Intervista a BUSSOLATI (PD): «Ogni milanese ha 7 livelli sopra la propria testa: servono POTERI SPECIALI»

Milano autonoma all'interno di una macro regione del nord

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Pietro Bussolati
Credits: pietrobussolati.it

Pietro Bussolati, nato e cresciuto a Milano, è consigliere regionale della Lombardia e membro della segreteria nazionale del Partito Democratico: capolista di quest’ultimo alle elezioni regionali del 2018, è stato eletto consigliere risultando il più votato per numero di preferenze di tutto il centrosinistra in Regione. Il 15 giugno 2019 Nicola Zingaretti lo ha assegnato alla Segreteria nazionale del Partito Democratico con delega a Imprese e Professioni.

Intervista a BUSSOLATI (PD): «Ogni milanese ha 7 livelli sopra la propria testa: servono POTERI SPECIALI»

pietro bussolati
Pietro Bussolati col Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Francesco Boccia. Credits: instagram.com/pietrobussolati/

Milano nel panorama attuale italiano, europeo ed internazionale: in che connotazione la vede?

Milano è una realtà che da tempo, non solo legato ad Expo, ha avviato un percorso virtuoso e lo si può vedere da vari indicatori: turismo, produzione, ricerca e sviluppo, ecc.
Se, come indica il CRESME, Milano sarà una delle città che insieme a Londra e Berlino attrarrà più i giovani in futuro, dobbiamo essere in grado di essere accoglienti e di creare servizi accessibili anche a loro, poiché sono fortemente utili per il sistema lavorativo e quello imprenditoriale

Milano sicuramente dopo Expo è cambiata, portando benefici alla città, di cui forse non ci si rendeva nemmeno conto. Per Expo, l’attuale Sindaco Giuseppe Sala, che all’epoca fu commissario, poté usufruire di “poteri speciali”, per portare avanti i lavori. Furono utili questi “poteri speciali” di cui poté usufruire Sala?

Nella realizzazione di Expo i “poteri speciali” sono stati molto utili. E tale progetto non è stato circoscritto solo al territorio di Milano, ma ha coinvolto anche altre zone come Pero e Rho. C’è stato bisogno di una serie di protocolli speciali, che hanno consentito di sviluppare un modello di governance ultra-territoriale, che secondo me è assolutamente molto interessante. Abbiamo attualmente un sistema istituzionale derivante da Napoleone, perché lo stato centrale è di stampo napoleonico, che segna tutte le sue rughe e la sua vecchiaia, poiché non più adatto a gestire alcuni fenomeni complessi, come il bisogno di mobilità, che è molto diverso rispetto al passato, l’innovazione tecnologica e tanti altri. Ci sarebbe quindi bisogno di quella flessibilità che c’è stata in Expo, di poteri che devono essere più interconnessi con autorità specifiche, che siano più indipendenti anche da un punto di vista territoriale, e di potere politico. Dunque, quei poteri sono fondamentali e andrebbero presi come esempio, anche per studiare una nuova architettura del governo del territorio che sappia innovare rispetto a quella oggi esistente.

 Abbiamo attualmente un sistema istituzionale derivante da Napoleone, che segna tutte le sue rughe e la sua vecchiaia, poiché non più adatto a gestire alcuni fenomeni complessi

Questi “poteri speciali” che ci furono per Expo permisero a livello burocratico di poter accelerare determinate pratiche, per portare avanti progetti e lavori non solo sul territorio milanese, ma di cui poterono beneficiare anche i territori circostanti.

Sì, indubbiamente sì. Expo era fortemente a rischio. Quando Sala prese il controllo si era fortemente in ritardo e solo grazie a quei poteri si riuscì a recuperare il tempo. È stato un grado di autonomia in una situazione emergenziale. Ciò che è interessante dall’eredità da Expo fu la governance. Gli italiani spesso danno il meglio quando sottoposti a pressioni, ma dovremmo essere capaci a fare tutto questo anche quando un’emergenza non c’è. Determinati poteri extraterritoriali possono davvero consentire di fare cose grandiose, come quelle che abbiamo fatto in quel periodo.

