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Carnevale in Porta Venezia

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Se sei un appassionato di travestimenti e a Carnevale non rinunci al tuo costume. Se sei in cerca di un diversivo ad un mercoledì uggioso, ma anche se hai deciso di fare un giro e basta.

A Porta Venezia sono iniziati i festeggiamenti di Carnevale.

Ogni giorno, fino a domenica, una valanga di cose da fare, posti da scoprire, pranzi luculliani da finire.

Abbiamo selezionato qualche indirizzo di Carnevale per districarti nella fitta rete di locali di Porta Venezia.

Per iniziare pensiamo alla pancia.

Lo so, tra tortelli, chiacchiere e quant’altro ti sembra di non poter ingerire nient’altro.

E invece sono sicura che un posticino per una cena fuori ce l’hai.

Hai anche la scusa perfetta per rimandare di qualche giorno la famigerata dieta per le vacanze, che vuoi di più?

In Porta Venezia, al Consorzio Stoppani, dal 28 febbraio al 4 marzo per Carnevale arriva un menu variopinto con castagnole, tagliatelle arlecchino, rosticciata di carne e per finire tortelli con crema e cioccolato.

Vino al calice, acqua e caffè inclusi.

Se sei affamato di hamburger in tutte le salse, Cherry Bomb Burger fa al caso tuo.

Dal 28 febbraio al 5 marzo, Bun viola, burger di lenticchie, salsa rocktail, flower cheddar, pomodori confit, germogli di soia e insalata… una vera “bomba” di sapori.

Oppure c’è il Carnevale spagnolo da Albufera.

O la pasta fresca di Pasta Fresca Brambilla.

Insomma, esci e non pensarci più.

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Fuggi fuggi per la Brexit: Oxford va a Parigi. Cambridge a Milano?

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Breaking News tutta anglosassone ma con interessanti risvolti per Milano. Il Daily Telegraph ha pubblicato indiscrezioni che riguardano una delle più antiche e rinomate Università della Gran Bretagna, Oxford.

Dopo 700 anni in patria, si legge sul quotidiano inglese, l’università di Oxford sta stringendo accordi con la Francia per aprire un campus a Parigi. Questa in breve, sarebbe la risposta di uno dei più prestigiosi istituti universitari del mondo alla Brexit.

E non sarebbe l’unica. Sembra che anche l’Università di Warwick, a Nord di Londra, sia stata contattata dai francesi. Questi dirimpettai della Gran Bretagna, ex-nemici, oggi più che mai amici, hanno quindi offerto alle due università inglesi una scappatoia in vista della perdita dei finanziamenti Ue che da qui a due anni, se la Brexit dura della May avrà un seguito, cadrà su di loro come una mannaia.

Basti pensare al fatto che perderanno ogni accesso ai finanziamenti messi in campo dall’Ue con il programma Horizon 2020. Un programma che è un vero e proprio strumento finanziario di attuazione di “Unione dell’Innovazione”, un’iniziativa faro della strategia Europa 2020 volta a difendere e garantire la competitività globale dell’Europa. Con un budget di 80 miliardi di euro, il nuovo programma per la ricerca e l’innovazione dell’UE è la spinta per la creazione di nuova crescita e nuovi posti di lavoro in Europa.

Il programma è aperto a tutti e presenta una struttura semplice che permette ai partecipanti di accedere più facilmente ai finanziamenti e concentrarsi su ciò che è veramente importante per la realizzazione dei loro progetti. Dunque piccole e medie Imprese, università, aziende attive nel settore tecnologico, istituti di ricerca, ricercatori possono partecipare al programma, ma solo se sono dentro l’Unione.
A Oxford è stato detto che se aprirà un campus in Francia, questa acquisirebbe subito lo status giuridico francese e potrebbe quindi continuare a ricevere i finanziamenti UE. Come parte della proposta francese, le università britanniche potrebbero spostare i corsi di laurea e i programmi di studio a Parigi e creare titoli di studio e laboratori di ricerca congiunti. Se Oxford e altre Università accettassero questa proposta, la costruzione dei nuovi campus a Parigi potrebbe iniziare già nel 2018.

Un portavoce di Oxford ha detto che non è stata ancora presa nessuna decisione ma ha aggiunto, lasciando intendere a chi vuol capire: “Oxford è sempre stata un’università internazionale ed è determinata a rimanere aperta al mondo qualunque sia il futuro panorama politico”.

Ma se Parigi si è fatta avanti con Oxford, perché Milano non potrebbe ad esempio farsi avanti con un’altra antica e inglesissima istituzione Universitaria dall’afflato altrettanto internazionale come Cambridge?

Non c’è tempo da perdere per i governanti italiani e per gli amministratori di Milano che, con un po’ di lungimiranza, potrebbero cogliere l’attimo fuggente della Brexit per fare di Milano non solo un hub dello stile e del design, ma anche della formazione e dell’innovazione, in una Europa che, se da una parte sta perdendo pezzi, dall’altra potrebbe darci delle opportunità da cogliere per crescere e prosperare.

Sara Enrico – À terre, en l’air

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Sara Enrico parte dalla danza, scandendo lo spazio espositivo e dialogando col pubblico ispirandosi al linguaggio coreografico.

Il tutto da’ vita ad un insieme multiforme con cui si potrà interagire.

Nel linguaggio della danza, con il termine à terre vengono indicati i passi che si eseguono a terra, mentre con en l’air sono indicati quei passi che si eseguono staccandosi da questa.

In occasione della sua personale, Sara Enrico rilegge TILE come uno spazio composto e scandito da linee sulle quali costruire una partitura.

Immaginando tempo e spazio della mostra attraverso una modalità ispirata al linguaggio coreografico, l’artista installa i suoi lavori creando un’interazione tra i lavori stessi e tra questi e il pubblico, il tutto per mezzo di un particolare concetto di performatività dell’opera.

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Dimmi come ti VESTI e ti dirò che umore hai

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E’ mattina, la sveglia suona, corriamo in doccia, facciamo colazione e poi, arriva inesorabile il momento dell’apertura dell’armadio e con esso l’immancabile domanda: come mi vesto oggi?

Care milanesi, avete mai fatto caso che il nostro umore influenza il modo di vestirci e pettinarci e spesso, ciò che indossiamo è l’espressione di come stiamo dentro?

Che ci crediate o no la scelta degli abiti che indossiamo ogni giorno è fortemente condizionata dal nostro stato d’animo, anche se non ne siamo consapevoli.

Lo conferma una ricerca condotta all’Università di Hertfordshire, nell’Inghilterra Orientale.

Secondo uno studio ideato da Karen PineProfessoressa di Psicologia, ciò che le donne scelgono di indossare rivela l’umore che provano quel giorno: se sono tristi o felici, se sono ben disposte verso la giornata che sta per cominciare o se la affrontano con sfiducia e una stanchezza psicologica che si trascinerà fino a sera.

