quindi credo di potere avere un’idea di entrambe le città, Milano e Roma, intendo dire. Anzi, ho una vera ossessione che va al di là – spero – degli stereotipi sulla relazione di questi due luoghi di cui l’uno, Milano, è di fatto una città-Stato, come da ragione sociale dell’associazione, nel senso di metropoli autosufficiente e indipendente. L’altro, Roma, è invece uno Stato-città, anzi due Stati in un’unica città, entrambi ben sotto la sufficienza. Cosa vuol dire esattamente non so ma suona bene, no?
L’impressione che fa Milano a chi come me arriva da una città sterminata, languida, autoindulgente, passivo-aggressiva è che sia un’altra nazione. Davvero. Milano è già altrove, con le valigie pronte per l’Europa. E se l’incontro non avverrà non sarà colpa del capoluogo lombardo ma semmai dell’Europa. Prima di andarsene per la sua strada Milano però sta riempiendo i bagagli con tutto il meglio dell’Italia: la moda, il cibo, i libri, perfino il clima, che sembra sempre più mediterraneo. Milano è diventata un’enorme Expo, un’Italialand in cui è concentrato il meglio del nostro Paese, al netto delle cose peggiori. Sì, lo so, anche a voi ogni tanto rode perché c’è traffico (ma davvero credete che sia traffico quella cosa là? Davvero davvero?), anche voi avete ogni tanto una linea della metro che si guasta (ma perché un convoglio si guasti primo requisito è che esista e funzioni), anche voi beccate le multe e siete spesso antipatici (effettivamente avete un certo talento in materia). Ma sono cose fisiologiche. Normali. Ecco, questa è la parola chiave: normalità. Milano è una città normale, il che non vuol dire che sia una normale città. È questo che la rende così diversa dalle altre metropoli italiane, così folli, così atipiche.
Roma è il cimitero dei sindaci: hanno fallito tutti. Il sindaco della Città Eterna è destinato a essere sempre sulle prime pagine dei giornali, in tutta Italia si discetta della questione romana come fosse roba propria. Ogni italiano si può dire abbia due sindaci: quello del luogo in cui abita e quello di Roma, che appartiene a tutti come una maschera, come Arlecchino e Balanzone. E adesso Colombina, naturalmente. Il sindaco di Milano due mesi dopo le elezioni entra in una zona grigia da amministratore delegato di un’azienda che fa utili. Qualcuno ne dimentica persino il nome, come dovrebbe accadere agli amministratori efficienti, che quindi non fanno notizia.
Io non sono un sociologo, un politico, un intellettuale. Sono un giornalista ma in fondo quello che ho da dire su Milano e su Roma non attiene al mio lavoro ma alla mia condizione di cittadino curioso, convinto che ogni luogo sia fatto dalle persone che lo fanno: ci sono quelle simpatiche da cui non compreresti un’auto usata e quelle noiose ma affidabili. I tre minuti stanno finendo, il treno è arrivato.
ANDREA CUOMO (Articolo ripubblicato l’1 maggio 2025)
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Collegherà porto, stazione e aeroporto. Con l’apertura di Centro Direzionale, sale a 20 il numero di fermate attive. Ecco quando si chiude l’anello e le altre curiosità della linea.
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La prima circle line italiana sarà a Napoli: il punto sui lavori
# Centro Direzionale: la più recente stazione inaugurata sulla linea
Comune di Napoli – Centro Direzionale Napoli
Dopo dieci anni di lavori, il primo aprile 2025 è stata inaugurata la stazione Centro Direzionale, portando a 20 il numero di fermate attive sulla Linea 1. Un nodo strategico per i pendolari e per il cuore economico della città, che ora è connesso in modo diretto con il resto del tessuto urbano. Progettata da Benedetta Miralles Tagliabue, la stazione offre spazi ampi, illuminazione naturale e totale accessibilità.Una struttura ondulata con coperture in vetro e acciaio e un design caratterizzato da linee fluide e dinamiche, che creano un effetto visivo di movimento continuo. È uno snodo fondamentale per il futuro della linea. Il prossimo obiettivo: l’inaugurazione della stazione Capodichino nel 2026.
