Milano ha chiuso il suo primo ciclo di crescita. Serve una nuova direzione per evitare l’esaurimento del modello. La pensa così Carlo Ratti, professore presso il MIT di Boston e il Politecnico di Milano e Co-fondatore dello studio internazionale CRA – Carlo Ratti Associati, che su Il Sole 24ore propone due vie per una seconda fase di sviluppo della città. Una fase che appare in linea con la visione del progetto di Milano Città Stato. Vediamo i punti più intriganti.
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# Finito un ciclo: c’è bisogno di una nuova fase

Milano, dieci anni dopo Expo, sembra aver esaurito la spinta che l’aveva portata a trasformarsi in una delle poche “global cities” italiane: «Una città cupa, persa nel ricordo del suo passato industriale» è diventata polo attrattivo per capitali, studenti e professionisti. Sono cresciuti turismo, università, infrastrutture, interi quartieri sono stati rigenerati. Ma «il successo ha un prezzo: Milano è oggi più cara, meno accessibile», e chi ne ha alimentato il rilancio rischia l’espulsione. Allo stesso tempo, si è affermata un’immagine spettacolare – «gli showroom hanno preso il posto delle fiere medievali» – che oscura la dimensione produttiva e sociale. «Ora bisogna affrontare il Secondo Atto», spiega Carlo Ratti: non più crescita quantitativa, ma qualità urbana e inclusione. Ma nel concreto che cosa significa?
#1 Città laboratorio per nuove regole per l’edilizia

In un’Italia che deve cambiare, Milano può rappresentare il laboratorio per misurare le innovazioni. Ad esempio si può partire con l’edilizia: «Milano potrebbe guidare una rivoluzione normativa», rendendo trasparente e veloce il processo edilizio oggi rallentato da «un labirinto opaco». La città potrebbe sperimentare l’uso dei «digital twin», modelli digitali dell’ambiente costruito, per «verifiche dei parametri urbanistici in tempo reale». A questo si aggiungerebbe una riforma del processo valutativo: non più affidato a «un’opaca commissione tecnica», ma a «una discussione aperta e partecipata». Milano diventerebbe così un laboratorio di innovazione urbanistica, non solo a beneficio proprio, ma come modello per l’intero Paese. Un sistema più leggibile e accessibile favorirebbe anche piccoli operatori, progettisti e cittadini.
#2 Sperimentare strumenti per l’accessibilità sociale

La seconda via proposta da Ratti riguarda il fronte sociale. «L’attrattività senza inclusione porta inevitabilmente alla crisi». Per questo Milano dovrebbe attivare strumenti urbanistici in grado di mantenere un «mix sociale», come «quote di edilizia convenzionata», incentivi per chi costruisce a prezzi calmierati, «politiche abitative smart» e «compensazioni in tempo reale tra vari gruppi». Un esempio: «il pedaggio dell’Area C potrebbe finanziare le biciclette degli studenti».
La città non va intesa come spazio isolato, ma come nodo di una rete: «Torino e Genova […] possono diventare vere alternative» se connesse da alta velocità e lavoro flessibile. «Non è fuga: è rete». L’inclusione passa anche da un ripensamento territoriale più ampio.
# Un laboratorio urbano per l’Italia e l’Europa mettendo al centro il cittadino
In generale, scrive Ratti, «Milano ha tutte le carte per diventare un laboratorio urbano per la città del futuro». Dopo una fase di trasformazione fisica, la città può ora sperimentare nuovi modelli gestionali e sociali. Ogni metropoli attraversa cicli: quello del rilancio si è chiuso. Il nuovo ciclo richiede domande diverse: «per chi e perché si costruisce?». Il futuro non passa solo da nuove torri, ma dalla capacità di garantire condizioni di vita equilibrate, eque, riproducibili. Se saprà affrontare questa fase come occasione di innovazione, «Milano farà di nuovo scuola».
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FABIO MARCOMIN
A Milano serve una nuova Amministrazione. Quella attuale ha fatto il suo corso, abbastanza negativo, tra l’altro. Si ciancia tanto di rinnovamento. A me sta anche bene, ma quale rinnovamento abbiamo? cantieri aperti a dispetto della città, personale al lavoro con il contagocce; posti auto cancellati ad libitum e senza reale necessità; lotta alle auto fino allo stremo, tenendo aperti cantieri per tempi interminabili e a ogni piè sospinto, con la scusa delle olimpiadui invernali. Ma è una Amministrazione decente, questa?