Al questionario su cosa indossano quando si sentono depresse, hanno risposto 100 donne, rivelando un dato sorprendente: il capo indossato nei “giorni no” è un paio di jeans. Lo sostiene il 57% del campione analizzato contro soltanto il 2%, che dichiara di estrarre dall’armadio jeans e maglietta quando si sente ottimista e in forma. È più facile inoltre indossare il proprio capo preferito quando si sta bene (62% delle intervistate) piuttosto che quando si è giù di corda (6%).

In realtà, già Sigmund Freud sosteneva che la percezione dei colori rappresenta un sistema parallelo e alternativo a quello verbale, un sistema che influisce in modo profondo sul nostro modo di essere e di comportarci. Anche le sperimentazioni effettuate recentemente all’Università di Padova, hanno provato che le emozioni positive sono sempre accompagnate da colori chiari come il giallo o arancio, mentre quelle negative vengono associate ai colori scuri, tipo grigio, marrone, nero.
Inoltre, conta molto anche la saturazione e, più la tinta è piena, più comunica positività; altro dettaglio è il modo in cui si combinano i colori tra loro: il rosso e il nero insieme, per esempio, esprimono rabbia, mentre giallo e nero incutono paura.

Ma perché i colori sono associati a delle reazioni? La spiegazione è semplice ed è psicologica: i colori sono sempre legati agli oggetti della nostra esperienza; il grigio ci sembra triste, perché è la tinta della morte. Il rosso (il primo ad essere percepito alla vista quando nasciamo) si associa al sangue, alla vita e alla passione. Il giallo è il colore del sole, perciò energico, e il blu, colore del mare, è rilassante.

Ma cosa comunicano gli abiti che portiamo?

Il modo di apparire è in stretta correlazione con quello che siamo dentro e viceversa. Ad esempio, indossiamo abiti solari ed eccentrici se siamo euforici, capi scuri e poco curati se quel giorno siamo tristi.

Ma andiamo a vedere più nello specifico quali sentimenti suscitano i colori, e quali personalità stanno dietro ad uno specifico abbinamento cromatico:

ARANCIONE:  è simbolo di armonia interiore, di creatività artistica e sessuale, di fiducia in se stessi e negli altri. Chi lo indossa esprime gioia e affermazione del suo Io, buonumore e altruismo. Consigliato ai reumatici e come attivatore dell’intestino (stipsi). Inoltre, l’energia elettromagnetica dell’arancione è sulla stessa frequenza vibratoria della catena del DNA.

BIANCO: è il colore della purezza, delle perfezione. Chi veste di bianco tende alla libertà. Il colore bianco comprende tutti i colori dello spettro luminoso e come significato sta agli antipodi del nero: infatti simboleggia il confine che segna l’inizio della fase vitale. Rivitalizza tutto l’organismo. E’ un colore fresco e solare che apporta energia.

BLU: Il colore del mare e del cielo, il colore più presente in natura. Simbolo di armonia ed equilibrio, nonché di calma, il colore blu ha la facoltà di rilassare portando equlibrio nella sfera emotiva. Le persone che vestono di blu chiaro tendono all’ introversione e a una certa chiusura esterna. E’ il colore del temperamento flemmatico. E’ elegante e raffinato, trasmette quiete emotiva e padronanza di sé. Scegliere con costanza il blu può esprimere il desiderio di un ambiente calmo e ordinato, libero da fastidi e disturbi. Considerato tra i colori freddi, usato nell’abbigliamento intimo più che attrarre può trasmettere un senso di distanza. Usato in eccesso può far sprofondare nella malinconia da stemperare con qualche tocco di colore più caldo.

GIALLO: il colore del sole, chi veste di giallo si sente bene con se stesso. Il giallo rappresenta l’estroversione, il successo, la libertà e richiama ad una personalità forte. Abbinato al terzo chackra,  è simbolo della  conoscenza e dell’energia. Utilizzarlo stimola la razionalità e il cervello sinistro, migliora le funzioni gastriche e tonifica il sistema linfatico. Indossare qualcosa di giallo dà luce, risalto e vivacità, come l’arancio fa ritrovare la carica quando si è stanchi o scarichi. Quando però il giallo è pesantemente accentuato può esprimere voglia di leggerezza, il desiderio di lasciare alle spalle delusioni, difficoltà e periodi tristi.

GRIGIO: simboleggia la neutralità, il disinteresse. Chi indossa il grigio vuole mettere una barriera tra se e il mondo, non vuole essere coinvolta. E’ il colore della nebbia e della tristezza. E’ simbolo di distacco che denota un atteggiamento di auto protezione. Il grigio conferisce prudente attesa di fronte alle scelte. E’ serioso e, in quantità massicce incupisce.

NERO: il colore della notte, è associato al potere, ma anche alla sventura e del lutto. Il nero è la negazione del colore per antonomasia e rappresenta il confine che segna la conclusione della fase vitale. Snellisce la figura. Può essere portato di sera, ma andrebbe evitato di giorno, poiché blocca la penetrazione cutanea delle radiazioni elettromagnetiche dei colori e gli scambi con l’esterno. Esalta il rosso (forza e potere), con il giallo esalta il potere intellettuale e con il rosa il potere sociale. Il nero è da evitare in caso di depressione. Trionfa negli armadi di donne e uomini di ogni età. E’ tra i colori più indossati, amato protagonista dalla mattina alla sera. Qual’è il segreto del suo potere intramontabile? Discreto, profondo, modaiolo, elegante, minimalista, il nero si accorda a molti stati d’animo, ad ogni situazione e stagione. Elegante, misterioso e raffinato, è il più indossato nelle feste importanti e molto usato da chi lavora nel settore moda. Misterioso, impenetrabile come le profondità del nostro inconscio. Lascia vedere solo lo strato superficiale del tessuto, tra le sue pieghe si possono nascondere pensieri ed emozioni che non si vogliono mostrare. Sotto il nero si può mascherare un’altra identità o celare una personalità più colorata, solare o trasgressiva da svelare solo come, quando e con chi si vuole. Pratico, il nero si accosta facilmente con gli altri colori senza il timore di abbinarli, è rassicurante, fa sentire al riparo dagli sguardi altrui quando non si vuole essere troppo in vista. Nel nero si può cercare rifugio dall’eccessiva invadenza dell’apparire. Azzera le differenze, manda tutto a terra, amava dire l’intramontabile Coco Chanel. Di classe e discreto è considerato un passe-partout ma non passa inosservato. Delinea la silhouette, la scolpisce o la esibisce in un gioco di scollature che mette in risalto i punti nudi del corpo, richiama l’attenzione sull’incarnato della pelle, sulle forme. 

