Il male è troppo diffuso: per distruggerlo bisogna cavalcarlo

In questo mondo il bene è diventato strumento del male

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L’eterna questione sul bene e il male. Che cosa è il bene? Che cosa è il male? La risposta è: dipende. Dipende dal punto di vista. Ciò che per un essere umano è un escremento, per una mosca è cioccolato. E questo vale anche in società. Se si prende però un criterio ontologico, il criterio di natura rilanciato da Husserl, per bene si deve intendere ciò che è funzione della natura. Male è invece ciò che è contro la natura. In quest’ottica pare evidente che la società umana sia sempre più governata dalle forze del male, forze che stanno svilendo la natura umana e amplificando elementi di disumanità. Forze del male che sono così diffuse che per contrastarle forse oggi la strada maestra dovrebbe essere quello di assecondarle. Perché in quanto forze del male l’esito finale non potrà che essere la loro autodistruzione. 

# Il male che spopola

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Negli ultimi vent’anni abbiamo avuto la possibilità di osservare come il male e il nulla devastante prendessero forma e si impadronissero delle cose del mondo. Lo si è visto con l’affermarsi del consumismo materialista, che ha svuotato i cuori e le menti delle persone. Lo si è visto con l’imporsi di forze continentali che dettano legge sulla scena internazionale solo e unicamente legittimati da quante bombe atomiche conservano nel proprio arsenale. Senza parlare di mafie, corruzione, accumulazione ossessiva di ricchezza mai utilizzata. Queste forze del male stanno spadroneggiando a ogni livello, economico, politico, sociale, e diventa ormai frustrante provare a opporre una reazione o ipotizzare delle alternative. 

# In questo mondo il bene è diventato strumento del male

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Molti credono che per arginare il male bisogna semplicemente posporlo al bene. Questo approccio, limitato e relativista, ha dato vita a tantissime reazioni forse troppo goffe e mal organizzate. Spesso addirittura controproducenti. Questo nasce perché il vero problema nella produzione del bene è l’ignoranza. A parole tutti si dicono dalla parte del bene e desiderosi di farlo. Ma cosa significa fare il bene? E come si può fare? Il bene ha un’accezione ontologica: chiunque di noi ha in sé l’idea del bene. Che va oltre la morale o la religione. Ma il bene è diventato preda dell’ideologia che ha trasformato il bene in una questione sociale e morale. Il bene per la società, non è quello che produci a te stesso o agli altri, persone in carne e ossa, ma è diventato come contribuisci a lotte di sistema. Bene è qualcosa di astratto, lontano, come il contrastare il climate change impedendo a una persona povera e anziana di utilizzare la sua vecchia macchina per poter badare al suo sostentamento. Bene è impedire agli altri di perseguire una loro autorealizzazione autonoma e distintiva in nome di valori sociali fittizi da imporre a tutti. Si pensi alle manifestazioni di sensibilizzazione, alle campagne d’educazione nelle scuole, al tentativo di un assalto al potere da parte di forze politiche inizialmente dirompenti ma poi conformate dalla macchina del potere. Proprio questo è il punto: il bene sociale è ciò che viene definito da chi ha il potere e che, di conseguenza, dà vantaggi al potere. Come può essere imporre un consumo contro i reali bisogni del soggetto, solo per favorire una determinata industria come quella automobilistica o militare. Ma in una situazione che sembra ormai perduta per l’essere umano, quale può essere la reale soluzione?

# “Cavalcare la tigre” è l’unica soluzione

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Julius Evola, illustre pensatore del secolo scorso, affermava una cosa interessante rispetto a questi temi. In “Cavalcare la Tigre” egli affermava che «in un mondo che si dissolve, chi sa ‘cavalcare la tigre’ può non solo sfuggire alla rovina, ma anche trarre profitto dal processo di dissoluzione per affermare qualcosa di superiore.». E ancora: «si lascino pure gli uomini del tempo nostro parlare, con maggiore o minore sufficienza e improntitudine, di anacronismo e di antistoria. […] Li si lascino alle loro ‘verità’ e ad un’unica cosa si badi: a tenersi in piedi in un mondo di rovine. In sostanza, in un mondo in cui non v’è nulla da conservare se non un’azione continua e imperante del male, tanto vale assecondarlo, il male, condurlo ad esprimersi alla sua ennesima potenza in modo tale che, per la propria natura distruttrice, esso porti ad annientare anche sé stesso. Così facendo le forze del male si annullano da sole, lasciando spazio libero alle forze del bene che, per definizione, sopravvivono al male nonostante l’immane forza distruttrice di quest’ultime. E forse il periodo che stiamo vivendo riflette proprio questo: le forze del bene potrebbero avere smesso di contrastare il male, decidendo di assecondarlo al fine di portarlo all’autodistruzione, lasciando finalmente null’altra possibilità se non quella di ricostruire partendo da presupposti di valori naturalmente umani, come quelli della bellezza e della autentica bontà.

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RAFFAELE PERGOLIZZI

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Raffaele Pergolizzi
Romano, nato il 4 maggio 2003, studio Storia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo più grande d’Europa, La Sapienza. Appassionato di cultura, innamorato della mia città e del mio Paese. Credo fermamente nell’importanza della partecipazione attiva alla vita pubblica e nell’impegno di ogni individuo per il bene e lo sviluppo della collettività.

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