# Avanzano i lavori per la realizzazione della stazione Capodichino Aeroporto
webuild – Rendering progetto stazione Capodichino
Avanzano i lavori per completare il tracciato, che include le fermate di Tribunale e Poggioreale, fino a Capodichino Aeroporto. Il cantiere per quest’ultima stazione è ormai a buon punto. Firmata dall’archistar Richard Rogers, porterà i treni direttamente all’interno dell’aeroporto internazionale del capoluogo campano. Quando sarà completata, Napoli entrerà nel club esclusivo delle città al mondo in cui la metropolitana collega porto, stazione ferroviaria e aeroporto: da Municipio si arriva al molo Beverello, da Garibaldi si entra in Centrale, e da Capodichino si sbuca direttamente in aeroporto.
webuild – Stazione Capodichino
Il progetto si inserisce nella filosofia delle “stazioni dell’arte”, con una struttura spettacolare: un grande pozzo centrale illuminato dall’alto attraverso una copertura trasparente, con scale elicoidali che si avvolgono verso il basso come in un’opera d’arte urbana che richiama il pozzo di San Patrizio.
Di ArbaleteOpenStreetMap contributors – openstreetmap.org, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=150396871 – Mappa Linea L1 aggiornata
Con il completamento del tratto da Capodichino Aeroporto a Piscinola – Secondigliano, la Linea 1 chiuderà un anello perfetto, diventando la prima metro circolare d’Italia. In mezzo sono previste quattro nuove fermate per collegare mare, colline e ritorno a valle (Miano, Regina Margherita, Secondigliano e Di Vittorio), che dovrebbero essere completate entro la fine del 2026.. Per questo è chiamata anche “metropolitana collinare”: un’infrastruttura ingegneristicamente complessa che affronta dislivelli e salite con curve strette e pendenze importanti. Attualmente, la linea ha 20 stazioni attive su un tracciato di 18 km. A lavori ultimati, le fermate saliranno a 27. Un’opera che cambierà per sempre la mobilità di Napoli e che punta a diventare un modello per le grandi città italiane.
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Roma è la capitale del presente e del passato. Milano è la capitale del futuro. Ma deve osare di più.
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Mare, metro, aria pulita: i sette progetti più visionari per la Milano del futuro
#1 La metro fino al mare
Metro Milano-Genova
Tre nuove fermate della M3:Pavia, Alessandria e Genova. Eventualmente estensibile a Genova Nervi o, ancora meglio, a Santa Margherita. Assurdo? Calcolate la lunghezza della linea: sarebbe inferiore alla Elizabeth Line di Londra. Perché non provarci?
#2 La nuova Milano alle porte di Milano
La zona dove sorgerebbe Milano Est
Amiamo così tanto Milano da volerne due. Milano ha problemi di congestione con traffico, poco verde e scarsità di spazi per realizzare nuove case? La soluzione è semplice: basta creare un’altra Milano, alle porte di Milano. A Est c’è molto spazio. A quel punto l’Idroscalo potrebbe diventare il nuovo centro, il Central Park di Milano.
Credits: Andrea Cherchi – Galleria Vittorio Emaunuele affollata di gente
Un altro passo verso la pedonalizzazione. Ma premendo sull’acceleratore. Si avrebbe una nuova Galleria di Vittorio Emanuele ma lungo tutto corso Buenos Aires: sarebbe la più grande galleria urbana del mondo.
#4 Maxi ventole sopra i tetti per avere aria pulita
L’unico modo per pulire l’aria è farla circolare. Milano così passerebbe da zona più inquinata d’Europa ad avanguardia tecnologica in grado di avere aria pulita con ogni condizione climatica. Non solo: si potrebbe avere vento e frescura d’estate.
#5 I Navigli sovrapposti
conca del naviglio
Si potrebbe risolvere il problema di scoprire i Navigli. Invece di lavorare su quelli interrati si potrebbe raddoppiare quelli esistenti: diventando l’unica città al mondo con un naviglio sopra e uno sotto per avere i due sensi di marcia. Leonardo Da Vinci sarebbe fiero di noi.