MARRONE: è un colore caldo che richiama la terra, trasmette sicurezza e attaccamento alle radici. Ottenuto dalla combinazione del rosso, del giallo e del nero, il colore marrone è simbolo di soddisfazione a livello fisico. Comunica il desiderio di non volersi mettere troppo in mostra ma può anche rispecchiare uno stato d’animo tetro.

ROSSO: il colore della passione, del fuoco, dell’energia. Chi veste di rosso non ha paura di apparire, richiama il bisogno di agire. Il rosso è anche associato all’aggressività. E’ simbolo del sangue e dell’energia vitale, sia mentale che fisica. Un tocco di rosso infonde coraggio e quel pizzico di grinta per superare situazioni che intimoriscono o fanno sentire sotto esame. Chi indossa il rosso come tonalità dominante nell’abbigliamento è vivace ed estroverso, con una tendenza ad imporsi nelle relazioni. Energico e in continuo movimento, vuole conquistare rapidamente i propri obiettivi. Usato in eccesso sottolinea un temperamento a volte aggressivo. Chi si veste di rosso si fa senza ombra di dubbio notare.

VERDE: il colore della speranza, della natura, dell’equilibrio energetico. Chi lo indossa è una persona riflessiva ed equilibrata e con una forte autostima. Il colore verde simboleggia la perseveranza e la conoscenza superiore.  Chi lo indossa cerca l’equilibrio e la riflessione. Il suo effetto è rilassante e rinfrescante, quindi perfetto in caso di emicrania o insonnia. Il verde nelle sue infinite tonalità rivela spesso una persona di temperamento. Indossare il verde aiuta a calmare una mente molto attiva, un momento d’ansia, la tensione prima di affrontare una prova.

VIOLA: colore della sensualità e spiritualità. Prediletto dalle persone sensibili che cercano calma e padronanza emozionale. Nello spettro luminoso, il colore viola è posizionato agli antipodi del rosso e simboleggia l’attitudine a identificarsi con il prossimo. Le tonalità più chiare esprimono sensualità, le più scure spiritualità. E’ fortemente controindicato nelle depressioni. O lo si ama o si odia.  Nasce dall’incrocio del rosso, tono delle passioni materiali, con il blu che trascende la materia e si eleva verso il cielo. E’ il colore prediletto da personalità con una spiccata sensibilità che riescono a vedere il lato nascosto delle cose. Particolarmente utile quando si cerca equilibrio interiore, calma e padronanza emozionale.

ROSA: E’ il colore della femminilità, rappresenta amore, dolcezza, gentilezza, ma è anche associato all’ingenuità e alla debolezza. Simbolo della capacità di dare e riceve amore, il colore rosa conferisce passione e vitalità nell’amore per gli altri e per se stessi. Stempera l’aggressività e risolleva l’umore, è il colore dell’amore romantico e dell’affettività, comunica emozioni tenere, complicità, dolcezza.

Non solo i colori rivelano il nostro stato d’animo, ma anche gli stili dei capi che indossiamo lo possono influenzare. Lo sapevate che sembra esserci anche un tipo di vestito per ogni umore?

Ecco alcune tipologie di abbigliamento e cosa comunicano:

  • Abiti fluidi a tinte tenui: questi capi di abbigliamento, insieme ad un trucco lieve e ad accessori semplici, ma eleganti, esprimono personalità introverse; se invece ci vestiamo così solo in certi periodi, allora significa che in quella situazione non vogliamo essere troppo appariscenti e preferiamo rimanere in disparte.
  • Vestiti molto larghi: le persone che indossano abiti ampi, magari lunghi e poco attillati stanno attraversando una situazione in cui si sentono oppresse e vogliono “aria” o, essendo timide, cercano di nascondersi dallo sguardo altrui.
  • I jeans, come rivelato dalla ricerca dell’Università Inglese di Hertfordshire, vengono indossati soprattutto quando siamo tristi.
  • Abiti curati, accessori coordinati, colori come rosso o arancio, sono lo stile preferito quando ci sentiamo felici, sicuri di noi e propositivi.
  • Abiti non abbinati o poco curati, scuri e soprattutto blu, sottolineano un umore rabbioso.
  • Scarpe basse o scarpe alte? A parte comodità e stili di vita, tendiamo ad indossare le prime quando ci sentiamo con i piedi per terra, mentre le altre, quando vogliamo darci un tocco di sicurezza.
  • Anche gli accessori fanno la differenza: su cappelli e scarpe trendy ricadono le scelte di quando si è felici.

Allora cosa indossare se…

Dal momento che gli abiti influenzano l’umore, a seconda dello stato d’animo possiamo decidere di indossare determinate cose: in questo modo miglioreremo la nostra giornata.

  • Siamo arrabbiati?
    É un periodo nero, dove tutto e tutti ci innervosiscono? Proviamo a mettere vestiti e accessori di colore verde tenue e scarpe o calze rosse.
  • Ci sentiamo chiusi e intimiditi da una situazione?
    Scegliamo abiti ampi, poco aderenti ma colorati; in questo modo l’abbigliamento ci infonderà un po’ di fiducia.
  • Siamo tristi?
    Optiamo per un bel rossetto rosso o aranciato, pantaloni o abiti con tinte solari e scarpe con un po’ di tacco. Ci sentiremo subito meglio, la malinconia si attenuerà e saremo pronti ad affrontare la giornata nel modo migliore.

Gli psicologi, autori dello studio, concludono che il forte legame tra abbigliamento e umore suggerisce che chi si sente bene, sembra amarsi di più e voler ulteriormente valorizzare la propria immagine, non solo per presentarsi meglio agli altri, ma anche per soddisfare il proprio piacere personale. Un abbigliamento più dimesso, invece, segnalerebbe una trascuratezza che è, in primo luogo, rivolta a se stessi, nonché uno scarso entusiasmo e una ridotta energia che tolgono il desiderio di apparire gradevoli e invogliare gli altri a entrare in relazione con noi. Insomma, “indossare abiti più o meno gradevoli è più un fatto nostro individuale che riguarda la nostra percezione di noi stessi e del nostro umore” – dice la professoressa Pine.

Le conclusioni degli psicologi inglesi, quindi, ci stuzzicano riflessioni interessanti: ”Questi studi confermano che non solo noi siamo quello che vestiamo  ma diventiamo quello che vestiamo”.

E i maschietti cosa ne pensano?  Vi vestite anche voi in base all’umore? Attendiamo i vostri commenti.

 

Fonte:

“FLEX: Do Something Different. How to use the other 9/10ths of your personality”, pubblicato sulla Rivista dell’Università di Hertfordshire, Gennaio 2012

ww.amando.it

www.i-cult.it

Foto in evidenza: waytogoon.com/blog/fashion/

RAFFAELLA APPICE

 

 

Gli strani obelischi di via Pitteri

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In via Pitteri (ex area Innocenti) e Via Adriano (ex Magneti Marelli), ci sono dei silos simili ad obelischi che possono fare sorgere domande su che cosa siano.

