Un’indiscrezione che circolava da giorni è diventata realtà. A due mesi dall’inchiesta di Report che ha sollevato il polverone sulla commessa di camici bianchi dalla Regione a una società del cognato e della moglie di Fontana, il Presidente di Regione Lombardia è stato iscritto nel registro degli indagati. Lo comunica il Corriere della Sera aprendo con questa notizia la prima pagina nazionale. La replica del Presidente: “Sono certo dell’operato della Regione Lombardia che rappresento con responsabilità“.
🔴 TERREMOTO in Regione: FONTANA INDAGATO
Pubblichiamo estratti dell’articolo di Luigi Ferrarella per “Il Corriere” – Fontana indagato per i camici anti Covid in Lombardia. Lo scudo fiscale e il cognato: ecco le accuse
# 19 Maggio: il Governatore lombardo “avrebbe cercato di salvare la sua reputazione” tentando un bonifico per ripagare i camici
Come riporta il Corriere della Sera, con parte dei soldi di un proprio conto in Svizzera, sul quale nel 2015 aveva fatto uno “scudo fiscale” per 5,3 milioni detenuti fino ad allora da due “trust” alle Bahamas, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ora indagato per l’ipotesi di “frode in pubbliche forniture”, il 19 maggio cercò di fare un curioso bonifico per arginare — 4 giorni dopo una generica intervista di Report — il rischio reputazionale insito nei 75.000 camici e 7.000 set sanitari venduti per 513.000 euro alla Regione il 16 aprile dalla società Dama spa del cognato Andrea Dini e per il 10% della moglie Roberta”.
“Andò all’Unione Fiduciaria, che gli amministra il “mandato fiduciario misto” da 4,4 milioni accennato a pagina 3 del modulo sulla “situazione patrimoniale” dei politici sul sito online della Regione, e tentò di bonificare alla Dama spa del cognato 250.000 euro: cioè gran parte del mancato profitto al quale il cognato l’indomani sarebbe andato incontro facendo il 20 maggio, in una mail alla centrale acquisti regionale Aria spa diretta dall’ex Gdf Filippo Bongiovanni, l’unilaterale bel gesto di tramutare in donazione alla Regione l’iniziale vendita dei 75.000 camici, e di rinunciare a farsi pagare dalla Regione i 49.353 camici e 7.000 set già consegnati”.
# 7 giugno: il Governatore dichiara “Non sapevo nulla della procedura e non sono mai intervenuto in alcun modo”.
Sempre secondo il Corriere, l’azione di Fontana sarebbe stata ideata per poter in futuro dire “vabbè, vero che nel marasma dell’emergenza Covid mio cognato stava vendendo alla mia Regione i camici, ma guardate che, appena l’ho saputo, per scrupolo ho rimesso persino soldi di tasca mia”.
Una mossa difficile da conciliare con la sua dichiarazione del 7 giugno: “Non sapevo nulla della procedura e non sono mai intervenuto in alcun modo“. “Intanto perché”, scrive ancora il Corriere, “il presidente ha saputo invece sin dall’inizio dell’avviato rapporto commerciale tra cognato-fornitore e Regione-acquirente, in violazione del “Patto di integrità” anti-conflitti di interesse: e lo ha saputo perché a informarlo da subito fu uno degli uomini a lui più vicini: il suo assessore Raffaele Cattaneo, capo dell’unità di emergenza che cercava ovunque camici”.
“Inoltre i soldi per il bonifico arrivano da un suo conto in Svizzera nella banca Ubs Ag. Del tutto lecito. Ma la cui delicatezza — per un presidente di Regione che non ne ha mai fatto alcun cenno pubblicamente — sta nel fatto di essere il frutto di una voluntary disclosure: cioè della legge per favorire il rientro di capitali illecitamente detenuti all’estero, con la quale nel settembre 2015, dopo la morte in giugno della 92enne madre Maria Giovanna Brunella, a titolo di erede l’allora sindaco di Varese scudò 5 milioni e 300.000 euro, detenuti in Svizzera da due “trust” (strumenti giuridici di stampo anglosassone per proteggere il patrimonio da possibili pretese), creati alle Bahamas nel 2005 (dopo inizio nel 1997) quando Fontana presiedeva il Consiglio regionale, e nei quali la madre dentista figurava «intestataria», mentre Fontana risultava in uno il «soggetto delegato» e nell’altro il «beneficiario economico»”.
