La fuga del re, l’imprinting della Repubblica Italiana

La mossa un po’ vigliacca della monarchia come metafora della storia contemporanea dell'Italia

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Correva l’anno 1943. In un’Italia ormai invasa dagli alleati ma ancora formalmente a fianco dei tedeschi, i reali Savoia dopo aver firmato l’armistizio scapparono da Roma di nascosto per mettersi in salvo a Brindisi, il più lontano possibile al riparo dalle ritorsioni naziste.

Si misero in salvo lasciando tuttavia l’Italia in mano agli alleati, che improvvisamente diventano i legittimi occupanti, senza informare adeguatamente né i cittadini né i soldati e neppure gli ex alleati tedeschi. In questo modo aprirono la strada a una confusione totale dell’esercito che non sapeva contro chi combattere e da che parte stare, fatti ben documentati da film come il celebre “Tutti a Casa” di Comencini in cui si racconta proprio del caos creato con la fuga dell’8 settembre.

Quei mesi in cui l’elite, rappresentata dalla monarchia, pensa solo a salvare se stessa con il popolo in confusione che si lascia andare a impulsi fratricidi è l’istantanea della storia della Repubblica. Spesso non così sanguinosa ma sempre segnata dalla convivenza di un’elite mai disposta ad assumersi responsabilità e una popolazione lasciata costantemente allo sbando e all’oscuro delle ragioni che muovono la politica.

Dove a quel punto la principale sorgente di potere per chi governa è la divisione tra i cittadini e la dipendenza, spesso occulta, da forze straniere.

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