MILANO, 2003: come eravamo ai tempi dell’ultimo euroderby di semifinale di CHAMPIONS

A distanza di 20 anni esatti dall'ultima volta. Ma come andò a finire e, soprattutto, com'era la Milano di quei tempi? 

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L’installazione Short Cut, opera di Michael Elmgreen e Ingar Dragset. Sono i simboli, secondo i due artisti scandinavi, dell’evasione e della vacanza intesa soprattutto come crescita intellettuale e culturale

Diciamoci la verità. Sembra un miracolo. A inizio stagione nessuno ci avrebbe scommesso un ducato. Non solo: in campionato entrambe le squadre rischiano di non entrare neppure in zona Champions, surclassate perfino dalle due romane. E invece, come spesso accade, Milano può trovarsi in difficoltà nelle ragnatele italiche ma quando si parla di passare la frontiera è capace di dare il meglio di sè: Capitale mondiale nella lirica, con la Moda, il Design e il Fuorisalone, e non è da meno nel calcio. Anche perché Milano non è solo la città che ha ospitato più volte derby in Champions ma è anche l’unica città del mondo ad aver vinto la Champions (e l’Intercontinentale) con due squadre diverse. Grazie alle vittore su Napoli e Benfica le sue due squadre si ritrovano a giocarsi la finale di Champions a San Siro. A distanza di 20 anni esatti dall’ultima volta. Ma come andò a finire e, soprattutto, com’era la Milano di quei tempi? 

MILANO, 2003: come eravamo ai tempi dell’ultimo euroderby di semifinale di CHAMPIONS

2003. Tutta un’altra storia. A Milano e nel calcio. Sembra una vita fa. Se torniamo a quei tempi, Milano è una città completamente diversa. Non solo: anche nel calcio. La semifinale di Champions tra le due milanesi sembra qualcosa di ineluttabile, perchè da vent’anni il calcio italiano domina, trainato in particolare dalle due milanesi. Sono anni che tendenzialmente il Milan spadroneggia in Europa mentre l’Inter ha la meglio in Italia soprattutto nella seconda metà del decennio. 

Ma partiamo dal tema del giorno: cosa accadde nel derby di Champions?

# La semifinale del 2003: con le regole di oggi il finale non sarebbe lo stesso

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Sono cambiate anche le regole. A quei tempi, a parità di gol tra andata e ritorno valeva la regola che pesassero di più i gol fatti fuori casa. E nel caso della semifinale di allora fu un paradosso: le due squadre si trovarono a giocare due volte nello stesso stadio e pareggiarono entrambe le partite. Ma a spuntarla fu il Milan. Proprio per quella regola ancora più strana per due concittadine. Erano nello stesso stadio ma ufficialmente si alternarono in casa. All’andata, in casa del Milan finì zero a zero. Al ritorno in “casa” dell’Inter terminò 1 a 1 con il gol dei milanisti che venne valutato doppio perché “fuori casa”. Un gol pesante e di buon auspicio. Sì, perché in finale il Milan si trovò la Juventus che venne sconfitta solo ai calci di rigori al termine di una delle finali più noiose degli ultimi trent’anni. 

# Un orizzonte totalmente diverso

La prima grande differenza rispetto ad allora è proprio in quello che attende la vincitrice della super stracittadina. Invece della Juventus specialista in finali perdute ci sarà una squadra di ben altra caratura. Nell’altra semifinale infatti si scontrano i due colossi d’Europa, Real Madrid e Manchester City, con i loro budget miliardari, sideralmente superiori alle due milanesi. C’è chi dice che per la finale ci sarà bisogno del pallottoliere. Forse non sarà così ma è certo che la vincente del derby avrà il ruolo di Davide contro Golia.

# Il terrore dei tifosi

La grande somiglianza invece è nel terrore delle due tifoserie. La paura di perdere in semifinale, vedendo così sfumare il più grande sogno per un tifoso di club, ha in questa caso un’aggravante. Si tratterebbe non solo di perdere ma di veder vincere i cugini, ossia il collega, l’amico, il vicino di casa, il parente che festeggeranno proprio nel momento in cui lo sconfitto starà provando il più grande dolore. E non si tratta del solito derby che potrà essere rimpiazzato dal risultato del derby successivo, a distanza di pochi mesi. Qui rischia di pesare come un macigno in una memoria eterna. Anche perché rispetto a vent’anni fa ben pochi scommetterebbero su una nuova semifinale di Champions tra le due milanesi per gli anni prossimi a venire. 