 Determinati poteri extraterritoriali possono davvero consentire di fare cose grandiose

Lei parlava di emergenza Expo. Adesso nel 2026 arriveranno le Olimpiadi e in questo momento forse si sta parlando di un’altra emergenza ed attualmente sia il comune di Milano sia le regioni coinvolte stanno contrattando con il governo, per avere anche in questo caso una “legge speciale”, per arrivare con servizi ed infrastrutture pronte. Perché solo nelle emergenze si pensa a creare questa tipologie di leggi?

Quello che dice è vero, tutto questo non può essere emergenziale solo in funzione dei grandi avvenimenti, ma è necessaria in Italia una riforma costituzionale che tratti il tema degli enti locali. Un cittadino di Milano ha 7 livelli sopra la propria testa: Municipio, Comune, Provincia, Regione, Camera, Senato e Parlamento Europeo, che si occupano spesso delle stesse cose, creando papocchi e burocrazia asfissiante, di cui soffrono gli imprenditori ed i lavoratori. Una gran confusione che non aiuta nemmeno la politica, dato che spesso ci si fa ostruzionismo solo perché di partiti diversi.

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A Milano città devo dire, invece, che sia le forze di destra e sinistra collaborano insieme. Ed è in questo contesto che secondo me Milano come città metropolitana dovrebbe acquisire una sua forte autonomia. Milano è una città tenuta volutamente piccola, sin dai tempi di Mussolini, per non fare concorrenza a Roma. Ma Milano è un sistema coeso, molto più grande di quello che si crede, che arriva fino a Malpensa. Bisognerebbe quindi costituire una Milano metropolitana che racchiuda al suo interno la sfera sociale ed economica del territorio con dei poteri speciali, che vengono destinati a quest’area con un ripensamento costituzionale di consegna di questi poteri, come funziona già per le città stato nel resto del mondo. Ecco questa sarebbe una grande conquista. Permettendoci di essere incisivi nello sviluppo del territorio.

Quello che succede ad oggi spesso sono conflitti costanti, come quello con regione Lombardia sui trasporti, dove Milano ha fatto scelte diverse rispetto alla regione, e a pagarne in questi conflitti sono i cittadini.

Lei parlava di riforma costituzionale. L’Articolo 132 della Costituzione prevede la formazione di Citta Regioni. Lei quando parla di città metropolitana, parla di una città regione dove Milano diventerebbe in un certo senso il capoluogo dell’attuale città metropolitana. Per arrivare a questa riforma costituzionale, lei vedrebbe un passaggio tramite un referendum costituzionale o già il Comune di Milano potrebbe avanzare questa richiesta a Roma?

Io non sono contrario all’ipotesi di referendum e a una richiesta di autonomia tout court di Milano. Mi trovereste favorevole, però è indubbio che il principale oppositore di tutto questo sarebbe Regione Lombardia, perché qualsiasi presidente di qualsiasi colore politico non avrebbe piacere a vedere lo sviluppo di un’autonomia nel cuore della propria regione. La soluzione a ciò, a mio avviso, sono le “macro-regioni”. Quando le regioni furono immaginate per la prima volta avrebbero dovuto occuparsi prevalentemente di sviluppo strategico, nel corso poi del tempo sono state infarcite di funzioni, avendo poteri sostitutivi agli enti locali. Le dimensioni attuali di Regione Lombardia non consentirebbero di far nascere una città regione, che gestirebbe la metà del PIL. Se Regione Lombardia costituisse invece con le regioni del nord ovest una “macro-regione”, che potrebbero ragionare di strategia insieme, a quel punto al suo interno dare una fortissima autonomia funzionale, e anche fiscale, ad una città regione a territorio espanso come Milano, dando qualche funzione amministrativa autonoma alle altre ex provincie, come Torino e Genova, a quel punto questo asse presenterebbe un triangolo fortemente concorrenziale. Questo è un disegno, non è detto sia quello giusto, ma ritengo sia il più sensato. Attualmente siamo molto lontani per raggiungere quel risultato. È ovvio che un referendum di autonomia per Milano aiuterebbe ad andare su quella strada.

Quindi in caso di un referendum costituzionale dove il 50%+1 dei cittadini milanesi dica, “Sì, vogliamo la città regione”, lei dice che il principale oppositore sarebbe la Regione Lombardia. E da Roma cosa direbbero?

