“Milano hai ROTTO!”. Per un giornale romano la capitale stravince su Milano. Verità o scempiaggini?

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Nell’edizione di Sabato 16 e domenica 17 febbraio, il Foglio pubblica a tutta pagina un attacco a Milano. La retorica della città modello “ha stancato”. Non solo. In un confronto con Roma non c’è partita: stravince la capitale. Qui sotto le dieci motivazioni. C’è del vero o sono scempiaggini?

“Milano hai ROTTO!”: le debolezze di Milano e la presunta superiorità di Roma

#1 I grattacieli truccati

“Milano è seppellita sotto uno strato spesso del migliore top coat in circolazione. (…) Se Milano smettesse di ricoprirsi di top coat sembrerebbe sciatta. E disperata. La magia del top coat svanirebbe e lo skyline tornerebbe a essere il ricordo di uno skyline. Il Bosco Verticale un palazzotto con le piante sopra, la Biblioteca degli Alberi solo un’idea scema

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#2 C’avete solo la nebbia

“Nebbia, fumi e nebulose. E’ questa l’atmosfera propria di Milano, quella di cui ha bisogno per camuffarsi meglio”.

#3 Milano Gangnam Style

“Un tour della città non può iniziare se non sei munito del kit giusto. Un asciugamano, una tuta, e le sneakers. Una volta che ti sei infilato le sneakers che portano tutti a Milano, quelle colorate, almeno sei tinte insieme, magari anche con del pelo fluo sopra, si può partire”.

#4 Milano è 10 anni indietro

“Dopo un’oretta a passo svelto in giro per Milano c’è bisogno di una pausa caffé- caffé al cocco per sentirsi un po’ esotici e scacciare le nebulose. Ovviamente da Starbucks. A Parigi, unica capitale europea degna di un confronto con Roma anche se millesettecento anni in meno si sentono, Starbucks è vuoto, in quasi tutti i quartieri. “Qui andava di moda dieci anni fa”, dice il ragazzo al bancone mentre si gira i pollici. Milano cerca di stare al passo con i tempi ma risulta comunque indietro se paragonata ad altre città, più a nord di lei“.

#5 La parlata: a Roma è una nuvola di beatitudine, a Milano unghie che grattano sulla lavagna

“La brevità è una caratteristica sofisticata ed è tutta romana. L’osso. I milanesi aumentano anche la lunghezza dei nomi propri mettendo davanti gli articoli, hanno bisogno di fare scena, di coprire la loro assenza di ciccia. La Clarissa. Il Federico. Il Gianni. A Roma semo pigri, nel parlà tojemo er più possibile, fosse pe noi useremmo solo tre vocali: oh, ah, eh. Per non sprecare fiato ci si chiama con i diminutivi: Cì, ao, frà, zì. Anche l’intercalare per eccellenza- daje – fra le righe vuol dire taglia corto. Si può ammirare la differenza fonetica totale con quello milanese: Tac, che può prendere una quantità infinita di a, Taaaaac. E’ brutto, te fa pizzico ar naso. Da una parte la rotondità arabeggiante che ti avvolge in una nuvola di beatitudine, dall’altra unghie che grattano sulla lavagna“.

#6 La retorica su Milano città modello ha rotto più dell’immondizia per strada

“Negli ultimi anni la trasformazione del capoluogo lombardo, che a detta dei più l’ha avvicinata alle altre capitali europee, sembra essere l’unica benedizione che salva il paese dall’inferno dell’arretratezza. Sono puliti. Sono fit. Sono incravattati. Milano è il modello da guardare, sostenere, imitare. Che il resto d’Italia, soprattutto il sud, si specchi, vergognandosi anche un po’ delle sue brutture. Questa retorica ha rotto quasi come la retorica del degrado che affligge Roma più della stessa immondizia per strada“.

#7 Se Roma sviluppasse le sue potenzialità Milano diventerebbe Busto Arsizio

“<<Bisogna sfruttare tutte le potenzialità che ha Roma>> sembra un po’ <<è intelligente ma non si applica>>, la frase più insulsa pronunciata dagli insegnanti di tutto il mondo. Beh. Intanto non vi conviene, se Roma mettesse a frutto tutte le sue potenzialità Milano diventerebbe immediatamente Busto Arsizio e nessuno ci metterebbe più piede nemmeno con le sneakers colorate”

#8 Il cibo a Milano è fuffa nebulosa, orecchie piene e panza vuota

“Roma si può permettere anche gli avocado-bar, sotto al sole può venirti voglia di addentare perfino un misero avocado-toast. Nell’immensa varietà, fra una gricia e una coratella, ci sta. A Milano no. Mangiare avocado nella nebbia diventa una presa in giro, ti deprime più di quanto tu non lo sia già. Oltre alle materie prime sempre più svilite a causa delle composizioni infichettite fino all’inverosimile, c’è la spiegazione nei minimi dettagli da parte del cameriere, talmente tanti dettagli su dove hanno preso quel pomodorino giallo che se ne sta lì mezzo ammosciato sul piatto vuoto, che si fredda tutto e ti passa la fame. Nebbia, fuffa nebulosa, orecchie piene e panza vuota, un modo di fare cibo che può piacere ai semplici“.

#9 Il futuro di Milano, paesotto di provincia, è posticcio

“Ma la differenza principale fra Roma e Milano, più che la dimensione spaziale (ovvio Roma è immensa, Milano è un paesotto di provincia a confronto) è quella temporale. Sono le categorie ontologiche a essere opposte. Roma è sempre, un circolo, sfondo perfetto per l’arte, di ogni genere – dai film alle serie tv alla musica, la scena musicale del momento è Roma: forza Achille Lauro, Noyz Narcos, Carl Brave, Franco 126, ma pure tutti quei soggettoni indie. Milano è progresso segnato, posticcio, linea dritta da elettroencefalogramma piatto. Non esiste se non nel futuro, un futuro promesso, già deciso”.

#10 E’ Roma, non Milano, l’emblema della modernità

“Roma non si adegua a questo tempo, non si sforza di essere alla moda, per questo nessuno potrà mai dire che è passata di moda. E’ Roma, non Milano, l’emblema della modernità“.

Estratti da: “Milano, hai rotto”, di Valeria Montebello, Il Foglio

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2 COMMENTI

  1. Dai, è ovviamente un articolo ironico, nessun essere senziente potrebbe pensare davvero queste cose.

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