# Da campioni affermati a grandi promesse

Non solo i giocatori. Sulla panchina del Milan siede Carletto Ancelotti che oggi invece sta seduto molto più al caldo, sulla panchina del Real Madrid. Dall’altra c’è Hector Cuper ai tempi stella nascente del calcio internazionale che assisterà proprio al suo tramonto in casa nerazzurra. Ma torniamo ai giocatori: nel Milan ci sono i futuri campioni del mondo Nesta, Gattuso, Pirlo e Inzaghi, insieme al Pallone d’Oro Schevchenko e gli assi Seedorf e Rui Costa. Il meglio a livello mondiale. Forse in prospettiva solo Maignan e Rafael Leao potrebbero seguire le stesse orme di successo. Principale punto di contatto in questi vent’anni è Paolo Maldini: ai tempi in campo, con la fascia di capitano, adesso dirigente dei rossoneri. Dal lato Inter ci sono Zanetti, Materazzi, Hernan Crespo e Recoba. Forse sulla carta più deboli dei rivali anche perchè non siamo ancora agli anni del dominio in Italia che portarono al triplete di Mourinho. Zero somiglianze anche dal lato della proprietà. Nel 2003 Milan e Inter sono milanesi al 100% nelle mani di Berlusconi e di Moratti. Ora non sono più neppure europee. 

Tornando alla partita, come anticipato, dopo lo 0-0 dell’andata, al Milan bastò un pareggio 1-1 (gol di Shevchenko e Martins) per andare in finale – poi vinta – contro la Juventus. Decisiva la parata all’ultimo respiro di Abbiati su Kallon, un ricordo indelebile per i tifosi di allora. Ma se ripensiamo al 2003, com’era la Milano di allora?

# Milano, anno 2003: niente Skyline

varesine e torre breda
varesine e torre breda

I telefonini si usano ancora solo per chiacchierare o mandare sms. Non si sono i Social. I sogni di gloria di Internet sembrano raffreddati a causa dello scoppio della bolla in Borsa. Ma se si tornasse a quegli anni la cosa che salterebbe più all’occhio sarebbe un’altra: lo skyline. 

Invece dei grattacieli e della city ci sono ancora i resti di un Luna Park in quella che è la parte più degradata tra le aree centrali di Milano. Dove oggi ci sono i grattacieli di City Life c’erano ancora gli edifici della ex Fiera che solo qualche anno dopo sarebbe stata trasferita a Rho. Nessun Bosco Verticale, nessun grattacielo, anche se qualcosa si muove. E non è poco. 

# La città che sogna

Un quartiere industriale e periferico com’era il quartiere Pirelli-Bicocca aveva appena inaugurato la sua università, la Bicocca apre infatti solo due anni prima l’inizio del nuovo millennio, ma non si accontenta dell’università e inaugura altri due luoghi culturali. Il 19 gennaio 2002, infatti, dato che il teatro alla Scala era chiuso per ristrutturazione, apre in zona Bicocca il teatro Arcimboldi. E nel 2004 inizia a essere costruito anche l’Hangar, un nuovo spazio espositivo d’arte contemporanea.

Viene inaugurata anche la statua ago e filo in piazza Cadorna. Sono gli anni dove una nuova Milano sta nascendo. E anche se i grattacieli non si vedono guardando verso il cielo, le loro sagome sono state delineate già sui fogli di carta dei progetti.

Il 2003 è una Milano che sogna. Non solo la finale ma anche di affermarsi come nuova capitale d’Europa. C’è infatti chi inizia a pensare di candidare la città per la Grande Esposizione Universale. Una città che sente di essere grande, tra le più ricche e vitali d’Europa, e che è pronta a mettere in campo le sue due squadre confidando che la vincente sarà pronta a sedersi sul tetto d’Europa. Come la sua città. 

Continua la lettura con: Le foto della Milano degli anni Ottanta

ANDREA ZOPPOLATO

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Andrea Zoppolato
Più che in destra e sinistra (categorie ottocentesche) credo nel rispetto della natura e nel diritto-dovere di ogni essere umano di realizzare le sue potenzialità, contribuendo a rendere migliore il mondo di cui fa parte.