Perchè l’ITALIA per decidere sul VIRUS non usa i due PARAMETRI utilizzati in tutto il mondo?

Se si applicassero i parametri più utilizzati nel mondo la Lombardia non sarebbe zona rossa

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Credits: wired.it

In nessun altro posto al mondo risulta esserci al momento un automatismo così complicato che mette assieme un numero così alto di parametri quantitativi e qualitativi molto diversi tra di loro per realizzare un sistema di chiusure differenziato sul territorio. Tutti i principali paesi per valutare il livello di rischio e di evoluzione della pandemia utilizzano solo due indicatori. Se si applicassero questi le zone rosse potrebbero risultare diverse. 

Perchè l’ITALIA per decidere sul VIRUS non usa i due PARAMETRI utilizzati in tutto il mondo?

Pubblichiamo estratti articolo di Gianluca Dotti per “Wired” – E se usassimo solo questi due parametri per decidere le regioni da chiudere?

# La complicata matrice di rischio frutto della combinazione di 21 indicatori

Ormai l’approccio a semaforo scelto per regolare le restrizioni anti-Covid-19 nelle regioni italiane è diventato chiaro a tutti in termini di attuazione. L’attuale impianto normativo è un insieme di ben 21 parametri decisivi per stabilire il livello di rischio di ciascuna regione, con una matrice del rischio che inserisce gli indicatori in una valutazione unica. Da questa poi discenderebbe la decisione finale ufficiale in base ai dati elaborati da Istituto superiore di sanità, Comitato tecnico scientifico e ministero della Salute.

Già in partenza, però, sono emerse ipotesi di potenziali manipolazioni dei dati da parte di alcune regioni. Molti dati sui contagi da coronavirus sono in ritardo rispetto al progredire dell’epidemia. E pure che alcune regioni nemmeno riescono a trasmetterli in modo completo. Quindi è davvero necessario un sistema così complesso? 

# Quali parametri vengono utilizzati nel resto d’Europa

Francia, Germania, Paesi bassi, Repubblica ceca, Danimarca, Irlanda e Grecia, tanto per citare alcuni stati, hanno di fatto imposto lockdown nazionali più o meno rigidi, regolando i singoli provvedimenti ma estendendoli a tutto il territorio nazionale.

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Tra le eccezioni figura invece il Portogallo, che dal 4 novembre ha attivato una serie di misure restrittive che valgono in 121 municipalità, corrispondenti a poco più di due terzi dell’intera popolazione. Secondo quanto si legge dal sito del governo, il criterio di scelta delle municipalità da mettere in zona rossa è basato su soli due parametri, di cui uno quantitativo e uno qualitativo. Il primo è il numero di casi registrati ogni 100mila abitanti, e il secondo è banalmente la prossimità geografica con un’area ad alta incidenza di casi. Tutti i paesi i dati della sorveglianza epidemiologica su Covid-19 fanno da guida alle decisioni governative, ma in nessun caso risulta esserci al momento un automatismo tra i parametri quantitativi e le chiusure.

# L’OMS ha previsto 6 parametri, lo studio scientifico pubblicato su Frontiers in Public Health 2 soltanto

Secondo quanto comunicato già in primavera l‘OMS aveva individuato un insieme di sei parametri generici per stabilire quando togliere o reinserire un lockdown su un certo territorio: l’indice di trasmissione Rt, l’abilità di eseguire il contact tracing, la possibilità di isolare e trattare i pazienti infetti, la probabilità di avere focolai in situazioni specifiche come ospedali, scuole e case di cura, il monitoraggio e il controllo dei casi di importazione e l’aderenza della popolazione alle norme anti-contagio.

La conclusione di uno studio scientifico pubblicato a giugno sulla rivista Frontiers in Public Health, all’interno di un modello matematico e di computazione estremamente complesso, ha stabilito che per ottimizzare l’attivazione e la rimozione delle misure di lockdown molto dipende da appena due parametri: il solito indice di trasmissione Rt e poi il recovery rate (tasso di guarigione), ossia il rapporto tra persone guarite e nuovi casi di positività. Soprattutto in una strategia on-off, in cui le misure di contenimento vengano adottate o rimosse in blocco, l’esito dell’epidemia valutato da simulazioni numeriche si è visto essere definito dalla regolazione fine di queste due quantità.

Molto significativi nello stesso studio, oltre alla conferma della soglia critica del 30% per le terapie intensive, il valore di soglia di questi parametri. Si parla di 0,64 per il recovery rate, e di appena 0,30 per Rt. In sintesi per non essere in lockdown dovrebbe essere infettata solo una nuova persona ogni tre individui infetti, e in Italia salvo alcune regioni durante i mesi estivi, siamo ovunque sopra quota 1.

# Utilizzando solo i due parametri più diffusi la Lombardia non sarebbe tra le regioni più a rischio

Nonostante l’indice Rt più aggiornato della Regione Lombardia risalga alla settimana del 25 ottobre/1 novembre, quindi più alto degli ultimo periodo in cui ad esempio a Milano si è dimezzato a 1,25 rispetto al momento di picco, combinandolo con il recovery rate la nostra regione sarebbe meno a rischio di altre. Sicuramente non sarebbe tra quelle più in pericolo.

La mappa del recovery rate (rapporto guariti/nuovi positivi) applicata agli ultimi sette giorni, dal 2 al 9 novembre mostra che la Lombardia si troverebbe ad un livello di rischio medio.

Credits: wired.it

Leggermente più a rischio facendo una media ponderata di Rt e recovery rate in modo che abbiano lo stesso peso nel determinare il valore finale, che viene poi normalizzato in una scala da 0 a 1. In questo caso va sottolineato che con un indice Rt aggiornato, il livello di rischiosità si abbasserebbe notevolmente.

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Fonte: Wired

Continua la lettura con: l’evoluzione dei contagi. Calcolando la media mobile la Lombardia non è tra le regioni peggiori

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