#6 Raddoppiare il Monte Stella (oppure scavare un’enorme buca tutta intorno)
Il progetto originale della Montagnetta la prevedeva alta il doppio. Si dovrebbe riproporlo così da poter avere un vero monte in città. In alternativa si potrebbe scavare una grossa buca tutta intorno per avere così un dislivello molto maggiore.
#7 Transgrattacielica
I grattacieli sono il vanto di Milano. Ma sono così isolati… Si dovrebbe pensare a unirli in un percorso ciclopedonale: una passerella sollevata di cento metri, pedonale, ciclabile. Non solo: ci potrebbe essere anche una linea di metro leggera che colleghi tutti i grattacieli. Capolinea alla Madonnina. Milano diventerebbe la prima città a vivere tra le nuvole.
#Esageriamo: La seconda luna
Luna Piscina Cozzi
Come è stato fatto per la Cozzi bisognerebbe riproporlo per il cielo di Milano. Sarebbe l’unica città al mondo con due lune. Che funzionano all’opposto: una è piena quando l’altra è vuota. Un’attrazione universale.
Una trasformazione lunga quasi un secolo: da semplice slargo a piazza pedonale. I primi interventi risalgono agli inizi degli anni ’30, gli ultimi sono stati completati alcuni mesi fa. Vediamo come era un tempo e come è cambiata oggi.
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La trasformazione di piazza San Babila: meglio ora o quella del Novecento?
# I primi lavori negli anni ’30: da slargo stradale a piazza urbana
azinfocollection – Largo San Babila
Un tempo era uno slargo, un incrocio di strade che portavano al cuore del centro. Ma nel 1931 San Babila inizia a cambiare pelle: non più semplice passaggio, bensì una vera piazza, progettata per dare respiro e prestigio al nuovo volto moderno di Milano. Negli anni Trenta arrivano i simboli del progresso: nel 1937 si innalza la Torre Snia Viscosa, primo grattacielo della città, su progetto di Alessandro Rimini, seguita nel 1939 dall’imponente Palazzo del Toro di Emilio Lancia e Raffaele Merendi, con le sue forme monumentali che anticipano il razionalismo milanese.
# Anni Sessanta: i cantieri per la linea 1
metroricerche.it – Cantieri M1 San Babila
Negli anni Cinquanta, con la Galleria Passarella, lo spazio si completa e si struttura come nodo di scambio tra flussi pedonali e automobilistici. Poi arrivano i cantieri della metropolitana: la colonna al centro dell’imbocco di corso Venezia viene spostata, la piazza si svuota per lasciare spazio al sottosuolo, e nel 1964 si apre la stazione San Babila della linea M1.
Maps – Piazza San Babila prima dell’ultima trasformazione
Ma è solo nel 1997 che San Babila trova la sua nuova identità urbana: la piazza viene in parte pedonalizzata, riqualificata con una pavimentazione in porfido e pietra serena, arricchita da aiuole, leggere collinette verdi e da una fontana monumentale progettata da Luigi Caccia Dominioni. Donata a Milano dall’Ente Fiera, la fontana, intitolata “I monti, i laghi, i fiumi di Lombardia”, occupa 185 metri quadrati con una vasca di pietra che raccoglie l’acqua sgorgante da un pinnacolo in granito alto sette metri, metafora dell’acqua che scende dalle Alpi per irrigare la pianura lombarda.
Credits: mapio.net
Anche i materiali scelti sono racconto paesaggistico: serizzo della Val Masino, granito di Montorfano, rosa di Baveno, sasso rosso della Val Gerola.
# 2023: l’ultima trasformazione in chiaroscuro con l’apertura della fermata M4
Inaugurazione M4 San Babila – ph. @myvaluee IG
Dopo sette anni di lavori, San Babila è tornata alla città nel luglio 2023, ma non più com’era: ora è quasi tutta pedonale, svuotata del traffico che prima la attraversava da Corso Europa a Corso Matteotti, dove c’erano taxi in sosta e l’asfalto. Oggi quella fetta di piazza è stata livellata con la zona delle fontane e completamente ripavimentata in porfido e cubetti di granito nazionale posati in file parallele, con alti cordoli in cemento a separarla da Largo Toscanini. Un intervento che, preso singolarmente, risulta elegante e sobrio: visivamente ordinato, materico, ben proporzionato.