Si tratta di ricoveri costruiti con il criterio antibomba durante la seconda guerra mondiale per proteggere i lavoratori delle fabbriche dai bombardamenti.

Hanno il tetto a cuspide con lo scopo di far scivolare su di esso eventuali ordigni e
notevoli spessori delle pareti in cemento armato.

Fonte: http://www.misteridimilano.com/camini.html

NUL: Francis Inferno Orchestra

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Nul

I set di Francis Inferno Orchestra sono un’esplosione di house, elettronica, cumbia, ritmi caraibici e voci suadenti.

Il ritmo serrato invita al viaggio oltreoceano, Francis non per nulla è australiano.

La sua musica scatena delle epidemie danzerecce senza eguali.

Ti prende prima ai piedi, che cominciano timidamente a tenere il tempo, finché non raggiunge le ginocchia che gradualmente cominciano a piegarsi in avanti per arrivare alle anche, che si muovono senza nessuna possibilità di appello.

Poi è la volta delle braccia, che tengono il ritmo con le mani, con gli avambracci e con le spalle, che disegnano coreografie aree e invisibili degne delle migliori tradizioni di danza.

Si diffonde in tutto il corpo, fino alla testa che scuotendosi al ritmo di musica, tenendo il tempo caldo dei beats, alla fine capitola, intonando una danza propiziatoria impossibile da ignorare.

Tutto il corpo è in estasi, tutto ruota intorno.

Esiste una sola cura all’epidemia Francis Inferno Orchestra.

Lasciarsi andare.

Questa sera al giardino tropicale del NUL non mancare per nulla al mondo.

Non mi credi?

Ascolta la sua musica, cliccando sul link che trovi in fondo alla descrizione.

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Coesione 3.0: dopo NoLo, un nuovo progetto per via Padova

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Molti lettori si sono espressi in modo molto critico quando abbiamo parlato di NoLo, Gorlastan, e di altri progetti in via di rivoluzione, a Milano. Per molti, via Padova e zone limitrofe sono più simili a una casbah, in cui la sicurezza è ai mimini  e non c’è alcun accenno di integrazione tra milanesi di vecchia data e immigrati.

La sensazione generale è che siamo piuttosto lontani da quelli che sarebbero autentici distretti in reale riqualificazione, e che i murales con le balene saliti alla ribalta nelle pagine della cronaca locale, come le micro imprese giovanili spuntate come funghi, non sono sufficienti a definire via Padova un esempio di convivenza esotico-milanese.

In Zona 2, dove si trova via Padova, quattro soggetti già attivi nel no-profit assistenziale si sono uniti per proporre un sistema che crei sicurezza e nello stesso tempo permetta ai cittadini, coinvolgendosi reciprocamente, di riappropriarsi degli spazi dei quartieri. 

Sono Cooperativa Sociale di Solidarietà Onlus, B-CAM Cooperativa Sociale Onlus, Cooperativa Tempo per l’infanzia, ALA Milano Onlus, associazioni dall’esperienza spesso ultratrentennale a sostegno dell’infanzia, della coesione sociale, per la tutela della salute, inclusione sociale, lotta alle discriminazioni e cooperazione sia sul territorio nazionale che internazionale. 

Insieme hanno costituito il progetto “Coesione 3.0” i cui primi tavoli di lavoro sono aperti a tutti e previsti per sabato 25 febbraio 2017, dalle ore 9.00 alle ore 13.00 presso il Giardino della Madia (in Via Fonseca Pimentel 5, nel cuore di via Padova). A poche ore dal lancio su Facebook, la pagina web di Coesione 3.0 contava 340 contatti, a dimostrazione di quanto sia ‘caldo’ e sentito il tema in Zona 2, ma non solo.

 

Che cos’è Coesione 3.0

Nata come confronto tra associazioni che operano sul territorio e residenti per costruire trasformare il degrado in luoghi piacevoli e vivibili, Coesione 3.0 si propone di individuare aree  di miglioramento del territorio, in sinergia con i cittadini e le reti locali, per attivareun presidio animativo di strada nei Giardini di Via Mosso e vie limitrofe , valorizzare tre aree verdi esistenti (Orti di Via Padova, del Parco Trotter e Orto condiviso di Cascina Martesana), riqualificando il sottopassaggio ferroviario, attraverso opere di street art, supportare la cultura e la creatività locale, creando un archivio open source con il racconto interattivo delle storie di via Padova (Mosaico Storico) alla Casa del Sole Parco Trotter, e la costituzione di un micro-pool di creativi residenti nel quartiere per realizzare interventi artistici negli spazi pubblici.

Il progetto Coesione 3.0 è un’iniziativa del Comune di Milano (Assessorato alla Sicurezza e Coesione Sociale) che da novembre 2016 opera in Zona 2 ed è stato realizzato in rete con Amici del Parco Trotter, T12 Lab, Comunicarearte Spazio Xpò, L’Ortica, Cascina Martesana, Circolo Legambiente Reteambiente.

 

Sui marciapiedi di Milano si possono trovare i pinguini di PAO e i loro cloni (FOTOGALLERY)

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Pao Original
Pao Original

Pao, all’anagrafe Paolo Bordino, è un artista nato a Milano nel 1977, dopo un’esperienza a Londra è attivo dal 2000 nell’arte di strada e dal 2007 anche nella pittura su tela.

E’ celebre per le sue reinterpretazioni del contesto urbano in modo creativo e giocoso: le sue opere più famose sono i pinguini dipinti sui paracarri, i dissuasori della sosta trasformati in delfini, i pali della luce in margherite, i bagni pubblici in lattine Campbell.

Lo stesso artista ha pubblicato con approvazione immagini di clonazione dei suoi pinguini in altre opere che stanno modificando l’arredo urbano cittadino.

MILANO CITTA’ STATO

 

Harraga: Giulio Piscitelli alla Forma

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“Harraga” è il termine con cui, in dialetto marocchino e algerino, si definisce il migrante che viaggia senza documenti, che “brucia le frontiere”.

E alla Forma questa sera inaugura il racconto per immagini di Giulio Piscitelli.

Quelle immagini che sono sotto tutti i giorni sotto gli occhi di tutti.

Assuefatti ormai a veder scorrere volti spauriti sullo schermo, non ci facciamo quasi più caso.

Giulio Piscitelli all’indifferenza ha scelto la partecipazione.

Ha scelto di salire su uno di quei barconi della morte e prendere parte alla traversata della speranza.

