Il grande inganno della democrazia

In una democrazia contemporanea ogni potere è anti-democratico

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La democrazia è diventata una grande finzione. In molti paesi occidentali, anche in Italia. Fatta passare come sovranità del popolo, di fatto è un concentrato di potere nelle mani di pochi. In realtà quello che chiamiamo democrazia è una oligarchia disordinata e irresponsabile. In cui l’unico diritto riservato ai cittadini, il voto individuale, è ormai svuotato di qualunque potere reale. 

# Il senso della parola “democrazia” è ormai estranea al sistema italiano

La parola democrazia deriva dal greco, in particolare dall’associazione dei due termini “demos” e “kratos“, ossia “potere del popolo“. Nell’antica Grecia infatti il sistema di governo funzionava così: grandi assemblee pubbliche gestivano le questioni comuni attraverso il voto, rendendo così le decisioni frutto di un sentimento collettivo. Si votava sulle questioni, un po’ come accade ancora in Svizzera, non solo i propri rappresentanti da liste predefinite e, spesso, blindate. Il sistema dell’Antica Grecia funzionava nei piccoli centri, poiché la gestione di grandi entità nazionali era pressoché impossibile. Ad oggi la democrazia italiana tenta di ricalcare, seppur in maniera differente, quel modello: lasciare che le decisioni riguardanti la cosa pubblica siano prese collettivamente attraverso il voto. Il grande limite è che il voto non vale singolarmente, ma solo se inserito in un bacino elettorale più ampio e serve solo a delegare il potere del singolo a un ristretto pugno di eletti che assumono un mandato. Quindi il sistema italiano non è demo-cratico, ma fonda il potere su una delegazione, cui si aggiungono altri limiti: gli eletti non hanno nessun dovere di rispettare le promesse fatte in campagna elettorale, ma tendono piuttosto a conservare il proprio potere. E, soprattutto, è un sistema che lascia il popolo al di fuori di qualunque decisione o potere che non sia quello di esprimere il suo voto in tornate elettorali dove, di fatto, nessun voto individuale ha incidenza reale sul risultato. Ed è proprio per questo che chi detiene il potere alimenta il fascino e l’importanza di un voto che nel concreto non conta nulla. 

# In una democrazia contemporanea ogni potere è anti-democratico

Chi raggiunge il potere, come direbbe Machiavelli, ha una priorità assoluta: quella di difendere il suo potere. Succede in ogni ambito: chiunque abbia una carica professionale deve difendere il suo posto. Ma, mentre in economia, il mezzo più diffuso per difendere la propria posizione è di ottenere risultati, in politica le cose cambiano. Chi ha potere politico non ha alcun vincolo elettorale né forma di collegamento tra la sua posizione e i risultati conseguiti. L’unico metro di giudizio sul suo operato è affidato agli elettori. Ma, come abbiamo già detto, nessun elettore con il suo voto può alterare in alcun modo il risultato elettorale. Quindi nessun elettorale ha potere su chi ha il potere. Pertanto, un eletto adopererà il proprio mandato non per occuparsi del bene della collettività, ma innanzitutto per assicurarsi l’elezione anche nel prossimo mandato. Ed ecco che, in questo passaggio, entrano in gioco gli interessi personali o di gruppi, quasi sempre volti ad assicurarsi la simpatia di questa o quella fetta di popolazione, di solito delle lobby, che poi gli assicura il posto all’elezione successiva. Comprendere il potere in questo senso, aiuta a capire perché il mantenimento dello stesso non riflette i propositi di una democrazia ontologicamente intesa, che così diventa un’illusione: il potere non appartiene al popolo, ma a chi lo gestisce, in un gioco che si autoalimenta a scapito della collettività. Perché chi ha potere lo esercita nel modo più antidemocratico possibile: per evitare che altri prendano il suo posto. Cosa si dovrebbe fare, allora, per riportare una democrazia contemporanea alla sua funzione originale?

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# Abolire i partiti e qualunque forma di intermediazione elettorale: questo il modo di avvicinarci al senso autentico della democrazia

I partiti rappresentano il canale per accedere al potere: sono loro a decidere i candidati e, di fatto, a definire le nomine. È dunque facile capire che, chiunque abbia interesse ad assumere una posizione di comando con l’intenzione di conservarla, prima o poi entrerà in un partito. Partiti che hanno tanto più peso, quanto più sono in grado di porsi al di sopra dei principi democratici. Per salvare la democrazia, garantire un’elezione disinteressata del potere ma attenta alle necessità della collettività, abolire i partiti per come sono diventati oggi, sarebbe quindi una soluzione efficace e radicale. Perchè cosa accadrebbe se non ci fossero i partiti?

Si potrebbe dare diritto a chiunque a candidarsi. Anzi, sarebbe ancora meglio non avere candidati: lasciare così che tutti possano votare tutti. Tutti candidati, nessun partito che difenda questo o quell’interesse. In questo modo, i cittadini potrebbero essere davvero liberi di scegliere la persona più competente e più attenta alle necessità reali del territorio da cui proviene, garantendo un’alta probabilità che essa non voglia mantenere il mandato al prossimo appuntamento elettorale. Sicuramente verrebbe a crearsi una nuova cerchia ristretta di persone adatte a questo ruolo, ma non essendoci un partito di riferimento si avrebbe la possibilità di scegliere tra individui realmente competenti e disinteressati, sostituendo l’oligarchia disordinata in cui ci troviamo in un modello di rappresentanza efficiente e popolare. Ma proprio perché sarebbe un sistema realmente democratico, nessun potere attuale accetterebbe questa riforma. Anzi, la negherebbero agitando lo spettro dell’attacco alla democrazia. Proprio loro che della democrazia sono i boia, come diceva Marco Pannella. Uno dei pochi politici realmente democratici della storia recente d’Italia. 

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RAFFAELE PERGOLIZZI

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Raffaele Pergolizzi
Romano, nato il 4 maggio 2003, studio Storia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo più grande d’Europa, La Sapienza. Appassionato di cultura, innamorato della mia città e del mio Paese. Credo fermamente nell’importanza della partecipazione attiva alla vita pubblica e nell’impegno di ogni individuo per il bene e lo sviluppo della collettività.

1 COMMENTO

  1. Con questo articolo sembra di essere a Livorno, e non a Milano. Populismo anarcoide, direi. Oppure anarchia populista. Oppure, catarismo all’ennesima potenza. Non porta a nulla di buono, solo a un disfattismo che blocca ogni cosa. Gente, svegliatevi e siate ottimisti! Solo l’ottimismo permette di vivere in armonia con il mondo.

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