Maps – Piazza San Babila dall’alto
Ma appena si alza lo sguardo si nota il contrasto con il resto della piazza, rimasta in pietra scura: una dicotomia cromatica e stilistica che stona.
Toscanini-San Babila
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andrea_mella77 IG - San Babila da corso Europa
Urbanfile - Toscanini-San Babila
Anche il poco verde presente si è distribuito in modo diseguale: solo nel nuovo tratto tra corso Europa e largo Toscanini si trovano una decina di minuscole aiuole, ciascuna con un albero, e panchine in pietra, mentre altrove regna la nuda pavimentazione.
Credits Andrea Cherchi – Piazza San Babila dall’alto, dettaglio uscita
Le due uscite della metro, quella vecchia di M1 e quella nuova di M4, sono vicinissime, ma diverse per forma, dimensione e stile architettonico.
ros25 IG – San Babila
E poi ci sono gli arredi urbani: lampioni standardizzati, poco curati, che poco hanno a che vedere con la vocazione storica e simbolica della piazza. San Babila oggi è più accessibile e vivibile, ma anche più disomogenea. È come se Milano avesse messo mano a uno dei suoi luoghi più centrali in modo raffazzonato, senza osare un progetto unitario e armonico.
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«Il denaro si basa sulla scarsità. Una delle definizioni più efficaci di denaro lo definisce una richiesta per una determinata quantità di energia: quando hai una banconota prenoti l’energia che serve a produrre, a fare la cosa che ti viene data. Se non ci fosse questo problema e se noi avessimo una forma di energia completamente rinnovabile, il denaro non avrebbe più senso» (Luca Morotti)
Qui la puntata intera:
Un episodio denso, provocatorio, essenziale. Ideale per chi cerca risposte concrete e punti di vista alternativi.
E’ possibile guardare il videopodcast anche su YouTube e Spotify
Solo audio su:
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• Apple Podcast
Conduce: Andrea Zoppolato
Regia: Saverio Piscitelli, Roberto Mastroianni
Prodotto da: Fabio Novarino
Location: Studio di Voci Di Periferia A.P.S. presso Mosso, Via Angelo Mosso 3 – IG: @vocidiperiferia
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In zona Colonne, c’è una via che è stata convertita nella via del vintage.
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La «via del vintage» di Milano: 5 negozi second hand sulla stessa strada
# La via dal fascino borghese che ricorda la vecchia Milano
Su questa strada si può incontrare qualche signora vestita a punto in cerca di un abito che le ricordi la sua giovinezza oppure una giacca elegante da indossare. Ma anche ragazze e ragazzi appassionati di moda e con tanta voglia di sperimentare look innovativi che uniscono il vintage a capi più contemporanei. Siamo in via Giacomo Mora, una via che si riempie nell’ora dell’aperitivo grazie ai suoi bar come il Bar Cuore o il Berlin, ma che in generale sprizza di vita e eleganza. Ricorda quel fascino borghese e un po’ bohémien della vecchia Milano e intanto la ribattezziamo anche come la via del vintage: sì perché qua ci sono ben 5 negozi dove comprare abiti second hand e non solo. Ecco quali sono.
# Bivio Milano, il doppio negozio con abiti vintage di moda e qualità
Credits: biviomilano.it Bivio Milano
In via Mora 4 e in via Mora 14 ci sono due dei cinque negozi della via del vintage. Stesso marchio ma target differenti, si tratta infatti di due negozi di Bivio Milano, uno dedicato ad abiti maschili (al numero civico 14) e l’altro a quelli femminili (al numero 4). Con un concept smart e innovativo che ruota attorno al concetto di sostenibilità, nei negozi di Bivio Milano non solo si possono acquistare abiti vintage di tutti i tipi ma, se per caso qualcuno ha l’armadio da svuotare e capi ancora in ottimo stato, da Bivio Milano si possono rivendere. Aperto nel 2013, nel negozio si vendono abiti esclusivamente attuali, di moda, in ottime condizioni e di qualità. Il marchio non si trova solo in via Giacomo Mora, ma ha anche un altro negozio in zona Porta Venezia.