Condividendo le stesse immagini e gli stessi pensieri di speranza con i migranti che su barche improvvisate invocano la speranza di una nuova vita, lasciandosi tutto alle spalle, senza voltarsi nemmeno per un secondo.

Le fotografie, che Giulio Piscitelli ha raccolto per la mostra che inaugura oggi alla Forma, fanno parte di un lungo progetto iniziato nel 2010.

 

Che si compone di tre tappe o fermate intermedie del drammatico viaggio di rinascita che i migranti intraprendono, settimana dopo settimana, con la speranza di trovare una Vita Nova.

Vincitore del premio Ponchielli nel 2016, Giulio Piscitelli ha successivamente completato il suo lavoro di reportage recandosi in Iraq immortalando la guerra per la liberazione dall’Isis della città di Mosul.

In mostra, nelle sale della Forma, una selezione di scatti inediti che ritraggono i territori iracheni devastati.

Quello che si prospetta in questa mostra è un racconto amaro, pieno di intensità e che lascerà un solco profondo, si spera, nelle nostre coscienze.

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Più del 10% della RICCHEZZA d’Italia è prodotta da Milano

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Galleria Vittorio Emanuele II

Milano è la città che produce più reddito in Italia, pari a oltre il 10% dell’intera nazione e più del doppio rispetto alla seconda: Roma (che contribuisce al 5% del reddito nazionale). 

Il 60% del PIL del mondo è prodotto nelle grandi città: le prime tre risultano Tokyo, New York e Londra.

Nella città all’ombra della madonnina si producono 200 miliardi di dollari l’anno. Secondo le statistiche OCSE la grande Milano è undicesima al mondo e la quarta più ricca in Europa. L’unica tra le prime a non essere città stato.

MILANO CITTA’ STATO

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* E ora Milano Città Stato! Se non lo fa l’Italia, si può chiederlo all’Europa
Milano Città Stato sarebbe un bene soprattutto per l’Italia
Primo passo del consiglio comunale verso Milano Città Stato
Corrado Passera: Milano Città Stato è il più interessante progetto che ci sarà in Europa nei prossimi anni
“Proviamoci. Mi impegnerò personalmente”. Beppe Sala a Milano Città Stato

VUOI CONTRIBUIRE ANCHE TU A TRASFORMARE IN REALTA’ IL SOGNO DI MILANO CITTA’ STATO?
SERVE SCRIVERE PER IL SITO, ORGANIZZARE EVENTI, COINVOLGERE PERSONE, CONDIVIDERE GLI ARTICOLI, PROMUOVERE L’ISTANZA, AIUTARE O CONTRIBUIRE NEL FUNDING, TROVARE NUOVE FORME UTILI ALL’INIZIATIVA.
SE VUOI RENDERTI UTILE, SCRIVI A INFO@MILANOCITTASTATO.IT (OGGETTO: CI SONO ANCH’IO)

 

Ben Watt & Bernard Butler alla Santeria

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Oggi ti racconto una storia. Che ha come colonna sonora la musica di Ben Watt & Bernard Butler.

Immagina di viaggiare. Viaggiare per abbandonare qualcosa, per ricominciare daccapo, per ripartire da zero e per lasciarti tutto alle spalle.

Immagina di chiuderti la porta alle spalle, nella mano destra una piccola valigia riempita alla bell’e meglio, nella sinistra le chiavi della macchina.

Il cellulare spento in tasca suona a vuoto dall’altra parte della città.

Immagina di partire, di guardare il paesaggio scorrere fuori veloce, mentre i colori e i ricordi di quello a cui stai rinunciando si mescolano velocissimi nella testa.

Continui ad andare avanti, a non guardarti indietro, imbocchi la strada che hai scelto all’ultimo secondo e così via per tutto il tragitto, scandito dal fato e dal sesto senso che senti solo tu.

Immagina che in sottofondo, leggero e corposo, un insieme di suoni si propaghi nell’abitacolo; riesci a sentire distintamente lo stridio delle chitarre, la voce roca, la batteria cadenzata.

Alzi il volume al massimo e cominci a vivere di nuovo una seconda vita, in cui è la libertà a farla da padrone, in cui non hai più obblighi da routine e in cui sei tu a decidere chi vuoi essere.

Ecco, se senti l’irrefrenabile impulso di voltare pagina, di crogiolarti una strana malinconia salutare, se non riesci a fare a meno di immaginare fughe e viaggi on the road, quelli di stasera sono i suoni di cui hai bisogno.

Ben Watt & Bernard Butler ti aspettano alla Santeria Social Club.

Poi magari tornerai anche a casa, ma nel mentre sarai pago di fughe e viaggi in solitaria, che a volte fanno bene al cuore.

Nel mentre però chiudi gli occhi e comincia a viaggiare.

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La rivoluzione bancaria di Milano Città Stato: etica e peer to peer

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In tempi di crisi del settore bancario, viene da pensare a delle soluzioni che potrebbero fare di Milano Città Stato un’isola felice dove cittadini e Banche potrebbero avere un rapporto di vera fiducia e aiuto reciproco.
Quello che è accaduto nel 2016 a Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banche, potrebbe quindi essere solo un brutto ricordo in questa città che avrebbe delle banche dove innanzitutto il sistema dell’etica sarebbe rafforzato, magari dalla presenza di comitati etici composti da cittadini nella governance delle stesse.

Questi tre istituti nel corso del 2016 sono stati al centro di forti deflussi di depositi, restando completamente esclusi dal mercato dei capitali. Secondo gli analisti le tre banche potrebbero semplicemente fallire se non ci dovesse essere un intervento pubblico.
Ma la crisi delle Banche in Italia è più diffusa, ha colpito anche le grandi banche retail, le banche popolari, le banche di credito cooperativo, come le small local banks.
Le radici di questa crisi affondano in un passato recente caratterizzato da un periodo di forte recessione, iniziata nel 2009, cui è seguita la crisi del debito sovrano, lo Spread impazzito e le manovre del Governo Monti per salvare il Paese.
L’economia è poi crollata in una recessione ancora peggiore e il mercato ha perso ulteriore domanda. Dunque se l’Italia sta faticando a riprendersi e con lei il suo settore bancario.
Il PIL Italiano contraendosi ha comportato l’impossibilità di molte imprese debitrici delle banche di restituire i soldi presi in prestito, generando i non performing loans, ossia le sofferenze bancarie.
Ma se il dato macroeconomico è una ragione della crisi, l’altro è legato al fattore umano e culturale più italiano: un sistema di gestione del merito creditizio non efficiente, nel migliore dei casi, fraudolento, nel peggiore.

Le banche italiane hanno portato avanti una certa modalità di comportamento che ha visto fare favori agli amici, malversazioni e frodi. Molti scandali italiani hanno dimostrato come spesso non sono state finanziate imprese che avrebbero meritato credito e sono state invece favorite imprese il cui merito creditizio è stato sopravvalutato. Basti pensare ai casi Cirio e Parmalat, forti sulla carta ma fallimentari nella realtà.

