6 Maggio 1976. Un violento terremoto colpisce il Friuli. 45 paesi vengono rasi al suolo, 989 persone perdono la vita. Sono trascorsi quasi 50 anni, ma da quella tragedia possiamo imparare tanto.
In quell’occasione i friulani hanno mostrato grande capacità di riprendersi, in faccia ai piagnistei e alla retorica. I piagnistei sono quelli che fanno perdere tempo a lamentarsi, a imprecare contro il cielo, a cercare un colpevole, a chiedere che qualcuno venga in soccorso. Tutte cose che i friulani non hanno fatto. Anzi. Si sono immediatamente messi in azione per rimettere le cose a posto. Senza aspettare aiuti dall’esterno o senza prendersela con chi avrebbe potuto fare le cose diversamente.
Si sono messi subito da fare, fregandosene anche della retorica. Già, perché in caso di terremoto verrebbe da pensare subito alle case, ai bimbi, agli anziani, ai malati che devono al più presto trovare un tetto. Anche prefabbricato. Questo dice la retorica. Ma il Friuli degli anni settanta non era un luogo da retorica, era fatto di gente che lavorava duro per guadagnarsi il pane, dove invece degli starnazzi dei talk show regnava la semplice saggezza del vivere.

La retorica ti dice che prima bisogna pensare alle case, invece i friulani prima si sono occupati di quella che è la fonte di ogni fortuna, specie per terre povere come quella del Friuli. In qualunque comunità la cosa più importante è il lavoro, questo lo sanno i friulani che invece delle case si sono occupati di rimettere in sesto le fabbriche. Sì, perché una casa rende la vita migliore a una famiglia ma una fabbrica chiusa lascia in disgrazia tante famiglie. Prima il lavoro, poi la casa, questo il principio che ha guidato i friulani e che ha portato a rimettere a posto la loro terra dopo pochi mesi.
Ma c’è un altro episodio simbolo della ricostruzione. E’ che i friulani non solo si sono concentrati sulle fabbriche, ma hanno iniziato prima con una sola, con quella che era più importante: nel giro di tre giorni dal sisma la fabbrica più importante della zona ha potuto riprendere la produzione. Prima ancora di mettere mano alle altre fabbriche, di intervenire con dei piani che migliorassero in modo estensivo tutte le imprese o le case, i friulani sapevano che nelle macerie bisogna ripartire un passo alla volta, prima da ciò che è più importante e che può funzionare meglio e poi col resto. Questa è la chiave di una ricostruzione che è diventata una leggenda. In poco tempo il Friuli è rinato, meglio di prima, e senza sprechi di tempo e di soldi come è successo qualche anno dopo in Irpinia, dove si è seguita tutta un’altra logica: la logica del piagnisteo, della retorica del “prima una casa”, una retorica da applausi ma che ha mantenuto nel disastro un’intera regione, dissestando le finanze dello Stato.
Da Prima Milano poi l’Italia: impariamo dai friulani come si ricostruisce un paese
Continua la lettura con: 5 maggio. Muore Napoleone. Queste le opere più inmportante che ha lasciato a Milano
MILANO CITTA’ STATO
Milano città stato è anche su Youtube: clicca qui per il canale con i video su Milano. Puoi iscriverti gratis: per te è un piccolo gesto, per noi ha grande importanza
Clicca qui per il libro di Milano Città Stato
Clicca qui per la guida: 50 LUOGHI ALTERNATIVI da vedere in ITALIA almeno una volta nella vita
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
ENTRA NEL CAMBIAMENTO: Ti invitiamo a iscriverti alle newsletter di milanocittastato.it qui: https://www.milanocittastato.it/iscrizione-newsletter/