# Cavalli e Nastri, il pioniere del second hand
Credits: @cavallienastri Cavalli e Nastri
Cavalli e Nastri è uno dei più celebri negozi vintage di Milano, pioniere della moda second hand. La sua creatrice Claudia Jesi, infatti, segue la moda proponendo abiti usati dal 1970. Anche in questo caso si tratta di un doppio negozio: uno, quello in via Mora 12, è uno spazio ampio e accogliente, come si definiscono loro stessi, un po’ boutique e un po’ boudoir. Qui si possono comprare capi vintage di ogni tipo, principalmente quelli di moda tra gli anni ’20 e ’90 del Novecento, ma non solo. Antiquariato, pizzi, merletti, kimono in seta, abiti di alta sartoria e maglioni fatti a mano sono le chicche di questo negozio. E in via Mora 3 c’è poi il locale dedicato agli abiti da uomo, qui si possono trovare completi di Dolce & Gabbana, cravatte in seta, Blazer anni Settanta, camicie dalle fantasie particolari e addirittura panciotti con le stampe di Fornasetti. In più c’è una selezione ricercata di oggetti di arredamento, design e modernariato.
# Groupies Vintage, l’usato più cool di Milano
Credits: @groupiesvintage Groupies Vintage
E l’ultimo dei cinque negozi vintage della via, il più cool tra tutti attestato dalle recensione (media 4.8/5 su Google), è Groupies Vintage. Una volta entrati nel locale di via Mora 12 si viene catapultati indietro nel tempo e si noteranno abiti provenienti da luoghi nonché periodi storici ben diversi tra loro. Il punto forte di Groupies è poi il tocco personale che dal 2011 dà la sua proprietaria Alice. Un arredamento curato ad hoc, musica a tema, ma soprattutto diversi capi da lei personalizzati. Altro punto forte di Groupies è certamente la vendita al kilo dei suoi abiti.
l'ex Padigione dell'Uruguay ora in Via Saronnino a Origgio, Varese
1 maggio 2025: cade il decennale dalla grande manifestazione. Dieci anni. I primi gloriosi, gli ultimi zoppicanti. Una fotografia su ciò che fu Expo 2015, su ciò che fu per Milano. E su ciò che è rimasto in città.
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1 maggio. 10 anni fa inaugurava EXPO. I ricordi indelebili e che cosa è rimasto a Milano dell’Esposizione Universale
# Expo 2015: i ricordi indelebili
coda padiglione giappone
# il Decumano, la via principale e la sua fila di vele bianche
# il Palazzo Italia e le stecche sul Cardo, l’asse trasversale che con il Decumano definiva lo spazio espositivo
# i cluster tematici, ognuno dedicato a una filiera alimentare o a un’identità comune
# la Collina mediterranea, alta 12 metri che riproduceva alcune tra le più tipiche vegetazioni e colture dell’ecosistema mediterraneo
# il Padiglione Zero, che riproponeva la morfologia delle crosta terrestre, con i rilievi e la grande valle centrale che ospitava lo spazio pubblico dell’arena
# i canali d’acqua che circondavano l’intera area con relative polemiche per la loro costruzione (solo in parte realizzata)
# la Cascina Triulza, l’antica costruzione rurale già presente all’interno del Sito Espositivo, patrimonio storico, architettonico e ambientale della Lombardia, rinata come casa della Società Civile
# l’Expo by Night, ricca di manifestazioni, musica e intrattenimento
# La Coda al Padiglione del Giappone: per entrare a visitarlo si perdeva l’intera giornata in coda
# l’Albero della Vita, alto 37 metri e costruito in acciaio e legno, luogo di spettacolo e icona globale.
Questi i ricordi: ma che cosa è rimasto a Milano?
