Milano, non perdere la TESTA!

La sfida di Milano per trattenere e attirare le migliori intelligenze

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Perché Milano rinasca una cosa è certa: non può e non deve aspettare le misure dello Stato, l’assistenza del Governo, i 600 euro, i finanziamenti fantasma e le promesse varie ed eventuali, che la rendono vulnerabile. La Milano di 3 mesi fa era a un passo dall’eccellenza: tra le 50 città migliori del mondo  per il Global Talent Competitiveness Index 2020, al 13esimo posto al mondo per il tasso di iscrizione all’università di chi ha un diploma secondario, 52esima al mondo per posti di lavoro creati da investimenti stranieri diretti, culla della Silicon Valley italiana.
Ma troppi talenti ancora fuggono all’estero e troppi pochi talenti vengono ad oggi attirati sul territorio. Riflessioni e idee per un nuovo umanesimo meneghino.


Milano, non perdere la TESTA!



Una cosa è certa, il brain-drain si combatte con misure importanti che vanno dallo stimolo al rientro a casa delle competenze italiane all’attrazione di cervelli stranieri sul territorio, dall’internazionalizzazione delle nostre università all’integrazione dei talenti italiani e stranieri nel mondo del lavoro. Ma quali possono essere le strategie da adottare?
Eccone 5 a prova di rinascita.


#1 Incentivare lo studio universitario degli italiani

Secondo l’Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione Europea, in Italia solo il 17% della popolazione ha una laurea. La media Ue si aggira attorno al 30%. Ciò significa che a noi mancano almeno 7 milioni di laureati per essere competitivi.
Quali sono le ragioni di un allontanamento dalle università?
 

# Gli scarsi investimenti statali nel settore educazione
Sempre secondo Eurostat, per ogni euro speso in educazione, l’Italia ne spende 3,5 in pensioni. Ci batte solo la Grecia. E per ogni euro in università, ne spende 44 in pensioni. In Francia se ne spendono 22.

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# L’idea di prestigio che le università straniere sono tanto brave a comunicare
Eppure in Italia non i manca nulla, anzi abbiamo gli atenei più antichi del mondo.
Sono 47 le università italiane che rientrano nel nuovo World University Ranking 2020, la valutazione dell’agenzia britannica QS che ogni anno compara 1368 atenei in 83 Paesi e 13.138 programmi universitari.
Parlando di Milano:
L’Università Statale di Milano è al 39° posto.
Nella top ten globale per il corso in Business e Management, e precisamente al 7° posto si trova anche la Bocconi.
Ottimo anche il posizionamento del Politecnico di Milano che compare al 7° posto tra le migliori 10 facoltà al mondo di Architettura, al 6° posto per Arte e Design, al 7° per Ingegneria civile e strutturale e al 9° per Ingegneria meccanica, aeronautica e industriale.
Informazioni come queste a chi arrivano? Non certo agli studenti delle scuole superiori… Speriamo almeno che varchino i confini e arrivino agli studenti stranieri.

# I costi troppo alti e l’incertezza nel trovare lavoro, nonostante la laurea
E, ancora più demoralizzante, il fatto che una laurea non assicuri un posto di lavoro meglio retribuito rispetto a un lavoro in cui non viene richiesto il titolo di studio universitario. Accedere prima al mondo del lavoro diventa quindi una possibilità attraente.


#2 Fermare gli italiani che se ne vanno

Ad andarsene sono i giovani laureati, persone con dell’alto potenziale e con qualifiche elevate, che non trovano spazio in Italia ma vengono molto apprezzati all’estero. L’Italia sta quindi perdendo chi può far crescere il paese, chi può contribuire ad innovare.
I dati Istat dicono che nel 2018 sono partiti 117mila italiani di cui 30mila laureati. In realtà sembra che il volume degli espatri sia addirittura doppio. Lo dimostra il fatto che, prendendo come esempio l’anno 2017, per i 36 paesi Ocse siano state registrate 76mila partenze, mentre i paesi di arrivo hanno registrato 146mila italiani.
Quindi, seguendo questo ragionamento, i laureati partiti nel 2018 sono almeno 60mila.
La fuga dei cervelli, inoltre, costa ogni anno all’Italia 14 miliardi di euro, cioè quasi un punto di Pil, ma il dato peggiore è che chi se ne va, invece di fare grande il nostro Paese, contribuirà al benessere e alla crescita di altre nazioni

Quali possono essere le manovre per trattenere in Italia i nostri talenti?
Quello che spinge all’emigrazione è la ricerca di un’occupazione dignitosa, che offra un guadagno adeguato alle proprie competenze e all’investimento in formazione, in un mondo del lavoro meritocratico, che sia equo e consenta una crescita professionale e di carriera adeguata.
Si potrebbe partire da qui:

# Investire fondi in impresa, scienza, educazione 

# Valorizzare i ruoli professionali con stipendi adeguati
L’Ocse stima che in Italia i laureati fra i 25-34 anni guadagnano solo il 10% in più dei loro coetanei senza una laurea. In Inghilterra è il 35% in più, in Francia è il quasi il 45%.

# Non penalizzare, dal punto di vista retributivo, i giovani valorizzando gli anziani
I laureati italiani fra i 55-64 anni in Italia, hanno un “bonus” sui guadagni fra i più alti d’Europa, quasi al 65%, mentre in Inghilterra non si va oltre il 45%.

# Sostenere le startup
Il fondo di venture capital, Atomico, scrive nel suo report annuale sulle startup europee che ci sono 99 neonate società con un valore di più di un miliardo di dollari, anche dette “unicors”, ma nessuna di queste si trova in Italia. Sono in Estonia, Ucraina, Romania, Repubblica Ceca, ben due in Spagna.

