L’ITALIA che vorrei: i due punti forza da cui ripartire

Non mi è mai piaciuta troppo l’Italia, anche se riconosco che ha un potenziale enorme da sfruttare. Per rilanciarsi basterebbe ripartire da questi due punti

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Non mi è mai piaciuta troppo l’Italia. Detta così, sembra solo arroganza qualsiasi. Nonostante le apparenze, questo giudizio arriva da lontano. Già da bambino, varcando per la prima volta i ‘confini’ nazionali, mi resi conto che in Austria c’erano le fioriere, le strade erano pulite, i cartelli ben posizionati, la gente più cordiale, almeno nella sua facciata verso il turista. Mi chiesi: perché non può essere così anche in Italia? Domanda che tuttora attende risposta.


Riflessioni: l’Italia che vorrei

Le cause

romani

# L’italiano origina dal romano, ed eredita il suo diritto acquisito (scadutissimo) di dominare il mondo

# L’italiano cresce con la TV e la stampa nazionalpopolare che ripete continuamente che l’Italia è il paese più bello del mondo

# il sangue latino, leggenda metropolitana o meno, tende a fare proprio il motto ‘mors tua, vita mea’

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Le conseguenze

#L’Italia è un’espressione geografica

Chi abbia visto città distanti mille chilometri l’una dall’altra, come Varese e Cosenza, sa bene che l’Italia non esiste (cit.). Eppure, questa verità evidente sfugge. Il diverso può essere il più uguale degli uguali, come da volantino pubblicitario del Libro Cuore. Ma le Italie, come mi resi conto nel tempo, prendendomi un sabato al mese per visitare province diverse dalla mia, sono almeno mille.

# Questa ricchezza diventa un limite se…

…se c’è un governo centrale che detta legge imponendo il tricolore e annacquando le differenze invece di evidenziarle. Non si può pensare che un prodotto sia italiano se viene da una regione solamente: sarà un prodotto della regione, e, solo a cascata, italiano.
Il gorgonzola è lombardo, prima che italiano, ma non è ancora stato capito.
L’Acqua Panna invece ha capito di essere ‘Toscana’ (scritto in grande) e solo per obbligo ‘Italy’ (scritto in piccolo, sotto).
Come L’Italia annaspa nell’Europa a guida tedesca di oggi, così le regioni sono segregate alla dittatura romana nell’Italia contemporanea.
Ma ricordiamoci che le opere d’arte, i mecenati, i grandi artisti, erano figli dei sedici stati circa che popolavano la penisola. Dal 1861 a oggi, l’arte non si è ridotta alla tabula rasa ma non è nemmeno stata lontanamente ‘erede’ di cotanto passato, per ovvi motivi: con un solo centro di potere le risorse sono, per forza di cosa, limitate.


Le
azioni possibili

 

Pur non amando questo paese, dove ho vissuto per più di quarant’anni, considerandomi sempre sparuta minoranza, riconosco che abbia un potenziale enorme da sfruttare.
La sua bellezza è oggettiva, ma non è curata. Persino in Bangladesh (parlando di un posto che ha una fama pessima, immeritata) c’è molta più attenzione per i monumenti importanti. Qui si dà tutto per scontato, per le ragioni di cui sopra.

Come può cambiare in meglio questo paese? Come può finalmente decollare, come le sue eccellenze gastronomiche già fanno da tempo?

#1 REGIONALIZZANDO AL MASSIMO, dando fiato ai tanti campanili, ai tanti distretti di eccellenza, ai piatti tipici veramente locali, che sappiamo tutti che la carbonara appena esci da Roma fa schifo, in media. Proponendo un federalismo politico completo, fiscale, che non sia un poltronificio com’è stato sinora il regionalismo all’italiana, ma che dia occasione alle regioni (e ad aree omogenee all’interno della stessa regione) di essere contemporaneamente locali, italiane e internazionali, senza dover aspettare la circolare ministeriale sul ciglio del burrone.

Puntando anche sui dialetti, o lingue locali che siano considerate, che per promuovere l’italiano nel mondo il governo non fa assolutamente nulla (cosa che sarebbe invece utile e necessaria), imponendolo solo sul territorio.
Il patrimonio turistico potrebbe trovare così giusta valorizzazione, che al momento c’è davvero troppa roba da vedere per chi viene. Onestamente, chi deve vedere Roma, Firenze, Venezia, può avere tempo per Orvieto? Così il turista verrà una volta e farà il Piemonte, un’altra volta girerà tutta la Puglia, eccetera, come ad esempio già si fa negli Stati Uniti. Il turismo finalmente decollerà. E le amministrazioni abituate a chiedere l’obolo allo stato centrale, inizialmente disorientate, troveranno mille risorse che non sanno nemmeno di avere.

#2 RESPONSABILIZZANDO, anche attraverso una classe politica che sappia (come ha sempre saputo fare a livello di amministrazioni locali) superare la trita divisione da divide et impera del ‘destra contro sinistra’. Progredire, proporre soluzioni all’avanguardia, che la Terra non aspetta i nostri miseri comodi mortali. Dare dignità a ogni cittadino, libertà espressiva a ogni voce, rispettando i diritti fondamentali dell’uomo.
Solo così:
# La Valle d’Aosta potrà avere un aeroporto attivo
# Il Friuli potrà esportare il frico in tutto il mondo
# Il Molise potrà dimostrare di esistere
# La Sicilia e la Sardegna vivranno di turismo culturale tutto l’anno
# Milano sarà città-stato, Bergamo capoluogo della Lombardia
# Napoli sarà città-stato, Salerno capoluogo della Campania

E Roma, ‘poverina’?
Roma sarà quello che avrebbe sempre dovuto essere. Un distretto, alla Washington DC, alla Brasilia, alla Canberra, alla Ottawa, alla Mexico City.
Manterrà per intero il potere politico del governo, delle ambasciate. Solo limiterà i suoi diktat nei confronti delle altre zone d’Italia.
Ricordiamoci che prima dell’unità d’Italia c’erano le pecore che passeggiavano per le vie deserte del centro, mentre Napoli era una della città più importanti del mondo e a Milano fiorivano già centrali elettriche e industrie.
E la mole immensa di impiegati statali romani che fine farà? Si riconvertiranno nel turismo, perché la ‘città più bella del mondo’ ha attualmente una promozione turistica pari a zero, e potrebbe facilmente raddoppiare i propri introiti con interventi mirati, semplicemente mostrando meglio le sue incredibili ricchezze artistiche.

Tutti contenti, quindi. Partiamo?

LORENZO ZUCCHI

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Lorenzo Zucchi
Laureato in statistica, milanese d’adozione da 16 anni. Grande appassionato di viaggi, fotografia minimalista, architettura e urbanistica. Sognatore estremo, coltiva l’idea di una federazione mondiale di Città Stato. Obiettivo nascosto: svecchiare la società dai suoi tanti risvolti retrogradi. Citazione preferita: la vita reale è per chi non sa fare di meglio.