#1 MIND e i padiglioni “in fuga”
La grande area Expo è ora al centro di nuovi progetti ambiziosi di una cittadella denominata MIND. In totale, i padiglioni erano 54. Tutti sono stati smantellati. Qualcuno è stato spostato altrove. E’ il caso, ad esempio, del Padiglione dell’Uruguay. Avreste mai pensato di ritrovarlo nelle vesti di ristorante etnico a Origgio, Varese!? (foto)
Qualcun altro, invece ha colto la palla (di neve) al balzo. E’ il caso di uno sponsor privato che, nell’inverno di quattro anni fa, ha fatto di questa nuova Area 51 di Milano il set del trampolino da sci più e snowboard più grande del mondo. Una competition polare che, per qualche giorno, ha fatto tornare a battere il cuore di questo grande ambiente dismesso.
#2 Nuove panchine, come quelle in zona 4 (corso XXII Marzo)
Sono quelle della Germania, che oggi fanno bella mostra di loro nel Giardino delle culture di via Morosini, sotto il murale con cuore dell’artista Millo.
La prima destinazione delle panchine pare fosse un’azienda specializzata in allestimenti. A cambiare la meta finale fu, invece, una lettera del Comune di Milano ai Paesi ospitanti, riportante l’invito a cedere alcuni arredi alla città.
#3 Le nuove costruzioni
Dopo il Bosco Verticalec’è stata la grande vela Zaha Hadid in compimento a CityLife, il salvadanaio di Fondazione Prada, il bis di Porta Nuova… Un’eredità di Expo è la Milano che tende verso l’alto. E tutti stanno con il naso in su.
#4 La nuova darsena
Prima c’erano i topi, ora si naviga con vista su bistrot, panchine, ponticelli dai sospiri d’amore. E qualcuno è pure tornato a pescare…
I milanesi si sono accorti che esistono le 5 vie e tutto il patrimonio storico traPiazza Cordusio e Piazza Santo Sepolcro.
Lodi-Porta Romana erano da rifuggire, fino a qualche tempo fa. Ora Prada, LVHM, Bottega Veneta hanno fatto importanti investimenti, e anche i writers internazionali, come Zed, si contendono i muri per far rifiorire la città (foto: via Brembo, Madama Hotel Bistrot)
Isola…. chi? Il luogo più desolato degli anni ’90 è la nuova mecca di bikers, esperti di moda, designer, intellettuali.
#6 Da Padiglione Coca Cola a…
…campo da basket! Si tratta del Parco Robinson, tra via Moncucco e via Famagosta.
Il parallelepipedo di 35 metri per 20, alto 12 metri, capace di coprire in tutto 1000 metri quadrati (ne avevamo parlato qui).
#7 L’Albero della Vita
Qualcuno lo voleva in Piazzale Loreto, qualcun altro l’ha progettato in versione Lego, ma la verità che l’unico e inimitabile Albero della Vita si vede ancora dall’autostrada.
#7+1 Il sindaco
Beh, senza Expo, difficilmente Beppe Sala sarebbe sindaco.
Credits ciudadanadelmundo_ IG - Rua Nova do Carvalho a Lisbona
Una classifica stilata dal New York Times elenca le 12 vie pedonali più belle d’Europa. Anche l’Italia ne piazza una in classifica. Si trova a Milano, scopriamo di quale si tratta.
Creditd miss_jenni.e IG - RüdesheimerStrasse in Germania
Creditd miss_jenni.e IG - RüdesheimerStrasse
Credits ciudadanadelmundo_ IG - Rua Nova do Carvalho a Lisbona
Credits ciudadanadelmundo_ IG - Rua Nova do Carvalho
Credits dairobin IG - Akerselva Oslo
Credits dairobin IG - Akerselva
A contendere lo scettro di “più bella” sono 12 vie sparse in Europa, ognuna con diverse caratteristiche architettoniche ma tutte accomunate dalla presenza di locali tipici e luoghi artistici. Il lungo fiume Akerselva, a Oslo, che alterna parchi alle zone abitate, Pimlico road a Londra, lussuosa via in zona Westminster che sembra essersi fermata agli inizi del ‘900, Grosser Muristalden a Berna, unica a non poter vantare locali ma che consente una vista meravigliosa sul fiume Aar, e poi via per Istanbul, Madrid, Praga e altre città europee.
