Le prime 7 parole e le regole di comportamento che devi conoscere per sembrare di Milano se vieni a Milano

Le sette parole e le sei regole universali di Milano per non fare l'eterna figura da forestieri

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Milanesi in provincia

Cari forestieri, quante volte vi è capitato, passando da queste parti, di inciampare in espressioni che pensavate fossero solo gag da film di Pozzetto? E invece queste parole esistono, sono vive e vegete, si ramificano come edera nel tessuto di qualunque conversazione milanese. Ma quel che è peggio è che avete iniziato a utilizzarle anche voi.

Lo sappiamo, in principio faceva lo stesso effetto dell’unghia su una lavagna, ma poi vi ci siete abituati, dai… Anche se fino a ieri eravate convinti che l’iperinflazionato “pirla” fosse un faro solitario nella nebbia. Tralasciando la ricchezza del dialetto e sorvolando su mostri sacri come “sbatti” o sul pantagruelico “piuttosto che”, sul cui significato milanese lavorano scienziati e letterati del mondo intero, vediamo quali sono i termini più camaleontici per un non-milanese a Milano.

Le prime 7 parole e le regole di comportamento che devi conoscere per sembrare di Milano se vieni a Milano

#1 Uè, un passepartout

Semplice come bere un bicchier d’acqua. Il nostro “uè” rappresenta la naturale evoluzione del romano “ahò”. Da utilizzare in qualunque zona o quartiere, rigorosamente con “e” aperta. Ma non troppo, sennò vi sgamano.

#2 Sgamàre, consigliato l’uso in orario aperitivo/cena

Appunto. Universalmente noto in ambito liceale/studentesco, il termine “sgamàre” da qualche anno si è fatto strada a colpi di machete anche in ambito professionale. Nonostante non sia del tutto inelegante, ne consigliamo un utilizzo moderato, preferibilmente a orario aperitivo/cena.

#3 Minchia, da usare in contesti di strada

Lemma non registrato del ceto medio-basso, il “minchia” milanese è eredità neanche troppo celata della folta immigrazione dal Meridione a Milano. A braccetto con “sciallo”, va usato tassativamente in contesti di strada, tipo le crew di skaters del Parco Lambro, per intenderci. Gergo volgarotto, ma c’è di peggio, non temete.

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#4 Gradisci?

Rispetto al più popolare vuoi?, “gradisci?” è il miglior compromesso fra classe e fermezza. Nella sua stessa pronuncia sono compresi il benessere, l’alta società, il Sancarlismo allo stato puro. Milanesi di ogni età che troverete in Brera o in Sempione, per capirci. Utilizzando il “gradisci?” al posto del “ti va?” uscirete a testa alta dal proletariato, per entrare di diritto con un fast-track nel bauscia-style dei giorni nostri.

#5 Esatto!, per mettere di buonumore

State sorridendo, vero? “Esatto!” detto ad alta voce, e possibilmente con la A trascinata a oltranza, mette di buonumore, oltre a risolvervi qualunque discussione stiate portando avanti col vostro interlocutore. Se scritto, ci vuole il punto esclamativo, ricordatelo, come reso celebre da Francesco Salvi. Da evitare durante i pasti insieme a tutte le parole che dilatano la “a”.

#6 Esageriamo, uno dei verbi più milanesi che esista

Uno dei verbi più milanesi che esista. Detto al plurale fa molto maiestatis, inoltre, come per “esatto!” vale il trascinamento molesto. Esageriamo è un verbo che può durare 5 secondi buoni, anche se una leggenda narra che laggiù oltre i Bastioni, un vecchio sciuro di Porta Nuova lo abbia pronunciato in 12 secondi netti. Ragion per cui potete utilizzarlo a piacimento ma, considerando l’alto numero di vocali, occhio a come le aprite per non farvi scoprire come al punto 1.

#7 Figa, da usare a piacimento in ogni contesto

Non poteva mancare, e non c’è molto da aggiungere, rispetto a quanto già abbondantemente si sa della regina del gergo meneghino. Si può usare a piacimento in qualunque contesto, se detto con un sorriso e a denti stretti non risulterà quasi mai volgare. Per un milanese del ceto medio è praticamente impossibile non pronunciare un figa entro venti o trenta parole al massimo. Non vi chiediamo certo di raggiungere questi livelli, ma iniziando con due o tre al giorno sarete sulla strada giusta.

# Le regole universali di Milano

Scale mobili a Milano

Per il resto, cari forestieri a Milano, le regole per mimetizzarsi sono sempre le stesse:

#1 Lamentarsi del parcheggio anche se lo trovate subito
#2 Rimpicciolire quasi ogni termine maschile aperitivino/giochino/progettino/sushino
#3 Salutare sempre con buongiorno/buonasera e MAI con il salve
#4 Non dare del Voi invece del Lei
#5 Infarcire i discorsi con qualche inglesismo
e soprattutto… Soprattutto…
#6 Quando parlate di una ragazza, mettere SEMPRE l’articolo determinativo davanti al suo nome. Diversamente, per la GIULIA, la CAMI o la SABRI sarete sempre e irrimediabilmente dei “terùn” ;-).

Continua la lettura con: 10 parole milanesi intraducibili in italiano

CARLO CHIODO

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Carlo Chiodo
Nasco a marzo del 1981. Milanese moderno, ostinato e sognatore, alla costante ricerca di una direzione eclettica di vita. Laurea in Lingue e Comunicazione, sono appassionato di storia contemporanea, amante del cinema e del surf da onda. Dopo il romanzo d'esordio (Testa Vado Croce Rimango, 2016) ho pubblicato con Giovane Holden edizioni una silloge di racconti (Diario di Bordo, 2020).

5 COMMENTI

  1. sono milanese, nato a porta Cicca tantissimi anni fa. Certo, il milanese doc che sentivo parlare ai tempi della mia giovinezza non esiste più o ha subito un notevole cambiamento. Chi dice più ”ciusca!” o ”Sanmarc”aggiungendo ”l’è ‘na bela gesa”? o ”te se insognet de vess vestì d’angiul” o ”cià” usatissimo in tante espressioni: ”cià moevess” ”cià tira sù” ecc. Il termine ”figa” non si diceva era sconosciuto a Milano, era invece d’origine bergamasca. Veniva usato dai muratori o altri operai che venivano da quella provincia a lavorare a Milano. Usatissimo ”pirla” o ”ciùla” e per rinforzare si aggiungeva ”veneranda” l’è ‘na veneranda ciùla” Ci sarebbero altre espressioni cadute in disuso. Termino qui. Saluti.

  2. Uè Nani, non ti scordare il “Cupet” al terzo starnuto (Ammazzati!).
    Non si dice “salve, si dice “Buondì” (che è proprio milanese) o Bona Giurnada (buon lavoro).
    “Traga sù” (prendilo pure), e “Và a ciapà i rat” come insulto.
    Uè, non è che puoi Fingere di essere Milanese.
    Devi Essere Milanese.
    Dentro.

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