VIA COL COVID: le 10 iniziative del governo che potrebbero spazzare via le nostre aziende

Un grido d'allarme per i nostri governanti e per l'opinione pubblica: se non si interviene con dei correttivi rischiamo di chiudere la fonte principale di lavoro e di finanziamento dei servizi pubblici

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I decreti di Marzo e Maggio, insieme ad altre azioni impostate dal governo, rischiano di compromettere il tessuto produttivo del nostro paese. In nome del rischio zero per la salute si sono adottate restrizioni che non hanno eguali nel mondo e che determinano più costi e meno ricavi per le nostre aziende di numerosi settori, pregiudicando la loro sostenibilità. Le elenchiamo come grido d’allarme per i nostri governanti e per l’opinione pubblica: se non si interviene con dei correttivi rischiamo di chiudere la fonte principale di lavoro e di finanziamento dei servizi pubblici

VIA COL COVID: le 10 iniziative del governo che potrebbero spazzare via le nostre aziende

#1 Ristoranti, bar e negozi: meno tavoli e persone, con maggiori costi per la sicurezza

Le regole per bar e ristoranti saranno le più stringenti e il consiglio se possibile è di far accomodare i clienti all’aperto, sfruttando al massimo gli spazi esterni, come i dehors. La capienza dei locali all’interno invece sarà molto limitata: tra un tavolo e l’altro dovranno esserci almeno due metri quadrati, e quattro per ciascun cliente. Se i clienti sono allo stesso tavolo e il bar o ristorante è dotato di separatori in vetro o plexiglass, la distanza tra loro potrà essere ridotta anche a un metro e mezzo. Molto probabile anche la prenotazione obbligatoria per evitare assembramenti di persone in attesa fuori dal locale, niente buffet, mascherine obbligatorie per i clienti prima e dopo i pasti. Obbligo di mascherine anche per i dipendenti. I locali dovranno mettere a disposizione prodotti igienizzanti per la disinfezione delle mani. Esempio di costi: un locale di 100mq potrà ospitare 25/35 persone circa contro le 80 abituali e con un minimo 12/15 dipendenti i soli costi per riaprire saranno di 5.000 euro, a cui aggiungere 300 euro al mese per i guanti, mascherine e liquido igienizzante per 150 euro al mese, 250 euro per la sanificazione, 1.500 euro per dieci divisori in plexiglass e 45.000 per pagare i dipendenti ogni mese.

Le regole per i negozi sotto i 25 metri quadrati, è permettere l’ingresso ad un solo cliente alla volta. Se la porta del negozio è unica, il negoziante dovrà assicurarsi che i clienti non si incrocino. Se ci sono due porte, una verrà destinata all’ingresso, l’altra all’uscita.

Per i negozi di abbigliamento, che dovranno essere sanificati ogni giorno, saranno obbligatori mascherine e guanti per chi prova un capo. Le cabine ad ozono per la sanificazione di cabine e vestiti costeranno dai 3.000 euro in su.

Per i parrucchieri e gli estetisti, oltre a tutti i dispositivi di sicurezza previsti – mascherine, guanti, visiere – resta valida la regola di un un solo cliente alla volta: la prenotazione del servizio sarà obbligatoria e gli strumenti di lavoro dovranno essere sempre sanificati. Dipendenti e clienti dovranno indossare guanti e mascherine.

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Le stime parlano di fatturati ridotti fino al 80% oltre a costi in crescita. 

#2 Per gli imprenditori rischio di responsabilità penali nei confronti dei dipendenti in caso di Covid

I datori di lavoro rischiano un processo penale nel caso in cui un loro dipendente si ammalasse di Covid-19 sul posto di lavoro pur avendo posto in essere le misure necessarie per contrastare e contenere la diffusione del Covid-19 dettate dai protocolli di sicurezza del 14 marzo e del 24 aprile 2020: con l’equiparazione tra infortunio sul lavoro e contagio da Covid-19, meritevole di ricevere la copertura assicurativa Inail, potrebbe portare al coinvolgimento dell’imprenditore sul piano penale per i reati di lesioni o di omicidio colposo, nel caso di decesso, senza contare le richieste di risarcimento. Questo significa più costi di spese generali e di assicurazione, spese legali in caso di contenzioni e il rischio di dover lasciare a casa i dipendenti per ridurre i rischi.