# Ripa di Porta Ticinese, l’unica via italiana presente tra le regine d’Europa
Credits decocinaelaprendiz IG – Ripa di Porta Ticinese
In classifica svetta la presenza della via milanese, una delle più tipiche e fotografate, ormai si dice instagrammate, di Milano. Qui è possibile gustare qualunque piatto italiano con le varianti create da vari cuochi e chef, ci si può coccolare e far viziare dalla colazione al bicchiere della staffa prima di rincasare, si possono vedere albe e tramonti mozzafiato. E’ certamente una delle vie più multietniche esistenti data la presenza di persone, specie universitari, provenienti da ogni angolo del pianeta, si ascolta musica, si passeggia, si conosce e ci si innamora come in nessun altro posto, almeno in Italia. Soprattutto con le luci del tramonto.
# Forse limitativo essere citata tra le più belle in Europa
Foto di Rodrigo Martins (@rodrigomartins.it)
Una via che è affascinante in ogni stagione, che vede scorrere nel Naviglio pesci, anatre, cigni e qualche airone, vede navigare imbarcazioni compresa una gondola (non ha sbagliato strada…), una via che ha i suoi abitanti e i suoi personaggi, da artisti a sportivi a “santi protettori” che si prendono cura della vie e delle acque di questa zona sempre più apprezzata e conosciuta nel mondo. Senza nulla togliere a Rua Nova do Carvalho di Lisbona o alla viennese Kärntner Strasse, Graben e Kohlmarkt possiamo tranquillamente affermare che Ripa di porta Ticinese ha assolutamente meritato di essere tra le vie pedonali più belle in Europa e, secondo noi, nel mondo.
Milano non smette di crescere, almeno sul fronte immobiliare. I prezzi delle case hanno continuato la loro corsa anche nel 2024, trainati dalle periferie in fermento e da un’offerta sempre più scarsa. Ecco chi guadagna di più, dove si trovano oggi le case più care e quelle più accessibili.
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Prezzi delle case: il «quartiere della grande scommessa» segna una crescita record
# I prezzi registrano una crescita dell’1,6%
Ph. @andreacherchi_foto IG
Il mercato immobiliare milanese ha chiuso il 2024 ancora in crescita, anche se rallenta rispetto al boom post-pandemia. Secondo lo studio di Idealista, portale immobiliare leader inato in Spagna, i prezzi delle abitazioni in città sono aumentati dell’1,6% nell’ultimo anno.Il valore medio ha raggiunto i 5.067 euro al metro quadro. La carenza di offerta continua a sostenere i prezzi, nonostante tassi d’interesse ancora alti e una domanda più selettiva.
# La scommessa San Siro e gli otto i quartieri nella periferia oltre il +5%.
simo_inter4489 IG – Montagnetta di San Siro
Tra i 18 quartieri analizzati, rispetto alla precedente rilevazione, quelli che hanno visto un aumento dei prezzi salgono da 14 a 15. In testa, ancora una volta, le zone più periferiche o in fase di riqualificazione, con Baggio che cede lo “scettro” a San Siro e finisce al sesto posto. Probabilmente il boom di San Siro coincide con le prospettive di riqualificazione dell’intero quartiere collegate al nuovo stadio. Queste le aree con gli incrementi maggiori registrati nel corso del 2024:
#1 San Siro-Trenno-Figino con +7,6%
#2 Forlanini con +7,1%
#3 Certosa con +7,0%
#4 Vigentino-Ripamonti con +6,9%
#5 Comasina-Bicocca con +6,2%
#6 Baggio con +6,0%
#7 Corvetto-Rogoredo con +5,8%
#8 Famagosta-Barona con +5,8%
Anche Lorenteggio-Bande Nere (+1,1%) e Cermenate-Missaglia (+0,1%) hanno visto movimenti positivi, seppur modesti.
