Sul mondo sono calate nuove ombre. E sta aumentando anche la confusione. Stragi, esplosioni, attentati a siti nucleari. Sembra di rivivere il periodo più nero del terrorismo, ma con una differenza radicale. A fare tutto questo sono degli Stati. Non solo: stati che sono nostri alleati in quella che consideriamo l’alleanza del bene. E forse è questo il punto più critico: noi Occidentali tendiamo ad arrogarci da sempre il diritto di stabilire chi siano i buoni e chi siano i cattivi. I buoni, manco a dirlo, sono quelli che stanno con noi, o sotto di noi. I cattivi quelli a cui questa cosa non piace. E questa divisione non è solo morale, ma sta diventando sempre più pericolosa. Addirittura sembra che in nome di questa presunta bontà, si stia assegnando ad alcuni Paesi la licenza di uccidere. Perché abbiamo permesso tutto ciò? E quali potrebbero essere le conseguenze?

# Alcuni Paesi hanno il diritto di bombardare i civili e, perfino, dei siti nucleari
La storia dell’umanità è attraversata da episodi di violenza arbitraria o stragi deliberatamente organizzate. Si pensi al più famigerato esempio della Germania nazista: i responsabili subirono un processo. Oppure si pensi all’utilizzo improprio delle armi a gas da parte degli italiani durante le campagne d’Africa durante i primi del Novecento: anche in questo caso i responsabili furono puniti. D’altra parte l’umanità sa riconoscere ciò che è assolutamente giusto o assolutamente sbagliato, non a caso nella storia sono sorte associazioni umanitarie come la Croce Rossa o l’insieme di norme del diritto internazionale come le Convenzioni di Ginevra. Tuttavia, spesso il mondo viene distinto tra soggetti buoni e cattivi, non sulla base di principio naturale e umanistico, ad esempio mettendo al centro la salvaguardia dei civili, ma sulla base di interessi materiale, propagandati attraverso l’ideologia. Giustificare con l’ideologia interessi di parte può avere una conseguenza molto pericolosa: consentire azioni atroci contro i civili. Addirittura si è assistito negli ultimi tempi alla violazione dell’ultimo tabù: si è consentito un bombardamento “preventivo” contro dei siti nucleari. In questo caso, per fortuna, non ci sono state conseguenze. Ma in futuro potremmo non essere altrettanto fortunati e si potrebbero assistere a eventi catastrofici. Anche perché il nucleare va maneggiato con cura. Non bombardato. Ma come siamo finiti in questo abisso così pericoloso per l’intera umanità?

# L’era delle guerre preventive fatte dai “buoni”
Per capire l’oggi bisogna fare qualche passo indietro. La condizione in cui versa la politica internazionale non è nata dal nulla, ma dal progressivo fallimento di sistemi preesistenti. Fino ai primi decenni del Novecento, ad avere un ruolo primario sulla scena internazionale erano le forze europee: potenti dell’influenza sulle ex colonie, gli europei potevano gestire direttamente o indirettamente l’andamento della politica e dell’economia internazionali. La Seconda Guerra Mondiale ha posto la parola fine sul predominio europeo. Lo scettro è passato così nelle mani delle due principali potenze vincitrici: USA e URSS. Il mondo è passato così dalle guerre “calde”, alla Guerra Fredda dove lo scontro si è spostato essenzialmente su un altro piano, dove l’economia e la propaganda hanno giocato il ruolo che prima era assegnato agli eserciti. La battaglia è nella mente e nel portafoglio. Almeno fino a qualche anno fa. O meglio, la differenza rispetto alla guerra fredda è che ora si usa la forza per legittimare il potere sulla mente e sul portafoglio. La guerra ora viene fatta in nome della deterrenza: è il trionfo della guerra preventiva. Si attacca chi si reputa potenzialmente pericoloso, anche senza prove. E chi ha un arsenale più grosso e ben fornito detta la linea al resto del mondo. Anche e soprattutto attraverso il terrore. Come quello che nasce dai bombardamenti dei civili. O come quello che nasce dalla minaccia nucleare.
# Le due azioni che potrebbe fare un Paese per evitare il disastro
Ma come si può uscire da questa escalation fatta di licenze sempre più estese e pericolose? Un tempo, se si voleva attaccare uno stato, i “buoni” chiedevano l’appoggio o, almeno, il consenso da parte dell’ONU. O, minimo, degli alleati. Ora tutto questo sembra qualcosa di vecchio, di un mondo fatto da anime belle. Mentre il mondo di oggi sembra aver sposato altri valori. Permettere che cosa sia giusto e cosa sia sbagliato passi attraverso un discorso di forza, e di una flebile e ipocrita giustificazione come quello della deterrenza, porta ai disastri che stanno capitando negli ultimi tempi. Un Paese influente, secondo le logiche appena espresse, che compie stragi e massacri non solo viene lasciato indisturbato, ma è addirittura indirettamente premiato dal Diritto Internazionale. Ad oggi questo meccanismo sembra troppo consolidato per poter sperare di cambiarlo. Oltretutto è evidente che ad alimentare questo sistema siano proprio i membri della grande alleanza occidentale cui l’Italia fa parte. Tuttavia la posta in gioco è troppo alta per lasciarsi andare a una semplice e connivente rassegnazione. Quali potrebbero essere i comportamenti in questa situazione di forze molto più grandi di quello che potrebbe esercitare una nazione come l’Italia? Le strategie possono essere due.
#1 Se si accettasse il rischio di mettersi contro la propria famiglia (l’Alleanza Atlantica), si potrebbe fare come fa la Spagna, che chiedendo il riconoscimento dello Stato della Palestina e opponendosi all’aumento delle spese per la difesa rappresenta un tentativo di invertire la tendenza, svincolandosi dalla corresponsabilità morale ed etica dei fatti che avvengono nei conflitti in atto.
#2 Un’altra soluzione potrebbe essere quella di “cavalcare la tigre“: assecondare la forza distruttrice del male che imperversa in questi teatri di guerra, aspettando una distruzione totale da cui si possa poi ricominciare a costruire qualcosa di completamente diverso e più “umano”.
È evidente che in questa seconda ipotesi bisognerebbe anche preoccuparsi, nel momento della ricostruzione, di recuperare una spiritualità che metta la morale e l’etica al centro della vita umana, permettendo così di fare le distinzioni tra le cose sbagliate e le cose giuste su criteri imparziali e scientificamente fondati, anziché affidare questo discernimento a chi possiede più bombe atomiche.
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RAFFAELE PERGOLIZZI