Resta il fatto che il sistema bancario è la spina dorsale di qualsiasi sistema economico e il mondo industriale non potrebbe sopravvivere senza il finanziamento bancario. Per cui un comparto bancario sano rappresenta una condizione ineludibile per la crescita economica di un Paese.
Allora se in futuro si vorrà evitare che un calo del PIL dell’1% mandi in crisi le banche occorrerà procedere gradualmente verso la disintermediazione bancaria auspicata da molti economisti.
La parola d’ordine potrebbe essere il peer to peer. Coloro i quali oggi portano in banca i propri risparmi potrebbero prestare direttamente i soldi a chi necessita di credito e la banca agirebbe soltanto come istituto di pagamento, limitandosi a svolgere le analisi di merito creditizio.
Poi la tecnologia potrebbe aiutare il comparto. Le app che tutti abbiamo sui telefonini presto potrebbero rende inutili le banche per il trasferimento di denaro, disintermediando di fato il sistema bancario.

Un sistema che in ogni caso sta già cambiando se si guarda ad esempio alla concorrenza che in futuro potrebbero generare i grandi provider on line come Google, Facebook e Amazon, che stanno per proporsi come nuovi soggetti nel mondo dei servizi finanziari.
Ma ad oggi se è vero che stanno maturando i tempi per utilizzare al meglio i big data, è anche vero che per certe cose forse deve ancora prevalere il rapporto umano e personale, andrebbe perciò pensata una terza via fra quella tradizionale e quella innovativa proposta dai provider del web.
In ogni caso per salvare le nostre banche servirebbe comunque maggiore etica. Su questo molti analisti concordano, vedendo di buon occhio la nascita di comitati etici di cittadini dentro la governance delle Banche, con poteri che non creino sovrapposizioni o incongruenze, per il bene di un istituto, quello delle Banche, che è e resta un bene comune. Perché non cominciare questa rivoluzione a Milano?

Il primo grande OSPEDALE di Milano fu il Brolo

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1158. Dalla fusione dell’ospedale di San Barnaba in Brolo e dell’ospedale di Santo Stefano alla ruota nasce il più grande ospedale di Milano: l’ospedale del Brolo.

Sorgeva nei pressi dell’attuale Chiesa di Santo Stefano e venne definito da Bonvesin de la Riva ne Le grandezze di Milano come “il più grande fra gli ospedali della città e del suburbio“.

L’ospedale era finanziato dalle donazioni dei milanesi e rimase il principale ospedale della città fino al 1456 quando l’Ospedale Maggiore lo relegò in posizione secondaria fino alla chiusura avvenuta due secoli dopo.

MILANO CITTA’ STATO

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About Art: Keith Haring a Palazzo Reale

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Sì, ok, Keith Haring lo conosciamo tutti; è stato spesso accostato a Warhol per portata e per il fenomeno mediatico raggiunto.

Tutti, almeno una volt nella vita, abbiamo posseduto un portachiavi, una maglietta, una stampa o, peggio, un bicchiere della birra con una riproduzione degli ‘omini’ di Keith Haring.

Ma cosa si nasconde dietro il radiant baby e quali sono le tappe che lo hanno portato alla creazione delle sue opere – il cui ultimo record d’asta è attestato a 5,5 milioni di dollari?

Keith Haring, ancor prima di essere un fenomeno mediatico, ancor prima di essere un artista che ha rivoluzionato il concetto di “pop”, è stato un appassionato di arte e archeologia.

E la mostra, inaugurata al Palazzo Reale per la curatela di Gianni Mercurio e a cura de 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, intende mostrare un’altra faccia dell’artista poliedrico di cui riconosciamo tutti l’opera.

L’esposizione vuole mettere l’accento sui suoi maestri culturali, da Pollock a Dubuffet, passando per Klee, le arti precolombiane e l’archeologia classica.

Ma Keith Haring, ancor prima di essere un grande artista venduto in tutto il mondo, è stato un tormentato la cui figura richiama di sicuro quella letteratura di stampo beat – per intenderci, il classico On the road – e sulla strada Keith Haring c’è stato davvero, prima come venditore di t-shirt vintage, poi come writer.

In questa mostra però, quello che interessa alla curatela sono tutti gli stimoli che hanno contribuito a rendere grandioso un genio senza tempo che non ci stanchiamo mai di vedere e rivedere.

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Milano vs Roma: nelle ricerche su Google in Italia e nel centro Europa vinciamo noi, nel resto del mondo vince Roma

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Elif Lab - Word Cloud Google - Milano 2016

Tra gli strumenti più utilizzati per saggiare la percezione di un brand online vi è senza dubbio Google Trends.

Attraverso l’analisi di un campione casuale di ricerche, Google ci fornisce delle stime rispetto alle ricerche correlate a una determinata keyword, mostrando l’andamento temporale e la distribuzione geografica dell’interesse.

Un confronto tra “Milano” e “Roma” rispetto a quanto è stato cercato nel 2016 fa emergere qualche curiosità interessante.

Un’Italia spaccata a metà

Elif Lab - Google Trends 2016 Italia - Milano_Roma
Clicca sull’immagine per visualizzare la versione interattiva.

La mappa mette a confronto la frequenza di ricerche correlate a Roma e a Milano sul totale di ricerche effettuate in ogni regione. Il colore attribuito alla regione corrisponde alla maggior frequenza relativa delle ricerche legate a una delle due città.
Milano trionfa nel Nord Italia, in Puglia e nelle isole. Roma vince nel Centro-Sud.

Elif Lab - Google Trends - Italia 2016 - Milano vs Roma
Clicca sull’immagine per visualizzare la versione interattiva.

Nel 2016, sul totale delle ricerche in Italia, quelle legate a Milano sono state in media più di quelle legate a Roma (il valore 100 rappresenta qui il valore massimo toccato in una settimana da uno dei due temi, i valori delle altre settimane sono riscalati in maniera proporzionale per far emergere i trend).

Nel mondo vince Roma, il centro Europa guarda a Milano

Il rapporto si ribalta se allarghiamo il campo a ciò che accade nel resto del mondo.
Le ricerche legate a Roma sono in media più numerose rispetto a quelle relative a Milano.

Elif Lab - Trends 2016 Mondo Milano Roma
Clicca sull’immagine per visualizzare la versione interattiva.

La distribuzione geografica ci mostra una nicchia milanese nell’Europa centrale, con le ricerche legate a Milano che battono per numero quelle su Roma in Germania, Austria, Svizzera, Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria, Serbia, ma anche in luoghi meno scontati come la Turchia, l’India, l’Indonesia, il Vietnam e il Giappone.

