Il successo della STRATEGIA URUGUAIANA: no lockdown, tamponi a tappeto e PATTO DI SOLIDARIETÀ per i lavoratori non protetti

Queste sono le mosse che rendono l'URUGUAY il paese sudamericano migliore nell'emergenza Covid: no lockdown, tamponi a tappeto, assistenza domiciliare e taglio degli stipendi pubblici del 20% sopra i 1800 dollari per creare un fondo di sostegno a chi è in difficoltà.

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fonte. instagram (postalesdeluruguay)

Il piccolo stato sudamericano dell’Uruguay, stretto tra Brasile e Argentina dove i contagi e decessi da Covid-19 stanno avanzando insieme alla crisi economica, ha trovato una ricetta che sembra dare i suoi frutti per contenere sia l’emergenza sanitaria che quella della tenuta dei conti e delle finanze dei cittadini. Queste sono le mosse che rendono l’URUGUAY il paese sudamericano migliore nell’emergenza Covid.

Il successo della STRATEGIA URUGUAIANA: no lockdown, tamponi a tappeto e PATTO DI SOLIDARIETÀ per i lavoratori non protetti

#1 Nessuna quarantena obbligatoria o lockdown, tamponi a tappeto e ricorso limitato agli ospedali. Il successo della strategia uruguaiana: 23 decessi su 3,5 milioni di abitanti

L’Uruguay con i suoi 3,5 milioni di abitanti ha registrato ad oggi solo 848 positivi al Covid-19 e 23 deceduti e inoltre dal 4 giugno ha raggiunto l’obbiettivo del “contagio zero”: da allora nessun nuovo malato segnalato. Leggendo anche il tasso di mortalità si nota come anche questo sia inferiore agli altri Stati del continente ormai nuovo epicentro della pandemia come dichiarato dall’OMS: quello dell’Uruguay si ferma a 0,6 ogni 100.000 persone, il Brasile è al 12,2, il Cile al 4,5 l’Argentina all’1,1. L’altro dato sorprendente è che nei primi due mesi dell’emergenza dal 13 marzo al 17 maggio, come riportato del ministero della Salute, sono stati oltre 1.500 i decessi in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e questa riduzione di mortalità generale sta proseguendo ancora.

I risultati sono ancora più eclatanti tenendo conto il governo che il neo-presidente Luis Lacalle Pou si è rifiutato di decretare la quarantena obbligatoria, nonostante le pressioni dell’opposizione, e ha agito in questo modo:

  • ha chiuso le frontiere e sospeso lezioni, funzioni religiose, eventi sportivi e manifestazioni artistiche senza però imporre il confinamento obbligatorio. Al contrario ha invitato i cittadini a rimanere a casa attraverso una forte campagna di sensibilizzazione, con il risultato che il 90 per cento l’ha fatto, seppure oltre un terzo non ha rinunciato alle riunioni con i familiari. La maggioranza degli esercizi commerciali e le attività economiche si sono, in gran parte, fermati spontaneamente.
  • ha disposto una rilevazione a tappeto e a domicilio con 41.000 test ovvero il triplo per milione di abitanti rispetto ad Argentina, Brasile e Paraguay
  • ha fatto in modo che ci fosse un ricorso minimo agli ospedali, per evitare che divenissero essi stessi focolai di infezione, promuovendo l’assistenza porta a porta.

Il successo della strategia Lacalle è stata favorita da due fattori fondamentali: il primo è che quasi il 100% degli uruguaiani ha accesso all’acqua potabile, necessario per applicare almeno le più elementari regole di prevenzione, il secondo è che l’opposizione, nonostante le iniziali perplessità, ha sostenuto il piano sanitario del governo.

#2 Il patto di solidarietà tra i dipendenti pubblici e chi non ha garanzie

La sintonia tra governo e opposizione ha consentito l’approvazione in tempi rapidi di un fondo speciale per l’emergenza, finanziato grazie a un taglio del 20% degli stipendi del comparto pubblico del Paese: del presidente, dei ministri, dei parlamentari e degli impiegati pubblici con salari mensili superiori ai 1.800 dollari. Questa liquidità ha consentito di sostenere economicamente precari o comunque cittadini non coperti da garanzie, che si sono dovuti fermare e non hanno potuto lavorare durante la fase acuta dell’emergenza Coronavirus, che il resto del Continente deve ancora affrontare. Si è realizzato un vero patto di solidarietà tra le parti sociali più protette dallo Stato e quelle meno tutelate, come avevamo proposto ad aprile per far fronte all’emergenza economica in Italia. Oltre a questo grazie all’ottima gestione dell’emergenza sanitaria, le scuole stanno già riprendendo a funzionare, partendo da quelle rurali, così come gli uffici pubblici e l’economia sta tornando a pieno regime, mentre ad agosto potrebbe riprendere il campionato di calcio.

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Fonte: avvenire.it

# La nostra proposta di taglio degli stipendi del pubblico impiego: l’Uruguay insegna che è una strada percorribile

Nel pieno della crisi economica, che di certo ora non si è arrestata ma che anzi si presenterà con più forza a settembre quando alcuni decreti esauriranno la loro forza, con fatturati a zero per la maggior parte delle imprese o delle piccole partite iva, i dipendenti privati che non percepivano lo stipendio attendendo invano il pagamento della cassa integrazione, avevamo lanciato questa proposta: ridurre la retribuzione al di sopra di un tetto minimo dei dipendenti pubblici, esclusi quelli impegnati in prima fila nell’emergenza economica, in misura uguale al calo del PIL per aiutare i non garantiti e le imprese a ripartire.

Vista l’esperienza dell’Uruguay e la grave situazione economica in Italia di chi lavora nel privato ovvero imprese, liberi professionisti o dipendenti che hanno ricevuto pochi aiuti o non li hanno ricevuti affatto, rilanciamo la nostra proposta del taglio parziale delle retribuzioni dei dipendenti pubblici superiore a una cifra simile a quella dell’Uruguay, per un periodo limitato di tempo, necessario a ridurre il ricorso al debito che graverà sulle spalle di tutti i cittadini e dare un aiuto concreto a chi non ha tutele finchè l’emergenza economica non sarà rientrata.

Lo stato sudamericano ha approvato tramite il suo governo questa operazione, l’ideale però sarebbe che i dipendenti pubblici decidessero in autonomia di destinare temporaneamente una parte del loro stipendio a favore delle imprese più colpite, senza un’imposizione, per dare dimostrazione di una reale solidarietà e unità nazionale che darebbe un grande slancio per fare ripartire tutti insieme al paese, senza lasciare indietro nessuno. 

Leggi anche: “Siamo tutti sulla stessa barca”. C’è un’eccezione: i DIPENDENTI PUBBLICI. La proposta: una parte del loro stipendio per aiutare i non garantiti

FABIO MARCOMIN

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Fabio Marcomin
Giornalista pubblicista. Laurea in Strategia e Comunicazione d’Impresa a Reggio Emilia. Il mio background: informatica, marketing e comunicazione. Curioso delle nuove tecnologie dalle criptovalute all'AI. Dal 2012 a Milano, per metà milanese da parte di madre, amante della città e appassionato di trasporti e architettura: ho scelto Milano per vivere e lavorare perché la ritengo la mia città ideale.