Solo chi ancora è rimasto indenne da qualche scippo e/o aggressione conserva un amore incondizionato per Milano, pronto a dissiparsi al primo evento traumatico.
La patina di iperstimolazione provocata dall’enorme quantità di offerte per distrarsi, copre e rimuove con maestria uno dei bisogni più importanti e ancestrali dell’essere umano: vivere tranquilli, in altre parole “in sicurezza”.
Ai ben più popolari stress, come il caro vita e lo smog, se ne stanno aggiungendo altri ancora poco misurabili, altrettanto importanti.
I tre nuovi tipi di stress a Milano

#1 Il panico da avvicinamento
Non farsi toccare e avvicinare fisicamente da nessuno anche per domande banali, i borseggiatori usano tecniche raffinate che si nutrono di ingenuità: pensiamo solo a che danno mostruoso porta questa diffidenza a livello sociale e interpersonale, costretti a vedere nello sconosciuto un potenziale nemico.
La risposta delle istituzioni: mandare dischi in cui ci avvertono che ci sono le borseggiatrici sui mezzi….se si sa che ci sono, perchè non vengono fermate?
#2 La paura del buio
A meno che non si metta in atto un fervido planning per il rientro: divisione costi di un taxi o altri servizi a pagamento, anche in orari in cui il servizio ATM è attivo, pernottamenti per chi ha da offrire un posto letto per permettere di non rientrare a casa da sole, cosa alquanto consigliata anche per i maschi.
La risposta delle istituzioni: si organizzano corsi di autodifesa per le donne…vi pare che dobbiamo trasformarci in Bruce Lee?
#3 La paura dei parchi
Si evita di sedersi su panchine e in molti giardini o parchi. In generale, si riduce il loro utilizzo per paura di aggressioni. La stragrande maggioranza ha spazi, “uffici dedicati” non certo alle più sane e belle convivialità.
La risposta delle istituzioni: presenza di vigili è totalmente assente e/o sporadica e comunque assolutamente inefficace anche fosse solo per la preservazione del decoro.
Praticamente si cerca di svuotare il mare con un cucchiaino: possibile che non si possa trasferire un po’ di sana tecnologia al servizio del territorio?
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CRISTINA FILIPPO