Quando i bambini giocavano in STRADA

I passatempi della nostra infanzia che non torneranno mai più

0
credits: @pokivale IG

Fermi tutti: lo so a cosa state pensando. Squid Game, vero? Considerando che da mesi non si parla d’altro, non possiamo esimerci dal farlo anche in questa occasione e (per giunta) in testa all’articolo. Oggi parla proprio di giochi da strada che facevamo in gruppo fra bimbi all’oratorio, all’asilo o dove ci fosse un prato o un cortile pronto ad accogliere le esuberanze di un gruppo di marmocchi.

Naturalmente non è scontato dire che rispetto alla pluripremiata serie, i giochi erano simili ma con esiti personali ben diversi da quelli che toccavano agli sconfitti, e ci mancherebbe altro. In ogni caso, quando tanti anni fa si giocava in strada senza smartphone e tik-tok, i giochi meravigliosi con cui ci si teneva compagnia erano questi.

I Libri di Milano Città Stato a casa tua: scopri come fare

Quando i bambini giocavano in STRADA

# Tirare una corda e giocare a pallavolo

Una corda di materiali vari, di plastica, di gomma o di fili intrecciati. Bastava che vi fosse uno spazio adatto a tirarla alla meglio e il gruppo di ragazzi o ragazze poteva tranquillamente mettersi a giocare a uno dei giochi più gettonati dell’infanzia (dopo il calcio, naturalmente): la pallavolo. Che, per un assurda convenzione e luogo comune, era considerato essere il gioco delle ragazze, rispetto al più “maschile” calcio. Fortuna che negli anni questa idea è stata del tutto accantonata.

# Le biglie (con o senza tappini)

credits: @rosygreggio
IG

Il traffico di cui ho memoria ai tempi delle scuole medie era secondario solo a quello di figurine di calciatori o dei mini-botti di capodanno come raudi, miniciccioli e via dicendo. Ne esistevano fondamentalmente due tipi: quella di vetro con all’interno delle ali colorate, più raramente vuote o di un unico colore, e quelle da spiaggia, generalmente in plastica costituite da due semisfere, una colorata e l’altra trasparente contenente al suo interno l’immagine di uno sportivo (spesso un ciclista).

Le prime erano biglie da città, le seconde, più grosse, adatte a terreni in ghiaia o sabbia oppure a cortili sterrati. Si giocava sotto i portici, nei cortili o come detto in spiaggia. Le biglie hanno rappresentato una felice fetta dell’infanzia non solo di noi millennials, ma anche dei nostri genitori.

# 1,2,3, stella!

credits: @claudiakikimorlacchi
IG

Tradizionalissimo e antico gioco da bambini all’italiana, era il passatempo da strada che metteva a dura prova la muscolatura tutta ancora da sviluppare di un bimbo. Infatti, con 1,2,3 stella si iniziava a capire chi poteva avere un futuro nell’atletica, chi in altri sport o chi, magari, nelle forze dell’ordine. Anche perché il gioco era molto semplice.

Una persona a turno, su una compagnia che andava dai tre ai dieci giocatori, era incaricata di stare con il volto su un muro e girarsi per cogliere in flagrante i movimenti dei partecipanti. Questo, dopo aver pronunciato le parole “1,2,3, stella.” Chi veniva scoperto ovviamente era eliminato, mentre il vincitore era colui (o colei) che, in maniera scaltra, riusciva ad alternare scatti felini a momenti di blocco totale, toccando il muro prima che il “controllore” se ne accorgesse.

# Scavalcare i muri per esplorare giardini

credits: @pokivale
IG

Non esattamente un gioco quanto, più che altro, un’esplorazione di spazi e giardini preclusi a piccoli esploratori. Un gioco all’avventura che ha sempre attirato i bimbi più coraggiosi e la cui realizzazione trova probabile origine dallo scrittore ungherese Ferenc Molnar, non a caso autore di romanzi per ragazzi fra cui il celeberrimo “I Ragazzi della via Pal”, divenuto presto un classico per l’infanzia in tutto il mondo.

Nel romanzo c’è un capitolo dal titolo Incursione in campo nemico, che descrive accuratamente la sensazione di euforia tramutatasi poi in paura quando la banda di Boka decide di scavalcare un cancello per entrare nei giardini della banda nemica, le Camice Rosse. Inoltre, oggi, “pal” in america è un termine colloquiale che significa proprio “amico”.

# La sfida infinita di Guardie e Ladri

credits: @___vintagephotogallery
IG

Indimenticabile sfida infinita fra bambini appassionati di polizia e altri invece più propensi a calarsi nei panni dei fuorilegge, Guardie e Ladri era probabilmente il gioco più gettonato assieme all’eterno Nascondino.

Come è facile intuire, prevedeva che i bambini nel ruolo di guardie inseguissero e catturassero quelli nel ruolo di ladri da portare in prigione. Questa, poteva essere individuata in un angolo del giardino magari con un recinto, dove il ladro restava prigioniero fino a quando non sarebbe stato toccato da un compagno. Il gioco finiva quando tutti i ladri venivano catturati dalle guardie che solitamente rappresentavano la squadra vincente, prima di scambiarsi i ruoli e far giocare i ladri nel ruolo delle guardie (e viceversa).

Guardie e Ladri è un gioco antichissimo e in età moderna in Italia ha trovato la sua definitiva consacrazione con l’omonimo film del 1951 interpretato da Totò e Aldo Fabrizi.

Qual era il vostro gioco preferito, amici lettori di Milano Città Stato? Forza, non siate timidi!

Continua a leggere con: 7 cose del nostro PASSATO che vorremmo fare RIVIVERE

CARLO CHIODO

Copyright milanocittastato.it

Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)

ENTRA NEL CAMBIAMENTO: Ti invitiamo a iscriverti alle nuove newsletter di milanocittastato.it qui: https://www.milanocittastato.it/iscrizione-newsletter/
Ti manderemo anche notizie che non pubblichiamo sui social. Riservato agli iscritti della newsletter: inviti a eventi, incontri e feste organizzati o promossi da Milano Città Stato

Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità


Articolo precedenteL’invasione dei tagliaerba
Articolo successivoQuando in Duomo c’era il COPERTO dei FIGINI
Carlo Chiodo
Nasco a marzo del 1981. Milanese moderno, ostinato e sognatore, alla costante ricerca di una direzione eclettica di vita. Laurea in Lingue e Comunicazione, sono appassionato di storia contemporanea, amante del cinema e del surf da onda. Dopo il romanzo d'esordio (Testa Vado Croce Rimango, 2016) ho pubblicato con Giovane Holden edizioni una silloge di racconti (Diario di Bordo, 2020).