Dal 6 novembre le due aree più colpite duramente a marzo sono state inserite nell’area con le misure più restrittive, come tutto il resto della Lombardia, nonostante gli attuali dati sanitari raccontino una situazione differente.
BRESCIA e BERGAMO in zona rossa: dopo il danno la beffa
# Il danno: la mancata zona rossa di Alzano e Nembro
3 marzo. I sindaci del territorio chiedono di adottare la zona rossa nei comuni della Val Seriana, in particolare nell’area di Alzano e Nembro i cui ospedali sono al collasso. La zona rossa nell’area non verrà istituita ma dopo alcuni giorni verrà applicato un lockdown generalizzato per tutto il Paese. Il 21 marzo nella provincia di Bergamo si sono raggiunti i 715 positivi al giorno, con 251 vittime in ventiquattrore.
# In tutta la Val Seriana crollo delle chiamate al 118: dalle 700 di marzo alle 80 di questi giorni.

Nei giorni neri di inizio marzo in Val Seriana, gli interventi quotidiani del 118 per problemi respiratori e infettivi oscillavano fra i 670 e i 690. Oggi, nello stesso territorio, se ne contano circa 80.

# A Nembro 10 nuovi positivi in due mesi
Nella mappa in alto realizzata da Isaia Invernizzi si può notare nella seconda ondata l’area di Bergamo e Brescia sembra al riparo. Per fare un esempio Nembro, uno dei paesi più colpiti a marzo, dall’1 settembre al 25 ottobre si sono registrati 10 positivi, con un’incidenza di soli 86 positivi ogni 100mila abitanti.
Fonte: Il Sole24ore
# Uno su due ha gli anticorpi: l’immunità già presente nella Val Seriana secondo il professor Remuzzi
A inizio ottobre inoltre, l’Agenzia di tutela della salute di Bergamo ha reso noti gli esiti dell’indagine sierologica promossa dai Comuni dell’Ambito Val Seriana ovvero Albino, Alzano Lombardo e Nembro, lo scorso luglio. Dall’indagine è emerso che quasi un abitante su due della Valle ha gli anticorpi contro il coronavirus, il 42,3% delle persone testate.
Interessante anche il dato sui successivi tamponi: solo l’1,7% dei positivi al sierologico hanno manifestato un’infezione in corso. In poche parole quasi tutti hanno avuto il virus nei mesi precedenti. Un’indicazione che la zona della della Val Seriana fosse meno a rischio del resto della Lombardia, nel caso di una seconda ondata, la si era avuta a fine settembre del Professor Remuzzi. Infatti sosteneva che in Lombardia si fosse creata una certa immunità, non di gregge, ma fatta di diversi componenti. “C’è l’immunità da anticorpi che a Milano e in Lombardia è intorno al 15-20% e a Bergamo fra il 30-50%. E poi c’è l’immunità delle cellule T, che sono dei linfociti capaci di riconoscere il virus. Questa immunità è più difficili da misurare, ma rappresenta il doppio dell’immunità da anticorpi. Quindi se il 20% in Lombardia ha gli anticorpi e il doppio verosimilmente ha le cellule T, possiamo dire che in Lombardia arriviamo al 60% di immunità“.
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# Dopo il danno la beffa: nessuna zona rossa quando era il luogo più colpito al mondo, zona rossa ora che è l’area più sicura della Lombardia (e tra le più sicure in Italia)
Il paradosso. A inizio marzo i rimpalli di responsabilità tra governo e regione Lombardia hanno portato alla mancata istituzione della zona rossa a Alzano Lombardo e Nembro quando erano diventati i focolai più intensi al mondo, con la più massiccia diffusione del virus e il più alto numero di decessi in rapporto alla popolazione al mondo.
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Tramite l’ultimo Dpcm del 3 novembre, entrato in vigore il 6 novembre, il governo ha introdotto delle ulteriori misure restrittive rispetto a quelle precedenti, tra le quali l’istituzione di 3 zone differenziate da un rischio specifico. Le aree di Bergamo e Brescia, in quanto facenti della Lombardia, sono state inserite in una zona rossa ossia quella più a rischio. E questo nonostante queste zone abbiano registrato un numero assai più basso di ricoveri gravi e decessi rispetto alla prima ondata e al resto dell’Italia in rapporto agli abitanti.
Dopo il danno della mancata zona rossa di inizio marzo ora arriva quello per una zona rossa a scoppio ritardato che non ha alcuna giustificazione sanitaria ma rischia di aggravare una situazione economica già compromessa. E che segnala un pericoloso scollamento tra le istituzioni e una parte del paese così rilevante dal punto di vista produttivo ma spesso ignorata dalla politica nazionale.
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