Una bocciatura che fa male. Secondo un’indagine globale, Milano e Roma risultano nella top 5 delle città peggiori dove fare carriera. Lo dicono gli expats, chi si trasferisce dall’estero. Quali sono i problemi riscontrati e che cosa ci vorrebbe per risollevarsi?
Milano e Roma? Le peggiori al mondo per fare carriera! Le 3 priorità per risollevarci
# Expat City Ranking: trionfano i paesi arabi

L’Expat City Ranking 2024 ha raccolto le risposte di 12.543 expats da tutto il mondo, analizzando la qualità della vita all’estero in 53 città. La classifica nasce da un’indagine condotta a febbraio 2024 e include persone di 175 nazionalità, con background diversificati: studenti, professionisti, pensionati e lavoratori autonomi. I partecipanti hanno valutato 53 fattori soggettivi e oggettivi, come “mi sento a casa” o “i costi della vita”, raggruppati in 16 sotto-categorie e poi sintetizzati in cinque macro-indici: qualità della vita, facilità di integrazione, lavoro, finanze e aspetti pratici. Da questi punteggi deriva la classifica finale, a cui si aggiunge una domanda generale sulla soddisfazione di vita all’estero. Ogni città inclusa ha ricevuto almeno 50 risposte.
Le città che offrono le migliori opportunità di carriera agli expat sono le seguenti:
#1 Riyadh
#2 New York
#3 Dubai
#4 Abu Dhabi
#5 Sydney
#6 Dublino
#7 Jeddah
#8 Londra
#9 Ras Al Khaimah
#10 Bruxelles
Nessuna europea tra le prime cinque. Dominano i paesi arabi con cinque delle prime dieci. E le due italiane come si posizionano? Non bene.
# Roma, seconda, Milano, quinta: nella top 5 delle peggiori per fare carriera

Nel sotto-indice “Career Prospects” del Working Abroad Index 2024, Roma è penultima (52esima su 53 città), Milano poco sopra (49esima): è la conferma che le due principali città italiane sono tra le meno adatte al mondo per far crescere una carriera. Roma è la peggiore in assoluto per flessibilità culturale in ambito lavorativo (53esima) e registra una delle percentuali più alte di insoddisfazione generale sul lavoro. Gli expat faticano a trovare opportunità adeguate, denunciano stipendi bassi e una struttura economica bloccata, più adatta a chi è già dentro che a chi arriva con nuove competenze. Il 42% dichiara che il trasferimento a Roma ha peggiorato le prospettive di carriera. È una città che chiude più che aprire.
Milano, nonostante l’immagine internazionale, vive una contraddizione simile. È vista come dinamica, ma i dati raccontano altro: il 45% degli expat sostiene di non aver avuto miglioramenti professionali dopo essersi trasferito. La città è percepita come rigida, ipercompetitiva e poco meritocratica. Le carriere si muovono lentamente, con scarsa mobilità interna e difficoltà ad accedere a ruoli di responsabilità. L’ambiente lavorativo è ritenuto stancante, ma non per questo più gratificante. Anche la pressione sociale e le difficoltà abitative influiscono: un luogo che attrae sulla carta ma che delude nella pratica.
In entrambe le città, gli expat percepiscono un sistema statico, dove le possibilità di avanzamento sono poche e la frustrazione alta. E il problema, a ben vedere, non è solo locale. In Italia, il mercato del lavoro è soffocato da normative rigide, un sistema fiscale opprimente e una burocrazia che rallenta ogni processo, fa scappare i giovani italiani e delude chi arriva da fuori.
# Le tre priorità per rilanciarci

La ricetta è semplice. Le due componenti sono: ridurre i problemi emersi nell’indagine e valorizzare gli indiscutibili punti di forza.
Quindi le 3 priorità dovrebbero essere:
#1 Trasformare Roma e Milano in hub, o città stato, con poteri autonomi e normative in linea con le competitor di tutto il mondo: gravare le nostre città di norme penalizzanti in un contesto internazionale significa affossarle per concorrenza sleale (al contrario). Tipico caso di autosabotaggio.
#2 Decentramento amministrativo all’interno dei comuni. Le grandi città del mondo presentano da un lato ampi poteri di autonomi sul territorio rispetto al governo del Paese. Però questa autonomia la si trasferisce anche a livello più basso: i municipi hanno poteri da vera e propria città, consentendo così da un lato di diversificarli tra loro, attraendo tipologie diverse di cittadini, dall’altro di metterli in competizione tra loro, favorendo così una concorrenza al rialzo per i cittadini.
#3 Creazione della Grande Milano. Sempre in un confronto internazionale stupisce anche il fatto che il comune di Milano risulti rimpicciolito, come un fortino che si difende dall’hinterland. Quando invece la tendenza globale è quella di creare delle aree superconnesse e gestite in modo omogeneo da un unico organo. Il fatto che invece Milano sia separata dall’hinterland crea grossi problemi nelle infrastrutture di connessione con l’area circostante, che dovrebbe rappresentare non una minaccia ma un grande tesoro per Milano.
Continua la lettura con: Milano, la città dei cartelli incomprensibili
FABIO MARCOMIN
Classiche senza alcuna base sempre per screditare e sottostimare le città italiane vergogna