Io sarei concorde ad un ripensamento metropolitano, di funzioni amministrative. La città di Milano da sola è troppo piccola a livello territoriale per avere questi poteri amministrativi.

Sarà piccola ma muove molto Milano a livello nazionale, ed è forse l’unica città di caratura europea attualmente in Italia.

Milano ha un’immagine fortissima. Cerco di non farmi trasportare dall’aspetto identitario, da cittadino milanese, so che è più forte dire Milano che città metropolitana, che non si capisce che cosa sia. Ma se analizzo i dati del mondo imprenditoriale che abbiamo, non hanno dimensioni cittadine, ma dimensioni regionali o almeno metropolitane. Sull’autonomia della sola Milano sarei contrario.

La Costituzione parla di città regione, quindi vuol dire che Milano si porterebbe con sé la città metropolitana, ne sarebbe dunque il capoluogo.

Bisogna fare un ragionamento sulla vecchia provincia di Milano, che aveva dentro anche Lodi e Monza. Anzi, secondo me è un discorso ancora più ampio, che va da Malpensa ad Orio al Serio. Da un punto di vista identitario e storico Bergamo, così come Monza, pur essendo vicina a Milano ed inserita economicamente e socialmente, c’entra poco e nulla con la città. Milano era sotto gli Sforza, Bergamo sotto i veneziani. Ma dal punto di vista economico, penso occorra trovare una modalità per costruire una forte autonomia di tale contesto, che è il cuore di Regione Lombardia.  E la regione Lombardia dovrebbe avere il coraggio di aprirsi ad altre regioni e fare un ragionamento di “macro-regioni”.

Se dovesse arrivare un documento a Roma, in cui si dice che la città di Milano vuole essere una città stato, come reagirebbero i romani?

Non so dirlo, sicuramente sul tema dell’autonomia differenziata di Regione Lombardia, di cui sono favorevole, ci sono stati evidenti contrasti, che avremmo anche per il tema di Milano. Secondo me, quindi, si deve pensare ad un’alleanza Milano–Napoli, evitando un conflitto nord-sud, che bloccherebbe il paese. Napoli nel contesto del Sud Italia ha un’economia molto più sviluppata di Roma, per certi versi. Roma, però, dovrebbe essere abbastanza intelligente da capire l’utilità di questo.

Lei ha parlato di conflitto nord-sud. Si parla anche molto spessodi Modello Milano: perché non si riesce ad adottarlo ed esportarlo al resto d’Italia? Perché non vedere che Milano può fare qualcosa di positivo anche per il resto d’Italia? Perché Milano è vista a volte come un nemico?

Si pensa a un modello, quindi che sia replicabile. La percezione in giro per l’Italia è che non sia replicabile, ossia che qui ci sono condizioni economico-sociali che, non essendoci ad altre latitudini, non la rendono modello, ma eccezione. Per il resto d’Italia è Eccezione Milano. È vero o non è vero? È vero che ci sono condizioni economiche derivanti dalla storia, ma è altrettanto vero che qui c’è una consapevolezza delle classi dirigenti, che mettendo insieme le forze si possono risolvere i problemi, una concezione che non trovo altrove. Questo sarebbe assolutamente esportabile. Non è facile perché è un concetto che si basa sulla fiducia, sul lavoro di squadra, dandosi degli obiettivi e portandoli a termine, e ciò si innesca quando si riesce a dare l’idea che questo porti benessere.

Per il resto d’Italia MILANO NON è un modello, ma un’Eccezione 

Quindi, da un certo punto di vista, Milano può essere il faro d’Italia. Possiamo investire da questo punto di vista sulla città?

Sì, e ha bisogno di essere messa nelle condizioni di poterlo fare appieno, con anche degli sviluppi istituzionali di cui parlavamo prima, dandosi una linea di sviluppo strategico che non riguardi solo la città di Milano, vedendola però nell’ottica di città regione. Come per la questione dei trasporti, se fuori da Milano questi servizi non funzionano, si crea sempre più un fossato tra chi abita per esempio a Clusone e chi abita a Milano città. Se io invece posso raggiungere Milano in tempi ristretti, colmerò quel distacco permettendomi di portare un’impresa anche più lontana rispetto a dov’è il centro dell’innovazione.

