Tassiamoci per Trump

Invece di farci ricattare con i dazi o di moltiplicare le armi nel mondo, passiamo direttamente alla cassa

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Tra dazi e richieste di aumento delle spese militari, è ormai ben chiara una cosa: gli Stati Uniti hanno bisogno di soldi. E non è una novità. Perché dunque non fermare questa farsa e rendere tutto più esplicito? Tassiamoci per Trump: potremmo così ambire a strappare qualche diritto in più. E a evitare mali peggiori (e tanta ipocrisia). 

# Dazi: una farsa per confondere la vera finalità

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Follow the money, segui i soldi, era il mantra di Giovanni Falcone. Se ancora fosse vivo, non avrebbe dubbi nel leggere la realtà dei nostri tempi. Per prima cosa nell’improvvisa impennata dei dazi pretesi da Trump sulle importazioni. Dopo l’approccio prepotente degli Stati Uniti, la risposta delle nostre rappresentanze politiche è stata segnata da tentativi di riconciliazione e riparazione, come se in questo confronto economico fosse emersa una rottura tra Usa e Ue. Nonostante questo episodio abbia reso evidente la totale passività della classe politica europea a quella americana, il che dovrebbe farci riflettere sul nostro status di “alleati“, il focus va spostato su altro. Gli americani non hanno adottato queste misure a fini relazionali o a principi di equità come, secondo la retorica politica li hanno giustificati. La verità è un’altra. Gli Stati Uniti sono in braghe di tela. Sull’orlo del lastrico. Almeno considerando il bilancio pubblico. Nel 2024 il debito federale americano ha superato i 34 trilioni di dollari. Per una proporzione: 20 anni fa era a quota 7 trilioni. Un debito che sta rischiando di finire fuori controllo e sta contribuendo alla caduta del dollaro. Moneta che, come sappiamo, è fondamento dell’economia statunitense e della sua egemonia nel mondo. Come fare, dunque, per metterci una toppa? Tasse per gli americani? Politicamente devastante. Inflazione? La Federal Reserve ha detto No! Cosa rimane, allora? Bisogna trovare qualcosa di creativo. Ecco allora l’idea dei dazi. Un’idea che semina il terrore nel mondo. Ma che in realtà rappresenta uno dei mali minori. Già, perché la storia insegna: quando un Paese si trova in difficoltà finanziaria, la strada maestra per azzerare il debito di solito è un’altra: la guerra

# L’altra arma per salvare i conti USA: l’aumento delle spese militari

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Una quota folle. Alzare al 5% del PIL di tutti gli stati membri la quota da destinare alla Nato, quindi agli USA, per la copertura delle spese militari. A Trump che ha sbattuto i pugni sul tavolo tutti hanno finito per abbassare la testa. 5%. Significa solo per l’Italia l’obolo di 110 miliardi all’anno. Quasi quanto la spesa annuale per la sanità. Si tratta di un budget che finisce in mani americane in due modi. In primis perché la Nato è gli USA. In secondo luogo, perché le maggiori aziende produttrici di armi a livello internazionale sono americane. Sigle come Lockheed Martin, Raytheon Technologies, Boeing e altre producono armi Made in USA e esportano in tutto il mondo, principalmente tra gli stati membri della Nato e quelli europei. Dunque un aumento della spesa diventa un affare tanto per questi colossi quanto per il governo americano che, attraverso la tassazione e altre forme indirette di sovvenzione da parte delle sue aziende, recupera indirettamente buona parte di questa donazione. E c’è un altro punto: aumento delle spese militari significa anche dare ancora più vitamine ai muscoli degli Stati Uniti che, sappiamo, come li usano. Usando la metafora cara a Lenin, si potrebbe dire che gli europei stanno dando agli Stati Uniti la corda con cui verranno impiccati. Ma c’è un aspetto ancora più inquietante del sovvenzionare il bilancio americano con l’aumento delle spese militari: che aumenta la probabilità che tali armi vengano impiegate. Aumentando così che, come spesso accaduto nella storia, la bancarotta pubblica abbia come conseguenza un conflitto terribile. Ecco perché bisognerebbe avere il coraggio di capovolgere la situazione. 

# Per evitare mali peggiori: tassiamoci per gli Stati Uniti 

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Segui i soldi. Se questo è il problema, andiamo a fondo per risolverlo evitando conseguenze ben più dannose. Perché non tassarci direttamente? Se gli Stati Uniti hanno bisogno di X miliardi, se non trilioni di dollari, per colmare il loro deficit, mettiamoci d’accordo. Quanto vi serve? Dividiamo la cifra in base al PIL dei paesi alleati e di quelli “sudditi”, e versiamo questo extra budget per finanziare il Paese che di fatto regge le redini di molti altri. Non è una novità? Qualunque impero o colonialismo si è sempre basato sul versamento di oboli a favore del potere centrale. Pagare direttamente Trump avrebbe molti vantaggi.

Il primo è di dignità. Finalmente sveliamo l’ipocrisia che ci troviamo da liberi in un mondo libero. La notizia è che non lo siamo. Il secondo è che se il pagamento diventa sotto forma di autotassazione, ecco che si può avere un altro ruolo nelle trattative. Non più di quelli tacciati di parassitismo da parte degli USA, ma al contrario: quelli che aiutano gli USA. E che per questo chiedono di essere trattati quasi da pari. Invece che da inferiori. Nell’Antica Roma, ad esempio, i rapporti di forza erano molto simili a quelli che vigono adesso, con la differenza che i romani concedevano ampi privilegi ai Paesi sudditi, purché questi pagassero le tasse. Costruivano infrastrutture e assegnavano concessioni e atti di liberalità crescenti, fino ad arrivare alla cittadinanza romana. Paghiamo anche noi una tassa agli Usa e pretendiamo qualche beneficio: un doppio passaporto, la cittadinanza americana, la possibilità di eleggere il prossimo presidente o anche solo la possibilità di viaggiare tra Usa e Ue in maniera economica e veloce. L’alleanza in cui ci troviamo ci porta a dover mantenere questo rapporto con gli Usa, che almeno sia un rapporto leale e onesto, non più di cieca sudditanza travestita da gratitudine e condita da molto asservimento.

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RAFFAELE PERGOLIZZI

 


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Raffaele Pergolizzi
Romano, nato il 4 maggio 2003, studio Storia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo più grande d’Europa, La Sapienza. Appassionato di cultura, innamorato della mia città e del mio Paese. Credo fermamente nell’importanza della partecipazione attiva alla vita pubblica e nell’impegno di ogni individuo per il bene e lo sviluppo della collettività.

1 COMMENTO

  1. e invece l’unica soluzione sarebbe mandarli a quel paese una volta per tutte! via da nato, ue ed allearsi con Russia e Cina!!

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