# 3 Le spiagge come ambulatori

Ai tempi del coronavirus si andrà al mare con la mascherina, dal momento dell’arrivo fino a quando si raggiungerà l’ombrellone o la postazione assegnata. Saranno create delle “piazzole” per gli ombrelloni o i lettini singoli che garantiranno la distanza di sicurezza, dalle altre postazioni e dalla battigia: 5 metri di distanza tra le file degli ombrelloni, 4 metri e mezzo di distanza tra quelli della stessa fila, 2 metri tra le sdraio o i lettini di un ombrellone e le attrezzature dell’ombrellone accanto e tra lettini o sdraio, quando non sono all’interno dell’area di un ombrellone.

Le spiagge saranno a numero chiuso: gli accessi verranno contingentati dai gestori e viene suggerita la prenotazione obbligatoria, anche per fasce orarie, percorsi di entrata in spiaggia e di uscita distinti, tavoli dei ristoranti e dei bar distanziati e piscine all’interno degli stabilimenti balneari. Pulizia almeno una volta al giorno delle varie superfici, degli arredi delle cabine e delle aree comuni, sanificazione frequente delle attrezzature, dispenser di gel disinfettanti per le mani a disposizione dei clienti in luoghi facilmente accessibili.

#4 Turismo estero alla larga dell’Italia

L’obbligo della mascherina anche all’aperto, divisori ai tavoli dei bar e dei ristoranti e mascherine anche per i clienti, ombrelloni distanziati e entrate a numero chiuso nelle spiagge con mascherina, guanti per accedere sui mezzi pubblici, ingressi contingentati in tutte le attività commerciali compresi negozi di abbigliamento. Tutte misure che allontaneranno turisti italiani e stranieri a visitare le città italiane anche per fare shopping e luoghi di villeggiatura.

#5 Gli eventi, gli spettacoli teatrali, i cinema: nessuna pianificazione all’orizzonte

Al momento chi lavora nel settore del design, della moda, del teatro, del cinema e degli eventi in generale non ha a disposizione un documento che regolamenti la nuova stagione di eventi. Gli eventi fieristici saranno un miraggio quest’anno con il Salone del Mobile, Vinitaly e Cibus già rinviati al 2021, le fashion week autunnali non si sa ancora se saranno tenute con misure di distanziamento e protezione o se saranno solamente in digitale, gli spettacoli teatrali non sono stato affatto considerati nemmeno per organizzare i posti a sedere del pubblico, lo stesso per cinema e i concerti quasi tutti slittati al prossimo anno. Per molti il rischio è che quest’anno sia tutto cancellato, con l’indotto di lavoratori a rischio di rimanere senza un’occupazione.

Si stimano perdite di fatturato oltre il 60%, impatto che ricadrà anche su agenzie di comunicazione e fornitori di servizi.

#6 Il mondo della formazione privata: non si sanno date e quello che si potrà fare

Chi potrà tenere corsi formativi, seminari, lezioni, in quale modalità, quali ambienti saranno consentiti, da quando si potranno tenere riunioni o meeting formativi, di chi sarà l’obbligo di vigilare sul rispetto delle normative di sicurezza se la formazione verrà fatta in luoghi ricettivi come gli alberghi? Tante domande senza risposte, tenendo conto le scuole non riprenderanno prima di settembre ma gli stipendi saranno regolarmente pagati, mentre chi fa formazione nel settore privato deve programmare il calendario, impostare le campagne di marketing, attivare i canali di vendita per potere generare reddito è inconcepibile non avere nessuna indicazione. Al momento chi può si organizza tramite l’e-learning, ma non potrà essere una soluzione sostenibile a lungo per contenere l’emorragia di licenziamenti del settore.

#7 La concorrenza sleale al contrario: export penalizzato dalla minore competitività per le nostre aziende

Credits: luca gualtieri – Investimenti in logistica

Nella tabella in alto si vede la differenza di competitività sull’export, mettendo a confronto gli investimenti sulla logistica tra Italia e Germania: solo con questo parametro il nostro Paese perde in condizioni normali 70 miliardi di euro. Aggiungiamoci che a causa del lockdown più duro di tutti le altre Nazioni l’Italia ha subito un calo della produzione del 29,3%, più alto degli altri Stati Europei, contro il 16,8% della Francia, il 14,2% della Germania e il 12,6% della Spagna: questo dato si rifletterà sull’export in quanto avremo meno prodotti da vendere oltre confini.

La burocrazia mette il carico da novanta, incapace ab origine di mettere nelle condizioni le imprese di avere regole snelle per il contenimento dei costi fissi e la gestione delle pratiche necessarie alla nascita dell’attività e al quotidiano funzionamento, imponendo strumenti di controllo come gli studi di settore o la fiscalità più alta d’Europa con una tassazione reale fino al 65%, rende l’impresa italiana incapace di competere.

