C’è un posto a Milano dove se chiudi per un attimo gli occhi ti sembrerà di essere entrato in un villaggio composto da case di eschimesi e capanne dei puffi. E la cosa bella è che non si tratta di un set cinematografico o pubblicitario, ma di un quartiere reale con una storia tutt’altro che fiabesca. Ecco le case Igloo del quartiere Maggiolina.
Le Case Igloo di Milano tra atmosfere eschimesi e capanne dei puffi
# Il progetto

Siamo nei pressi del Villaggio dei Giornalisti, quartiere finito di costruire nel lontano 1912 come idea residenziale destinata non solo a esponenti della carta stampata bensì a tutta una filiera di alto borghesi come avvocati e notai. Il motivo di questo curioso nome di battesimo derivò da un editoriale del direttore de Il Secolo, Mario Cerati, che lamentava il fatto che l’edilizia dell’epoca si dedicasse quasi esclusivamente alle classi meno abbienti. Ed è per questo che grazie alla fervida mente dell’architetto Mario Cavallè si pensò di costruire un vero e proprio quartiere giardino che, oltre alle splendide ville del Villaggio dei Giornalisti, poteva annoverare anche un avveniristico progetto di case a fungo e anche una serie di ville bunker sul modello di alcune abitazioni statunitensi.
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# Lo sviluppo

Se delle case a fungo non rimane alcuna traccia, fortuna ha voluto che delle otto costruzioni originali ci siano rimaste almeno due case Igloo. Che come scritto sopra, avevano come obiettivo quello di rappresentare unità abitative del tutto autonome, possibile rifugio di sfollati da bombardamenti. Non è un caso che il disegno originale delle case che per qualcuno possono essere a forma di Igloo come di zucca deriva dalle dimore circolari in voga nel Nord America. Fu così che Cavallè riuscì a dar vita alle sue abitazioni, partendo da una pianta di circa cinquanta metri quadri e sviluppando l’unità abitativa su un seminterrato e un primo piano, dispiegatisi su un sistema di losanghe concentriche, unico possibile espediente architettonico per costruire una casa “rotonda”.
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# Il quartiere oggi

Se come detto delle case a fungo non rimane traccia, dobbiamo ringraziare l’architetto Luigi Figini per il fatto che almeno due delle otto Igloo case originarie siano rimaste in vita. Una di tetto color granata scuro, l’altra color panna. Figini, infatti, si oppose alla demolizione prevista per quelle abitazioni ormai considerate obsolete della zona. E se per caso ve lo stavate chiedendo, la risposta alla domanda che sorge spontanea è sì: le case Igloo di via Lepanto sono abitate ancora oggi da due distinte famiglie che, naturalmente, per il prestigio storico più che architettonico che si è costruito nei decenni attorno alle loro mura, non hanno alcuna intenzione di vendere o sloggiare.
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CARLO CHIODO