# Investire in ricerca
L’Italia investe in ricerca l’1,3% del proprio Pil, la supera la Repubblica Ceca e la Slovenia. Tra il 2006 e il 2016, l’Italia ha tagliato la spesa per la ricerca del 21%


#3 Far rientrare gli expat

Le ragioni di un’incentivazione al loro ritorno in patria sono molteplici, ma due su tutte: gli expat hanno spesso esperienze di lavoro più alte rispetto a chi rimane in Italia e il loro ritorno porterebbe innovazione al sistema, il loro ritorno migliorerebbe il gap di educazione che l’Italia ha nei confronti degli altri paesi europei.
Secondo l’Ocse, l’Italia ha il più alto gap educativo tra emigrazione e immigrazione, questo significa che esportiamo gli italiani che hanno studiato di più e importiamo gli stranieri che hanno studiato meno.

Ma gli expat vogliono tornare? Un sondaggio del centro studi di PWC dice che l’85% dei giovani all’estero pensa che il paese in cui vivono offra migliori opportunità lavorative, ma nonostante ciò, al 74% piacerebbe tornare anche a parità di condizioni.

Per ora gli strumenti messi in campo dallo Stato per riattirare i cervelli espatriati non sono molti. A livello nazionale il decreto-legge sul rientro dei cervelli con la sua più recente modifica (28/5/2019) offre una serie di agevolazioni fiscali, ma gli ostacoli burocratici per accedervi, come al solito, sono tanti e la durata troppo corta. Oltre a semplificare e ad allungare la durata dei benefici, gli incentivi dovrebbero essere estesi anche a chi ha deciso di rimanere. La discriminazione è decisamente iniqua.


#4 Attirare cervelli stranieri in italia

Se il bilancio expat e talenti stranieri in arrivo fosse in pari, il problema della mobilità dei nostri laureati sarebbe meno grave. Ma per riuscirci è necessario partire da un sistema di istruzione adatto ad accogliere studenti internazionali e offrir loro opportunità lavorative adeguate dopo il periodo di formazione. Per esempio, introducendo visti di lavoro facilitati per studenti extracomunitari in modo da non mettere in pratica il paradosso di formare cervelli e di non riuscire a trattenerli. Molti paesi perdono una percentuale alta di studenti al termine degli studi a causa delle politiche restrittive sui visti per lavoratori. Secondo i dati del Miur, dal 2013 al 2017, la percentuale di studenti stranieri iscritti a un corso di laurea in Italia è aumentata di quasi il 20% arrivando al 4,6% degli iscritti nell’anno accademico 2016/2017.


#5 Attirare docenti e ricercatori stranieri nelle nostre università

E’ indubbio, un corpo docente internazionale attira studenti internazionali. Un modo per incentivare la migrazione di corpo docente, potrebbe essere quello di stabilire tra i criteri Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) quello di raggiungere, per ogni ateneo, una percentuale minima di presenza di professori e ricercatori stranieri. Questa internazionalità porterebbe ad aumentare naturalmente anche il numero di studenti provenienti dall’estero, dato che i professori nel loro paese di origine potrebbero fare da catalizzatori.


Perché Milano ce la può fare

# Milano è capace di attrarre e trattenere cervelli
Lo dice il Global Talent Competitiveness Index, edizione 2020, presentato a Davos, secondo il quale Milano è l’unica città italiana in grado di attirare talenti, 41esima nella top 50 globale. Le nostre università poi, come spiegato sopra, sono tra le migliori al mondo (World University Ranking 2020).

# Milano sa creare posti di lavoro
Sempre secondo il Global Talent Competitiveness Index, Milano è 52esima per posti di lavoro creati da investimenti stranieri diretti: ciò significa che gli investitori esteri credono nella città.

# Milano è la Silicon Valley italiana
In Lombardia e a Milano si trovano le aree a più alto tasso di innovazione e a maggiore densità di knowhow. Qui si trovano centri di ricerca privati, poli universitari, oltre la metà delle startup innovative in Italia, e hanno sede alcuni incubatori importanti come Polihub del Politecnico di Milano, Digital Magics, Speed MI Up di Bocconi, e il Talent Garden Milano.

# La Lombardia è la regione più digitale d’Italia
La Lombardia registra la migliore performance rispetto alle altre regioni italiane sul DESI 2019 (Indice di digitalizzazione dell’economia e della società), che misura il posizionamento dei paesi membri dell’UE rispetto all’avanzamento digitale valutato su 5 aree: connettività, capitale umano, uso di internet, integrazione delle tecnologie digitali e servizi pubblici digitali.


C’è una sola cosa da fare perciò: accelerare.
Questo è il momento della rinascita.

Fonti: https://espresso.repubblica.it/affari/2019/12/19/news/laureati-in-fuga-dall-italia-tutti-i-numeri-di-un-emergenza-nazionale-1.342138
https://www.manageritalia.it/it/economia/silicon-valley-italiana
https://www.milanotoday.it/economia/classifica-citta-talenti-2020.html
https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/01/22/news/cervelli_in_entrata_milano_e_l_unica_citta_italiana_in_grado_di_attirare_talenti-246402074/

 

BARBARA VOLPINI

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Barbara Volpini
Segno zodiacale gemelli e mancina. Il resto, tutto sommato, è meno importante: laurea in giurisprudenza, copywriter, social media marketer, interior designer, scrivo racconti e ballo il tango.