 

Elif Lab - Trends 2016 World - Milano_Roma
Clicca sull’immagine per visualizzare la versione interattiva.

Ma quali ricerche su Milano sono andate per la maggiore nel 2016?

Qui mostriamo un word cloud “ripulito” dalle tante ricerche legate alle svariate partite del Milan (del resto le due squadre di Milano sono un asset anche all’estero, no?).

Elif Lab - Word Cloud Google - Milano 2016Emergono alcuni brand importanti, nuove aperture, concerti, scioperi, news, mostre e fiere.

Vi state domandando cosa siano

ミラノ – インテル ナ ツィ オナー レ ミラノ – Милан e điệp vụ ?

Il primo è il nome di Milano in giapponese, il secondo è il nome dell’Inter in giapponese, il terzo, più facile, è la traduzione in russo di Milano.

điệp vụ invece fa riferimento a điệp vụ Milano (Missione Milano) che abbiamo scoperto essere un “affascinante” film vietnamita ambientato in città. Ne trovate un estratto qua.

ELIF LAB

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Napoleone era INNAMORATO di Milano: in pochi anni fece costruire queste GRANDI OPERE

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Napoleone in Duomo

Napoleone venne più volte a Milano, ma non mise mai piede a Roma. Già questo ce lo rende simpatico. Napoleone era molto attratto da Milano, così come altri suoi illustri connazionali, come Stendhal o Francesco I.

Napoleone era INNAMORATO di Milano: in pochi anni fece costruire queste GRANDI OPERE

La rese capitale del Regno d’Italia e nel suo breve dominio le regalò numerose opere, tra cui ricordiamo:

#1 la costruzione del Naviglio Pavese
#2 la strada del Sempione (che puntava verso la Francia)
#3 la terza ala della Ca’ Granda, quella situata verso via Laghetto, con linee esterne neoclassiche, ispirata al progetto del Filerete
#4 archi di Porta Ticinese, di Porta Nuova e l’Arco del Sempione
#5  l’Arena
#6 il palazzo Rocca Saporiti
#7 il progetto di Foro Bonaparte

Tra le diverse innovazioni Napoleone rese anche La Scala accessibile a tutti i cittadini (prima era riservata agli aristocratici).

I milanesi nutrirono grande simpatia per l’imperatore. In primo luogo perchè li aveva liberati dagli Asburgo e poi perchè Milano era la capitale dell’illuminismo italiano e si identificava negli ideali della rivoluzione incarnati da Napoleone.

Continua la lettura con: La Milano di Napoleone

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

The XX live al Forum

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“I see you” de The XX è un album che ha superato qualsiasi aspettativa.

E ha fatto sì che il trio arrivasse a quella consapevolezza e maturità musicale che li ha portati dritti dritti al Nirvana della musica.

“On Hold” e “Say something Loving” sono due hit che sentiamo costantemente trasmesse alla radio.

Sono pezzi che ti entrano dentro e che descrivono appieno certi stati interiori per cui noi non siamo in grado di trovare le parole adatte.

The XX sanno bene come si fa a stamparsi nella testa con una canzone.

E il concerto di oggi è l’evento più atteso di questo inizio di stagione. 

Andato sold out dopo pochissimo tempo dalla messa in vendita dei biglietti, questo risultato dimostra non soltanto come si possa fare una musica di qualità altissima che riesca ad arrivare a tutte le orecchie.

Quelle che millantano conoscenze musicali e i profani che con quella curiosità tipica dei bambini, spesso sono in grado di apprezzare meglio quello che sentono. Perchè scevri di qualsiasi preconcetto e distorsione modaiola del tempo.

Questa sera The XX sono al Forum, sold out ahinoi.

 

Non possiamo non menzionare l’evento, perchè è uno di quei miracoli che capitano di rado.

E se stasera non potrai esserci, ci sarai la prossima volta, perchè questo non è che l’inizio, anzi la svolta, di una carriera che possiamo considerare a tutti gli effetti rosea e costellata di successi incredibili.

Tutti maledettamente meritati. Premi play, se non mi credi e cambierai subito opinione.

3 giorni di Rosie Birkett a Milano: sul food Milano è già regina

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Rosie Birkett è una signorina inglese che gli amanti del settore food conoscono sicuramente molto bene. Oltre a cucinare, scrive di cibo. Ha debuttato con il libro A Lot On Her Plate – che poi è diventato il nome del suo blog e del suo canale YouTube. Ha collaborato con diverse testate giornalistiche tra cui The Guardian, The Independent, The Sunday Times e ha contribuito alla creazione di vari libri di cucina tra cui Ocean Voyage dello Chef stellato Mark Jordan, Obsession di Nigel Haworth e Where Chefs Eat edito da Phaidon.

Nel 2013 ha scritto, assieme ad Alain Ducasse, la guida dei ristoranti gourmet di Londra, J’Aime London, pubblicata nella primavera del 2014.

La Birkett è arrivata a Milano, ha preso una stanza all’ Excelsior Hotel Gallia, e ha iniziato il suo tour intenta a scoprire i luoghi e i cibi più attraenti e stimolanti di Milano.

Giorno 1

Il suo diario di viaggio inizia con un drink ai sentori di cacao e cardamomo, sorseggiato sulla terrazza panoramica dell’Hotel Gallia. Il cocktail si chiama “Il Rituale” ed è un inebriante e moderna creazione aggiornata dall’approccio cheffy dei migliori barman di oggi, che combinano tecniche classiche con l’utilizzo di nuovi ed audaci ingredienti.

La Birkett è affascinata dal maestoso hotel che descrive come “un mashup di tradizione e nuovi trend, dalla facciata antica agli interni ultra moderni che rimandano al periodo Art Déco”.

La prima cena milanesevla trascorre nel quartiere Isola, nella pizzeria gourmet Berberè situata all’interno dell’ex Circolo Filippo Sassetti. La giornalista definisce i pizzaioli del locale “veri artigiani della pizza” mettendo in luce gli ingredienti biologici e di alta qualità.

Beve La Bassa, una deliziosa birra artigianale, cruda e non filtrata per poi rimanere estasiata da una pizza bianca con radicchio tardivo saltato all’olio d’oliva su una base di crema di taleggio ed una fantasiosa “pizza viola” fatta con purea di barbabietole sormontata da porri leggermente stufati e arricchita da olive salmastre.

Giorno 2

Non poteva mancare l’assaggio di un fragrante cannoncino che Rosie Birkett addenta, persa in una distorsione temporale, nel bar della Pasticceria Marchesi assieme alla giornalista di Sauce Milan, Sara Porro, solita organizzare tour culinari nella città. I dolci appena sfornati che la giornalista descrive  brillare in antiche casse di legno e vetro, vengono serviti da camerieri la cui mise – giacche di cotone con colletti di pizzo decorato – colpiscono la sua attenzione così come le brioche ripiene di salumi e i dolci di pan di spagna impregnati di sciroppo.

