Le CASE IGLOO di MILANO

Anticonformiste creazioni d’architettura, che spuntano come funghi da un gioiello d’urbanistica milanese

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credit: @aliscricci_nutrizionista IG

Nella parte nord della città, il tessuto urbano nasconde delle sorprese. A ridosso del Villaggio dei Giornalisti, troviamo delle originalissime costruzioni che ancora oggi rappresentano uno degli esperimenti residenziali più curiosi mai realizzati in tutta Italia. Stiamo parlando delle case igloo di via Lepanto nel quartiere della Maggiolina.

Vediamo assieme come sono nate e come si sono sviluppate queste singolari abitazioni nate dalla fervida mente dell’architetto Mario Cavallè.

Le CASE IGLOO di MILANO

# Le origini: il villaggio dei giornalisti con “case per l’alta borghesia”

credit: @claudiafoh IG

Ci troviamo in via Lepanto, quartiere Maggiolina, ai margini del cosiddetto Villaggio dei Giornalisti. Zona di (ex) case popolari per la piccola e media borghesia milanese progettata dall’ingegnere Evaristo Stefini e realizzata da una cooperativa composta principalmente da giornalisti, pubblicisti e avvocati (da qui il nome del Villaggio) tra il 1909 e il 1912, nell’allora comune di Greco. Il progetto nacque a seguito di un editoriale pubblicato nel 1911 da Mario Cerati, direttore de Il Secolo, nel quale si denunciava come l’attenzione del governo fosse concentrata solo sulle masse operaie e sull’urbanistica popolare, mentre scarseggiavano i quartieri dell’alta borghesia.

Fu così che fra palazzine liberty a due o tre piani e ampi spazi di verde che fanno oggi di questo quartiere il primo esempio di città-giardino in Italia, qualche anno più tardi sorsero anche gli otto igloo di cemento, costruiti nel 1946. Cavallè fu anche autore e realizzatore del progetto delle case a fungo sempre alla Maggiolina, ma queste come vedremo non ebbero egual fortuna e furono demolite tutte negli anni Sessanta.

# Le case igloo: nate come risposta temporanea per gli sfollati della seconda guerra mondiale

credit: @aliscricci_nutrizionista IG

Il progetto di Mario Cavallè, che oggi appare piuttosto eccentrico, era in realtà molto pragmatico: si trattava di unità abitative provvisorie che avrebbero potuto rappresentare una risposta veloce ai bisogni delle famiglie sfollate, con le case distrutte dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Molti peraltro non sanno che il modello residenziale e la tecnica costruttiva delle case igloo, chiamate anche case zucca, sono un retaggio degli Stati Uniti, dove in quegli anni era piuttosto diffusa un’architettura delle dimore circolari.

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# Dovevano essere abbattute ma…

È da qui che Cavalli prese spunto per progettare abitazioni a pianta rotonda di circa cinquanta metri quadrati sviluppate su due livelli (seminterrato e primo piano). Il sistema costruttivo a volta, formato da mattoni forati disposti a losanghe convergenti, permetteva la massima libertà sulla sistemazione degli spazi interni, laddove la disposizione originaria prevedeva ingresso, bagno, due camere e cucina. Esattamente come per le case fungo costruite nello stesso periodo anche per le case igloo si parlò di demolizione negli anni Sessanta, ma l’architetto Luigi Figini si mobilitò per evitare che venissero abbattute, ottenendo per così dire un quarto di vittoria.

Leggi anche: Le case fungo: demolite a Milano, ricostruite a Novate

# …ne sono rimaste due

credit: @silvana_kk IG

Oggi infatti solo due delle originarie otto case igloo hanno mantenuto questo impianto, mentre le altre hanno subito importanti interventi di ampliamento e rifacimento: una di loro ha un nuovo vano accorpato all’igloo originale destinato a bagno, un’altra è stata ripensata come loft open space e pian pianino anche le altre quattro sono progressivamente sparite fra mille ristrutturazioni.

Le due case igloo sono tuttora abitate e di proprietà privata, anche se qualcuno nelle amministrazioni spera che i proprietari possano un giorno cedere per realizzarvi un piccolo museo. Nello stesso quartiere è possibile inoltre imbattersi nell’unica casa palafitta di Milano, la Palafitta Figini (dal nome del sovracitato urbanista) sospesa da terra grazie a dodici pilastri di cemento.

Avete mai visitato le case Igloo e/o il Villaggio dei Giornalisti? Forse non ancora, per cui se voleste visitarle vi consigliamo di prendere la metrò, saltare su un treno della linea 5 Lilla e scendere alle fermate Marche o Istria.

 

Continua a leggere con: Le 3 curiosità del VILLAGGIO dei GIORNALISTI di Milano

CARLO CHIODO

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Carlo Chiodo
Nasco a marzo del 1981. Milanese moderno, ostinato e sognatore, alla costante ricerca di una direzione eclettica di vita. Laurea in Lingue e Comunicazione, sono appassionato di storia contemporanea, amante del cinema e del surf da onda. Dopo il romanzo d'esordio (Testa Vado Croce Rimango, 2016) ho pubblicato con Giovane Holden edizioni una silloge di racconti (Diario di Bordo, 2020).