# La zona di Città Studi-Lambrate continua a deprezzarsi, Centro Storico stabile, Vialba-Gallaratese il più economico
Parco della Lambretta – @donnapetrei IG
Tre zone sono andate controcorrente registrando una flessione dei valori:
Città Studi-Lambrate -1,7%
Porta Vittoria -1,1%
Centro Storico -0,2%
Il dato su Città Studi conferma un trend già rilevato nel 2023, forse legato all’aumento dell’offerta o a un cambio nella percezione del quartiere. Vialba-Gallaratese resta invece l’area più economica per acquistare casa, con un valore medio di 2.945 euro al metro quadro, in lieve rialzo.
# Le zone più care: nel centro oltre 10.000 euro/mq
piazzacastellomilano.it – Vista frontale
Il Centro Storico resta in cima alla classifica per prezzo al metro quadro, con 10.088 euro/mq. Seguono:
Garibaldi-Porta Venezia: 7.266 euro/mq
Navigli-Bocconi: 7.000 euro/mq
Fiera-De Angeli: 6.592 euro/mq
Porta Vittoria: 6.335 euro/mq
Tra i quartieri sotto la media cittadina di 5.067 euro al mq si trovano Vigentino-Ripamonti (4.755 euro/mq), Lorenteggio-Bande Nere (4.437) e Greco-Turro (4.298).
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Milano è una città in continua evoluzione e tra le tendenze più affascinanti c’è quella dei listening bar: locali dove la musica è protagonista, ascoltata in alta fedeltà e in un’atmosfera intima e curata. Per chi è appassionato di vinili, suoni ricercati e ambienti dal design raffinato, questi sono i tre listening bar da non perdere a Milano. suggeriti da anotherplateoffood
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I tre «listening bar» di Milano: dove la musica è protagonista
# Onda: vibrazioni sonore anche nelle “serate silenziose”
Ph. @francescodaprile IG
Un listening bar che vanta recensioni da record. Offre un’esperienza musicale rilassata e coinvolgente in un un design ispirato alla natura, con materiali organici e una palette di colori tenui. Il menù propone snack leggeri e bevande naturali, perfetti per accompagnare l’ascolto. La selezione musicale spazia dal downtempo all’ambient, ideale per momenti di relax. Vengono organizzati anche eventi speciali come sessioni di ascolto guidato e incontri con artisti milanesi e non. Una curiosità: Onda è noto per le sue “serate silenziose”, dove gli ospiti possono ascoltare la musica attraverso cuffie wireless, creando un’esperienza personale e immersiva.
Un listening bar nei pressi della Darsena che unisce la passione per la musica a un’estetica contemporanea. Il locale si distingue per il suo arredamento moderno, con elementi industriali e tocchi artistici, creando un ambiente stimolante e dinamico. La programmazione musicale è eclettica, con serate dedicate a generi diversi e ospiti internazionali. Il locale propone cocktail innovativi e una selezione di birre artigianali. Una curiosità: il bar è composto di vari spazi versatili che alcune sere ospitano anche mostre d’arte e installazioni temporanee. A proposito: Futura collabora con artisti locali per creare esperienze multisensoriali, dove la musica si fonde con l’arte visiva.
Indirizzo: viale Gorizia, 12 – Zona Darsena.Media recensioni Google: 4.8/5
# Lubna: intimità sonora nel quartiere ruggente di Milano
Ph. @lubnamilano IG
Un listening bar che offre un’esperienza musicale immersiva in un ambiente elegante e raccolto. Situato nella zona di Fondazione Prada, il locale è caratterizzato da un design minimalista con elementi in legno e luci soffuse, creando un’atmosfera calda e cosy.La selezione musicale è molto curata, con vinili che spaziano dal jazz al soul, passando per l’elettronica più raffinata. Il tutto accompagnato da un impianto audio di alta qualità che permette di apprezzare ogni dettaglio sonoro, con un audio che si avvicina il più possibile a quello della registrazione originale grazie ad un impianto speciale. Una curiosità: Lubna organizza serate a tema con DJ set esclusivamente in vinile, offrendo un’esperienza unica per gli amanti della musica analogica. Per completare l’esperienza si possono ordinare cocktail artigianali oppure una selezione di vini naturali che ti faranno fruire meglio della musica.
Indirizzo: via Vezza d’Oglio, 14 – Zona Fondazione Prada.Media recensioni Google: 4.5/5
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