Ma la giornata è appena iniziata e la blogger, lasciata la pasticceria, si dirige presso il Camparino, l’originale bar Campari nella scintillante Galleria Emanuele. L’impatto con questo bar è alquanto positivo dal momento che lo descrive come “uno dei più bei bar dove sia mai entrata”, impressionata dal pavimento a mosaico e dalle pareti affrescate abbracciate dalle luci e dalle ombre del maestoso lampadario. Qui lei e la giornalista di Sauce Milan, fanno un aperitivo  ordinando uno Zucca e un Negroni Sbagliato dato che – come sottolinea la Porro alla Birkett – l’aperitivo deve essere amaro per poter preparare lo stomaco al pranzo.

Ma si sa, gli inglesi non si tirano indietro quando si tratta di bere, e la cara signora inglese fa una doppietta dirigendosi alle Cantine Isola che la blogger definisce  un rustico bar. L’enoteca, nella famosa Paolo Sarpi, è stata fondata nel 1896, e i suoi scaffali colmi di bottiglie offrono una scelta variegata per tutte le tasche. Luca, titolare di seconda generazione, pensa di poter “coltivare i palati delle persone” – come scrive la Birkett – “consentendo loro di degustare vini rari al bicchiere”. Le suggerisce un Radikon, un vino corposo dai riflessi arancioni prodotto in un territorio sul confine italo-sloveno. Questa varietà di vino, realizzato con uva bianca lasciata macerare con la sua buccia ottenendo così un colore più scuro dei bianchi normali, è molto in voga in questo periodo e la giornalista sembra apprezzare in pieno il suo gusto ed i suoi sentori.
Il momento del pranzo è arrivato e , sempre accompagnata dalla Porro, la scrittrice approfitta del quartiere per assaggiare i ravioli della Ravioleria Sarpi. Ravioleria tipica cinese con cucina a vista, frutto della collaborazione tra un cinese laureato alla Bocconi e una delle più antiche e valide macellerie meneghine. I ravioli sono fatti di manzo e porro, maiale e verza, e un terzo vegetariano, con verdure di stagione rigorosamente tritate a mano a punta di coltello.

Ci si sposta di zona, perché la cena si svolge in Porta Romana. Il locale scelto è Trippa, guidato dallo chef Diego Rossi. Ovviamente la Birkett ordina il piatto da cui il ristorante prende il nome. La sua, è una dorata trippa fritta servita con pepe nero e rosmarino profumato. Continua con un vitello tonnato per concludere con crocchette di maiale con cipolla rossa in salamoia e  cavolo nero croccante. Il tutto accompagnato da un ottimo rosato (che poi diventano due).

La sua seconda serata si conclude in un bar segreto – di cui accenna solo a cocktail e whisky giapponesi – e che in quanto segreto, non ne menziona il nome.

Giorno 3

La mattina seguente, dopo un bagno caldo nella profonda vasca di marmo situata nella sua stanza d’hotel, la Birkett sceglie di fare colazione al Pavé, la moderna pasticceria di ispirazione francese in Via Felice Casati. Ordina un caffè ed una torta coperta di mousse di cioccolato bianco bianco, con ganashe di nocciola e gel al finocchio.

Di rientro in hotel, dove si fa coccolare con un massaggio rilassante nella Spa Shiseido, si reca al Ristorante Terrazza nel roof dell’hotel, curiosa di assaggiare il tipico piatto della tradizione milanese: il Risotto alla Milanese – per l’appunto – da lei celebrato come un risotto degno della sua fama per i suoi chicchi al dente avvolti da un’intensa e setosa emulsione di zafferano e condito, in cima, con un friabile e tenero ragù di vitello che si abbandona nel giallo del piatto.

Un po’ casualmente lo chef Vincenzo Lebano, al timone del ristorante assieme al fratello Antonio, le propone di assaggiare un nuovo piatto non ancora sul menù: anguilla grigliata con verdurine in carpione. Lei è felicissima, l’anguilla è uno dei suoi piatti preferiti! E commenta di non aver mai immaginato di scoprire a Milano un nuovo modo di cucinare l’anguilla.

Ma in fondo, commenta la blogger, Milano ti offre sempre qualcosa di inaspettato “with cool, understated elegance” – per citare le sue parole. E conclude dicendo di non vedere l’ora di sperimentare a Londra ciò che ha appreso a Milano: “fuelled with lots of fresh culinary inspiration, I can’t wait to get home and start experimenting”.

 

East Market: la domenica di cui abbiamo bisogno

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L’East Market è tornato, più smagliante che mai.

Ritornano gli appuntamenti domenicali più attesi della città.

Potrai venire a curiosare, mangiucchiare qualcosa, spulciare tra i vinili e cercare il pezzo vintage per quella serata lì per cui ti stai preparando da tempo.

E inoltre, toys, arredamento, sneakers, vecchie collezioni, oltre ad un food truck dedicato, che aspetta solo di essere divorato.

Sempre a via Ventura, zona Lambrate, sempre tutto il giorno, sempre per sconfiggere il tedio domenicale. Sempre East Market, insomma.

Ah, dimenticavo. Sempre free entry.

Cliccando su “Ci Vado” riceverai un promemoria dell’evento. L’ingresso al locale è a discrezione dell’organizzazione.

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Live Wine 2017 al Palazzo del Ghiaccio

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Amanti del nettare degli dei (aka vino), siete chiamati a raccolta questo weekend perché c’è il Live Wine.

Questo fine settimana avrete una scusa per cominciare a bere alle 10:00 del mattino, senza rischiare di passare per degli alcolisti.

Ritorna infatti Live Wine il più importante evento del vino artigianale mai realizzato a Milano.

Produttori italiani ed europei arrivano in città per far conoscere i loro vini, tutti in degustazione con il solo biglietto d’ingresso.

Un salone-mercato rivolto sia al grande pubblico che ai professionisti in una delle più belle location milanesi, il Palazzo del Ghiaccio di via Piranesi.

E a parte i soliti cliché legati ai saloni dedicati al vino, quella di Live Wine è senz’altro un’ottima occasione per scoprire proposte nuove, primizie e bontà senza eguali.

Tutte rigorosamente artigianali.

Di sera invece, quando le porte del Palazzo di Ghiaccio si chiudono, partecipa a decine di eventi LIVE WINE NIGHT organizzati nei locali selezionati della città.

Con il biglietto di ingresso di 20 euro, comprensivo di calice e catalogo degli espositori, oltre a poter degustare i vini dei produttori presenti al Palazzo del Ghiaccio, avrai la possibilità di acquistare le bottiglie direttamente in loco.

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