L’unione fa la forza

Non sarebbe più saggio avvalersi dell’intelligenza collettiva piuttosto che riporre tutta la fiducia sul singolo?

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I Beatles a Milano

Alcuni paesi adottano una governance politica collegiale.
Due esempi antitetici sono la Cina e la Svizzera. In entrambi i casi il potere viene gestito da un comitato e il presidente rappresenta il portavoce delle decisioni del gruppo.

Una logica molto diversa da quella che avviene in altri stati tra cui l’Italia, dove il capo del governo esprime la leadership e su di lui convergono tutte le principali responsabilità dell’esecutivo e le attese dei cittadini.

Con qualche eccezione ad esempio nella Repubblica di Venezia, dal tempo dei consoli romani in poi il potere in Italia è stato concentrato nelle mani di una persona.

Non sarebbe più saggio avvalersi dell’intelligenza collettiva piuttosto che riporre tutta la fiducia sul singolo?

In altri ambiti è molto diffusa la gestione condivisa della direzione. In tutte le grandi aziende c’è il CDA che prende tutte le decisioni strategiche. E perfino nel campo dell’arte, in particolare nel cinema, i grandi registi come Sergio Leone erano circondati dai migliori professionisti e si avvalevano di una sana dialettica con i produttori. Anche gruppi musicali molto celebri, quando si smembrano in carriere soliste quasi mai riescono a mantenere lo stesso livello creativo.

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Una grande riforma da mettere sul tavolo per venire incontro ai cronici problemi dei governi italiani sarebbe quella di impostare degli organi collegiali, anche se ristretti, che possano governare i diversi livelli amministrativi.
Potrebbero essere i primi eletti delle tre forze politiche più votate, in modo così anche da rappresentare una maggior porzione dell’elettorato.

Per una politica che sia più simile ai Beatles che al solo Paul Mc Cartney.

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