Milano: la FINE di un’ERA. Serve concepire una CITTÀ NUOVA

Le cifre di un disastro che ha colpito una città il cui sviluppo sembra arrivato al capolinea. Questi sono i punti chiave da cui si deve ripartire per evitare gli sbagli del passato

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Credits: Andrea Cherchi

Dopo le riqualificazioni che hanno fatto nascere i nuovi quartieri di CityLife e di Porta Nuova e il successo di Expo, per Milano è arrivata la fine di un ciclo segnato dalle conseguenze nefaste del Covid sull’economia. Urge ripensare un nuovo modello di città per invertire la rotta.

Milano: la FINE di un’ERA. Serve concepire una CITTÀ NUOVA

Pubblichiamo estratti articolo di Milena Gabanelli e Rita Querzè per “Il Corriere della Sera Dataroom” – Il Covid frena Milano: dai bar alla moda, danni all’economia per 10 miliardi. Le sfide da cui ripartire

# Ridotte del 50% le presenze in città, il calo del Pil nell’area metropolitana sarà di 23 miliardi 

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In media Milano raddoppia quotidianamente le presenze tra lavoratori pendolari, turisti, persone in viaggio d’affari, a Ottobre 2019 erano 1,7 milioni di persone. Oggi invece ci sono solo i milanesi. Il capoluogo lombardo ha una produttività in linea con quella di Londra e Parigi.

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Un’area con l’8% degli abitanti del Paese produce il 13% del Pil, un dato che si è ribaltato in negativo, quando si ha a che fare con la crisi e che su un perdita nazionale di Pil di 180 miliardi ben 23 saranno dovuti al mancato contributo dell’area metropolitana milanese

# Perdite superiori ai 10,5 miliardi nel settore terziario: negozi, fiere, eventi, alberghi e shopping ai minimi termini

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Il macrosettore dei servizi è quello più colpito: fiere, eventi, alberghi, shopping di abbigliamento, pubblici esercizi, la perdita stimata di fatturato tra febbraio 2020 e febbraio 2021 supera i 10 miliardi. Si va oltre gli 11 miliardi aggiungendo il settore degli spettacoli.

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Nel 2019 le 33 mila stanze degli hotel di Milano costavano erano occupate al 75%, per il 2020 Federalberghi ne stima solo il 20% con una perdita è di 1,5 miliardi. Secondo Francesca Golfetto, esperta del settore fieristico, il volume d’affari generato a Milano dalle fiere è di 3 miliardi. A fine anno il 70% mancherà all’appello: circa 2,1 miliardi. Bisogna poi aggiungere gli «eventi individuali»: i grandi marchi scelgono Milano per la presentazione dei prodotti, dal rossetto al telefonino. Qui il fatturato perso sarà di 1,4 miliardi su 2,1 totali.

# A rischio chiusura 400 negozi del comparto moda

Milano è la città della moda: i dati di Vodafone analytics dicono che nel mese di agosto in via Montenapoleone le persone in giro per shopping erano il 54% in meno rispetto ad agosto 2019. Secondo la stima di Federmoda-Global Blue, i mancati acquisti di abbigliamento degli italiani e dei turisti sta producendo una perdita su Milano di 3,7 miliardi, e in città sono a rischio chiusura 350-400 punti vendita su oltre 2500.

# Lo smartworking, destinato a quadruplicare, ha colpito duramente la ristorazione: 82.000 pranzi in meno

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Secondo un’indagine della Cisl Lombardia, prima dell’emergenza, in città il 13% dei dipendenti (154 mila persone) lavorava già saltuariamente da casa. Una volta tornati alla normalità, lo smartworking a Milano potrebbe riguardare 543 mila lavoratori in più. Il settore dello spettacolo dalla Scala, ai musei, ai concerti che ogni anno stacca 27 milioni di ingressi, e genera un volume d’affari di circa un miliardo. Il 70% è andato perduto

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Da febbraio 2020 a febbraio 2021 Fipe Confcommercio stima a Milano 1,9 miliardi di fatturato in meno, con 195.000 euro al giorno persi soltanto per i mancati pranzi al bar di circa 82 mila lavoratori che a inizio ottobre si erano aggiunti a coloro che già lavoravano da casa. Oltre 20 mila al giorno i pasti in meno nelle mense aziendali.

# I punti di forza: reggono iscrizioni all’università, immobiliare e continua l’attrazione di investimenti esteri

La caratteristica che rendono Milano attrattiva, ovvero la più grande concentrazione di imprese innovative, sembra tenere. Sul fronte della conoscenza i primi dati quest’anno segnalano immatricolazioni in aumento nelle università. Il mercato immobiliare tiene: i prezzi del metro quadrato, grazie anche ai bassi tassi di interesse, si prevedono stabili anche nella prima metà del 2021, la città continua ad attrarre i capitali internazionali. Di settimana scorsa l’accordo sottoscritto da Hines e Cale Street fondo del Kuwait che hanno messo mezzo miliardo sul progetto Milano-Sesto. Dal sociologo Aldo Bonomi all’economista di Berkeley Enrico Moretti, sono convinti che Milano non si svuoterà con la fuga verso i paesini di provincia, ma di certo bisogna disegnare un nuovo modello di sviluppo per la città. E quindi da dove si comincia?

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# Come ripartire: dalla Milano dei 15 minuti alla riqualificazione delle periferie. Gli obiettivi: inquinamento zero e miglioramento della qualità di vita dei ceti medi-bassi

In una società dove aumentano le disuguaglianze e si punta ad avere tutto a portata di mano nel giro di un quarto d’ora, la prima sfida sarà quella di riqualificare le periferie, partendo dai grandi quartieri di edilizia residenziale pubblica (Milano ha il più grande patrimonio di case popolari in Italia in proporzione alla popolazione). Investire sulle periferie vuole dire migliorare le condizioni di vita di tutti coloro che fanno funzionare la città ma non possono permettersi un affitto in centro: dai commessi, ai tranvieri, agli addetti a pulizie e consegne. Gli uffici quindi dovranno ridimensionarsi e riorganizzarsi, ma aumenteranno i coworking e a domanda di appartamenti più grandi. Per quel che riguarda i trasporti Milano può diventare una città a impatto zero, modernizzando rete e mezzi, ma anche coordinando meglio la gestione tra le aziende sul territorio per arrivare al biglietto unico sull’area metropolitana.

# La città del lavoro dovrebbe puntare a ospitare la sede Anpal per far ripartire tutto il Paese

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L’Anpal, l’Agenzia nazionale delle politiche attive dovrebbe avere la sua sede a Milano, la città del lavoro per eccellenza che solo a Luglio ha perso 40.000 posti nell’area metropolitana. Sarebbe opportuno che il capoluogo gestisse questo ente fondamentale, in coordinamento con il ministero dello Sviluppo economico soprattutto sui temi della digitalizzazione del sistema produttivo e sull’economia circolare, per ricostruire un sistema produttivo che mieterà ancora molte “vittime” nei prossimi anni in tutto il Paese e che dovrà assolutamente ripartire quanto prima.

Fonte articolo: Il Corriere della Sera

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