Quando Milano fu l’unica in Europa a salvarsi dalla PESTE NERA

Quando l'epidemia di peste nera invase l'Europa intera, Italia compresa, Milano riuscì a salvarsi grazie alla tempestività delle misure prese dai Visconti.

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Stiamo vivendo un periodo che troverà certamente posto su pagine e pagine dei futuri libri di storia: molto probabilmente, dall’interno, non riusciamo ancora a comprendere fino in fondo la portata epocale dei fatti contemporanei, che, mia personale opinione, determineranno una nuova rivoluzione sociale ed economica.

Quando Milano fu l’unica in Europa a salvarsi dalla PESTE NERA

# Peste Nera: dalla Cina in Europa

Ed è proprio leggendo i libri di storia che si scopre che, in fondo, Macchiavelli non sbagliava nel definirla ciclica.

Il mondo ha già vissuto pandemie simili a quella con protagonista il COVID-19, ma una su tutte, per provenienza e per la misura degli strumenti messi in campo, le assomiglia molto: tra il 1347 ed il 1353, sempre dalla Cina arriva la Peste Nera, una pandemia che, si calcola, abbia tolto la vita a 20 milioni di europei. Circa il 30% della popolazione dell’epoca, con picchi in alcune aree, come Venezia, del 60% della popolazione. Una strage. Con due eccezioni: la Polonia e Milano.

# Milano ne rimase immune, grazie ai Visconti

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Come successe che Milano rimase praticamente immune dalla peste? Dobbiamo questo “miracolo” alla lungimiranza della casata dei Visconti, famiglia che ha espresso alcuni degli uomini politici più intelligenti che abbiamo avuto nella nostra città.

La peste arrivò in Italia, primo paese europeo ad essere toccato, tu guarda le coincidenze, attraverso le navi commerciali: pare che la prima città ad essere colpita fu Messina, seguita poi da Venezia, Genova e dagli altri porti commerciali.

I vettori erano i topi, informazione sconosciuta al tempo, ed a poco servirono le quarantene imposte ai passeggeri delle navi perché i roditori certo non si attenevano alle disposizioni. L’Italia fu presto terra di contagio, tutte le grandi città, centri di commercio, furono toccate. Celebre il racconto della peste fatto dal Boccaccio per ambientare il suo Decameron. Tutte le città. Ma non Milano.

Alle prime avvisaglie, l’arcivescovo Giovanni Visconti, fratello di Luchino, designato dallo stesso come Signore Generale alla sua morte, decise che le prime tre case infettate nelle immediate vicinanze della città venissero immediatamente murate con dentro gli ammalati che vennero lasciati morire al loro interno.

Contestualmente impose un lockdown totale della città, bloccando ogni tipo di ingresso se non quello di merci che venivano debitamente controllate. Queste misure, certamente crudeli e draconiane consentirono di arginare e minimizzare il fenomeno.

Molti altri territori cercarono invece di affrontare la diffusione della peste attraverso l’imposizione della quarantena alle persone infette, provvedimento assolutamente privo di senso e di efficacia, considerando che il periodo di incubazione della peste è di 3 giorni e che la morte interveniva entro 36 ore.

# Oggi come allora?

Le similitudini con la situazione attuale sono tante ed evidenti. Ed è storicamente riconosciuto che la tempestività con la quale vennero adottate le misure restrittive a Milano furono il meccanismo con il quale la città si salvò.

Chissà come verranno invece raccontate nei libri di storia le misure prese dai nostri politici e, soprattutto, la modalità e la tempestività con la quale sono state adottate? Ai posteri l’ardua sentenza.

Continua la lettura con: L’area di Milano che rimase immune dalla peste nera

LUCA BENSAIA

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Luca Bensaia
Nato, cresciuto e vissuto da sempre a Milano, della quale sono tifoso sfegatato, ho padre romano e madre torinese, conosco bene il “nemico”. Organizzo eventi e lancio start-up curandone marketing e sviluppo. La storia, la cucina ed il teatro le mie passioni.