#8 Nessun aiuto strutturale dal governo alle imprese:
prestiti non vengono concessi e contributi a fondo perduto pochi e insufficienti

Confindustria ha chiesto aiuti a fondo perduto ma dal governo arrivano solo 6 miliardi per le microimprese. Si partirà da un minimo di 2.000 euro per chi ha un fatturato bassissimo fino ad arrivare a un massimo di 40 mila euro, la media sarà 5.000 euro, per le imprese che nel corso del 2019 hanno fatturato 5 milioni di euro. Rischio esclusione per 2,5 milioni di piccole aziende imprese individuali, con o senza dipendenti. I soldi  andranno solo a 1,6 milioni di microimprese, ma il bacino dei grandi esclusi è molto più vasto. Secondo l’ultima indagine dell’Istat in Italia ci sono 4 milioni e 398mila imprese. I soldi a fondo perduto, come si diceva, andranno solamente a 1,6 milioni di loro. Le piccolissime, ma anche le medie e le grandi sono tagliate fuori. 

#9 Trasferimenti sulle aziende dei costi sociali delle pubblica amministrazione

Negli 85 miliardi di nuovo debito tra il decreto di Marzo e di Maggio ci sono 3 miliardi per l’assunzione di 16.000 insegnanti e 10.000 infermieri, che comporteranno un’ulteriore aggravio della spesa pubblica a lungo termine, la quale vede ad oggi per la cassa integrazione dei dipendenti pubblici a tempo indeterminato, le pensioni inclusa la componente assistenziale, le politiche attive e passive per il lavoro, la scuola, le università e l’innovazione un totale di spesa improduttiva di circa 62 miliardi di euro ogni mese.

Questi maggiori costi saranno a carico delle imprese, le quali perderanno tra il -12,7% e il -18% di fatturato tra 2020 e il 2019, con settori in caduta anche dell’80% e mentre si continua a sostenere il settore pubblico quello privato non avrà nessun paracadute e questo si riflette nelle previsione del PIL: -9,5% la stima migliore, -20% quella peggiore.

#10 La totale incertezza dell’assenza di diritti e di tutele dalle ingerenze di uno “Stato Padrone”

Le aziende sanno che in qualunque momento lo Stato può chiudere il rubinetto delle risorse, può richiudere tutte le attività quando vuole e in più non ci sono tempi certi per nessuna cosa: ad esempio le casse integrazioni che le imprese stanno anticipando e probabilmente lo stato potrebbe non pagare neanche, i prestiti, i bonus e i contributi a fondo perduto ancora da ricevere, tanti settori non sanno se, come e quando riapriranno. Si vive costantemente sotto la mannaia di un debito pubblico fuori controllo con una stima prudenziale della Commissione Europea del 160% che potrebbe sfiorare il 200%, si deve sottostare a una burocrazia assurda e all’assenza di investimenti che faranno uscire tutte le imprese italiane dal mercato, alcuni dati: -26,3% di calo della produzione contro la metà degli altri Stati europei, ultimo Paese per deficit con -11,1%, disoccupazione al 12%. A questi dati si aggiunge una gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19, che ha causato ad oggi oltre 31.000 morti, appena dietro Regno Unito e USA, nonostante il lockdown più lungo e restrittivo di tutti i Paesi.

Ma l’ingerenza dello Stato Padrone nella vita delle aziende pare non avere limiti: si è aperto un dibattito nel governo se imporre alle aziende che ricevono prestiti garantiti di inserire nei loro CDA dei funzionari dello Stato. 

Fonti: 
La gestione del COVID e dei suoi effetti: l’Italia a confronto con gli altri paesi. Siamo tra i MIGLIORI o tra i PEGGIORI?
La CLASSIFICA dei paesi che hanno saputo fronteggiare meglio il Covid. L’Italia? Fanalino di coda

FABIO MARCOMIN

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Fabio Marcomin
Giornalista pubblicista. Laurea in Strategia e Comunicazione d’Impresa a Reggio Emilia. Il mio background: informatica, marketing e comunicazione. Curioso delle nuove tecnologie dalle criptovalute all'AI. Dal 2012 a Milano, per metà milanese da parte di madre, amante della città e appassionato di trasporti e architettura: ho scelto Milano per vivere e lavorare perché la ritengo la mia città ideale.