ANDREA CHERCHI: “Amo la Milano internazionale, che ragiona in positivo, senza lamentarsi”

Per poter contribuire di più e al meglio, Milano ha bisogno di più autonomia reale, legislativa, di meno burocrazia, pur restando ovviamente al 100% italiana.

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Andrea Cherchi

Andrea Cherchi è nato nel 1969 ma in due giorni diversi. Uno a giugno, l’altro a ottobre. Ma il suo obiettivo è unico, quello di raccontare il bello e il cattivo tempo, ma soprattutto quello bello, della sua amata Milano, della sua Lombardia. È stato votato dai cittadini al secondo posto come “personaggio dell’anno” nel 2018.

Andrea Cherchi, l’uomo nato due volte

“Nella vita mi sono capitate cose che non accadono spesso a tutti – ha commentato il 1° ottobre sui suoi profili social – cose come ad esempio pubblicare libri, fare il reporter e giornalista seguendo anche eventi importanti. Cose come ad esempio avere due compleanni… Uno il 17 giugno, data in cui sono nato e uno, oggi, il 1° ottobre, data in cui sono arrivato in casa Cherchi, accompagnato da una suora, con un gioco in mano… Pronto a rinascere e a rivivere. Oggi, come sempre, ringrazio chi non ha potuto tenermi, ma ha comunque deciso di donarmi la vita e chi mi ha salvato dall’abbandono e mi accolto in una famiglia vera. A tutti porto questo umile esempio…”.

I Libri di Milano Città Stato a casa tua: scopri come fare

Nato a Como, oggi Andrea Cherchi vive tra Milano e Vercelli. Sempre il 1° ottobre gli è arrivato un bellissimo regalo: il Corriere della Sera gli ha dedicato un’intervista a tutta pagina sull’inserto “Buone Notizie”. Ha vinto numerosi premi, è candidato ad altri, le sue fotografie tappezzano muri, cartelloni pubblicitari, testate nazionali e internazionali…

Insomma, quello che per molti bambini in qualche modo considerati “diversi” (da cosa poi?) può essere un peso, Andrea lo ha trasformato in coraggio, voglia di vivere, caparbietà, perseveranza. Ha una sua famiglia, è marito, papà e ha una “compagna” che da cui non si separa mai e che non nasconde, anzi: la sua macchina fotografica.

“Oggi pubblico diverse foto al giorno sui miei profili social – sottolinea Andrea – a un certo punto mi sono reso conto di avere un grande patrimonio fotografico, frutto di anni da fotoreporter. Mi dispiaceva non usare le tante immagini fatte durante un servizio: di solito i giornali e i clienti in generale te ne chiedono 2 o 3 e allora pian piano ho iniziato a pubblicarle. Non metto la firma sopra a quelle che pubblico: un’immagine va fruita e condivisa, senza sapere necessariamente chi l’ha fatta. Ha una sua vita propria”.

Nei mesi scorsi il tuo libro, ovviamente fotografico, “Semplicemente Milano” (Gallo Edizioni) ha riscosso un grande successo.

“Sì, il libro è iniziato artigianalmente diciamo, in modo umile, con l’editore abbiamo fatto questa scommessa ed è andato molto bene”.

Ma per arrivare a un libro “best seller” nella sua categoria, da dove hai iniziato?

“La mia è una passione partita nei giornali locali e in una piccola tv privata. Inizialmente scrivevo e basta, poi sono arrivato al punto in cui al pezzo mi si chiedeva di unire anche una fotografia. Nelle redazioni locali che hanno meno mezzi dei grandi giornali, spesso veniva associata una foto di archivio, che non c’entrava nulla con l’anima del mio testo. E allora ho iniziato a fare io le fotografie e da giornalista sono diventato fotoreporter…”.

Parliamo di Milano. Come hai visto cambiare questa città?

“È una città unica nel suo genere, il cambiamento c’è stato eccome. A Porta Nuova da ragazzino andavo al Luna Park, oggi c’è Piazza Gae Aulenti. Oggi parliamo dello Skyline di Milano, quando è nata mia figlia non sapevamo neanche cosa significassero quelle parole. Sembra una città fuori dall’Italia, dove tutto va veloce, con grandi investimenti e la realizzazione di capolavori: non solo costruzioni ingegneristiche, ma grandi menti che progettano guardando all’interesse della collettività. Milano è cresciuta soprattutto a livello di mentalità: aperta, internazionale, che ragiona in positivo senza lamentarsi. Ecco questo è un aspetto positivo: chi vive qui non critica gli altri, ma fa”.

Dicci le 3 cose che ti piacciono di più a Milano

#1 Il contrasto tra il passato e il moderno, che si uniscono bene, rispettandosi tra loro.

#2 Tantissimi dettagli nascosti. Li racconto spesso, non tutti, e sono anche contento che non tutti li conoscano… perché dobbiamo custodirli gelosamente.

#3 La campagna milanese: uno dei miei posti del cuore è una cascina, a 2 km dalla città. Non ci sono, infatti, solo il Duomo con la Madonnina”.

E 3 cose che vorresti cambiare

#1 Non mi piace chi non ha combattuto abbastanza per mantenere e difendere le botteghe storiche.

#2 Neanche quelle persone che vengono a Milano e si mettono a fare i criticoni di ogni natura e genere. Milano va conosciuta e vissuta, poi la si può criticare…

#3 La terza? Ognuno metta la sua in modo costruttivo sotto a questa intervista, così ci può aiutare a migliorare ancor più Milano…”.

La persona che ti è piaciuta intervistare e fotografare?

Simone Lunghi, della Canottieri San Cristoforo. Gli dovrebbero dare l’Ambrogino d’Oro. Lotta ogni giorno per fare più belli i nostri Navigli. E Gianni Bianchi della Cascina Linterno, una persona straordinaria, un uomo che ha dedicato tanto alla cultura milanese senza un tornaconto personale”.

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E di Milano Città Stato cosa ne pensi?

“La vedo esattamente così, come la vedete voi. Milano da sola è riuscita a doppiare il resto d’Italia. Non è giusto dire una città che deve aiutare tutte le altre e basta. Per poter contribuire di più e al meglio, ha bisogno di più autonomia reale, legislativa, di meno burocrazia, pur restando ovviamente al 100% italiana. Non stiamo parlando di secessione e chi dice questo non sa cosa stiamo dicendo. Sono per l’integrazione di tutto e di tutti”.

Perché si parla tanto di te, anzi perché Milano è raccontata così intensamente dalle tue fotografie?

“Fino a poco tempo fa sono stato sempre la riserva di qualcuno, in tutto quello che ho fatto, venivo chiamato quando saltava quello prima di me… Poi però quando era il mio turno, davo il massimo e con una carica forte, entusiasta di chi appunto non è il primo della lista. Poi non ho mai usato immagini che non andavano, che potevano cioè fare danni. Sono convinto che la vita e il lavoro vadano affrontati con umanità…”.

FLAVIO INCARBONE

Per seguire Andrea Cherchi sui Social:

@andreacherchimilano | @andreacherchi_foto

 

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Flavio Incarbone
Giornalisti si nasce o si diventa? Scrivo professionalmente da oltre 20 anni e la risposta mi interessa relativamente: l'importante è cercare di essere da stimolo in progress. Amo anche la psicologia, in particolare quella che è rimasta per millenni sotto le ali della grande filosofia, quella dell'inconscio freudiano e non ultimo del filone umanistico-esistenziale. Sono preoccupato da un'umanità che sembra essere al capolinea (e con essa la natura), ma sono felice perché i tempi sono obbligatoriamente maturi per riscoprirci davvero.