# L’unione Fiduciaria blocca il bonifico per incoerenza tra la causale con il bonifico, in base alla normativa antiriciclaggio
Ma nella questione sembra che al Presidente non gliene vada bene mezza. Neppure versare il bonifico gli riesce. Scrive infatti il Corriere che “la milanese Unione Fiduciaria, incaricata il 19 maggio da Fontana del bonifico, blocca il pagamento perché in base alla normativa antiriciclaggio non vede una causale o una prestazione coerenti con il bonifico, disposto da soggetto “sensibile” come Fontana per l’incarico politico”.
# Tentativo di marcia indietro di Fontana e la mancata donazione dei camici restanti
Oltre il danno la beffa: “E così la fiduciaria in gran segreto fa una «Sos-Segnalazione di operazione sospetta» all’Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia, che la gira a Gdf e Procura. La Gdf va ad acquisire gli atti nella fiduciaria di via Amedei, e il 9 giugno ascolta come teste A. M., «responsabile della Funzione antiriciclaggio»”.
Arriva a quel punto un nuovo dietrofront di Fontana. Forse accortosi dell’ulteriore danno, scrive il Corriere che “Due giorni dopo, l’11 giugno, Fontana di colpo chiede alla fiduciaria di non fare più il bonifico che era così urgente. E il cognato? Invece di regalare ad Aria spa anche i 25.000 restanti camici degli iniziali 75.000 tramutati in donazione alla Regione, per rifarsi del mancato guadagno cerca invano (attraverso una agente a provvigione) di rivenderli alla casa di cura varesina «Le Terrazze», a 9 euro l’uno anziché 6.” “Ovvio che l’imprenditore Dini”, scrive ancora il Corriere, “il 20 maggio ben potesse rinunciare al proprio diritto di vedersi pagare dalla Regione a 60 giorni le fatture emesse sui 49.353 camici e 7.000 set già consegnati.”
# Fontana dopo aver preso di esser indagato: “Sono certo dell’operato della Regione Lombardia che rappresento con responsabilità”
Ma ieri nell’interrogatorio di Bongiovanni, difeso dall’avvocato Domenico Aiello, si è compreso che i pm dell’aggiunto Maurizio Romanelli stanno verificando se Dini potesse sottrarsi anche al dovere contrattuale di comunque fornire alla Regione, fosse a titolo di regalo o in esecuzione di una vendita, l’intera quantità per la quale si era impegnato il 16 aprile: e cioè anche i restanti 25.000 camici, sui quali la Regione faceva affidamento perché in emergenza aveva un disperato bisogno di 50.000 camici al giorno, obiettivo talmente arduo che non fu mai raggiunto in alcun giorno. E invece la Regione di Fontana non li pretese dal cognato di Fontana. Ecco perché Bongiovanni e Dini, sinora indagati dai pm Furno-Scalas-Filippini per «turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente», lo sono ora anche, ma qui in concorso con Fontana, per l’ipotesi di «frode in pubbliche forniture».
“Da pochi minuti – dice il governatore Fontana su Facebook dopo la notizia Ansa delle 23.06 – ho appreso di essere stato iscritto nel registro degli indagati. Duole conoscere questo evento, con le sue ripercussioni umane, da fonti di stampa. Sono certo dell’operato della Regione Lombardia che rappresento con responsabilità“.
Per leggere l’articolo originale: “Il Corriere” – Fontana indagato per i camici anti Covid in Lombardia. Lo scudo fiscale e il cognato: ecco le accuse
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