All’inizio dell’intervista abbiamo parlato di 2 città, Londra e Berlino, che sono delle città stato. Berlino e Brandeburgo sono il classico esempio di città regione. In Italia, queste tipologie di amministrazioni non ci sono. Qual è l’ostacolo che non permette che questo possa essere realizzato anche per altre città italiane, come Milano? E poter competere con loro a livello internazionale?

Mi si deve consentire una polemica politica. Le colpe sono trasversali da parte di tutti partiti, ma c’è un partito in particolare che ha caratterizzato la sua storia su queste tematiche, ma che, quando ha preso il potere, questo tema alla fine non lo ha mai caratterizzato. A Malpensa è stata tolta la sua funzione di polo centrale, quando poteva essere più strategica ed efficiente rispetto a Fiumicino, e anche nel recente passato della Lega al governo c’è stato tutto fuorché questi temi. Non voglio dire che è tutta colpa di questo, ma chi si è fatto portatore di quel tema, ha poi svenduto queste tematiche recuperando addirittura un pensiero sovranista che difende lo stato centrale, e secondo me alla fine si sono persi degli anni. Le mie sono posizioni personali che sto portando avanti perché credo siano sensate, con un’idea di Stato vicina anche ad un pensiero democratico, che è quello di avvicinare risorse e funzioni ai cittadini e alla buona gestione dei cittadini sul territorio. Credo che questa sia la strada da perseguire. Effettivamente è strano che altri paesi abbiano fatto più passi avanti rispetto a noi in questo senso, quando noi abbiamo nell’Italia dei campanili la costruzione di tutta la nostra cultura e la nostra forza. E quindi riconoscere che ci siano modelli istituzionali che devono essere più flessibili, diversi ed autonomi, sarebbe fondamentale per costruire l’Italia del futuro.

Quindi ritorno sulla domanda, perché in Italia non esiste questo modello di città stato dove Milano attualmente sarebbe la città più delineata? Perché Milano non può essere come Berlino e Londra?

Perché non è stata mai un’iniziativa politica trasversale, in questo senso.

C’è il progetto Milano Città Stato che adesso lo vuole fare.

Mi sembra infatti un’iniziativa molto utile che io sostengo. Devo dire che Sala sta cercando di costruire l’asse Milano-Roma-Napoli in questo senso. E ha detto con il Ministro Boccia che alcune città di Italia devono avere un grado di autonomia, al pari di quello delle regioni, e che comunque va pensato questo tipo di tema.

Sala è il nostro sindaco: attualmente sosterrebbe una tipologia di amministrazione come quella che il progetto Milano Città Stato sta portando avanti?

Nello specifico di una richiesta di maggior autonomia, sicuramente sì: e lo ha dichiarato in più occasioni.

Come arrivarci?

Non è semplice, perché la stessa Regione Lombardia sull’autonomia di Milano qualche mal di pancia lo avrebbe.

E se la regione Lombardia dovesse pronunciarsi a favore, quale sarebbe ancora l’ostacolo? Anche Roma non si metterebbe più di traverso?

No, si dovrebbe lavorare con un fronte comune, molto coraggioso, e a quel punto ci sarebbe anche lo spazio per una riforma costituzionale chiara, che parta dalle prospettive del nord e non, ma che può trovare classi dirigenti illuminate anche al sud per ripensare l’Italia: questo sarebbe sicuramente molto utile.

LUCIA MARTINAZZO

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Lucia Martinazzo
Comasca di nascita, milanese di adozione. Milano ha fatto subito breccia nel mio cuore, da subito, appena iniziato a conoscerla nel mio primo anno di Università, ed ho capito che questo era il posto in cui avrei voluto vivere. Pochi anni dopo mi ci sono trasferita, e ad ora sono esattamente 10 anni che ci vivo. Laureata magistrale in Scienze e Tecnologie Alimentari (con lode) all'Università degli Studi di Milano. Muovo i primi passi professionali come docente di sicurezza ed igiene alimentare, lavorando poi per anni come consulente di sistemi di gestione qualità e sicurezza alimentare per le aziende del settore food. Attualmente sono Responsabile Qualità e Sistemi di Gestione Qualità, ambiente e sicurezza alimentare per una multinazionale che opera nel settore alimentare e farmaceutico.