Il centralismo piace solo a chi gestisce il potere. Per i cittadini è una disgrazia. Si perde qualunque forma di controllo su chi governa. E si perdono di vista i soldi che si versano nelle tasse. Una regola aurea in tutti gli stati che funzionano: portare ogni potere il più vicino possibile ai cittadini. Che funziona a pochi chilometri da Milano. Perché non sperimentarla anche in Italia, proprio a Milano? Milano potrebbe diventare il laboratorio per testare un nuovo modello di governo urbano. Un sistema basato sul decentramento radicale dei poteri, simile a quello delle città-Stato e dei cantoni svizzeri.
# Milano con poteri da cantone: quali competenze potrebbe avere

La Confederazione Elvetica assegna ai cantoni ampie competenze: fiscalità, poteri legislativi in materia di istruzione, sanità, sicurezza, trasporti, pianificazione territoriale e politica ambientale. I cantoni svizzeri approvano leggi proprie, gestiscono autonomamente i sistemi scolastici e sanitari, amministrano i trasporti regionali, e dispongono di una propria polizia. Un’eventuale riforma amministrativa del Comune di Milano potrebbe trasferire competenze analoghe alla città:
- autonomia finanziaria con potestà impositiva;
- competenza primaria sulla pianificazione urbana, infrastrutture, mobilità e servizi educativi e sanitari, mantenendo allo Stato funzioni di indirizzo generale e controllo di legittimità.
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pianificazione energetica locale;
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gestione diretta del sistema scolastico e formativo;
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regolazione e gestione del trasporto pubblico su scala metropolitana;
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gestione di parte della fiscalità locale legata a imprese e immobili.
Ancora meglio sarebbe agire sul territorio della Città Metropolitana, per gestire in modo unitario le tematiche del trasporto pubblico e della mobilità in generale, dell’abitare e del mercato del lavoro. Il principio di un modello autenticamente federale non è solo nell’autonomia abbinata alla responsabilità in entrata e in uscita delle risorse. Lo è anche nel decentramento spinto a ogni livello.
# I municipi come comuni svizzeri o i Bezirke di Berlino: cosa potrebbero fare

Il decentramento non può arrestarsi al livello comunale. In Svizzera, anche i comuni godono di un’autonomia estesa, sebbene con variazioni significative da cantone a cantone. Sono i cantoni a definire il grado di autogoverno, ma in generale i comuni dispongono di poteri regolamentari, autonomia finanziaria e competenze dirette su urbanistica, servizi scolastici di base, assistenza sociale, infrastrutture e spazi pubblici. Alcuni, in particolare i più grandi, gestiscono anche una propria polizia municipale, sotto la supervisione del cantone.
Un assetto analogo a Milano richiederebbe un ripensamento del ruolo dei 9 municipi. Dovrebbero essere titolari di funzioni autonome su:
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urbanistica di quartiere;
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arredo urbano e verde;
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mobilità locale;
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gestione dei servizi di prossimità;
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manutenzione ordinaria del territorio;
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gestione degli spazi scolastici e dei servizi extrascolastici;
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cultura e sport di base.
Ogni municipio potrebbe adottare propri regolamenti, gestire le tariffe, organizzare i servizi ambientali e amministrare direttamente il patrimonio pubblico. L’autonomia andrebbe sostenuta da bilanci indipendenti, proporzionali al gettito fiscale prodotto o calibrati sulle necessità specifiche del territorio.
Anche le Città-Stato tedesche, come Berlino, adottano questo modello per i loro municipi. I suoi distretti (Bezirke) hanno giunte e assemblee elette, gestiscono edilizia scolastica, urbanistica attuativa, servizi sociali, cultura di quartiere e infrastrutture pubbliche locali, pur operando entro un quadro normativo unico e con risorse definite a livello centrale.
# Confini funzionali e competizione virtuosa

L’attuale divisione in municipi risente di una logica amministrativa centralista. Alcune zone mescolano aree centrali e periferiche, rendendo incoerente la pianificazione, e pertanto sarebbero da rivedere i confini. Ad esempio, l’area di Porta Romana è oggi divisa tra tre municipi, nonostante presenti caratteristiche funzionali unitarie. Analogamente, le zone di Rogoredo, Corvetto, Gratosoglio e Stadera, oggi frammentate tra i Municipi 4, 5 e 6, mostrano esigenze comuni su trasporto pubblico, edilizia popolare e servizi sociali. Un’unica entità amministrativa faciliterebbe interventi coordinati. In questo senso, la precedente suddivisione in 20 zone appariva più coerente, pur se non ottimale.
Dare maggiore autonomia ai municipi non significherebbe solo gestire meglio i servizi locali, ma anche introdurre un meccanismo di competizione virtuosa. Ogni municipio potrebbe scegliere come destinare il proprio budget in base alle priorità dei suoi residenti: più investimenti in trasporto pubblico o assistenza sociale in una zona, maggiore attenzione a manutenzione o spazi culturali in un’altra. Differenziare non per creare disuguaglianze, ma per rispondere meglio ai bisogni, con risultati comparabili, valutabili e migliorabili. Questo tipo di dinamica favorirebbe l’innalzamento degli standard, attraverso l’emulazione delle pratiche più efficaci.
# Un modello replicabile nel resto d’Italia

Milano può sperimentare una nuova forma di governance urbana multilivello, che avvicini il potere ai cittadini e migliori l’efficienza amministrativa. L’articolo 132 della Costituzione consente, con legge costituzionale, la creazione di nuove regioni con almeno un milione di abitanti. Milano supera ampiamente questa soglia e potrebbe promuovere un’iniziativa per diventare regione, come più volte da noi auspicato. Una volta ottenuti poteri regionali, spetterebbe all’amministrazione cittadina scegliere se accentrare le funzioni o trasferirle ai municipi. A differenza della Lombardia, che rimane centralisti verso i territori, Milano potrebbe adottare un assetto ispirato ai cantoni svizzeri o ai distretti delle città-Stato tedesche. Il passaggio da capoluogo a soggetto istituzionale con competenze primarie, articolato in unità locali autonome, costituirebbe un laboratorio per la riforma amministrativa nazionale: un modello, fondato sulla sussidiarietà, replicabile in altri contesti metropolitani. Una Milano con pieni poteri, distribuiti anche verso il basso, renderebbe possibile una gestione più efficace e controllabile.
Continua la lettura con: A Milano l’autonomia delle province dell’Alto Adige? Le 10 cose che si potrebbero fare
FABIO MARCOMIN
Fino a che i partiti (governo e opposizione, l’un contro l’altro armati) non si mettono a ragionare sul bene del popolo e non più sul proprio particulare, ovvero non si decidono a un decentramento veramente decentrato, tutto resta nel campo delle cento pertiche, ed è inutile arzigogolarci sopra: è pura utopia. Però i partiti, non più l’un contro l’altro armati, riuscissero a ragionare in pace, magari facendo riferimento al sistema svizzera come inizio, forse si potrebbe ricavarne qualcosa. Teniamo prese nte che la sinistra a sempre voluto il decentramento, ma quando è toccato a lei, se ne ben guardata dall’attuazione. Anzi. Quindi, di cosa parliamo?